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Maria Rosaria D’Uggento - Strega a chi?
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa 14x20,5 - pp. 178 - Euro 14,50 ISBN 978-88-6587-8743 Clicca qui per acquistare questo libro In copertina: Botticelli, «Giuditta e la sua ancella tornano a Betulia» Galleria delle Statue e delle Pitture degli Uffizi, Inv. 1890 n. 1484 Prefazione Il libro “Strega a chi?” rappresenta il simbolo fedele del pensiero e della concezione filosofico-esistenziale di Maria Rosaria D’Uggento, in relazione ad alcune odierne tematiche sociali, universo di dibattiti e diatribe, di manipolazioni e fraintendimenti, che vengono analizzate e sottoposte ad incessante vaglio critico, in alcuni casi, messe in discussione anche attraverso una costante rivisitazione dell’oscuro periodo della “caccia alle streghe”. Massimo Barile Strega a chi?INTRODUZIONE Strega a chi?
Ebbene, per tutti questi motivi, mi sono sentita anche io una strega.
Le ho risposto come avrebbe risposto il mio amico radiato da poco dall’ordine dei medici: che non si può pensare. Perché nel sesso tanto fragile delle donne, si trova un numero di streghe tanto maggiore che tra gli uomini? […]. Alcuni Dottori spiegano il fenomeno dicendo che le donne […] tendono a essere credule, e siccome il diavolo cerca sopra tutto di corrompere la fede, le aggredisce di preferenza. […]. Il secondo motivo è che le donne per natura a causa della pieghevolezza della loro complessione sono più facilmente impressionabili […]. Il terzo motivo è che hanno una lingua lubrica; quando sanno qualcosa per le loro male arti è difficile che riescano a nasconderlo alle amiche e, siccome sono deboli, cercano facilmente nelle stregonerie un mezzo per vendicarsi di nascosto […]. Possiamo aggiungere ancora che siccome le donne sono difettose di tutte le forze tanto dell’anima quanto del corpo, non c’è da meravigliarsi se operano molte stregonerie contro gli uomini, che esse vogliono emulare. Ancor prima, per la verità, con la bolla Summis desiderantes Affectibus, promulgata il 5 dicembre 1484, papa Innocenzo VIII li aveva autorizzati a ricercare e quindi punire, incarcerare e correggere le persone resesi colpevoli di stregoneria: Ci venne ultimamente all’orecchio, non senza nostro grave dolore, che in alcune parti, città, territori, località e diocesi della Germania Superiore e nelle province di Magonza, di Colonia, di Treviri, di Saltzburg e di Brema, numerose persone di ambo i sessi, immemori della propria salute e deviando dalla fede cattolica, hanno abusivi commerci con demoni incubi e succubi e con i loro incantesimi, vaticini, scongiuri e con altri nefandi sortilegi, superstizioni, eccessi, delitti; fanno e procurano che i parti delle donne, i feti degli animali, i frutti della terra, i prodotti delle viti e degli alberi, gli uomini e le donne, […] i giardini, i prati, i pascoli, i cereali, il frumento e gli altri raccolti delle campagne periscano, siano soffocati e soppressi; che riescano inoltre a impedire che gli uomini generino, che le donne concepiscano e che i mariti con le mogli e le mogli con i mariti compiano i loro atti coniugali; che non si astengono di abiurare con sacrilega bocca la stessa fede che ricevettero nell’amministrazione del santo battesimo e di commettere e perpetrare […] altri numerosi nefandi eccessi e delitti, con pericolo delle loro anime, con offesa della maestà divina, con pernicioso esempio e scandalo di molti. Dare della strega a qualcuno a cuor leggero non si può. I IL RITORNO DEGLI INQUISITORI Fate attenzione, là fuori le streghe sono tornate, avvisa la nostra amica giornalista-scrittrice! Cosa si può fare? Traggono al Broken le Streghe in masnade (dal Faust di Goethe) Mefistofele. Vedi l’affollarsi, l’urtarsi, il rimescolarsi che costoro fanno. E strillano e mugolano e cinguettano e ronzano e zufolano; e sfolgorano e sfavillano, e putono ed ardono! Oh, il grandissimo indiavolio! Tienti bene stretto a me che non ci smarriamo nella folla. Olà, dove sei tu? Faust. (di lontano). Qui! Mefistofele. Po’! già trasportato fin là? Or via, qui mi convien fare da padrone di casa. Largo! il cavalier Volante! su largo, graziosa marmaglia! Fate strada! Qua, dottore, afferrami, e d’un salto vediam di gettarci fuori di questo scompiglio, ch’io medesimo mal so reggere a tante mattezze! Quindi poco discosto splende non so che cosa di un lume così nuovo, ch’io mi sento