U scutulan di la rraca

di

Benedetto Di Pietro


Benedetto Di Pietro - U scutulan di la rraca
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
12x17 - pp. 32 - EURO 5,20
ISBN 88-8356-045-0

Clicca qui per acquistare questo libro

Vai alla pagina degli eventi relativi a questo Autore

Introduzione

Cercare spiegazioni sulle cause che generano nell’individuo la necessità poetica porta quasi sempre alla stessa conclusione: ci si accorge che il movimento interiore della poesia non si arresta alla superficie, ma porta ad uno strato profondo della memoria. In pratica il vissuto dell’adulto viene neutralizzato ed affiora il ricordo dei primi anni dell’infanzia, quando le esperienze e le informazioni acquisite riconducono alle fiabe, ai racconti, alle diffide materne camuffate da animali antropomorfi o da uomini trasmutanti. Tutti elementi che hanno uno scopo ben preciso: far evitare i pericoli al bambino o insegnargli come fare per superarli. Ma se da una parte questa è la spiegazione che la psicologia ci ha saputo dare, esiste, nell’ambiente rurale, un altro aspetto: quello dell’esistenza di un mondo connaturato a certe credenze e legato a luoghi particolari, cadenze nel corso dell’anno, avvenimenti drammatici che hanno colpito nel passato la vita della comunità locale. Questi luoghi magici che popolano la fantasia, e non solo dei più piccoli, sono ben conosciuti dagli abitanti del posto che continuamente li evocano. È in questo regno della fantasia che prende corpo e giustificazione il movente poetico di questi versi.
Le liriche che qui vengono proposte appartengono a due momenti specifici: un percorso in cui la mitologia, la leggenda e la storia si compenetrano e si integrano; un secondo percorso in cui il fatto storico viene esasperato, partendo da un’analisi in chiave spesso ironica, per approdare ai fatti migratori sia del passato lontano che vicino, in cui l’analisi diventa socio-antropologica ed implicita accettazione dello stato di cittadini del mondo e non più di appartenenza ad un luogo privilegiato.
La näca cu la bària (La culla boriosa) ha carattere fiabesco ed è composta da sette liriche. Inizia con una ninna-nanna nel dialetto siciliano antico e attraverso una reinvenzione della mitologia vengono rese manifeste ed esorcizzate le paure della gente, legate alle credenze ed alla superstizione. In un’ambientazione medievale e di contenuto sociologico, si parla dell’autoisolamento degli abitanti di San Fratello a causa della loro lingua sconosciuta ai siciliani. Il discorso tocca alcuni punti della forte emigrazione verso il Nord, avvenuta negli anni 1950-60 e l’importanza vitale dell’aggancio alla cultura del luogo natio. L’ultima lirica chiude il percorso circolare riprendendo la ninna-nanna iniziale completandola con due filastrocche, usate dai bambini nei loro giochi, e una vecchia preghiera della buona notte.
Chi ermu e chi suoma (Chi eravamo e chi siamo) sottende un percorso comico, e nel contempo tragico, dei sanfratellani a partire dall’insediamento in Sicilia, nei sec. XI-XII, della gente proveniente dalla Pianura Padana, dopo la cacciata degli Arabi da parte delle armate normanne, e si conclude con la diaspora dei siciliani avvenuta nella seconda metà del 1900.
Il sistema di scrittura usato è lo stesso messo a punto nel mio tarbunira ‘All’imbrunire’, (Ed. Il Lunario, Enna 1999).

B.D.P.


U scutulan di la rraca

NOTE SULLA FONETICA

La pronuncia delle vocali e consonanti segue la regola della lingua italiana, ad eccezione di quanto segue:

ä
Palatalizzata (ingl.: that, bad), porta sempre l’accento tonico, anche se non espresso (pätri ‘padre’, quänn ‘quando’, nicissäriji ‘necessario/i’).

