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Sommario

Prefazione di Benedetto Di Pietro – Albo d’Oro dell’edizione 2009 – Ezio Felisa – Sergio Baldeschi – Claudio Beccalossi – Vincenzo Bolia – Emanuela Bucchieri – Antonio Capriotti – Pietro Catalano – Antonino Causi – Luca Cenisi – Erminio Cioffi – Nunzia Maria D’Andrea – Nicoletta Dal Lago – Alessandro de Luyk – Antonella De Marco – Luigi Di Legge – Mauro Domenella – Vincenzo Elefante – Marcella Ferraro – Luisa Foddai – Nando Giangregorio – Simonetta Gravina – Alessandro Lugli – Elio Lunghi – Chris Mao – Stefano Marangoni – Giulia Mari – Gilda Mele – Laura Molina – Giuseppina Morrone – Carla Noro – Maria Piera Pacione – Maurizio PaganelliIlia Silvia Passariello – Pierino Pini – Luca Previato – Claudio Prili – Angela Rigolli – Luisa SalaChiara Santilio – Silvana Santoro – Isabella Sartore – Sara Staffolani – Fausto Sutera – Silvia Taras – Giuseppe Terranova – Stefano Tonelli – Maria Triglia – Petra Trivilino – Werther Zabberoni – Gino Zanette


Prefazione

Pensare alla poesia come una mera esternazione dei sentimenti del poeta sarebbe un’idea molto riduttiva. Le liriche in concorso del Premio «Città di Melegnano» di quest’anno, ci danno atto che ogni poeta, in particolare quando esce dall’analisi delle proprie cose personali, è una voce della coscienza collettiva. Troviamo così argomenti, non nuovi in Poesia, ma che sono la cartina di tornasole delle preoccupazioni della gente. Primeggia il senso di appartenenza all’Europa Unita e la preoccupazione di perdere la propria identità nazionale. Le nazioni facciano tesoro del loro passato, spesso costellato di guerre fratricide, affinché questo passato «sia limo per la pace»; bisogna fare «un grande covone» nel quale mettere «insieme, [...] parole e culture» (Pierino Pini, «La pace»). Ai movimenti migratori, verso l’Italia, di popoli provenienti da altri lidi si riferisce Pietro Catalano («Madre Italia»): si tratta di situazioni ricorrenti nei secoli e dopo i disagi del viaggio questa gente dovrà affrontare il disagio di dovere comunicare in una lingua che non conosce ed è costretta a farsi capire attraverso il linguaggio dei segni, lo stesso usato dai fanciulli di tutto il mondo nei loro giochi. Se ne deduce che solo ritornando fanciulli è possibile capirsi ed accettarsi.
La società cambia e con essa cambiano le tradizioni. Al poeta resta la scelta di scrivere sulla carta i suoi versi con la convinzione che le sue parole restino a futura memoria del suo passaggio in questo mondo; ma anche perché quando verrà la morte lo troverà «un po’ vivo» e quelle parole gli faranno da salvacondotto per il futuro (Giuseppina Morrone, «Non chiedermi perché»). La situazione politica internazionale fa dire a Vincenzo Elefante («La colomba») che la morte viene vestita da colomba, da pallottola recante la scritta «pace»; che la guerra è «la luna di miele» tra le compagnie petrolifere e la Borsa, nell’indifferenza totale delle nazioni non belligeranti. Il triestino Alessandro De Luyk («Confini Meja») ha una nota di ottimismo e dopo la caduta della frontiera con la Jugoslavia (e per estensione anche quelle europee) è sicuro che possano cambiare molte cose e vede un avvenire di pace e di concordia tra i popoli.
La Poesia è lo specchio dell’anima, ma anche del tempo e come tale ci mette davanti ai sentimenti personali di ogni singolo ed ai problemi che tutti potremo subire per scelte di altri. Il poeta è uno spirito libero e come tale apprezza o denuncia senza mezzi termini.

Benedetto Di Pietro Presidente della Giuria del Premio


Albo d’oro della quattordicesima edizione del Premio Città di Melegnano 2009

Sono stati premiati lo scorso 30 gennaio dall’Assessore alla Cultura della Città di Melegnano Denis Zanaboni, dal Vice Sindaco della Città di Melegnano Enrico Lupini, dal Presidente della sezione poesia Benedetto Di Pietro, gli autori classificati dalla Giuria della quattordicesima edizione del Premio Letterario «Città di Melegnano». La manifestazione si è svolta con il Patrocinio della Città di Melegnano – Assessorato alla Cultura e Identità, presso il Teatro San Gaetano.

