Nero d’onice

di

Vincenzo Caruso


Vincenzo Caruso - Nero d’onice
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
12x17 - pp. 44 - Euro 8,00
ISBN 978-88-6587-9856

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In copertina. «Sospensione» Disegno digitale di Simone D’Angelo


Prefazione

Il titolo della silloge “Nero d’onice”, di Vincenzo Caruso, incarna già un’immagine fedele dell’oscuro enigma da svelare nel processo di rappresentazione del mondo, delle molteplici manifestazioni del vivere e delle pulsioni del poeta, che pone la sua intenzione lirica a fondamento dell’intera raccolta.
Le liriche sono spaccati esistenziali e frammenti della precaria condizione dell’odierna società, che viene osservata con sguardo critico, mettendo in risalto la sofferenza, l’ipocrisia e l’intolleranza, rivelando la “semplice umanità” che cerca risposte alle antinomie dell’esistenza, per giungere alla consapevolezza dell’essere nel grande gioco che è la vita.
Le visioni liriche generano un oceano di immagini che si intrecciano, miscelano e plasmano tra di loro, fino a creare una sorta di intima substantia lirica che il poeta desidera mettere sempre al centro della sua poetica: passato e presente diventano unico strumento per superare la “nuda pena”, profondamente percepita dall’animo, come fosse un costante “sospiro” che accompagna durante il cammino.
Il periplo nei giacimenti emozionali, tra Bene e Male, gioia e dolore, verità e mistero, conduce ad un mondo che pare sospeso, tra realtà ed illusione, a volte “consumato da un sogno” e disperso nella “muta voce del tramonto”, altre volte illuminato dalla memoria e dal desiderio d’amore.
La passione per la poesia è fortemente confermata dai versi “o poesia, mia incarnazione, / mia grande passione, mia massima maledizione”, che sottolineano il costante processo d’indagine, tra i bagliori del presente e le ferite del passato, le speranze svanite e i sogni dissolti, davanti all’“angoscia del tempo umano”, che diventa oppressione, al cospetto delle sue parole che virano su un terreno inaridito e sulle ombre della vita.
La sua Parola, capace di ammaliare, tende sempre a scrutare lo spiraglio celato, il lato segreto delle cose, le infinite misteriose fenditure dell’esistere, ben sapendo che il naufragio può essere dolce, come a lasciarsi abbandonare al lento flusso che incombe, dimenticando lo scorrere del tempo che divora, perché nella mente del poeta “tutto si perde nell’eco / di un cielo notturno” e non rimane che navigare tra le onde della vita, vagare nei sentieri dell’esistere mentre il vento soffia via le promesse e le illusioni.
Tra le ombre della notte esistenziale le emozioni d’amore sono rese con parole luminose e penetranti, sovente ammantate dalle esigenze di “un cuore bisognoso di eterea solitudine”. Nel silenzio assoluto si avvera il “supplizio” d’amore, travagliato e turbolento: le sensazioni si sgretolano, le parole si fanno “echi” che si perdono nell’aria e tra il dedalo di “abbracci spezzati”, “sorrisi estranei”, “baci sperperati”, “promesse mancate”, “sentimenti contraffatti” e “armonia svanita”.
Nel processo che ricompone la frammentazione, dalla visione lirico-esistenziale del poeta, emerge il desiderio di dissetarsi alla fonte primigenia della sua intenzione poetica per sconfiggere il peso che opprime, per “ristorare il viso consunto dal ricordo”, per “abituare un cuore debole” a creare una “fortezza”, che permetta di rimanere “indifferente” agli urti e alle delusioni della vita, fino al sacrificio ultimo “per smettere i panni/dell’illusione e sorridere/all’abisso”.
Ecco allora, nella sua poesia, attuarsi il lento disvelamento delle enigmatiche immagini, delle tracce memoriali, delle inevitabili metamorfosi e delle dispersioni nel labirinto che contiene ogni “frammento” dell’anima del poeta.

Massimo Barile


Nero d’onice


Fantasia

Ai limiti dell’arcobaleno
consumate ma non indolenti
mai le mie mani saranno
incatenate.
Non voglio giacere sbiadito
ai margini di campi desolati,
né smaniare per un faro
che illumini un successo ipocrita,
ma come sparviero alto volare verso
il vero cielo e lasciare dietro di me
una scia d’oro.


Sentieri

Piena di luci e rumori e voci
è la strada e con nel cuore un unico
obiettivo lenta la piccola
lumaca la attraversa. Il lato opposto
è la meta ed energie eccessive
impiega secondo l’opinione
degli esigui passanti che la notano.

Ai loro occhi disumani un’impresa
sovrumana appare noia. Eppure lei
continua a strisciare cieca alle
critiche, ma non si avvede del veloce
veicolo che le taglia la strada e
la testa.


Il Colosseo

L’eco roboante dei passi
risuona per spettatori attoniti e
dalla meraviglia risorgono le
anime degli eroici furori.

Un anziano si specchia nell’arena
smagrita e vede il ritratto di un
passato che è vivo e ancora
insegna.

Fuori dalle mura incrostate di
storia nuove mani preparano rovine
di fili bruciati.


Dissonanze

Fermi su un terreno mobile,
accerchiati da colori insinceri,
accecati da astri spenti,
giganti in un formichiere,
tendono le braccia verso l’alto
e si credono non veduti da chi
incredulo dall’alto sorride.


Infiniti

A occhi chiusi e in silenzio
a tentoni cerca il paio di occhiali
adatto. Li trova, li indossa e poi
conta a occhi aperti: vuole giungere oltre
l’ultimo numero.

Ben presto la corsa si smorza e
la lucciola della speranza cade spenta
accanto all’ultimo parlante.


A giudizio

Al diritto azzimato spiace
il buon senso. Tutto cavilli e
clausole e codici che castrano
la semplice umanità.

Un’anziana è sfrattata per insolvenza,
un suo coetaneo ruba biciclette – ma
non quelle dei bambini – ed entrambi
rischiano reclusione e pregiudizio,
figli impertinenti di una legge
senza decoro.

Si presta allora fede a un verdetto
assoluto, ma a battere il martello
è una mano mozzata.


Uomini tradotti

Richiedono Umanità,
tanto frale e tersa
come l’acqua di un lago
ghiacciato che, lambita
dal soffio della speranza,
si sgretola rumoreggiando.

Ottengono compiacenza,
più invalida e inefficace
di quanto un’onesta
ipocrisia sappia dimostrare.

Muoiono muti,
in un corpo bollato
come non loro, guasto
e cedibile allo sfascio.


La meta

Scarponi da neve,
guanti, pelliccia,
colbacco, zaino
ed è pronto.

Negli occhi riluce il messaggio
proveniente da un mondo sospeso
tra realtà e illusione, che disegna una
porta d’ingresso con un lapis d’acqua.

Il giocatore dà l’assenso con
l’indice della mano destra
consumato da un sogno.

[continua]


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