trarre verso quel prunajo. Vientene, vientene! facciamo di guizzare fin là. Faust. O viluppo di contraddizioni che tu se’! Ma va, fa di me il piacer tuo. Gran senno è il nostro veramente! C’inerpichiamo sul Brocken per godere della Valpurga, e nel bello dello spasso ne piace star soli. Mefistofele. Eh via, mira là quelle fiamme tutte screziate! Sono una briosa combriccola; e ben sai che in piccola compagnia l’uomo non è solo. Faust. Io nondimeno n’andrei più volentieri lassù. Già veggo levarsi la vampa, e avvolgersi il fumo; – ed oh, come tutti traggono in calca verso il Maligno! Là certo vi si deono sciogliere molti enigmi. Mefistofele. E del pari molti enigmi vi si avviluppano. Or tu lascia fervere il gran mondo; e noi c’incantucceremo qui in pace; che già per antico l’uomo gode di comporsi un suo piccolo mondo nel gran mondo. Veggo colà alcune giovani stregoncelle tutte nude, ed altre vecchie che fanno gran senno a coprirsi. Or tu sii cortese per amor mio, e per poca fatica avrai gran diletto. Odo risonare non so che istrumenti. Che maledetto baccano! Ma bisogna assuefarvisi. Vien via meco, vieni: egli non c’è scampo. Io vo innanzi e t’introduco alla lor compagnia: e tu mi avrai nuovo obbligo di nuovi servigi. Ehi, che ne dici, amico? Ti par egli un picciol luogo questo? Tendi l’occhio in là, a pena ci vedi in fondo. Un centinajo di fuochi ardono tutti in fila, e vi si balla, vi si ciancia, vi si cuoce, vi si bee, vi si fa all’amore. Or mi di’ se potremmo star meglio altrove? Faust. Come vogliam noi introdurci a costoro? Pensi tu di darti per mago o per diavolo? Mefistofele. Veramente io ho per uso di andare incognito. Se non che ne’ dì di gala ognuno sta sull’onorevole, e mostra i suoi ordini. Io non ho la giarrettiera che mi segnali, ma quassù è in gran riverenza il piè di cavallo. – Vedi tu là quella lumaca? Ella vien via strisciando lenta lenta, e col menare intorno delle corna ha già avuto qualche fumo di me; ond’io non riuscirei a celarmi dove pure lo volessi. Su, vientene; andremo di fuoco in fuoco; tu sei l’amoroso ed io il dimandante. (Ad alcune persone sedute intorno a carboni mezzo spenti.) Che fate voi costì in un angolo, miei vecchi signori? Molto vi loderei se vi vedessi darvi buon tempo nel bel mezzo del trambusto e dell’allegra gioventù; ché ognuno ha tempo di covar le ceneri in casa. […] Strega Rigattiera. Signori miei, non passino oltre a quel modo; non lascino fuggire l’occasione. Veggano, veggano che fiore di mercante! Qui v’è di tutto; e son nullameno tutte rarissime e senza eguali in terra; tutte famose per qualche gran malanno recato, quando che fosse, agli uomini e al mondo. Io non ho in bottega un pugnale dal quale non sia grondato sangue, non una tazza che non abbia dato a bere un segreto veleno, e distrutte le più robuste complessioni; non un ornamento che non lasciasse una donna da bene; non una spada che non rompesse un’alleanza, o non trafiggesse l’avversario alle spalle. Mefistofele. Madonna, voi conoscete male i tempi. Quelle cose vostre sanno dell’antico, e ciò che è stato è stato. Provvedetevi, in buon’ora, di novità, che le novità sole possono allettarci. Faust. Io son mezzo fuori di me. Questa in ultimo non è che una fiera! Mefistofele. La turba trae tutta insieme all’insù. Tu credi di sospingere e sei sospinto. Faust. Dimmi, chi è colei? Faust. Chi? Mefistofele. La prima moglie di Adamo. Guardati dalla sua bella capigliatura, quell’unico ornamento di cui faccia pompa; che dove ell’abbia allacciato con essa alcun giovane, nol lascia andare così di leggieri. Faust. Vedine qua due a sedere: la vecchia con la giovine a canto; e par ch’ell’abbiano già saltato ben bene. Mefistofele. Stanotte son senza requie; e già rientrano in ballo. Su, lesti! veggiam di pigliarcele. No, non più “sabbe” – immaginiamo che ci risponda la nostra giornalista. Le nuove streghe sono molto ma molto peggio! Il maledetto progresso. Dimenticano all’improvviso lauree e dottorati. Mettono in dubbio l’uso di antibiotici e vaccini. Non riescono più a ragionare. La metamorfosi in streghe ormai è avvenuta! Ma cosa si può fare dunque per liberarsi dalle streghe? Non c’è che un modo. Affidarsi di nuovo agli inquisitori. Per l’occasione son tornati!
Dal suo ultimo libro si leva l’accusa: «Ils ont perdu la raison», tradotto: «hanno perso la ragione». [continua] Contatore visite dal 04-04-2018: 3850. |
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