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Marco Raja - L’Italia in mutande (ma in piedi)
Collana "La Magnolia" - I libri di Umorismo e Satira 15x21 - pp. 194 - Euro 12,00 ISBN 978-88-6587-1294 Clicca qui per acquistare questo libro In copertina vignetta di Carlo Lazzaretti L’Italia è un Paese pronto a piegarsi ai peggiori governi, è un Paese dove tutto funziona male, come si sa. È un Paese dove regna il disordine, il cinismo, l’incompetenza, la confusione. E tuttavia, per le strade si sente circolare l’intelligenza, come un vivido sangue. È un’intelligenza che, evidentemente, non serve a nulla. Essa non è spesa a beneficio di alcuna istituzione che possa migliorare di un poco la condizione umana. Tuttavia scalda il cuore e lo consola, se pure si tratta d’un ingannevole, e forse insensato, conforto. (da “Le piccole virtù” di NATALIA GINZBURG) Fra trent’anni l’Italia sarà non come (ENNIO FLAIANO) In Italia nasciamo (LORENZO STECCHETTI) PREFAZIONE Come vi renderete conto leggendo questo libro, esso è colmo di citazioni di persone più o meno famose, che scrivono sull’Italia e sugli italiani, alcune volte in modo speranzoso, altre in maniera drastica. Da queste considerazioni e dalle nostre riflessioni ne nasce questo libro satirico, ironico ma anche serioso. Gli autori L’Italia in mutande (ma in piedi)I testi sono di Sergio Pizzuti mentre gli aforismi, riportati dopo gli asterischi, sono di Marco Raja. I titoli preceduti da asterischi riguardano prose, poesie, epigrammi e riflessioni tratti dal libro «La Casta ci incastra» degli stessi autori del gruppo editoriale Esselibri-Simone di Napoli. CAP. I L’Italia e gli Italiani
Dopo aver letto al mattino il quotidiano, *** L’Italia è uno strano Paese con troppe malefatte sempre alle prese. L’italiano è un popolo dalla vitalità scatenata che si nutre con lo scandalo fresco di giornata. L’Italia è uno stivale trasversale fatto da un calzolaio abituato a praticare troppe cuciture e rappezzi.
Nei tempi andati,
L’Ittalliaaaa, nonostante tutto, rimane “il giardino d’Europa” ma con scarsa manutenzione. Ci sono troppe piante infestanti che si fanno festa reciprocamente. Sarebbe pertanto necessaria una dilatazione nazionale. Parlando e scrivendo dell’Italia, bisognerebbe dire e scrivere: “Ittalliaaaa” per poterla aiutare a uscire dalle ristrettezze.
L’Italia è una penisola confinante con montagne di debiti e mari di guai. È uno stivale bagnato da quattro mari e dalla pipì dei turisti e degli extracomunitari. L’Italia è un Paese di debole costituzione, ha sempre bisogno del ricostituente della rianimazione. Quasi ogni anno frane e incendi la feriscono, la indeboliscono e la rovinano, perché gli italiani non sono capaci di proteggerla, come se non fosse la loro terra. Perché? Io ci terrei alla mia casa, al luogo che mi ha dato i natali, laddove sono nato e cresciuto. Perché dobbiamo rimboccarci le maniche quando potremmo preventivamente evitare tali disastri? Spero che gli italiani, compreso me, si diano da fare in tal senso, prima e non dopo gli eventi.
Nel nostro Paese tutto ciò che è gratuito e pubblico è bistrattato e disastrato. Pare proprio che l’Homo italicus nell’atto di accogliere qualcosa da usare in collettività diventi all’improvviso pezzente e sgangherato da tutte le parti. È questa un’infezione che comincia dentro di noi, dal cervello e dal cuore, per diffondersi poi rapidamente in ciò che ci circonda e ci ospita. Un bosco o una strada cittadina, una spiaggia o uno stadio, un fiume o una carrozza ferroviaria, un parco o un’aula scolastica, tutto, ma proprio tutto quanto ci è dato come bene naturale o come servizio sociale, diventa pattumiera collettiva, imbratto stratificato, squasso societario, devastazione comunitaria, mentre questo insulto supremo verso il buon vivere comune, uccide in noi la speranza di una società meno balorda, che ci confezioni un mondo meno indigesto per i nostri stomaci, troppo delicati per poter mandare giù tutto con l’imbuto da damigiana.
