I
Prefazione
Precari come campi di papaveri
appena mossi dalla brezza furono
i miei vent’anni rosseggianti e accesi
di grandi sogni, di macerie e sangue.
Era l’antica favola del tempo
che mi arrovella anche ora a tessere
tele di ragno intorno alla memoria.
Fra chimere e ricordi vaneggiare
pareva infinito gioco anche quando
tra le dita appassiva, esausto e vuoto,
ingerminato fiore. E se qui ed ora
i giorni riconsidero e spero,
rivestendo di versi antichi sogni
il perduto passato ed il futuro
ignoto appassionati riardono.
Chiamavi tempo
il vuoto spazio tra le sfere
che l’orologio scandisce.
Oggi sai che la vita fluisce
ed effimera avvampa
soltanto nell’ora quieta
ove il presente è eterno.
Non voglio sparire nel mare
come bambola di sale
e liquefarmi nell’azzurro.
Un filo mi avvince alla stella,
tenue filo, onde spero
rifulgere d’infinito.
Balcone marino
Sonnecchia il gatto sotto il salice.
Ti crogioli nel tepore del giorno
sul tuo balcone marino
azzurro di mille vele.
Non afferri quest’ora
mutevole scheggia del tempo.
Ieri e domani
nella bacheca del cuore
sono crisalidi trafitte.
Tu vivi soltanto in quest’ora,
azzurro specchio di solarità.
Canzone di Vezzolano
Venite a vezzolarvi a Vezzolano.
Ci sono ulivi nei boschi
e fiori di malvasia;
ne coglieremo una botte stasera
per farci una sbornia di sogni
dinanzi alla vecchia Abbazia.
Carlo Magno è a cavallo:
il vecchio canonico saggio
avvolge le formaggette
con pagine di storia.
Ci sono vacche pezzate
che non hanno più stalle:
berremo sotto i fanali
il loro latte lunare,
per farci una sbornia di sogni
dinanzi alla vecchia Abbazia.
Ci sono cucùli fra i rami
che ora con rauche grida
proclamano il loro reame
bianco-cenere, senza nido.
E Carlo Magno è a cavallo
nelle pagine della storia
intorno alla formaggette.
Alta è la luna sui boschi.
Venite a vezzolarvi a Vezzolano:
con i fiori di ulivo
e i fiori di malvasia
faremo una sbornia di sogni
dinanzi alla vecchia Abbazia.
Nota
Alcuni versi fanno libero riferimento a due fatti:
1. una tradizione incerta fa risalire la fondazione della Abbazia di Vezzolano per volontà ed onere di Carlo Magno scampato in questi luoghi a qualche imprecisato incidente di caccia o malattia;
2. la notizia riferita in una breve memoria del Vernazza (Biblioteca Reale di Torino, Miscellanea, vol. 19/106) secondo la quale “il prete che era in economo” all’Abbazia nel 1743, richiesto da un funzionario ecclesiastico di produrre le antiche scritture, dichiarò testualmente “che ve ne era una guardaroba piena o, come si espresse detto prete, delle lenzuolate di carta pecora, ma che essendo esse scritte in un carattere che non si intendeva e come le bolle che vengono da Roma, egli parte ne diede a donne per avvolgere attorno alle rocche a filare, parte se ne servì a fare turaccioli a bottiglie, parte per avvolgere robiole”. Delle pergamene esistenti non se ne salvò che una del XIII secolo!
Parole
Ho detto parole mute.
Ho detto parole parlate.
La conchiglia del silenzio
nel grembo taciturno
nutre parole parlanti
parole vere, come perle.
Supplica con risposta
Torino, addì 26 gennaio 1707
La povera Maria,
moglie del fu Pietro Micca
di Sagliano Andorno
rappresenta a
Vostra Altezza Reale
che
pendente l’assedio
della presente città,
avendo i nemici francesi
già guadagnato la porta di una mina
con gran disavvantaggio
della cittadella,
il suddetto Pietro Micca
ritrovandosi al servizio di
Vostra Altezza Reale
nella compagnia dei Minadori
fu comandato di portarsi a dare
il fuoco a detta mina
ed egli fecela giocare
con la perdita dell’inimico
e della persona stessa
di detto Pietro Micca,
onde
non avendo di che
potersi sostenere,
attesa la morte
del suddetto marito,
a piedi di
Vostra Altezza Reale
ricorre acciocché,
umilmente considerando
il povero stato
della vedova esponente,
mandare li venghi
tuttociò che a
Vostra Altezza Reale
parerà,
atteso che detto suo marito
lasciato ha
un piccol figlio
di anni due.
Il che spera
dalla clemenza di
Vostra Altezza reale.
Sua Altezza Reale
il Duca Vittorio Amedeo Secondo,
informato della servitù
resa dal marito
della vedova supplicante
manda al Generale del Soldo
di far gioire
alla supplicante vedova suddetta
di due razioni di pane
al giorno
sua vita natural durante.
E Maria vedova supplicante
gioì.
Trasposizione in versi di uno scambio epistolare realmente avvenuto.
I tuoi capelli
a C.
I tuoi capelli
sono l’anima.
Non basta tagliarsi i capelli.
Non basta nemmeno tagliarsi l’anima
e chiuderla nella stanza.
L’amore è un dono
che dai,
non è dono che ricevi.
Devi dare, dare,
dare ancora.
Non aspettarti nulla
per ricevere tutto.
È quello che tu fai.
Non importa nemmeno
di essere capiti:
quello che conta
è vivere,
sentirsi vivere
accanto a se stessi.
Ispirazione
Versi da decifrare,
versi ambigui,
versi astrusi, allusivi,
tormentati,
forse ermetici
o dubbi,
versi celati
come soliloqui:
perché leggerli agli amici?
Meglio dirli al mattino
in ginocchio
dinanzi al tabernacolo:
ti saranno perdonati.