i
Va pronunciata come in Italiano se fa parte di gruppi vocalici o porta l’accento tonico, oppure se è finale di parola (fissa ‘fesso’, durdìi ‘sporcizie’, carusgì ‘ragazzi’). Va pronunciata nei monosillabi chi ‘chi (pron. relativo)’, di ‘due’, negli aggettivi mi, ti, si ‘mio, tuo, suo’. Negli altri casi è muta (chi ‘che cosa’, mi ‘me’, ni ‘non, né’, pi ‘per’, filièria ‘fila’, caminer ‘camminare’, zzonir ‘cenere’).

c/cc
Affricata mediopalatale sorda (ital.: cibo, pace, caccia); segue la regola italiana: ca, co, cu oppure ce, ci, c (come nel lombardo tucc ‘tutti’)

ch/cch
Occlusiva velare sorda (ital.: chilo, occhi).

chj/cchj
Affricata postpalatale sorda (ital.: chiodo, chiurlo).

d/dd
È sempre occlusiva retroflessa sonora (sicil.: beddu).

dr
Affricata prepalatale sonora (draunera ‘tromba marina’, dritt ‘diritto’).

ghj
Affricata postpalatale sonora (sicil.: famighja).

g/gh
La ‘g’ davanti alle vocali ‘o, u, a’ e la ‘gh’ davanti ad ‘i, e’ ha una pronuncia spirante velare sonora (assiguter ‘rincorrere’, fataga ‘fatica’, màunigh ‘monaco’, sdungher ‘allungare’).

r
Si pronuncia come in Italiano (ràu ‘lui’, roda ‘ella’, caraus ‘ragazzo’)

rr
Vibrante velarizzata (Rruoma ‘Roma’, ferr ‘ferro’, arranzirì ‘arrugginito’, rràu ‘origano’, rroda ‘fredda, stecchita’).

s
Indica la sibilante dentale sonora (ital.: rosa) quando si trova in posizione intervocalica (rruosa ‘rosa’, ) o finale (caraus ‘ragazzo’). Ha pronuncia sibilante dentale sorda se si trova in posizione iniziale davanti a vocale (sänt ‘santo’, suner ‘suonare’).

sg
Dittongo che indica il suono fricativo mediopalatale sonoro davanti alle vocali ‘i, e’ o in posizione finale di parola (cusgina ‘cugina’, basger ‘baciare’, dusg ‘fuoco’). La scrittura diventa ‘sgi’ quando precede le vocali ‘a, o, u’ (stasgian ‘stagione’, plasgiò ‘piacque’, sfasgiunèa ‘sfaccendato’).

ss
Indica la sibilante dentale sorda (quoss ‘codesto’, sfassessa ‘dilapidatrice’).

s+consonante
Davanti alle consonanti ‘c, f, p, t’ la ‘s-’ si realizza sempre col suono ‘sc’ fricativo mediopalatale (ital.: scemo): studier, sfascer, scarper, spaghjer. Davanti a ‘b, d, g, m, n, r, v’ si pronuncia ‘sg’: sbaghjer, sdungher, sgarger, smuovir, snirver, svinter.

str
Fricativa prepalatale forte (strùmula ‘trottola’).

tr/ttr
Affricata prepalatale sorda (pätri ‘padre’, quättr ‘quattro’).

z/zz
Affricata dentale sonora (mez ‘mezzo’, zinzeuna ‘zanzara’) e sorda (mäzz ‘mazzo’, zzièu ‘zio, cielo’, zzucch ‘tronco’, azzufer ‘litigare’).


LA NÄCA CU LA BARIA

I

Stasira iò ti cuntu di la Luna
ch’arrispinciu lu Suli pi so spusu
quannu vitti la to testa bruna,
quannu vitti la to faccia rosa.

Stasira pi li stiddi è festa granni
vistiti di sita e filigrana d’oru
ora chi me figghju faci l’annu
e nta lu lettu voli stari sulu.

Lu mari sona chjanu li campani
lu ventu sona n’organu assai duci
s’azzittiscinu li strati e li canatuni
li picciriddi fannu sogni n paci.

(LA CULLA BORIOSA)

I

Stasera ti racconto della Luna
che rifiutò il Sole per suo sposo
quando vide la tua testa bruna
quando vide la tua faccia rosa.