Durante i giorni della Creazione, quando Dio estrasse dal caos l’Italia somigliante a uno stivale da calzare a lungo, gli riuscì così bene e fu soddisfatto. Vide che “era cosa buona” e subito pensò: “Se tanto mi dà tanto, per custodirla così preziosa e bella creerò gli Italiani”. Nell’entusiasmo creativo non immaginò che questo fantasioso popolo da lui escogitato poteva riportare questa Sua bella Italia al caos primordiale, soprattutto non sapendo che l’uomo era un animale politico. Se ne accorse dopo il risveglio dal riposo seguito ai sei giorni di fatiche e con benevolenza di nuovo pensò: “Non tutto il male viene per nuocere, questa è una scusa buona per rifare daccapo la stupenda Italia”. Sorrise misericordioso con il dubbio se popolarla ancora con gli Italiani. Poi decise per il sì, cambiando tipo di fango, con meno impurità incorporate e, una volta seccato, meno riducibile in polvere a disposizione secondo il vento che tira.
Nell’odierna baraonda politica italiana persino i simboli dei nostri partiti si stanno fracassando, assumendo nuovi significati ammonitori, in un ammasso di rottami ove tutto è aggrovigliato e rammentato in un immenso cumulo forse nemmeno riciclabile. Sospinto da pruriginosa curiosità, mi sono messo a rovistare fra questa cianfrusaglia stravolta in cerca di nuovi significati affioranti e ho visto: scudi crociati che son croci. Croci senza speranza lasciate in libertà. Libertà e speranze messe sulle croci. Croci schiodate da martelli. Martelli tagliati da falci. Falci e martelli stampati su drappi di sangue. Sangue che nasconde bandiere. Bandiere che si coprono di vergogne. Vergogne che si vestono di tricolore. Tricolore che arde in fiammate. Fiammate di soli al tramonto. Tramonto di rose prese a pugni. Pugni con rose appassite. Appassite corolle di garofani deflorati. Deflorati con rossi garofani. Garofani invasi dall’edera. Edera infestata da parassiti. Parassiti invischiati di scandali. Scandali sepolti nella sabbia. Sabbia che forma il deserto. Amen.
L’Italia è uno dei Paesi più belli del mondo, peccato che si tratta di una Repubblica fondata sul “chiasso”, sostantivo maschile che trova i suoi sinonimi, simili e derivati, in: “assordamento”, “baccano”, “bailamme”,”cagnara”, “canea”, “clamore”, “clangore”, “diavolio”, “fracasso”, “fragore”, “frastuono”, “gazzarra”, “gridio”, “pandemonio”, “putiferio”, “schiamazzo”, “strepitio”, “urlio” ecc, tutte negatività per il mal vivere del corpo e dell’anima, che trovano meno numerosi contrari in: “pace”, “quiete”, “raccoglimento”, “serenità”, “silenzio”, “tranquillità”, tutte positività per il buon vivere del corpo e dello spirito. *** L’Italia è una penisola scoperta dagli extracomunitari in cerca del primo articolo della Costituzione italiana, i quali fanno fatica a farlo applicare. L’Italiano è un popolo che si abitua facilmente alla maggioranza dissoluta, che con difficoltà si dissolve.
Il nostro eclettico “Bel Paese” è fatto sul modello dell’autoscontro. Tira sera a furia di spintoni, spinte e spintarelle, in uno spasso giocondo da Luna Park, insomma è il pittoresco miracolo italiano che si rinnova ogni levar del sole fra la meraviglia di tutti. A pensarci bene, la colpa non è nostra se siamo fatti con questo stampo coperto da brevetto in esclusiva. Semmai il torto grossolano è degli altri che non hanno ancora capito un piffero sulle spensierate gioie del Luna Park.
