In una sera (racconti)

di

Benedetto Di Pietro


Benedetto Di Pietro - In una sera (racconti)
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 78 - Euro 8,50
ISBN 978-88-6587-3922

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In copertina: Ex-libris dell’Autore


Ogni riferimento a fatti, persone e luoghi deve essere considerato del tutto casuale.


Questi brevi racconti vogliono distoglierti, anche se per un tempo breve e spero con un pizzico di ilarità, dall’onerosa realtà quotidiana. Alcuni di essi sono apparsi in passato sulla rivista “Pagnocco”, che si pubblicava a Messina ed era diretta dal compianto amico Giuseppe Cavarra, alla cui memoria questo libro vuol essere un omaggio.
La narrazione prende corpo dai fatti di cronaca ai racconti di vita paesana, dalle credenze popolari al mondo della fantasia (si tratta poi solo di credenze e di fantasia?)
La raccolta è volutamente agile per essere letta quasi “in una sera” e il mio scopo sarà raggiunto se sarò riuscito a coinvolgerti, sollecitando un minimo della tua curiosità e riflessione.
Con gratitudine.

L’Autore


In una sera (racconti)


Il tassista

Quel mattino d’autunno del 1968, la stazione Centrale di Milano è quasi deserta a causa di uno sciopero dei ferrovieri. E sì, perché quello è un brutto periodo per la città della Madonnina: tra nebbia e scioperi, ormai la certezza di dover viaggiare con dei problemi è cosa scontata.
Gennaro, un ex pugile di quarantacinque anni, napoletano verace, ha scelto la metropoli milanese come sua città d’adozione principalmente perché qui non mancano le opportunità di lavoro e lui ora fa il tassista.
Quel giorno farà un unico viaggio: porterà in via Cavour, a Melegnano, nella zona sud del capoluogo lombardo, un cliente che al telefono gli ha chiesto di andare a prenderlo al n. 23 di corso Buenos Aires di Milano. Il tassista ha raggiunto l’uomo e poi, percorrendo il corso fino a piazzale Loreto, si è immesso in viale Abruzzi in direzione di piazzale Lodi e una volta superata la stazione di Rogoredo si è avviato verso il luogo di destinazione.
Mano a mano che si avvicina alla periferia, la nebbia si fa sempre più fitta e con essa aumentano le difficoltà del traffico. Lo specchietto retrovisore all’interno del taxi è sistemato in maniera da lasciar intravedere il passeggero che sembra intento a guardare fuori dall’auto e invece è assorto chissà in quali pensieri.
Gennaro lo scruta e fa alcune sue elucubrazioni:
«Ha la faccia di uno che ha litigato con la moglie e ora ha deciso di mollare tutto e andare via. Potrebbe essere un uomo d’affari che va a concludere qualche contratto; ma uno così non si sarebbe servito del mio taxi. Per essere più indipendente avrebbe fatto uso di una bella macchina presa a noleggio, specialmente se è un tira-tardi; oppure una bella macchina, con tanto di autista in divisa, si sarebbe fatta trovare ad attenderlo davanti alla stazione. E invece chiama Gennaro per farsi portare dove? A Melegnano. Là ci vanno tutti quelli che debbono farsi perdonare qualcosa, il Giovedì Santo per la festa del Perdono.»

