Homepage personale di

Rainer Maria Rilke

Rainer Maria Rilke
E ancora non so se sono un falco, una tempesta o un grande canto…

(Articolo di Massimo Barile – Rivista Il Club degli autori 190-191-192 Anno 18 – Marzo 2009)


Nel respiro profondo, davanti ad un cielo stellato, leggo le poesie di Rilke. Mi metto in ascolto del tempo delle cose e delle immagini, senza accorgermi, la sua parola-anima mi sorprende, come un sisma al massimo grado; un nuovo entusiasmo espande lo spazio intorno a me, l’aria s’impregna del profumo della vita e tutto pare liquefarsi nelle sue parole: corpo e anima, in una fusione primordiale.
Ed ogni volta mi torna alla mente, come ricordo delle mie letture giovanili che emerge nei momenti d’intensità emozionale, l’immagine evocata da una leggenda nordica. «Ai piedi di un’alpe inaccessibile giunge, chiuso nella sua armatura, un cavaliere. Pensoso e scoraggiato, egli tenta invano di valicare quell’alpe, che, immobile nella sua maestà, pare che sfidi ogni più baldo ardimento. Ed ecco sulla vetta apparire una soave figura femminile, e disciogliere le sue trecce bionde, le quali, per un miracolo d’amore, si allungano fin giù nella pianura, quale invito al cavaliere. Egli resta esitante e turbato, ma una voce dolcissima gli dice: “Spogliati della tua armatura, deponi ogni pensiero profano, ogni volgare aspettazione, e salirai sino a me…”».
Mi rendo conto che ci sono momenti nella vita in cui non contano più il vero o il falso ma unicamente il nostro istinto e noi siamo pronti a fare la cosa giusta solo quando il nostro spirito lo è.
Dopo aver distillato la nostra vita, goccia dopo goccia, dalla nostra personale ampolla magica, siamo sempre pronti ad attraversare il luogo più desolante, solo per inseguire quel nuovo entusiasmo che possa aprire il cuore. Per non dover dire, nel momento dell’ultimo soffio vitale «Nessuno mi conosce» proprio come Rainer Maria Rilke, indicibile presa d’atto finale d’un uomo.
In verità, capita raramente di ricevere un dono celeste, di ritrovarsi nel giardino dell’anima a gustare la vita, in ogni istante, come fosse la visione dell’ultima alba alla quale possiamo assistere, ed è proprio in quel momento che viviamo l’essenza stessa della vita: la calma consapevole si fa passione vitale. Nella luce d’ogni nuovo mattino si alimenterà la conoscenza, la condivisione, la partecipazione, la comunione nel vivere.
Quale meraviglia ritrovarsi nel proprio Essere, nell’oasi mentale che conduce in un universo impensabile, nel luogo senza tempo, nelle braccia di una donna che sprigiona la sua femminile dolcezza, in quella fantastica sospensione atemporale che è l’amore. Se leggerete con nuovi occhi la poesia Autunno, presente nella raccolta Il libro delle immagini, risulteranno chiare e limpide molte risposte: «Le foglie cadono da lontano, quasi/giardini remoti sfiorissero nei cieli;/con un gesto che nega cadono le foglie./Ed ogni notte pesante la terra/cade dagli astri nella solitudine./Tutti cadiamo. Cade questa mano,/e così ogni altra mano che tu vedi./Ma tutte queste cose che cadono, Qualcuno/con dolcezza infinita le tiene nella mano».
Non v’è alcun dubbio in proposito. Il cammino di ognuno di noi è disseminato d’insidie, è quasi sempre faticoso, comporta sacrifici… ma se cerchiamo di preservare la fiamma che abbiamo in noi stessi, riusciremo a inebriarci anche di un solo gesto della persona amata. E ameremo la sua calda voce, e faremo pazzie per quell’essere straordinario che il destino ha voluto offrirci in dono.
Porteremo in palmo di mano le sue carezze, il suo dolce modo di fare, il suo respiro sarà il nostro respiro.
È più facile fare il giro del mondo che amare, è più facile la traversata d’un oceano, valicare la più alta montagna: e, ancor più difficile, è trovare una persona che sia la nostra metà mancante… quella metà che vaga dall’inizio del tempo. E quando vi capiterà davanti, lo capirete guardando profondamente nei suoi occhi, lo sentirete nel sangue… e se questo succederà, la fortuna vi avrà sorriso e… non lasciatevela scappare. Per nessun motivo.
Non esisteranno più ostacoli, barriere, limitazioni o costrizioni: l’amore non chiede, non offre altro che se stesso. La fonte luminosa dell’Essere risplenderà come un sole primigenio, oltre il tempo, quando il finito diventa infinito, oltrepassando il totale buio cosmico, rendendo noi stessi delle stelle che nascono e decadono, seguendo l’inevitabile ciclo naturale.
Come in una esplosione celeste, il nostro cuore diventerà ardente e, solo allora, potremo amare, sentire il suo profumo abbattendo la lontananza, abbandonarci al suono delle sue parole, sentire la sua anima dentro la nostra anima. Vivere l’estasi d’amore. «Se sogni, sono il tuo sogno».
La vita ci chiede di aprire gli occhi, allo stesso modo, la poesia di Rilke ci chiede di aprire gli occhi e di guardare con la poesia delle cose e delle immagini, di guardare con occhi nuovi e poi di vivere in questa nuova dimensione.
Quando sarete capaci di dire: «Se colgo un fiore, io stesso sono il fiore e l’intero mio corpo emana profumo», come un insegnamento zen ci ricorda, il suo profumo sarà il vostro vestito. La verità è sotto i nostri piedi, nella terra che calpestiamo, nelle fragranze che respiriamo, nei gesti che ci accompagnano nella vita, nelle parole che escono dalla bocca. L’essenza della vita ci aiuta a conservare nella mente la nostra solidità, dimenticando la confusione del quotidiano.
«L’uomo esteriore si va disfacendo ma l’uomo interiore si rinnova giorno dopo giorno» diceva San Paolo. Quando si penetrano le parole di Rainer Maria Rilke tutto diventa visione ancestrale dell’esistenza, drammatico messaggio lirico, tensione alla scoperta dell’Uomo, dissidio tra l’umana comprensione e la frattura d’un equilibrio misterioso.
La sua parola è incantamento e fascinazione, creazione alchemica e miscela medicamentosa: il desiderio viene sezionato, come in una lenta discesa negli inferi, sempre alla ricerca di quella sostanza-energia primigemia.
La mano che raccoglie ciò che cade, il senso della pienezza, del significato profondo della vita sta tutto in quell’accompagnarsi, mano nella mano, come in una fusione di due anime.
Allo stesso modo, Rilke vive, nella sua poesia, nella sua passione. Le parole sono dardi incendiari… in una parola sola: illumina. Rilke rende tangibile l’invisibile e l’uomo può commuoversi davanti all’Arte. Come non ha mai fatto.