Stasera per le stelle è festa grande
vestite di seta e filigrana d’oro,
ora che mio figlio compie l’anno
e nel letto vuole stare solo.

Il mare suona piano le campane
il vento suona un organo assai dolce
s’azzittiscono le strade e i cantoni
i bimbi fanno sogni in pace.

Dormi, mio bene, dormi.
Fai sogni sereni.


II

Mbutära di Eolo la bärca di Rränn
spraièa ntô parariès smiraldìan
che sparagnièa a Ulissi ntô sa anèr anànn.
Zzèa s’n vonn Icar pi gars libr la fataga paièra
quänn disgiànnghj ‘adièu’ a sa pätri spänt
mbrughjièa i carzarièr e pighjièa u bo’
fuora di li muri superbi.
U dièa d’u mär ni ghj ncarrijèa la dassa;
capì chi ni ghj pa nant càuntra
di chi scläma la libirtèa
e si nciurò ntê suoi paläzz di ièua.
Ma i cavèi assigutèi d’u mär s’n scapèan
e si ng’anèan nta li cuòrmi di Màunt Sar
e di ddèa talìu li bärchi d’i marnèr
chi pässu visgìan d’u pèu di Giùra
e p’u schiènt ni si vàutu cchjù ndarrièr
quänn suòrcu u spicchjieu d’u mär nasc.

II

Sospinta da Eolo la barca di Orlando
approdò al lido del paradiso smeraldino
che risparmiò Ulisse nel suo peregrinare.
Qui vi giunse Icaro per godersi libero la fatica pagata
quando dicendo ‘addio’ al padre attonito
illuse i carcerieri e spiccò il volo
fuori dalle mura altere.
Il dio del mare non rincarò la dose;
capì che nulla si può contro
chi libertà anela
e si rinchiuse nei suoi palazzi d’acqua.
Ma i cavalli sospinti dal mare scapparono
e andarono sulle cime di Monte Soro
e da lì rimirano le barche dei marinai
che passano vicino al palo di Giuda1
e per la paura non si voltano più indietro
quando solcano lo specchio del mare nostro

Note.
1. Si tratta della trasposizione di un brano della Genesi (19.17-19.26 – Distruzione di Sodoma) che viene applicato, con una notevole contrazione temporale, a personaggi dei Vangeli. La fantasia della gente vuole che il mare che separa la Sicilia dalle Eolie un tempo fosse campagna e che Giuda stesse arando un campo il giorno di Pasqua. Gesù per punire la mancata santificazione della festa gli ordinò di non voltarsi indietro alla fine del lavoro. Ma la tentazione fu grande e quando l’apostolo, dopo avere osservato il campo arato durante il giorno, si girò verso i buoi, li vide pietrificati insieme all’aratro. Così veniva interpretata una figura formata all’orizzonte da alcune delle isole Eolie viste da San Fratello.


III

Fèa la uèrdia Erculi aluntìan a la cittèa d’Apollo
e Basili u bizantìan ô santuièri d’u Màunt Vecchj.
Ma quänn spàunta la Pudera
chi è ch’adduma la dumièra a la caplina
ana Turi s’affuièa nta n mumànt di scunfart
se zzèa si fùji tucc i giuòrn u giuòrn
e di nuòtt tucc nciàru ghj’uògg pircò si umbrìu.
Scuòrru i rrusäri nta li mei piatàusi
mantr ch’i bèanch arzudu nta li citèrni
e Arfìan vo i cristièi cangers n cavèi
puru ana ni ghj‘è schiènul.
Son chiènt di carritièr sta nuòtt
e ciancianèdi chi s’arsèghju
a ogni päss di mu.
Arvàuti è fäm o sciaràn chi si fèa nègia
nta Inäru e apäna ghj’uògg
se i chièi tramurèi sprìsciu ô prim accièm.
Son alùstr di mart ch’u Zzièu zzièrca e scläma;
chi zzèa dascièn d‘ärma e zzèa s’ammùcciu
pi cuntinuèr a amèr quosti rrachi;
‘st culàur ch’u nigìan ni ghj pa
di ferghji paràr anigièi.