Certi uomini politici in Italia inventano le regola del gioco di sana pianta e quel che è peggio, quando il gioco è già finito, lo fanno con quella scaltrezza un po’ gioconda, un po’ spregiudicata e molto malandrina che può far anche vincere senza convincere nessuno, nemmeno i bari, perché fra l’affermazione vittoriosa di una scaramuccia e l’aver ragione ci passa un’eternità di strada. A proposito di tangenti, qualche politico ha avuto la faccia tosta di affermare in pubblico che un conto è rubare per sé stessi e un conto è rubare per i partiti, tentando di stravolgere addirittura la morale, ignorando che i principi di verità morali non possono cambiare con il cambiare dei tempi e degli uomini. Se la morale dovesse cambiare sarebbe immorale. L’elasticizzazione e la mutabilità sono due processi tecnologici che a questa materia non potranno essere mai applicati. La verità morale ha in sé il rigetto per la manipolazione, anche se fatta con la tecnologia più raffinata.
L’Italia peggiora,
I politici italiani sono come i farmacisti, danno più confezioni che medicinali. Ti vendono contenitori giganteschi con medicinali pigmei. Quando si porta a casa il tutto, il tutto si conclude con una rottura di scatole. Talvolta, nei casi più allegri, prima delle pastiglie, dalle scatole rotte salta fuori proprio un tubo. *** Nei politici sono le mandibole, non gli occhi, lo specchio dell’anima. Solitamente i politici sono anche polifagi. Non pochi sono antropofagi, divorano volentieri i colleghi preferendo, paradossalmente, quelli indigesti.
Il nostro sgangherato Paese sta diventando un agglomerato di contraddizioni emergenti ma anche un florilegio di nemesi sconfortante. E questi affioramenti a ripetizione, generati dall’arrembaggio e dal “si salvi chi può”, finiscono tutti insieme nella gloria dello sfascio. Sembrerebbe un’assonanza bislacca, invece è davvero emblematico rivisitare la storia nostrana che per sortilegio, o per volere, o per fatale vendetta burlona, chiede in prestito all’alfabeto una “s” e la antepone per moto proprio al simbolo amato e odiato, abbattuto con tanto furore già da decenni, cioè a quel fascio borioso e in parte malandrino. Sicché, se nel ventennio tutto era merito di quel fastello di verghe littorie tenute insieme da una benda tridipinta, oggi, per diritto di usucapione, tutto converge verso quel mazzo di vincastri rabberciati impiastrati di cerotti sovrapposti, rappresentanti le nostre povere vilipese istituzioni, che formano cioè, per via della “s” transfuga e poi appiccicata sul davanti, appunto, lo sfascio.
Alcuni politici di bocca larga ci assicurano che al bazar della politica italiana si può acquistare solo roba di prima qualità assai preziosa. Adescati, andiamo a far compere, puntando sulla mercanzia fine, come: verità, certezze, giustizie, giuramenti, dignità, speranze. Quando a casa apriamo i pacchi, viene fuori merce andata a male, da buttare nei rifiuti, come: menzogne, dubbi, ingiustizie, spergiuri, scandali, infamie, disperazioni, paccottiglia guasta insomma. Così non passa giorno senza rimanere infinocchiati nello spirito e nella borsa, sino alla nausea, sino alla rabbia, mentre stenta a farsi posto in noi la convinzione che di onestà ce n’è ancora tanta in circolazione. La flessibilità dei ruoli dei nostri governanti è per la verità, molto flessibile, ma non è quasi mai sufficientemente elastica, onde poter riprendere la verticalità necessaria per continuare a camminare spediti. *** Chi dà fama ai giornalisti è la fame di scandali. Quando di scandali ce ne sono pochi in circolazione gli scandali li inventano loro, se non altro per sfamare la loro famiglia. Non pochi nostri politici sono una nullità. Il prefisso del loro telefonino dovrebbe essere: 6, 1, 0 (sei, uno, zero).