La Giuria ha decretato la seguente classifica finale:

  • Opera 1^ classificata: «La pace» di Pierino Pini, Montichiari (BS). Questa la motivazione della Giuria: «È impossibile pensare ad un’Europa Unita senza tenere conto del passato storico di ogni singola nazione che la costituisce. Anzi, è necessario che tutte le nazioni che formano la nuova entità politica ed economica facciano tesoro del loro passato, spesso costellato di guerre fratricide, affinché “sia limo per la pace”. Alla base della convivenza civile, secondo il poeta, bisogna fare “un grande covone” nel quale mettere “insieme, [...] parole e culture” delle singole nazioni. Il riferimento al covone usato dai contadini, come l’insieme dei manipoli di frumento tagliato prima di procedere alla trebbiatura, non è casuale. Infatti, il risultato di tutta l’operazione è il pane, necessario per la vita dell’uomo, così come altrettanto importante e necessaria è la pace». Benedetto Di Pietro.
  • Opera 2^ classificata: «Madre Italia» di Pietro Catalano, Roma. Questa la motivazione della Giuria: «L’unità dell’Italia è nata dal sacrificio di ragazzi che parlavano lingue diverse. Il riferimento storico riporta ai contributi in vite umane provenienti da tutte le regioni italiane. Più tardi, molti italiani hanno conosciuto i disagi dell’emigrazione, ma non hanno mai perduto la speranza di ritornare ai luoghi d’origine. La realtà di oggi è diversa: l’Italia è vista da molta gente che vive in nazioni povere, come la terra promessa. Molti sono i migranti che affrontano i viaggi della speranza per arrivarvi. Però, dopo i disagi del viaggio questa gente dovrà affrontare il disagio di dovere comunicare in una lingua che non conosce ed è costretta a farsi capire attraverso il linguaggio dei segni. Sono segni che sembra accarezzino le parole perdute; usano il linguaggio universale usato dai fanciulli di tutto il mondo nei loro giochi. Solo ritornando fanciulli è possibile capirsi ed accettarsi». Benedetto Di Pietro
  • Opera 3^ classificata: «Dolore» di Stefano Tonelli, Milano. Questa la motivazione della Giuria: «Questa lirica è caratterizzata da riferimenti filosofici e religiosi. Il poeta facendo uso della ragione, e non della fede, parla con Dio. Nonostante le meraviglie del creato, “Chi scrive questo verso / come un povero diavolo s’è perso”; non accetta la realtà delle cose solo “perché è così, / che il dolore è il miglior carburante”. Solo accettando il dolore universale come una condizione umana, si arriva alla convinzione che in questo mondo “ogni sciagura è una lezione” dalla quale imparare. Il dialogo con Dio diventa implorazione: fammi piuttosto “cogliere / qualche allusione terrestre / di Buono di Bello di Giusto” anche se nascosto da qualche parte. Io cercherò di farne tesoro “anche se con un certo magone”. Il tema dello sconforto e della solitudine ritorna e diventa dolore del tempo». Benedetto Di Pietro
  • Opera 4^ classificata: «Non chiedermi perchè» di Giuseppina Morrone, Villanova di Guidonia Montecelio (RM). Questa la motivazione della Giuria: «Davanti al cambiamento della società ed alla perdita di valori, l’uomo si sente impotente. I cambiamenti hanno coinvolto le tradizioni e le festività e ora tutto è stravolto. C’è uno strumento catalizzatore nei confronti della stessa morte: è il fissare su un foglio bianco i versi della poesia. Quel foglio diventa “scrigno della memoria” e ha la funzione di rinforzare la visione del poeta che così si crea la convinzione di poter essere trovato “un po’ vivo” quando arriva la morte e non “già miseramente” morto. L’affidare alla scrittura i propri pensieri e dare consistenza alle parole, diventa uno strumento di superamento della morte stessa. In fondo, questo è il fine precipuo della Poesia». Benedetto Di Pietro
  • Opera 5^ classificata: «La colomba» di Vincenzo Elefante, Castellammare di Stabia (NA). Questa la motivazione della Giuria: «La morte è presentata con un simbolismo variegato. È una colomba che viene dall’Oriente; una strana affermazione, dato che quest’uccello è stato sempre usato come simbolo di pace. La morte è un soldato che parla di libertà ed è pronto a sparare. “È come una pallottola / verniciata di pace”. La provenienza per il poeta è chiara: “un confetto avvelenato / nelle acque del Tigri e l’Eufrate”. Ma non basta: la morte è un signore in doppiopetto che comanda nei palazzi del potere e a lui rispondono anche i paesi arabi. “È la luna di miele” tra le compagnie petrolifere e la Borsa “sopra la nostra pelle”. Un amaro sfogo sulla realtà attuale, dove dietro alle illusorie dichiarazioni di solidarietà c’è la sempre la speculazione finanziaria. Diventa difficile separare la guerra dai soldi e la speculazione intellettuale non può certamente fregiarsi di quanto disse Laocoonte ai Troiani affinché non introducessero nella città di Troia il famoso cavallo di legno: “Timeo Danaos et dona ferentes!” (Virgilio, Eneide, II)». Benedetto Di Pietro
