L’ombra e la gabbia della libertà

di

Gilberto Galli


Gilberto Galli  - L’ombra e la gabbia della libertà
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 98 - Euro 11,00
ISBN 9791259513557

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In copertina e all’interno illustrazioni di William Rossi


In un’estate della Locarno degli anni ’80 un gruppetto di amici decide di seguire il proprio istinto avventuroso, e di andare a perlustrare i cunicoli sottostanti ad una scuola della loro periferia, ma il coraggio non è certamente un ingrediente primario della loro indole, specialmente nel caso del nostro protagonista!
Mentre quest’ultimo si appresta ad andare in perlustrazione, gli appare un’Ombra, forse immaginata per uno strano effetto di suggestione probabilmente dovuta al chiaroscuro di quei cunicoli, o forse incredibilmente troppo reale per essere vera. Ma l’Ombra si spinge oltre, in un gioco quasi al limite, in apparizioni e altrettante sparizioni, fino ad arrivare al punto di confondere le idee del nostro protagonista, mescolando a suo piacimento come fossero un mazzo di carte i suoi giorni e le sue notti. Così dopo innumerevoli avvicendamenti con quest’Ombra, in un momento di smarrimento e di sconforto totale, o semplicemente forse di lucida follia, decide di intraprendere dei viaggi immaginari, rubando un aereo per questo scopo, dando inizio a questi viaggi che lo porteranno alla ricerca di nuove avventure da vivere e da scrivere, ma tutto purtroppo risulta essere estremamente confuso e difficile, scoprendo in fine che tutto quello in cui credeva altro non era che finzione e che la sua libertà era chiusa dentro ad una gabbia immaginaria, intrecciata con fili sottilissimi fatti di luci e Ombre come una fitta ragnatela, e dalla quale forse non c’è via d’uscita!


Immagini di vita (1994)


Qui davanti a me il ricordo scorre
come un vecchio film mi porta via
mi riporta immagini di vita
lì davanti a casa anni fa,
c’è mia madre triste alla finestra
ha un sorriso quasi nostalgia
ora che il mio cane non c’è più,
scusa, se non sono come voi,
ma corre, lontano
questo tempo se ne va
che emozione viva ora mi dà,
ma corre, lontano
una strada e la scuola
la mia bicicletta
io che cresco in fretta e scappo via.
Ma corre, lontano
il ricordo ormai è altrove
come un vecchio amico andato via,
ma corre, lontano
questo tempo che scorre
non mi lascia il tempo
un minuto per tornare là!
Io laggiù seduto su uno scoglio
a pescare con mio padre là
c’è una vela bianca all’orizzonte
già non la vedo più
ricordo dentro me
come le immagini di un film.

G.G.