Qualche anno fa, aprendo un vecchio libro, stavo leggendo qua è là, giusto per curiosità, quando, ad un tratto, il mio sguardo si fermò su una frase che mi scaraventò in una nuova dimensione. La frase sottolineata recitava così: «Se la parola non mi costasse non sarebbe autentica, se non dolesse non sarebbe viva, se non bruciasse non avrebbe lume». Quel giorno, chiaramente e distintamente, avevo sentito la funzione sciamanica della parola, del suo potere taumaturgico e, nella mia mente, iniziavano a miscelarsi le polveri magiche, le essenze alchemiche… e ogni parola aveva funzione divinatoria e teurgica. A volte, credevo si trattasse di inspiegabile incantamento, di misteriosa affabulazione o di autentica magia.
La parola, se vuole essere autentica, deve suscitare l’anima. E la parola di Rilke suscita l’anima. E Rilke chiede: «Non vedi la mia anima innanzi a te?» e, ancora, «Non senti che su te m’infrango con tutti i sensi?». Quasi non vi fossero mediazioni, né vie di fuga. O gli occhi vedono o sono chiusi, sigillati dalle tenebre.
Ma Rilke, nelle Poesie sparse, scrive parole che sono sangue e anima, urlo ancestrale dell’essere umano, sostanza stessa della vita. «Noi non siamo che bocca. Chi canta il cuore lontano/ che abita al centro delle cose, intatto?/In noi il suo grande battito è diviso/in brevi battiti. E il suo gran dolore/come il suo grande giubilo, è per noi troppo grande./Così, sempre più scissi,/noi non siamo che bocca. Ma improvviso, segreto,/irrompe in noi il gran battito del cuore,/ci strappa un urlo- e allora/ siamo sostanza, volto e metamorfosi».
Siamo sostanza (Wesen), volto (Wandlung) e metamorfosi (Gesicht).
Come un uomo in ginocchio che, da sempre, sa che «nessun nome basta a dirne il senso» e quale che sia il disegno dei suoi passi sempre intorno a un vuoto si muove: sabbia nel turbine, in un lento svanire, ininterrotto, silenzioso… e «la vita è vento perenne» e quei bagliori rari fanno ritorno al loro specchio.
Le risonanze della vita non sono più misurabili con l’udito ma sono un suono che trascende, «una maturità dello spazio».
Il compito dell’arte è salvare le cose, alimentare l’opera del cuore, salvarle “in” noi quasi a farle rinascere nella dimensione interiore: spazio del mondo e spazio dell’Io, la vita e la morte, inscindibilmente, come dirà Rilke Weltinnenraum. Luce che abbraccia, spazio unico che compenetra ogni essere. L’uomo deve allontanarsi o evadere dal dedalo nel quale si trova imprigionato.
Il profondo respiro che “sfiora il nulla” ed una volta raggiunta una tale altitudine, si può cadere nella vertigine immane. «Ho vagato in un forte vento,/mille volte vi hai spirato dentro»... «Vedi che sono uno che cerca?»: se la vita ha disperso e sparpagliato, «io ti voglio radunare di nuovo/nel vaso che ti fa felice».

