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Franco Franchini - Sinbad: viaggio nell’amore di un poeta
Collana "I Gelsi" - I libri di Poesia e Narrativa 14x20,5 - pp. 100 - Euro 9,00 ISBN 978-88-6037-9306 Clicca qui per acquistare questo libro Prefazione “Sinbad: viaggio nell’amore di un poeta” di Franco Franchini è un volume in cui poesia e prosa si miscelano grazie ad una costante alchimia fortemente ricercata quasi a voler creare una “integrazione” profonda che possa dare luogo ad un proficuo arricchimento testuale. Massimo Barile Sinbad: viaggio nell’amore di un poetaA tutti coloro che amo PARTE PRIMA PRECISAZIONE SUL TITOLO Sinbad: viaggio nell’amore di un poeta. Non è, come potrebbe ritenersi più accattivante, ma assai più generico, Sinbad: viaggio di un poeta nell’amore. Sarebbe un titolo falsato perché, in questo modo, non risulterebbe evidente la matrice autobiografica dell’intera opera. Il narrato di ogni poesia, il suo esplicitarsi nei versi è certamente frutto di un immaginario. Ma il nucleo interiore, il germoglio originario di cui il narrato è solo una ossatura di sostegno, è sempre una specifica emozione tra quelle proprie dell’universo dell’amore; una emozione profonda, spesso disperata che quando diventa vibrante, esaltante Sinbad, incapace di contenerla, cerca e trova nei versi la via maestra per lasciarla erompere da sé. E queste emozioni, spesso diverse tra una poesia e l’altra, sono assolutamente autobiografiche. Ma dell’autobiografia, dello “scrivere di sé” riparleremo più avanti. D’altra parte, sebbene io sia “nessuno” nell’Olimpo della poesia, mi chiedo: è mai possibile per un poeta, per quanto grande egli sia, poter scrivere dei versi d’amore senza che nulla, proprio nulla di essi, gli sia mai appartenuto? È possibile mentire così? LO SCRIVERE DI SÈ Io non sono uno scrittore con la “esse” maiuscola e neppure con quella minuscola in quanto, etimologicamente parlando, il sostantivo “scrittore”, composto dal verbo scrivere e dalla desinenza “ore” sottintenderebbe lo scrivere inteso come lavoro, attività principale e mezzo di sostentamento. Poi ci sono scrittori con la “esse” certamente minuscola: i cosiddetti “anche scrittori” così definibili non solo e non tanto perché meno letti e meno conosciuti, quanto perché affidano ad un lavoro diverso la loro fonte principale di reddito, che arrotondano scrivendo. In coda a tutti ci sono quelli che non riescono, in alcun modo, a monetizzare il loro talento ma che, pervicacemente, continuano a scrivere e scrivere convinti che un giorno, magari postumo, qualcuno, pentendosi, ne riconoscerà finalmente il valore. Io non appartengo neppure a questa categoria: sono ancora al di sotto. Probabilmente siamo talmente in pochi da non poter neanche fondare un “club”. Sono uno scrittore che scrive solo sotto “pathos”. In termini più chiari direi che scrivo solo “se” e “quando” mi sento ispirato e le parole, o i versi, mi sgorgano da soli. A me succede di scrivere un quaderno in pochi giorni e neppure un rigo per dieci anni. Commercialmente improponibile! Questo è lo scrivere di sé! In altre parole, questo è lo scrivere in forma autobiografica. La letteratura ortodossa lo vede un po’ come un difetto. Non lo ammette apertamente ma è così. Attingere ispirazione ad una fonte – si pensa – è come un copiare. Dov’è la “genialità” dello scrittore? Ma ci sono, si obietterà, gli scrittori di favole per bambini, come i fratelli Grimm, H. C. Handersen, e quelli di avventure incredibili come i Verne, i Salgari, e gli scrittori di fantascienza e quelli dell’horror… Loro che c’entrano? SINBAD: LA SUA RAGION D’ESSERE Sinbad! Chi è mai questa figura misteriosa e come si colloca rispetto a quella dell’autore? Qual è la sua valenza? Quale la sua ragion d’essere? Dopo una vita intera trascorsa indossando una divisa militare c’è molto imbarazzo, una sorta di pudore, difficilmente superabile, a mostrare il proprio universo onirico, una realtà interiore che è fatta, è sempre stata fatta, di debolezze, di palpiti, di favole, di sogni,… d’amore. Ed ecco, dunque Sinbad: un alter ego, un travestimento, una maschera dietro cui celarsi e grazie alla quale poter trovare il coraggio necessario per comunicare le proprie emozioni. Però, col passare degli anni, e ormai da molto tempo, Sinbad ha cessato di essere semplicemente un tramite; ha assunto, sempre di più, uno spessore proprio, una sua “materialità”, come fosse un nuovo personaggio. Mi rendo conto di aver solo parlato di chi fosse Sinbad nel suo nascere. Ma se mi si domandasse, e anch’io spesso me lo chiedo, chi sia Sinbad oggi… io non lo so. LA POESIA DI SINBAD L’amore e la morte: universo e limiti estremi delle emozioni. L’amore: centro del centro della vita dell’uomo. Insopprimibile anelito emotivo di cui egli è ingordo e mai pago, che ha bisogno di ricevere e di dare senza soste, senza stanchezze, nel corso della sua intera esistenza, per conservare la coscienza del suo essere “vivo”. La poesia di Sinbad, quindi, è sempre e comunque una poesia d’amore volta, in genere, verso una donna – innesco “principe” di esplosioni emotive – ma capace anche di “avvolgersi”, delicatissima, attorno ad un bimbo, o di “espandersi” nostalgica e rapita, verso la natura. Il bimbo, già alla nascita, ha il bisogno vitale di sentirsi nutrito, protetto, consolato… di sentirsi amato. Ed è così che impara ad amare. Di più: se si sarà sentito amato sentirà, crescendo, la “disponibilità ad”… amare e, da adulto, “l’esigenza di”… amare. L’amore dunque, sussurrato, gridato, taciuto, cantato attraverso le emozioni più squassanti del suo divenire, le sue sofferenze indicibili, le gioie brevissime, inebrianti, irripetibili. E la morte… come assenza di esso,… diagramma piatto dell’anima, dello spirito vitale dell’uomo. Questa è la poesia di Sinbad. [continua] Contatore visite dal 24-05-2010: 3193. |
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