Prefazione

Un’ode fantastica a Locarno

Con tre titoli all’attivo e una preziosa vocazione fantastica come bussola, Gilberto Galli propone ai lettori un nuovo appuntamento con i suoi mondi paralleli celanti tra le pieghe del surreale una trama fiabesca che divora la coltre dell’immaginario a piccoli morsi, avviluppata in correnti ascensionali e discensionali, per spingersi fino all’epilogo risolutore. Qui si svela alfine il senso della gabbia della libertà, un ossimoro sconvolgente nel suo doppio senso, la gabbia intesa come ciò che ingabbia la libertà, quindi come costrizione esterna che trattiene l’anelito vitale, e poi la libertà intesa gabbia, che ci induce a fuggirla, come spiega Fromm. Fino ad arrivare all’apoteosi poetica “Gabbie, nella mia vita non ho mai conosciuto che Gabbie…”
Ma al di fuori di piste drammatiche l’autore mobilita le risorse della fantasia per restituirci un’ode fantastica a Locarno. In un baluginare di figure tanto presenti quanto evanescenti si stagliano inossidabili nella loro realtà storica e concreta il camino della Fabbrica Tessuti, le rotaie della Centovallina, le bizzarre cupole del ginnasio, i ciottoli di piazza Grande, il vecchio macello, il circo, i carri e le majorettes della Festa dei Fiori. Allora il profilo di Locarno contribuisce a costruire un immaginario che ben si presta a fare da scenografia all’incontro con due protagonisti essenziali del racconto, l’ombra e l’assurdo. L’ombra, in realtà è “lei l’ombra”, tutta locarnese, forse imparentata con “lei l’ombra1” incontrata nel 1993 dalla pittrice e scrittrice Evi Kliemand e che s’aggira nei greti attorno a Intragna.
Ma “lei l’ombra” ora seduta in quel caffè, ora seducente al fianco di te, potrebbe anche ingabbiarti la mente e rendere così tanto dorata la gabbia da confonderla con la libertà. Una sciarada che potrebbe anche tramutarsi in una situazione inestricabile quale quella che fu descritta come “vivere con le ombre sulla soglia dell’Ade”. Potrebbe, ma anche no. In Galli prevale il fiabesco, l’onirico e questo vale anche per l’altro protagonista del racconto, l’assurdo. L’assurdo qui è gentile, trasognato, non attanaglia ma dischiude altre prospettive, non crea timore ma alimenta speranze. Emblematica è la citazione di un racconto popolare delle genti del deserto, a ricordarci che le sabbie sono mobili, come le certezze.
A questo punto, traspare molto chiaramente che questo libro non va letto. Da questo libro bisogna lasciarsi leggere. La trascendente empatia riscontrata nelle precedenti opere qui appare però mondata da talune prorompenti fantasmagorie incalzanti soprattutto ne “Il grande sogno”, opera del 2021 illustrata da William Rossi. Già allora, tuttavia, la lettrice e il lettore s’avvedevano che Galli si propone al pubblico con una postura scevra da forzature strabilianti ma mantiene un rapporto di comunanza che fa appello a vissuti messi in gioco sul pentagramma della narrazione.
E, a proposito di pentagramma, qui ancor più che in precedenza prorompe il lato compositivo e musicale dell’autore che attinge non solo nel repertorio della canzone italiana più nota, Roberto Vecchioni e Umberto Tozzi su tutti, ma fa affiorare anche gemme proprie, in parte scritte con William Rossi. Potevano forse starci anche i Bisonti con “La tua ombra mi segue”, colonna sonora ideale per una piccola perla dentro una conchiglia di diamante a forma di musica dal titolo “Piccola stella”, se non esistesse già. Dal punto di vista formale, Galli si scosta nuovamente da quell’impianto stilistico che in precedenza rimandava con una certa insistenza alla narrativa grafica e a scenari fantastici. Qui il mondo della fantasia appare più raccolto attorno all’immagine di una città concreta, Locarno, in un’epoca stabilita, i primi anni Ottanta. L’amara lettura dei cambiamenti iniziati anni fa desta nostalgia di un vento lontano che ancora odora di passato. Rieccole, le correnti ascensionali e le correnti discensionali per librarsi in volo e vagare per posti assurdi, dove si incontrano ombre e si fanno viaggi immaginari senza muoversi dalla gabbia. E allora la domanda è: “non credi che questa gabbia te la sei inventata tu?”, seguita, nella traccia fantasma, da un interrogativo non meno inquietante: “Sarò ancora capace di atterrare?”