III

Fa la guardia Ercole aluntino2 alla città d’Apollo3
e Basilio il bizantino al santuario di Monte Vecchio.4
Ma quando spunta la Stella Polare
chi accende la lumera alla cappellina
dove Salvatore s‘è impiccato in un momento di sconforto
se qui si fugge tutti i giorni il giorno
e la notte tutti chiudono gli occhi perché hanno paura.
Scorrono i rosari tra le pie mani
mentre i sassi rotolano nelle cisterne5
Alfio vede persone tramutarsi in cavalli6
anche dove non c‘è sospetto.
Sono canti di carrettieri questa notte
e bubboli che sussultano di paura ad ogni passo di mulo.
Forse è fame o fiato che condensa
in gennaio e annebbia gli occhi
se i cani tramutati spariscono al primo richiamo.
Sono lumi di morti che il Cielo cerca e anela;
che qui hanno lasciato l’anima e qui si nascondono7
per continuare ad amare questi sassi;
questi colori che la foschia non riesce
a far sembrare opachi.

Note
2. Ercole era venerato ad Aluntium, l’attuale S. Marco d’Alunzio.
3. È la vecchia Apollonia che sorgeva dov‘è Monte Vecchio.
4. Monte Vecchio è una località di San Fratello ed ospita un santuario dedicato ai tre santi fratelli martiri Alfio, Filadelfio e Cirino.
5. La religione e la superstizione sono state sempre molto radicate nella gente di campagna; qui si allude a fenomeni di probabile telecinesi interpretati dal popolo come presenze spiritiche che vengono esorcizzate con la recita di alcune orazioni.
6. Diverse persone sostengono di avere assistito, in determinati luoghi chiamati dai Sanfratellani ‘schiènul’, a strane mutazioni di figure umane in animali.
7. È credenza che dopo una morte violenta, l’anima continui a vagare nei luoghi in cui ha vissuto col corpo.


IV

Chi si buvò u dät di li momi sanfrardèuni
chi ghj’avàiu fätt mbucchèr ê Saracì
ch’avàiu tänti bunänzi
se apuòi quòi pavr fighjuòi di momi
s’n ievu aner pi ni murir di fäm?
Li maièri pìghju u bo’ di Rraccafàrt
cam i spirvièr p’aspruver li campìi di la Siciglia.
Nguòlu sàura di Parta Antièga e vèan vers di Cifalù.
Nguòlu vers di Mläzz pi derghj la baunavignura
a Rugièr e a sa mughjièr Dläsia.
I Sanfrardèi ien i cuor adijèi
pi li magarìi di na dàngua sfardära
ch’i spèart di tucc ghj’ièucc
e arrestu suoi anaccànns
ntô mezz di la spränza e di la disprazziàn;
nciàusc nta n castièu cu la vrura sàura di mär
a talièr li bärchi culuräri
e li dinterni stralumnàusi ntô blu
e li ièsuli di Lipari surduväri tra zzièu e mär.

IV

Chi ha bevuto il latte delle mamme sanfratellane
che avevano fatto credere ai Saraceni
che avevano tanta abbondanza
se poi quei poveri figli8
hanno dovuto lasciare il paese per non morire di fame?
Le streghe spiccano il volo da Roccaforte
come gli sparvieri per esplorare i campi della Sicilia.
Volano sopra Porta Antica9 e vanno verso Cefalù.
Volano verso Milazzo per dare il benvenuto
a Ruggero e alla moglie Adelasia.
I Sanfratellani hanno i cuori incantati10
per la magia di una lingua consumata
che li distingue da tutti gli altri
e restano soli altalenanti
tra la speranza e la disperazione;
chiusi in un castello con vista sul mare
a rimirare le barche colorate
e le lampare riverberate nel blu
e le isole di Lipari sospese tra cielo e mare.