Si sta sviluppando in molta gente, anche non del tutto indigena, un fiuto satanico che la rende simile a infallibili segugi specializzati a trovar le piste giuste dirette all’imbroglio e alla prevaricazione, tutto alle spalle dell’ambiente territoriale e di quegli abitanti che segugi non sono. A farne le spese, poi, siamo noi, sprovveduti autoctoni senza naso e senza latrato. L’evanescenza globale pare sia diventata, da noi, legge di Stato e a darne giornaliero esempio, sono proprio gli incaricati al pubblico garbuglio. Cosmopoliti, saccenti, supervisori, istrioni, arruffapopoli, funamboli, vanesi, ciambellani, giullari, alchimisti, cerusici e legulei, riuniti in ciurma protetta e nutrita, si danno un gran da fare in pittoresca gara per rendere sempre più scollato questo già troppo liso e malconcio stivale, e, attraverso ben pilotate tele-radio-stampa-sponsorizzazioni cercano di incantare i ritardati del villaggio, dando parvenze di moralità, di saggezza, di mecenatismo, che a ben vedere appaiono solo abili spinte, suadenti pizzicotti a tutti, e magari qualche teatrale botta con verghe di cartavelina ritorta sulle mani degli ecologi più discoli, tanto per tenerli calmi nel denso brodo della tranquillità. Forse solamente così si può mostrare ai più, fra i meno tristi abitatori dell’allegra penisoletta, cosa è l’Italia.
Certe leggi sbagliate che ci piovono fra capo e collo all’improvviso, distillano paure da tutte le parti. Ci vuole un coraggio da martire per accettarle in silenzio, ma ci vuole anche un cervello da gallina nel buttarle in giro come fossero becchime per allocchi. È proprio a questo punto che lo sbaglio di questi insipidi legulei microcefali diventa imperdonabile, perché l’allocco non è goffo, non è scimunito, ma è creatura vivace ed intelligente. Non si nutre di becchime, ma divora cose che hanno persino la testa e il cervello come topi, talpe, bisce, grossi insetti e può darsi pure qualche buon figlio di gallina.
Insegnate ai figli e agli amici che l’Italia è bagnata per quattro quinti dal mare ed è asciugata completamente dal fisco. Che la Sicilia forse è presa a calci dallo stivale per via della mafia, mentre la Sardegna è presa a ginocchiate, senza alcun apparente motivo o ragione. Visitate per bene la Magna Grecia, posta nelle parti più basse del Paese. Capirete subito che di Grecia è rimasto assai poco, mentre la voglia di “Magna” è rimasta perennemente, soprattutto a Roma, con stimoli un po’ in tutta la penisola.
Nella politica italiana si continua a procedere fra gelo e disgelo, a ritmi così ravvicinati da fare andare a male le cellule del corpo umano, non abituate a simili intemperanze ambientali. Poi subentra la necrosi dei tessuti, cotti dal freddo e rammollati dal caldo, e addio corpo! L’uomo comune, il cittadino, che assiste a queste follie, vuole invece un clima almeno regolato dal ciclo delle stagioni, freddo o caldo che sia, però senza sbalzi repentini. Altrimenti come si fa ad abituarsi a sopravvivere tra la frenesia di pellicciotti, camicie e nudità, senza prendersi una polmonite fulminante? *** La poca lettura porta la cultura alla sepoltura.
Qui giace atrocemente pugnalata
“Chi per la Patria muor,
L’italica Costituzione
Scrisse un giornale:
Oggi le patrie nostre galere,
L’Italia è stracolma di bieche combriccole che si danno gomitate nello stomaco per acquistare sempre maggiori spazi all’iniquità. Giocano sul rassegnato ripiegamento delle schiere disorientate dei galantuomini ogni giorno più angosciati che il domani è sempre peggiore dell’oggi. *** L’Italia sta diventando un Paese molto unito soprattutto nell’imbecillità dei mass-media, senza dignità perché rimbecillita da ogni forma d’informazione.
Potentati di cartapesta, veggenti dai paraocchi, economisti da bancarotta, ballanzoni da cataplasmi, legulei del garbuglio, parolai del vaniloquio, parlamentari in pantofole sono le sette disgrazie d’Italia, del nostro amenissimo Paese, quasi come le sette meraviglie del mondo, al contrario, o meglio, come i sette vizi capitali.