Peter Schrembs

1 Kliemand, Evi, Die Schättin, Edizioni Gottardo, Lugano, 1993.


L’ombra e la gabbia della libertà


Personaggi

Amici
Manuela
Ombra
Daniela
Alison
Prisca
Cecilia
Federica


Prologo

Anni fa, quando il mondo non era ancora il mondo che conosciamo oggi, quando non esistevano ancora i cellulari, i computer e Internet, e le ciminiere delle fabbriche sprigionavano ancora fumi neri carichi chissà di quali sostanze nocive!?
In qualsiasi caso sicuramente meno tossiche di tante altre invenzioni che l’uomo avrà modo di inventare in futuro!
Nella nostra piccola città con aria assai spavalda troneggiava un solo camino di colore rosso mattone alto fino al cielo, come se volesse toccare le nuvole, era il camino della fabbrica di tessuti, a fianco di quest’ultima, poco più in là si trovavano le ferriere, ed era proprio lì in quella zona un centinaio di metri più a sud che stavano sorgendo nuovi quartieri, che avrebbero segnato inequivocabilmente il veloce trascorrere del tempo, catapultandoci inesorabilmente dentro ad una nuova epoca, lasciando a noi e alle future generazioni pochi spazi verdi dove giocare. Ma come vi stavo dicendo, appena poco più in là si trovava anche una discarica a cielo aperto, c’erano montagne di oggetti e rottami di ogni genere, tutto sommato quel disordine dava ancora un senso di vita e di colore a quel mondo che stava cambiando, per noi ragazzi del quartiere era come una sorta di isola del tesoro irraggiungibile, del tipo:
Seconda stella a destra, questo è il cammino
e poi dritto fino al mattino
poi la strada la trovi da te
porta all’isola che non c’è […]

un mondo recintato e inarrivabile, dove in mezzo a quelle montagne di rottami, si aggirava un vecchio cane da guardia, che la guardia la faceva solo perché doveva farla e non perché ne avesse veramente voglia, con buone probabilità se qualcuno fosse entrato di nascosto e per lo più magari di notte, lui avrebbe senz’altro fatto il suo dovere, abbaiando e ringhiando come avrebbe fatto un bravo cane da guardia, comunque lo avrebbe fatto senza troppa convinzione, poi una volta spaventato e messo in fuga gli “invasori”, sarebbe tornato a dormire nella sua cuccia!
Questa che vi ho appena descritto brevemente era la nostra periferia, vecchie case assolate, alcune fatiscenti desolate in mezzo a nuove costruzioni con uno stile architettonico privo di fantasia, in mezzo a tutto questo si trovava il vecchio macello, dove, di tanto in tanto qualche animale riusciva ad evadere, peccato che la sua libertà durasse troppo poco.
A delinearne i confini di quella “nostra” piccola periferia, come una specie di fantasioso limite invalicabile c’erano dei binari a scartamento ridotto, sui quali correva “si fa per dire” un trenino, rumoroso ma simpatico, al suo fianco un sentiero di terra battuta correva parallelamente ai binari, come in una sfida a chi sarebbe arrivato primo tra lui e noi in una corsa a perdifiato!
Poco più in là, proprio di fronte a noi, oltre quei binari, si ergeva come un villaggio “di trulli quadrati” una scuola, e lì sotto di essa serpeggiavano cunicoli e sotterranei da esplorare nei momenti più tediosi delle nostre giornate estive!
Per concludere questa breve presentazione, a nord della nostra periferia, c’era quello che noi chiamavamo il centro città, con la sua bellissima piazza (la piazza grande) fatta di ciottoli e attraversata ancora da vecchi binari di un tram ormai dismesso da anni, in questa piazza negli anni a venire si sarebbero alternati concerti di grandi artisti del calibro di Umberto Tozzi, Roberto Vecchioni, Venditti, Fabrizio De André, Marco Masini, Claudio Baglioni e naturalmente i mitici Pooh, e mi scuso con tutti quelli che non ho menzionato, ma avrei dovuto dedicare un intero capitolo per elencarli tutti!
Anche quell’anno per fortuna le scuole erano terminate, ed io ne ero veramente molto felice, visto e considerato che non ero un loro fan. Le aspettative per quell’estate erano molto alte, tutti dicevano: che quell’anno si sarebbe trattato di un’estate particolarmente calda, ed io respiravo quell’aria di vacanze a pieni polmoni, nessun’altra estate fu più divergente di quella estate. Passavamo il nostro tempo sdraiati sull’erba o seduti al fresco sotto gli alberi, erano bei momenti perché potevamo fantasticare raccontandoci i nostri sogni su di un futuro tutto da inventare, a volte sottovoce ci si confidava anche qualche piccolo segreto come il nuovo amore estivo!
Il fatto era che nessuno di noi sapeva cosa aspettarsi dal futuro, era un’incognita per tutti noi, ma penso che lo fosse per chiunque avesse la nostra età, non sapevo ancora che futuro mi sarei dovuto aspettare, d’altronde come tutti gli altri.
Ma nella mia testa di ragazzo adolescente fluivano solo parole, mentre nei miei pensieri veloci alimentati probabilmente da un crescente sviluppo ormonale, scorrevano i nomi e i volti delle ragazze che mi piacevano, oltre a questo il resto era di una noia mortale, forse mi aspettava un futuro senza né arte né parte, piatto come un trentatré giri, dove in quei solchi potevo trovare le emozioni che avrei voluto e che stavo cercando!



