Maismaris

di

Stefano Introini


Stefano Introini - Maismaris
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
14x20,5 - pp. 118 - Euro 9,50
ISBN 978-88-6037-8507

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Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’autore è classificato nel concorso letterario Il club dei poeti 2008 sez. poesia.


Ogni riferimento a fatti e personaggi realmente accaduti ed esistiti è puramente casuale rispetto alla storia costruitaci sopra, frutto della mia fantasia, spero di non offendere nessuno.


Introduzione

Siamo abituati a stare da questa o quella parte, a scegliere questo o quello, a cercare il giusto, il vero ma

Quando il male viene dal giusto
e dall’ingiusto il bene
quale posto ci appartiene?
Chi è falso e chi sincero?
Dov’è il bianco ed il nero?

Facile smarrirsi, no?
Sì, impossibile non sbagliare.
Caro lettore, non so se lo sai, ma un libro si vende ormai, purtroppo per molti o per fortuna per molti, solo per il titolo e per la foto di copertina.
Qui non c’è foto.
Allora come titolare questo piccolo lavoro che mi accompagna, né bianco né nero? come la vita?
No, per questo bastano due colori.
Allora forse mantenere il titolo della poesia grazie alla quale ne ho guadagnato l’incentivo alla pubblicazione da parte dell’editore, “Il partigiano sul Bill”: il Bill è un’alpe sopra Macugnaga, alle pendici del monte Rosa, poco distante dalla Svizzera alla quale si giunge valicando il Passo di Monte Moro, ed io mi sento un po’ partigiano che non scappa, che difende coi pensieri la sua piccola porzione di vita sbiadita dalle intrusioni di una cultura in svendita che non sto a descrivere perché conosci bene, se no non leggeresti libri senza foto, giusto?
Forse, ma per ricordare il partigiano ed il nervo duro dei nostri padri basta il dialetto.
Certo, la mia opera è stata considerata dalla critica visione della resistenza come impegno etico universale ed è vero, ma è vero anche che quando tutto va nella direzione opposta a quella che noi sentiamo nostra, universalmente giusta o sbagliata che sia, credo nel dovere individuale di isolarsi, di ravvisarsi, che prima o poi si va a sbattere, poi se combattere o no dipende da ciascuno di noi.
Io combatto così, poi ho la mia vita, il mio lavoro, ho quattro figli, una moglie, Lara, che è il mio biglietto per il Paradiso, una laurea in sociologia, e so sufficientemente bene come vanno le cose, sono abbastanza vecchio per sapere che alla fine quello che deve andare a sbattere ci va comunque, che io faccia o meno il partigiano o il poeta etico e morale, allora mi è venuto di dire a tutto quello che è andato ed andrà a sbattere: vai, fai quello che devi, e quando sbatti ricordati di me che ho tanto sbattuto, e allora un altro bel titolo sarebbe: “salutami il muro”.
Troppo ironico, chi sono io per elevarmi a sfottere.
Ma no, più modestamente e senza etichette sento che ho solo raccolto sbattimenti miei e non solo in canzoni che amo cantare e poesie più per me, ti confesso, che per te. Io non scrivo più e questo è il mio stato dell’arte che forse neanche riprenderò più in mano, è stato un periodo della mia vita nel quale pensavo in rima e credevo nel suo potere, e ho avuto stranamente la diligenza di prenderne nota, ma a te confido, caro lettore, che sapere che hai comprato il libro di un perfetto sconosciuto (e anche se te l’hanno regalato lo stai leggendo), di poesie per di più (e senza foto, non dimenticare) ti rende ai miei occhi molto nobile ed aperto, forse più di me, davvero a te faccio i miei sinceri complimenti per avere scelto un libro di questo tipo per tenerti compagnia, spero sia degna.
Il titolo è il comune denominatore delle mie poesie ed il mio augurio per te: “Mai smaris”, diceva spesso mio nonno Mario, mai smarrirsi, non darti per vinto, mai.

Ringrazio infine l’editore di cuore perché è uno dei pochi, l’unico che abbia incontrato, così.


Maismaris

A te, naturalmente.


