La città sbilenca (Fiabe per bambini della scuola dell’infanzia)

di

Virginia Rizzo


Virginia Rizzo - La città sbilenca (Fiabe per bambini della scuola dell’infanzia)

14x20,5 - pp. 58 - Euro 7,50
ISBN 978-88-6587-3953

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In copertina e all’interno disegni della piccola Miriam Cardinale, 2013


Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’opera è finalista nel concorso letterario Jacques Prévert 2013


Una fiaba, perché?

**Virginia Rizzo**

La fiaba è uno spazio narrativo – di lunga tradizione e sempre straordinario – che permette ai bambini di esplorare il mondo che li circonda per mezzo della fantasia.

Il sistema di segni a cui il bambino accede attraverso l’ascolto apre orizzonti infiniti, stimola la curiosità e la creatività, potenzia la capacità di speculare, di porre domande, di cercare risposte o soluzioni.

L’ascolto di fiabe avvia un percorso di ricerca che accompagna il bambino nella crescita e nello sviluppo intellettivo.

Il bambino, predisponendosi all’ascolto, si affida al narratore e con lui stabilisce un rapporto singolare costruito sulle parole: parole talvolta sconosciute che si caricano di un fascino e di un’energia speciali e che, come onde, sospingono il bambino nelle acque della fantasia prima di concedergli l’approdo in un dolce lieto fine o in una conclusione che il piccolo stesso potrebbe completare o modificare a suo piacere.

La fiaba è un potente strumento linguistico che aiuta il bambino ad arricchire il lessico e a sviluppare linguaggio e pensiero. La narrazione di una fiaba incita alla riflessività e desta spirito critico nel bambino che gradualmente impara ad agire in maniera attiva e, così facendo, a preservare e a custodire la sua libertà.

In un mondo complesso, altamente tecnologico, in cui tutto si trasforma rapidamente e in cui i nostri bambini, nativi digitali, saranno presto chiamati a districarsi con abilità e a discernere senza indugio la migliore tra le molteplici occasioni offerte, è nostro dovere, in qualità di genitori e di educatori, permettere loro di crescere sicuri e capaci di adoperare con responsabilità il linguaggio e le parole, di costruire pensieri orientati al bene, di stabilire relazioni positive con gli altri: tutti. Nel rispetto di ogni diversità. È un diritto dei nostri bambini ricevere dagli adulti gli strumenti per difendersi dal rischio della passività, dell’inerzia, dell’isolamento, dell’egoismo, del non-pensiero.

Basta poco per riuscire a trasmettere questo grande tesoro: si inizia con le parole – usate con intelligenza – con l’educazione all’ascolto, con una breve pausa condivisa e tessuta nell’incanto di una semplice fiaba, letta oppure… inventata all’istante.

Buona fiaba a tutti!


La città sbilenca (Fiabe per bambini della scuola dell’infanzia)


A Miriam e a Viviana.


Nessuno
neghi
mai
a bambine e bambini
“il diritto di imparare
e di esprimersi
per mezzo di parole,
scrittura
e arte.”



MIRIETTA

Sono un’esploratrice, una studiosa, una ricercatrice. Scoprirò il più possibile di ciò che si può conoscere in questo mondo. Ho una missione importante da compiere.
Sono arrivata in una notte di maggio. Ho capito di aver raggiunto la meta quando ho sentito l’ossigeno penetrare nei miei polmoni e l’aria fredda sulla pelle. È stato come attraversare, strisciando, un tunnel molto stretto e caldo, o meglio come indossare un lungo maglione che mi fasciava, aderendo perfettamente al mio corpo. Sbu­cando, ho avvertito una sensazione di freddo prima sulla testa e poi sul resto del corpo. Mi sono sentita toccare e ho provato fastidio, ma poi qualcosa di particolarmente gradevole è accaduto: non ho più avuto freddo, ho di nuovo sentito il contatto con quel calore che solo istanti prima avevo abbandonato. Mi sono ritrovata adagiata su un corpo caldo, braccia calde mi avvolgevano, mani calde mi accarezzavano e mi sentivo al sicuro. Sono rimasta a gustare quella sensazione per un bel po’, e intanto le mie labbra hanno incontrato una parete soffice e tiepida da cui fuoriuscivano goccioline dolci che con piacere io mandavo giù.
La luce era soffusa, non disturbava, ma io preferivo restare con gli occhi chiusi, immobile, perché mi sentivo stanca come chi si ferma dopo aver compiuto un lungo viaggio.