  • Opera 6^ classificata: «Confini Meja» di Alessandro De Luyk, Trieste. Questa la motivazione della Giuria: «Finalmente l’uomo ha abbattuto la frontiera di Meja, aprendo nuove strade e dandosi la prospettiva di una nuova vita. Sono gli stessi confini, fatti di ferro e reticolati che in passato a Trieste hanno testimoniato tristi eventi politici, separando individui nati negli stessi luoghi. Uomini, si dice, divisi per motivi linguistici, culturali e religiosi, ma “divisi, in fondo, / dalla sola loro paura”. Con lo spezzare dei reticolati, si spezza anche la serie degli “inutili anni della nostra storia”.Una ventata di ottimismo lascia pensare ad un avvenire pieno di iniziative e di concordia». Benedetto Di Pietro
  • Opera 7^ classificata: «La terra trema» di Maria Piera Pacione, Ofena (AQ). Questa la motivazione della Giuria: «L’uomo vale poco di fronte alle grandi manifestazioni della natura. Nella vita vi sono avvenimenti tragici che ci fanno pensare di essere vicini alla morte. La poetessa ha una visione religiosa della natura e vorrebbe che il terremoto sia un segno di ritorsione della natura per il comportamento dell’uomo. Nonostante tutto, in questo quadro funesto bisogna cogliere un messaggio di speranza: appaiono gli angeli in soccorso delle nostre paure e le nostre disperazioni. È una speranza che sul colpo noi non riconosciamo, ma che sarà viva nel futuro». Benedetto Di Pietro
  • Opera 8^ classificata: «Io, sono io…» di Luca Previato, Legnano (MI). Questa la motivazione della Giuria: «Il poeta afferma di essere se stesso solo quando non è in grado di vedersi, quando non vede i suoi dettagli, le imperfezioni, la sua età, ma riesce a vedere proiettata la sua ombra sulle cose. Si riconosce “nel carico di pioggia / delle nuvole più scure”. Sarà sempre se stesso se sarà capace di non fare progetti per il futuro. È un vivere alla giornata. C’è la perdita della materialità e questo punto è confermato negli ultimi due versi: “guardami sempre / attraverso il prisma delle mie parole”. È come dire che l’uomo esiste perché ha la parola capace di comunicare emozioni. E questa in effetti è la caratteristica che lo rende unico nel regno animale». Benedetto Di Pietro
  • Opera 9^ classificata: «Nessuno» di Stefano Marangoni, Fagagna (UD). Questa la motivazione della Giuria: «La lirica si apre con un riferimento all’Odissea, precisamente all’episodio di Ulisse e Polifemo. Il taglio della poesia è filosofico con aggancio a certe religioni orientali. C’è polemica verso il nominalismo “Perchè di nessuno è l’arte / di chiamare la vita per nome”. Solo Dio ha il potere di usare il termine “Universo”. La preghiera è un elemento vitale ma si perderà nel vento e questo la porterà fino al poeta che è in casa, che l’ascolterà e risponderà: “Nessuno!”. Una presa di posizione davanti alle sollecitazioni della vita moderna, ma nello stesso tempo un distacco voluto dalle sue allietanti insidiose promesse». Benedetto Di Pietro
  • Opera 10^ classificata: «Prima pioggia d’autunno» di Nicoletta Dal Lago, Creazzo (VI). Questa la motivazione della Giuria: «Secondo la poetessa l’uomo deve vivere in simbiosi con la natura. Gli eventi stagionali debbono essere accettati e goduti, se possiamo attribuire al verbo godere anche il significato di una precaria sollecitudine. Così per il poeta l’autunno è la stagione in cui riscopre “la tenerezza del calore” e il senso di benessere. I colori autunnali sono unici e la tavolozza che essi compongono ispira pensieri positivi. Non manca qualche episodio che fa affiorare momenti dell’infanzia, come pungersi le dita con il riccio delle castagne. Anche la pioggia, come un’“amorevole nonna”, parla della vita che passa». Benedetto Di Pietro

Antologia del Premio letterario Città di Melegnano 2009


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