Gennaro è abituato a portare in giro ogni genere di persone, con ogni tempo, e le sorprese in effetti non mancano mai. Gente che per la fretta dimentica borse, valigie, ombrelli, e non di rado anche portafogli con documenti e soldi. In questi casi, quando il luogo di partenza o di destinazione della corsa è qualche albergo, non è difficile contattare la reception e individuare i clienti smemorati.
Più di una volta è stato convocato dalla Polizia per fornire notizie su tutti i clienti saliti a bordo del suo taxi in un determinato giorno; così alla fine ha scoperto di avere trasportato anche delinquenti e spie russe, senza che lui se ne sia mai accorto. Questa volta potrebbe capitargli di avere a bordo un terrorista. Certo, la sua passata attività di pugile gli permetterebbe di mettere fuori gioco l’ospite con un paio di uppercut, ma poi cosa direbbe la gente: bella forza, uno che ha il pugno proibito si mette con un poveraccio che sarebbe sufficiente urlargli dietro per stenderlo a terra.
Questa volta Gennaro ha paura. Il suo stato d’animo è dovuto al fatto che fermandosi ad uno dei tanti semafori e scrutando attraverso lo spazio tra i sedili, ha scoperto che il suo cliente porta una borsa dalla quale fuoriesce la canna di una pistola. Lui di armi se ne intende e quella può essere una Colt, una pistola a tamburo che ha la caratteristica di trattenere il bossolo dopo il colpo, magari con lo scopo di far perdere qualche indizio in caso di indagini di polizia.
Anche il passeggero, da parte sua, è assorto nei suoi pensieri e ogni tanto incrocia gli occhi del tassista allo specchietto.
«Per me questo è uno stupido tassinaro intento a calcolare mentalmente il prezzo della corsa, che io conosco bene e quindi se cercherà di fregarmi all’atto del pagamento glielo contesterò. Oppure starà pensando come investire i soldi guadagnati in questo mese, magari allungando i percorsi per tirare su il prezzo del tassametro. Potrebbe essere come uno di quei tassisti che ho sperimentato ad Algeri.»
Durante una sua breve permanenza ad Algeri, aveva avuto modo di sperimentare che nelle ore di punta era impossibile trovare un taxi. Il traffico era infernale e la tariffa molto bassa, e unica, per tutta la città. Il prezzo era stabilito dal comune e la corsa non era remunerativa. Così nelle ore di punta i tassisti preferivano imboscarsi.
Ma il paragone non tiene: qui siamo a Milano, dove i taxi sono cari, ma si trovano anche nelle ore di punta. L’unico rischio che corre il cliente è che il tassista possa essere un grosso impiccione e fare domande al fine di scoprire la sua identità.
Gennaro è assillato dalla paura di trasportare qualche delinquente e così decide di scaricare il passeggero. Appena arriveranno a San Giuliano Milanese, una città che si trova lungo il percorso, con la scusa di andare a cercare un bagno, lui lascerà il taxi, con l’ospite dentro, nella piazzetta della stazione ferroviaria e sparirà.
Vorrebbe rivolgere qualche domanda al cliente, ma non trova la forza, ha la bocca cucita. Ha paura che questi reagisca scaricandogli il revolver addosso.
Mentre corrono questi pensieri nella mente del tassista, gli occhi si posano su due carabinieri in divisa che avanzano sul marciapiede, raccontandosi chissà quali avventure. Gli sembra un miracolo di San Gennaro. Rallenta con l’intenzione di chiedere ai militari un’informazione, una qualsiasi, sulla prima cosa che gli passa per la testa, facendo in modo che questi si avvedano della presenza del suo cliente.

I due carabinieri notano il movimento sospetto del taxi. Lo fermano. Scrutano all’interno del veicolo e scattando sull’attenti salutano militarmente avendo individuato il loro diretto superiore seduto sul sedile posteriore.
«Comandi, signor tenente!”

Gennaro tira un lungo respiro di sollievo.
«Avevo pensato male di voi. Ma come potevo saperlo io di portare a bordo un sott’ufficiale… e per giunta in borghese.»

Il passeggero è quasi risentito.
«Si vede che lei non ha fatto il militare. Chi porta il grado di tenente non è un sott’ufficiale, ma un ufficiale.»
«Mi dovete scusare; non ho fatto il soldato perché sono figlio unico di madre vedova.»

Il tenente vuole quasi scusarsi per la battuta.
«Nel mio lavoro a volte è necessario girare in incognito; ma al giorno d’oggi, con due stupidi individui come quelli, tutto diventa più difficile. Quelli non avrebbero dovuto salutare, anche se mi conoscono, perché non si è obbligati a fare il saluto militare a uno che non porta la divisa.»

Melegnano si trova ad un tiro di schioppo da San Giuliano. Arrivati a destinazione, l’ufficiale paga la corsa che ritiene calcolata correttamente. Gennaro scopre che il cliente parla con un accento che gli è familiare. Infatti, è napoletano come lui.
I due si lasciano con una stretta di mano, che il tassista ostenta più calorosa di quella dell’ufficiale, con la promessa di ritrovarsi un giorno per una bevuta in qualche locale di Milano.

[continua]


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