Note
8. Si racconta che durante un assedio dei Saraceni i Sanfratellani rinchiusi nelle loro fortificazioni trovassero un espediente convincente per gli invasori. Fecero cadere giù dalle mura la ricotta fatta col latte delle mamme che allattavano. I Saraceni convinti che all’interno della città vi fosse abbondanza di viveri levarono lo stato d’assedio.
9. Località di San Fratello.
10. Ruggero d’Altavilla iniziò la liberazione della Sicilia dai Saraceni a partire da Messina il 18 maggio 1061. Nel 1089 Ruggero sposò in terze nozze Adelaide (o Adelasia) degli Aleramici, che è sepolta nella cattedrale di Patti.


V

Duòi d’u disc e duòi d’u start
la zzi Bitta fèa quazzota
fèa fascièdi u zzu Nìan
fèa canostr travaghjièi a n trai vanchi.
Iea la mughjièr canistrièra
chi sfascièda i sigret d’ancasàua
gièach n’i sea tinàr ntô stama.
D‘èua di Mascarìan è mraculàusa
e i pavr fissa d’i marì cuntànt
vèan a pighjèrla
pi ferghj avàr i fighjuòi a li si mughjièr,
mantr chi rodi, banbangh‘è,
cherca scapparìna si la fèan a mucciàn.
Tucc canuòsciu la stuòria
ma un s’avoss a ster mut
se chèrca criatura nuciànt
finì nta n puòzz pi la caghjarura di sèuma.
U màun è gränn e un s’arfèa la fecc.
E scì pircò la giànt n’u iea a savàr
ma Bittu si fasgiàia la cardvarära da sàu
nfilèa nta n säcch di riès.
Machièri ghj’avoss astät chercun
ch’avoss afät rir a ràu!
Ma pach mparta, tänt u sàu anèsc sampr
sàura di li rrachi di Furci e u sa capièu
appàusa sampr ntô mär di Palerm.
Chièngia sàu la nègia d’u matìan
chi ntô mas di Mèi si fèa negiaterra.

V

Due al dritto e due al rovescio
la zia Benedetta fa la calza
e zio Nino fa fiscelle
fa canestri lavorati a tre verghe11.
Ha la moglie canestriera12
che sfiscella13 i segreti di casa sua
poiché non sa tenerli nello stomaco.
L’acqua di Mascherino14 è miracolosa
e i poveri fessi dei mariti contenti
vanno ad attingerla
per fare avere i figli alle proprie mogli,
nel frattempo quelle, meglio di niente,
si fanno qualche scappatella di nascosto.
Tutti conoscono la storia
ma si dovrebbe tacere
se qualche creatura innocente
è finita in un pozzo per la vergogna di sua madre.
Il mondo è grande e ci si rifà la faccia.
E sì perché la gente non deve saperlo
ma Benedetto si faceva la carnevalata15 da solo
infilato in un sacco di iuta.16
Magari vi fosse stato qualcuno
capace di far ridere lui!
Ma poco importa, tanto il sole sorge sempre
sopra le rocce di Furci17 e il suo cappello18
si posa sempre nel mare di Palermo.
Cambia solo la nebbia del mattino
che a maggio diventa nebbiaterra19.

Note
11. Manufatti tipici dei contadini sono le ceste di vimini. Nella molteplicità delle forme la lavorazione è effettuata dai Sanfratellani con l’uso di tre verghe anziché due come in altri posti.
12. Cerimoniosa, adulatrice.
13. È sinonimo di ‘scodella’ (pres. ind. di ‘scodellare’ 3 p. s.).
14. Mascherino è una contrada di San Fratello.
15. La satira è stata sempre la padrona del Carnevale. I fatti più riprovevoli dell’anno sono oggetto della ‘carnevalata’ e vengono portati per le strade del paese.
16. Lett.: di riso
17. È una località di Militello Rosmarino.
18. Il sole che tramonta sul mare, prima di scomparire assume forma di cappello.
19. Per quanto rara in Sicilia, in primavera la nebbia si forma nelle zone relativamente basse: è la cosiddetta fiumana o ‘nebbiaterra’.

Se sei interessato a leggere l'intera Opera e desideri acquistarla clicca qui

Torna alla homepage dell'Autore

Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Per pubblicare
il tuo 
Libro
nel cassetto
Per Acquistare
questo libro
Il Catalogo
Montedit
Pubblicizzare
il tuo Libro
su queste pagine