Tornare alla propria radice
corrisponde alla pace
e questo vuol dire
incontrare il proprio destino
…saperlo ti fa tollerante,
ti fa diventare più giusto
e perciò grande e uguale alla Via.

(Lao-Tse)


Il partigiano sul Bill

I grattacielo sono poca cosa
rispetto alla materna verticalità del Rosa.
Le sette e mezza, suona l’Ave Maria
un posto dove perdere la via
posare l’artiglieria.
Senza ma, senza se
la montagna è già chiara sopra di me
come un candido lenzuolo sui miei perché.

Fra me e la Svizzera c’è un miglio solo,
fra me e la Germania c’è un muro.
Ma è troppo alto per un partigiano il monte Moro.

Ebrei, nazisti, e profughi di prima classe
in fuga da Auschwitz, da Norimberga o solo dalle tasse,
chissà quanti traverseranno il confine
del mezzo che conviene
per giustificare il fine
come se in ogni tempo
si potesse dividere la superficie dal fondo,
ed io zitto come te, Bill, come la coscienza del mondo.

Vivo delle cose che sono
che qui non viene il grano,
abbatto senza troppi pensieri
mode di oggi, retaggi di ieri
cupidigia dei forestieri.
Al loro bel convento
ho sempre preferito la mia cella d’isolamento
perché la libertà verrà dall’ombra, verrà dal vento.

E se fra me e la libertà sarà un metro solo
fra me e la libertà sarà un muro
ed il filo spinato del dovere, diadema senza velo.
È davvero troppo alto per un partigiano, il monte Moro.


Alicante (il mattatore)

Com’è difficile guadagnare il tempo del villaggio globale
Sanno tutto di tutti, ma hanno finito il pane
Tutto è mediamente bene, mediamente male
Suoneranno le campane?
Gracchieranno le rane?
Nascerà ancora il fiore dal seme?

Una volta quei rottami dovevano essere rose
Una volta quelle carogne dovevano essere sane
Una chitarra blues suona le stesse vecchie cose
Cose che annusa un cane
Le piscia su un bidone
Chi sarà allora il più bello del reame?

Un giorno ad Alicante ho visto un mattatore
Aspettava il toro nell’arena come il fuoco nel forno
Aveva i capelli blu e gli occhi rossi come il cuore
Non si guardava intorno
Suonava un grande corno
Uccideva il toro e viveva un altro giorno.

Hai il camice bianco e ti fai chiamare “dottore”
Ma aspetti il toro nell’arena come il fuoco nel forno
Chi ti dà il diritto di fermare un cuore?

Da allora ogni notte ritorna il mattatore
Mi aspetta nel mio letto come il fuoco nel forno
Mi toglie il fiato e mi ferma il cuore
Muore tutto intorno
Muoio col mio giorno
Mia moglie scalcia invitandomi “a rompere in soggiorno”.


In morte dell’amico Gianmario

C’è luce, c’è luce
non viene, non va, giace.
Nello spazio, riflessa dalle cose intorno
giace una luce che non dipende dal giorno.

Uomo, mille vite confuse
le dai le spalle attratto dalle cose
per vedere su ognuna proiettata la tua ombra
e dimenticare la fonte, la tua culla, la tua tomba.

Guarda, guarda!
Guarda per una volta ciò che non si scorda.
Qui c’è luce, c’è luce!
E l’amico mio, finalmente in pace.


Luna piena

Non mi serve una direzione
Non mi serve un’ispirazione
Non mi serve un’opinione,
non mi serve

Non mi serve la bottiglia vuota
Non mi serve la sigaretta
Non mi serve la pasticca,
non mi serve

Non mi serve pianificare
Non mi serve un altare
Non mi serve un focolare,
non mi serve.

Io voglio te, luna
E mi servi così, piena.

Non mi serve un fucile
Non mi serve un animale
Non mi serve un amico fedele
per dimenticare

Non mi serve l’orologio di marca
Non mi serve la barca
Non mi serve la camicia bianca,
non mi serve

Non mi serve una via di fuga
Non mi serve una bella figa
Non mi serve un viaggio-sega
alle Maldive.

Io voglio te, luna
Mi servi tu, piena.

