MEDAGLIETTA
Medaglietta regale:
scoperta dinanzi
ad un sacro portale.
Potenti fasci di luce
Si irradiano
Dalle sue mani.
Una Madonna
Sormontata da una Croce:
eterno premio consolatore
per chi ha ascoltato
la santa voce;
preludio del castigo
che toccherà al feroce.
Due cuori
Colpiti duramente:
quello del Figlio,
cinto
dalle spine dei pagani;
il suo,
trafitto
dalla pugnalata del peccato.
Dodici stelle,
fulgidi astri
degli Apostoli
e delle tribù di Israele,
testimoniano
l’immensa fede
nella Beata Vergine;
degli stolti è Redentrice,
dei peccati del mondo,
Corredentrice.
Oh Maria,
dacci la Grazia
di essere degni
del tuo celeste amore.
Illumina la strada
Di chi,
confuso e scellerato,
si è smarrito nel peccato.
Perché in ogni tuo figlio
Mai si spenga
Tra dure prove,
l’ardore, il coraggioed il fervore
di celebrar
ogni giorno
la Tua Gloria.
CATANIA
Centro fiorente, di genesi calcidese,svetti ad alta
Quota, emblema di un Paese
Agata tua martire protettrice, Vergine Santa, che dalla
Lava salvò le tue vestigia
Terremoti non hanno spezzato la tua smania vitale, ma
Ricostruita,domini indisturbata sulla costa orientale
Agricoltura e
Artigianato ti orlano con prolifici pro-
Dotti; Arti e Lettere hanno baciato la mente dei tuoi
Figli dotti
Notte quiete, minacciata invano dai forti boati di un
Vulcano
Ionio luccica abbagliante di gioiello, che fende le
Spumeggianti onde con passo da gigante
Ardi d’estate di calura soffocante, ma la brezza marina
Mitiga la tua sete opprimente
DON GNOCCHI
Il Cappellano alpino
Si veste di candore
Sulle sponde del fiume Don.
È il conforto
Di ogni soldato;
il confessore indulgente
del peccatore impenitente.
La guerra è finita.
Scomparsi i soldati,
sostieni i bambini,
dalle penne esplosive
martirizzati.
Lacrime affrante
Versa il bambino,
mentre agita con vigore
il moncherino;
abbarbicato sulle spalle
del roccioso Alpino.
Devoto omaggio
Dinanzi a una bara,
a un combattente
che va al fronte
e non spara
12 GENNAIO 2002
(La gioia dei Cieli)
È l’ultima notte:
apogeo di un lungo tempo glorioso.
Sogno eppur son desto.
Riflesso di immensa luce
Riempie il mio letto.
Non voglio pronunciar più lai:
ormai è finito
il periodo dei guai.
Le fitte assassine
Sono pallido ricordo.
Dinanzi a me
Una grande porta
Attende il mio definitivo
Ritorno.
Una grande tavolata;
stupendamente agghindata
di gustose leccornie.
Tanti Santi seduti lì intorno;
ridono e fanno festa.
Son così numerosi da sembrar
Un alveare.
Attendono con dissimulato entusiasmo
L’ultimo fedele commensale.
Un posto vuoto spicca vicino
A quel giocoso desco.
C‘è scritto un nome:
è proprio Francesco!
Lo sguardo di ghiaccio,
smarrito il respiro,
ritrova meritata quiete
nel riposo di un ghiro.
Venite benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi / Fin dalla fondazione del mondo. Perché ho avuto fame e mi avete dato da / Mangiare,ho avuto sete e mi avete dato da bere,ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito,malato e mi avete visitato,carcerato e siete venuti a trovarmi.
(Dal Vangelo secondo Matteo 25-31-46)
PAROLE PREZIOSE
Non hai bisogno
Di parlare:
l’ho già letto nei tuoi occhi.
Non piangere adesso,
mi renderesti essere inutile.
Vuoi regalarmi
Delle lacrime
Che io ho versato per te.
All’ombra
Di un piccolo giardino,
dinanzi a un tavolino
che sa tutto di te.
L’angoscia padrona,
memore dell’ironia
che vuol sopraffarla,
si camuffa da serenità.
Ho già in tasca
Le tue parole.
Son già oro e argento
Per il fidato custode.
COM‘È DOLCE...
Com‘è dolce dormir
Sotto erba
Inzuppata di rugiada.
Non sentir più la sveglia
Che richiama all’obbedienza.
Il corpo
Cancella indisturbato
Ogni travaglio terreno.
Un fresco ripostiglio
Di rovere e abete:
la gioia di non dover più
soffrir
fame e sete.
Sciami di vermi
Circuiscono
Quel corpo supino.
Per un appetitoso pasto.
E nel campo consacrato
Mano Divina
Stende
Il sudario del conforto
Sul cenere
Senza favella
ANSIOLIN
Bianco flaconcino
È a portata di mano.
Piccolo sforzo di volontà
E in un battibaleno
Il tappo si svuoterà.
La morte cova
Arcigna,
nella muta camera.
Sorso d’acqua
Con tante gocce
Di Ansiolin;
improvviso ed immenso torpore
ti cullerà.
Sprofonderai
Nell’ultimo pisolin.
Il libro
Non vuol più saperne
Di essere sfogliato.
Il boscoso parco
Preferito
Ti ha già vietato
Ogni passeggio.
Il telefono
È già staccato.
La memoria
Di quell’ultimo squillo.
Di gran lunga
Ti ha spossato.
Il dolore
Che ti porta alla morte
Ti fa più soffrire.
Il passaggio indolore
Dal sonno alla morte
È assai raro;
appuntamento con la morte
sine die rimandato.
Fino a quando ti accorgi
Che non sei
Chiuso in camera per caso.
Hai sempre qualcosa
Di importante
Da ultimare.
IL CIELO DEGLI EROI
Microcosmo dorato
Splende in eterno
In cielo stellato.
Il Missionario
Caduto in un’imboscata;
trucidato
al suono sinistro
di una risata.
Il soldato,
isolato e senza più braccia,
caduto
mentre aziona la mitraglia
col furor di denti.
Da questo cielo
Non piove mai
Sporca tempesta.
Solo una pioggerellina
Di acqua tersa.
Gocce irroranti
Il terreno
Di incrollabile speme.
Voglia di combattimento,
desiderio ardente di rinnovamento,
il cielo regala
ai pavidi e ai vili.
Eterno sorriso del firmamento.
Chiarore che illumina
Lo smarrimento.
LA RESA DI UN RISO
Un’ossessione estrema
Si fa strada
Ogni istante,
scandito e maledetto.
Non ho ragione
Di proseguir un proponimento.
Non tengo
Il tuo passo frettoloso.
Reso malconcio e sconfitto
Da una lotta ardua e impossibile.
Vane risa
Rotolano sulla via.
Riso inane,
acquistato
da un commerciante
al mercato.
Lo vendeva a buon costo;
un affare già scontato.
Ma quel riso
Era di altra taglia:
non si affacciava sulla bocca.
Provai a restituirlo.
Il commerciante disse:
“Il riso non si rende;
il riso si regala.
Io ne produco a iosa.
E la gente paga anche caro
Per avere una cosa
Che ha già con sé”.