In una lettera Rilke scriverà: «Noi siamo le Api dell’Invisibile. Bottiniamo perdutamente il miele del visibile per accumularlo nella grande arnia d’oro dell’Invisibile».
Vuotare la coppa in bellezza, cogliere il “fiore” di Rilke, graffiarsi con le spine d’una rosa, osservare la «principessa bianca sulla riva del mare»: con la poesia redime se stesso, e la sua storia.
L’inquietudine lo accompagnerà fino alla fine, la sua salvazione sarà la sua Opera, ma l’uomo sprofonda nell’abisso, nel silenzio ricercato, nelle ultime parole annotate sul taccuino poco tempo prima di morire «nessuno mi conosce».
Eppure è il poeta che scrive: «…ancora e sempre, anche se conosciamo il paesaggio dell’amore… ancora e sempre usciamo in due/sotto gli alberi antichi, ancora e sempre ci sdraiamo in mezzo ai fiori, di fronte al cielo».
Quasi alla spasmodica ricerca dell’apoteosi dei sensi, con la speranza che pervaderà ogni giorno della vita e con la sensazione-consapevolezza che in amore esistono istanti d’eternità, l’amore come il tempo è una sostanza invisibile: non si può incatenare o limitare. Segue il suo ritmo senza inizio definito né fine prestabilita.
Chi è un artista? Cosa fa un poeta? Cosa vuol dire Rilke?
Scrive per ritrovare se stesso, per sogni, per chimere, per castelli in aria. Vive al confine tra la normalità e la Creazione e l’uomo, il poeta, si nutre dell’Arte: in perfetta autonomia ed assolutezza.
Nient’altro che l’Artefice di quella linea di demarcazione che divide la polvere dell’arena dal portico della Gloria.

Massimo Barile



Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Avvenimenti
Novità & Dintorni
i Concorsi
Letterari
Le Antologie
dei Concorsi
Tutti i nostri
Autori
La tua
Homepage
su Club.it