Il cunicolo

In uno dei tanti pomeriggi di quella lontana estate del 1980, il sole già alto in cielo si faceva sentire ogni minuto che passava sempre più caldo, così decidemmo di andare ad esplorare quei cunicoli che stavano sotto la scuola di quella nostra periferia, lo facemmo un po’ per cercare refrigerio, o almeno era quello che speravamo di trovare vista anche l’umidità che ci stava buttando a terra, e anche un po’ per dare sfogo al nostro spirito d’avventura, anche se in verità non ne eravamo molto provvisti di quello spirito, anzi se devo essere sincero, non eravamo neanche lontanamente vicini alla brutta copia di Indiana Jones, bastava un ragno un po’ più grosso del normale per farci scappare a gambe levate.
Arrivati sul luogo si doveva scegliere chi fosse tra di noi il primo che doveva scendere in avanscoperta, e… scelsero me come primo “esploratore” da inviare in quei cunicoli; onestamente non ricordo per quale motivo fui stato scelto proprio io come primo esploratore, visto e considerato che non ero sicuramente il più coraggioso della compagnia, per quanto mi riguardava cercavo sempre di non candidarmi mai come volontario, anzi appena possibile mi rendevo invisibile, cercando di mimetizzarmi “stile camaleonte”, comunque, qualunque sia stato il motivo andò così, e mentre i miei compagni d’avventura erano rimasti fuori seduti sull’erba all’aria “fresca” in attesa di un mio segnale, io scesi lì sotto in quel cunicolo, e forse senza saperlo stavo andando incontro ad un infausto destino!
Mentre scendevo canticchiavo una canzone per infondermi coraggio, si trattava del brano “Sette meno uno”, dell’album “Calabuig, Stranamore ed altri incidenti” di Roberto Vecchioni, anche se pensandoci bene adesso, non era decisamente la canzone più adatta da canticchiare in quel momento…

[…] Guarderanno tutti, capirà uno solo
guarderanno tutti, capirà uno solo
rivedrà le lunghe cene sotto il tiglio
il fagiano che non copre lo sbadiglio
torneranno tutti, mancherà uno solo
torneranno tutti, mancherà uno solo
non sarà la morte, non sarà una fuga
correrà nel vento insieme ad una strega […]

Non so per quale motivo mi venne in mente proprio quel brano, come vi ho già detto, non era proprio il brano più adatto in quella situazione, ma c’erano tanti altri pensieri che mi frullavano nella testa in quel momento, cose del tipo: …e se per caso mi assalisse un nugolo di ragni assassini??
Adesso mi viene da ridere se ci penso, ma in quel momento avrei voluto trovarmi da tutt’altra parte, così mentre stavo scendendo canticchiando quel brano non mi accorsi di avere mancato un piolo della scala, persi l’equilibrio e arrivai sul fondo in un nanosecondo facendo un bel volo, rischiando tra l’altro di farmi anche molto male, mi guardai intorno impaurito e sconvolto, poi mi rialzai lentamente, e… fortunatamente a parte la tremenda botta che avevo preso, sembravo ancora tutto intero, a quel punto potevo tranquillamente dichiarare che ero “pronto a tutto” …o quasi!
Invece no, non ero assolutamente pronto proprio a niente, soprattutto a quello che mi sarebbe successo qualche istante dopo, qualcosa o qualcuno nella penombra del cunicolo attirò la mia attenzione, un’Ombra nera apparve improvvisamente e si infilò in un passaggio in fondo al corridoio, dallo spavento mi ritrovai avvinghiato alla scaletta con il cuore in gola che batteva a trecento all’ora, se ci fosse stato un radar lo avrebbero fermato per eccesso di velocità, con mano tremante puntai la mia torcia in direzione del passaggio dove si era infilata l’Ombra, la vidi, era ancora la “un’Ombra nera”, difficile interpretare se si trattasse di una forma umana o altro, l’unica certezza in quel momento, e sulla quale non ebbi ulteriori dubbi, era che senza pensarci due volte mi arrampicai su per quella scaletta più veloce della luce, quando fui all’aperto chiusi subito la griglia che conduceva al cunicolo e mi sdraiai sull’erba a riprendere fiato!

