È più la memoria
	
	E’ più potente la memoria
di una spina sotto la pelle. 
Sempre crediamo di perdere
le nuvole bianche che fuggono,
il raggio che guizza tra gli alberi 
che sfilano, la mano che strinse
la nostra. Ma è più potente la luce
della cometa. Lo sguardo di chi 
ci ha osservato, l’abbraccio di chi
ci ha stretto, la voce di chi
ci ha consolato. La memoria vince
la mente che sbiadisce. In un angolo
lontano e umido, di muschio e colibrì, 
c’è un fremito che ancora scuote 
dal torpore. Occhi che luccicano
segreti che non svelano. Carezze 
sotto la pelle. Ricordi 
che danzano in silenzio.
	
	
		Senza che la città 
	
	Non desideravo
il fragore della città
coi mille occhi accesi,
abbacinanti.
	I nastri delle strade
lacoontici grovigli
a sfumare il ricordo
della via di casa.
	Non m’importava 
la festa, la musica 
a intermittenza, 
l’esigenza di sciupare
una bottiglia. 
	E’ solo quiete qui,
astratta schermaglia
dei corpi tra la nebbia,
oltre quella vita là,
che urla dietro il vetro. 
	Mi basta il silenzio,
un bicchiere di vino
in due, senza 
che la città ricordi 
il nostro nome. 
	Un sorriso lieve, 
un’intima condivisione, 
senza che le strade
ci vedano passare.
	
	
		La stessa luce
	
	E’ la stessa luce 
che filtra dal finestrino 
di questo treno che passa, 
quella che là fuori 
nutre le vigne dorate.
La stessa che in altre terre
mi ha accarezzato piano,
che ha accompagnato
i miei viaggi e i miei percorsi.
E’ la stessa che ha celebrato
la maturazione dell’uva, 
i grappoli che si sciolgono in vino. 
Che sotto questo e altri cieli 
si offrono generosi, lasciandosi 
versare nei bicchieri. A celebrare, 
con un sorriso, la vita.
	
	
		L’aria che che sfiora i polsi
	
	Solamente
il profumo dei tigli
ad accarezzare le strade di maggio.
	Un’amica che intreccia la sua mano
nella mia, cui confido un amore
sulla porta di casa.
	La notte che spia me e te
oltre il vetro e noi 
che brindiamo, calici in mano.
	Dietro gli occhi il dipinto
di un’estate che striscia sui muri
arrampicandosi sui sentieri delle gambe.
	Un inverno a Dublino,
sotto la pioggia aspettando un taxi
che non ci ospiterà.
	E un lungomare, l’oceano
di un’isola che canta, mentre i bambini
corrono e cadono e la sera silenziosa si spoglia.
	Basta un grappolo di stelle, 
un granello di sogni
da stringere chiudendo 
gli occhi, a trattenere un sorriso.
	E’ vita ogni frammento di ricordo, 
il seme di ogni terra che ha ospitato 
le corse delle gambe,
i cerchi dei pensieri.
	E’ questo sottile palpitare dentro
mentre cammino
mentre sorrido 
a quest’aria che sfiora i polsi,
che una volta ancora mi porta a casa.