Sono trascorsi tre mesi dal mio arrivo e devo dire che ho già imparato tanto. Co­nosco ormai molto bene la mia famiglia, ma fra tutti prediligo la mia mamma. Lei mi capisce al volo, sa sempre di cosa ho bisogno, gli altri invece sono un po’ tontini: mi danno da bere quando vorrei dormire o tentano di addormentarmi quando invece vorrei mangiare, proprio non riescono a interpretare il mio pianto. La mamma invece è fantastica, lei sa sempre tutto di me. Qual­che volta però mi fa gli scherzetti, perché io piango e lei non viene subito a prendermi in braccio, mi parla a distanza e mi dice di aspettare, mi racconta di una certa fatina, la fatina Pazienza e così, mentre aspetto, io immagino questa fatina, dolce e buona, con dei lunghi capelli e una bellissima voce. Adesso conosco anche la casa in cui abitiamo, all’inizio mi sentivo a disagio, perché non capivo dove mi portassero quando spingevano la mia culletta, ma poi, non potendo vivere nella confusione, mi sono fatta furba e ho cominciato a studiare l’ambiente. Ho capito che era fatto di tante scatole, ogni scatola con pareti e soffitto diversi, e ho scoperto che il mondo è pieno di colori. Il colore è un abito che si fa indossare alle cose per non confonderle.
Ora guardo il mondo dal basso, mi muovo tra sedie, tavoli, poltrone, conosco ogni angolo del pavimento di casa, ho anche un nascondiglio dove custodisco oggetti che ogni tanto mi diverto a non far trovare agli altri. È buffo vedere i grandi alla ricerca di qualcosa che una piccola come me ha saputo nascondere. Quando la mamma lo scoprirà, conoscerà l’immenso tesoro che sono riuscita ad accumulare. L’altro giorno ho sottratto la ciabatta di papà, ora lui va in giro con una soltanto.

Qualche volta forse esagero, perché vedo la faccia di mamma che si contorce in una smorfia che fa ridere più del solito. Per esempio avevo raggiunto – non vi dico con che fatica – arrampicandomi su una sedia, una bella ciotola piena d’acqua, avevo fatto appena in tempo ad immergervi le mie mani, quando la mamma è arrivata, la sua voce, anche se dolce, mi ha spaventata e la ciotola si è rovesciata. Mi sono bagnata tutta, ma anche divertita un mondo: per terra c’era tanta acqua e io potevo sentirla sotto i miei piedini nudi. Purtroppo è durato tutto molto poco, la mamma mi ha subito allontanata da quel magnifico pasticcio, io ridevo, perché aveva sul viso quella smorfia che vi dicevo, lei intanto mi asciugava e mi cambiava. Bella e brava la mia mamma che perdona sempre! È ciò che di più grande e prezioso ho scoperto arrivando su questa Terra.

Questa mattina avevo voglia di giocare con i colori. Per non svegliare mamma e papà che dormivano ancora, sono scivolata piano dal letto e sono andata a cercare i miei pennarelli, mi mancava il foglio, ma, come dicevo, non volevo disturbare mamma e papà, così ho cominciato a disegnare sul muro. Ero molto fiera del mio lavoro e non vedevo l’ora di mostrarlo a mamma e a papà, sono corsa in camera e ho urlato, a modo mio, “sorpresa!” Papà si è alzato e mi ha seguita, la mamma ha fatto lo stesso e quando si sono trovati davanti alla mia creazione sono rimasti sbalorditi, devono averla trovata meravigliosa perché non avevano parole, si guardavano e poi ammiravano il mio disegno, occhi sgranati e mano sulla bocca. È stato un momento davvero emozionante!