***

I miei amici seduti in cerchio non si erano accorti di nulla, stavano tranquillamente discutendo su altre possibili alternative da fare per quel pomeriggio iniziato un po’ fiaccamente, in realtà si erano stancati di cunicoli e di avventure poco avventurose, almeno per loro.
Mi intrufolai e mi sedetti nel cerchio senza dire nulla con le palpitazioni ancora oltre i limiti consentiti per un essere umano, e con il fiato che faceva fatica a riemergere dai polmoni, aspettai qualche minuto prima di inserirmi nei loro discorsi.
Ascoltavo in silenzio le loro discussioni, ero ancora scosso da quello che mi era accaduto là sotto in quel cunicolo, cercavo comunque di mostrarmi attento e interessato ai loro discorsi, ma in realtà i miei pensieri erano da tutt’altra parte, erano ancora là sotto quasi come se fossero trattenuti da una forza invisibile dentro quel cunicolo, fisicamente io ero lì con loro, ma solo fisicamente, forse fu proprio per quel motivo che molto probabilmente non fecero caso a me, si accorsero della mia non presenza “assenza” solo quando uno di loro mi fece una domanda, ma ero talmente lontano e assente con la testa in quel momento che non riuscivo a percepire nessun altro rumore, se non quello dei miei pensieri, figuriamoci se sarei riuscito a sentire cosa mi stessero chiedendo!
Poi Manuela che era seduta accanto a me, mi sferrò un calcio negli stinchi, fortunatamente non troppo forte.
Qui terra chiama alieno risalito dal cunicolo, ci sei o sei ancora là sotto?
Le risposi scusandomi senza darle ulteriori spiegazioni, chiedendole se poteva ripetermi la domanda visto che non ero stato attento a quello che mi aveva chiesto, mi rispose dicendo che avevano deciso di andare al fiume a rinfrescarsi e che magari in serata avrebbero fatto una grigliata, declinai e le risposi che non mi sentivo un gran ché in forma e che sarei andato a riposarmi forse all’Ombra di un albero.
Li guardai allontanarsi con passo spensierato e ciondolante, mentre io presi la direzione opposta e andai a sdraiarmi sotto ad un salice piangente con un film che mi stavo proiettando nella mente. Seduto lì sotto mi godevo l’Ombra e l’ondeggiare delle foglie mosse da una leggera brezza che mi davano un senso di quiete e smarrimento allo stesso tempo, nel giro di pochi minuti passai dall’essere apparentemente sveglio ad un sonno profondo senza rendermene minimamente conto!
Un paio d’ore dopo mi risvegliai tutto sudato e anche tutto dolorante per via della posizione poco comoda che avevo assunto durante quel sonno, e forse anche per via del volo fuori programma che avevo fatto scendendo in quel cunicolo, mi alzai e mi avviai verso casa, ormai per quel giorno avevo esaurito tutte le mie energie, e comunque si era ormai fatto troppo tardi per praticare qualsiasi altra attività esplorativa!

***

Passarono i giorni e le sere, i mesi e le stagioni, non scesi più là sotto dentro quel cunicolo, e anche se nel frattempo gli anni avevano depositato tanti regali, come la tristezza, l’allegria e tanti giorni forse troppo normali, mi lasciai quasi tutto alle spalle, senza mai raccontare a nessuno quello che mi era successo quel giorno là sotto dentro a quel cunicolo, ma se è solo per questo vi giuro, nemmeno lo dimenticai!

[continua]


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