Il nostro è uno Stato che ha perduto il senso dello Stato. Essendo “stato perduto in senso vietato”, c’è da fare un appello alla trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?”. Ma anche chi l’ha visto perdersi nei meandri dell’illogico controsenso penisolano, è catturato da pavidi incubi d’omertà e non apre bocca, anzi non fiata e muore d’embolia. A supplicarne la ricerca non vien fuori nessuno, nemmeno i genitori. Figuriamoci gli altri parenti! Sicché lo smarrito trovatello, supposto sia un giorno ritrovato, neppure avrà l’amore di una famiglia vera. Essendo menomato, incapace di connotarsi, patito e vestito in qualche modo, al massimo gli daranno il soggiorno provvisorio in un campo profughi tra apolidi, senza patria e senza redenzione, in attesa di un imbarco coatto verso un approdo ignoto. *** L’italia è una nazione ove quattro spietate malattie ne minacciano la vita: la mafia, la camorra, la ’ndrangheta, la sacra corona unita.
Il nostro è un Paese ricco di storia narrata, ma poverissimo di geologia applicata. Il geologo, da noi, è purtroppo un illustre sconosciuto e paradossalmente il suo intervento era reso obbligatorio, per legge sino a ieri, solamente per l’ampliamento dei cimiteri. Come dire che, invece di aiutare la terra dei viventi, questa fondamentale figura era relegata al servizio della terra dei morti. Ora siamo in evoluzione e le cose sembrano cambiare. C’è da augurarsi comunque che il tutto non avvenga in tempo non geologico! Se in Italia non piove per un mese, tutto rinsecchisce e brucia. Se piove per tre giorni, tutto si sfalda andando in poltiglia. Da noi la seria politica ambientale è una suadente parola finta, che incenerisce con il fuoco e annega con la pioggia. Ogni giorno purtroppo ancora si baratta l’incoscienza con l’improvvisazione, l’imprevedibilità con la fatalità. I tamponi, i cerotti, le bende e le ingessature, palliativi abituali a effetto placebo, in questa amena nazione di Balanzoni maldestri, assuefatti a tirare sera a furia di prelievi e trasfusioni, finiranno una volta o l’altra con lo sgretolarsi, divenire polvere, gelatina, poi torbida broscia, in un colossale sfascio ambientale. Poi al guaio dell’evento distruttivo se ne aggiunge uno più micidiale, quello della ricostruzione del territorio tramite appetitosi appalti da gastronomia raffinata, generatori di bustarelle ben farcite. *** La politica ambientale italiana non possiede spazi per potersi ambientare. Bisogna combattere senza sosta e senza paura coloro che, con l’avidità di pirati addosso, hanno rovinato l’ambiente e il territorio del nostro Paese.
Da noi le leggi sono perennemente assopite perché l’Italia è la culla del diritto. Noi italiani siamo tanto bravi nel diritto che, quando in Italia c’è qualcosa che non riga giusto, si vuol convertire il qualcosa in legge. Siccome quasi tutto giostra al contrario, ne risulta un perpetuo girare con l’affanno addosso. Quando però la conversione è avvenuta, non si trovano i credenti. Tutti apostati diventano, anche i convertitori. Alcune leggi sbagliate che ci piovono fra capo e spalla all’improvviso, distillano paure e infamie da tutte le parti. Ci vuole un coraggio da martire nell’accettarle senza mugugno, ma ci vuole anche un cervello da gallina per sparpagliarle in giro come fosse becchime per pollastri da capponare per la prima tirata del collo.
In Italia c’è dominante uno strano e impietoso rito funebre: quello di sotterrare gli scandali ancora vivi. La riesumazione, quando avviene, si fa dopo anni, allorché, oltre alla pietà verso i defunti, rimane, testimone imperturbabile, il silenzio del mistero. *** Ogni scandalo, prima di essere scoperto, ha subito delle clandestine sepolture che si pensava fossero prive di resurrezione. Contatore visite dal 21-12-2011: 4466. |
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