È nata Viviana, la mia cuginetta, tra qualche giorno salirò su una grande macchina con le ali e volerò tra le nuvole per andare a conoscerla… e poi arriverà Babbo Natale! Quante sorprese!

Bella la mia cuginetta, vorrei prenderla in braccio, giocarci, darle il biberon, lei mi guarda e me lo chiede perché le piaccio tanto, ma i grandi non mi credono e dicono che deve farlo la sua mamma. “D’accordo” aggiungo dispiaciuta, però posso accarezzarla e tenerle la manina.

Da quando siamo rientrati mi piace giocare a fare Viviana, io sono piccola piccola e mi devono tenere in braccio.

Mi hanno tolto il pannolino! Non l’ho trovato affatto divertente. Prima potevo fare pipì e pupù ovunque, adesso ogni volta che mi scappa si deve correre in bagno. Ieri però il mio papà mi ha fatto ridere. Eravamo in un centro commerciale, la mamma stava scegliendo una borsa per il mare, io ho detto: “Cacchi”, dico sempre così quando mi scappa la pupù, il mio papà mi ha subito presa in braccio e ha iniziato a correre, superava tutti come quelle ambulanze che si incontrano per strada con la sirena accesa, anche sulle scale mobili avanzava a grandi passi. Mi sembrava di essere su una giostra, la gente ci guardava e allora io la rassicuravo dicendo: “Cacchi”. È molto bravo il mio papà, risolve sempre tutto e sa trovarmi un bagno ovunque siamo.

Sto crescendo. Fra due giorni finisco di frequentare la mia scuoletta nido e parto in vacanza. Al mio rientro passerò in una nuova scuola, la scuola dell’infanzia, si deve trattare di un passaggio importante, ne parlano tutti con una certa aria e poi aggiungono sempre: “Ti piacerà da matti!”.
Non che il nido non mi sia piaciuto, ma io ho sempre preferito stare con la mia mamma. Qualche volta ho finto di non star bene, mi facevo venire il mal di pancia, mi rifiutavo di giocare, di mangiare e allora scattava la fase di emergenza, bellissimo, le educatrici cercavano il numero di mamma, la chiamavano e, come per magia, lei improvvisamente arrivava – che piacere! che gioia! – si andava a casa ed erano coccole assicurate fino all’ora della nanna. Da provare.
Se la scuola dell’infanzia non dovesse piacermi, userò questa tecnica un po’ più spesso.
Quando qualcuno mi conosce esclama: “È vivace questa bambina!” e non ho ancora capito se posso considerarlo un elogio.
Mi hanno preparato una medaglia a forma di faccina sorridente con su scritto “sono brava” e dietro “mamma è felice”. Ci sono giorni in cui mi fanno gran festa e me la consegnano, altri in cui sparisce e non la si trova, solo perché urlo, piango, lancio gli oggetti, rompo qualcosa, verso bicchieri d’acqua sul pavimento dalla vasca in cui sono seduta a fare il bagnetto. Ma lo dicono anche i grandi: “Con i bambini bisogna aver pazienza” e poi io devo provare la mia voce, la mia forza, neanche si immaginano loro quanto lavoro abbiamo da fare noi piccini. Comunque la mia mamma perdona sempre!

Adoro dipingere, ritagliare, incollare, prendermi cura di un orto – l’ho imparato al nido – guardare Pippi Calzelunghe, Peppa Pig e Banane in pigiama, ma soprattutto amo ascoltare storie. La mamma mi porta sempre in biblioteca e me le fa scegliere, tante! Ma anche a casa ne abbiamo di tutti i tipi, un po’ mie e un po’ delle mie sorelle che sono ormai grandi e le hanno regalate a me. Le mie storie preferite sono quelle inventate da mamma. Qui ne troverete solo alcune.

[continua]


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