Non mi serve un buon lavoro
Non mi serve un tesoro
Non mi serve la corona d’alloro,
non mi serve

Non mi serve un posto di comando
Non mi serve il dividendo
Non mi serve toccare il fondo
di un bagno caldo

Non mi serve il piatto pronto
Non mi serve un buono strumento
Non mi serve l’auto del momento,
non mi serve.

Io voglio te, luna
Ti voglio così, piena.


Cade la neve

Cade la neve, tutto imbianca
quanto dura nessuno sa
sulla siepe, sulla panca
tutto veste di novità.

I bambini non vedono l’ora
che suoni la campanella
per uscire dalla scuola
e mangiarne una scodella.

E chissà se sarà già sciolta
come capitava a me bambino
“Non te ne andare” le dicevo
“Resisti almeno un pochino”.

Scivolavano gli occhi sul comignolo
di fronte alla mia classe
con la maestra che spiegava
vecchie cose, ormai rimosse.

“Adesso esco e faccio questo
oppure forse, se non mi stanco…
Ma quant’è bella l’Alessandra
seduta lì al secondo banco”.

E poi da grande quanti progetti
quante belle novità
sciolti come neve ai caldi tetti
della mia venduta maturità.

“Dove andate?” ogni volta chiede
“Resistete almeno un poco!”
Ah la mia purezza: poca neve
calpestata il giorno dopo.


Il bianco ed il nero

Ho rubato del cuoio
a piedi senza sforzi
e fatto scarpe per gli scalzi.
Cos’è giusto e cosa no?
Dov’è il falso ed il vero?
Dov’è il bianco ed il nero?

Ho mentito al giudice
per salvare la vita ad un uomo
perché non c’è perdono.
Cos’è giusto e cosa no?
Chi è falso e chi sincero?
Dov’è il bianco ed il nero?

Quando il male viene dal giusto
e dall’ingiusto il bene
quale posto mi appartiene
quando e se è Dio a punire
e chi per lui a pontificare?
E se raccolgo bacche dalle spine
e solo foglie dal pero
signori, Signore, dov’è il bianco ed il nero?


Aspettavo un miracolo

“Tocca squagliarsela da qui”
Disse il prete alla sposa
“Io vado a fare il pieno
Tu pensa alla spesa
Tutti gli artisti fanno il vino
Ma qui la gente ha fame
Aspettano l’alba ma è già mattino
E nessuno fa più il pane”.

Io sedevo in fondo alla chiesa
E piangevo, ma non so per cosa
Guardavo i bei quadri ed i bei vestiti
E le mie lacrime cancellarono gli inviti.

Io aspettavo un miracolo
Una luce dall’altra parte del vicolo
Qualcuno che uscisse dalla finestra
“Corri in piazza! Vai a vedere che festa”.

“Non è il caso che ti scaldi”
Rispose quasi subito la sposa
“Le brave ragazze come me lo sanno
Il passato ha il buco del culo più rosa
Tutte le cose hanno difetti
E tu puoi amare solo quelli che vedi
Le altre ti piacciono solo e infatti
Stai scappando … senza i piedi!”

Io sedevo in fondo alla chiesa
E ridevo, ma non so per cosa
Guardavo i bei quadri ed i bei vestiti
Ed i miei denti tagliarono gli inviti.

Io aspettavo un miracolo
Una luce dall’altra parte del vicolo
Qualcuno che uscisse dalla finestra
“Corri in piazza! Vai a vedere che festa”.

Sul sagrato della chiesa
Governanti all’erta
Impomatati per la folla mesta
E la servitù composta
Tuona Dio in lontananza
Il fulmine è già nel firmamento
Woytila dorme nel cipresso
E già si alzava… il vento.

Io sedevo in fondo alla chiesa
E pregavo, ma non so per cosa
Guardavo i bei quadri ed i bei vestiti
E la mia sigaretta bruciò gli inviti.

Aspettavo un miracolo
Ed ho urtato un corpo perfetto col mio spirito
Mentre il vento spazzava i davanzali
Sfogliava il Vangelo urlava in faccia ai Cardinali
“Qualcuno è uscito dalla finestra!!
Corri in piazza, corri a vedere che festa
Corri sempre, corri e basta”
Corri…che la sposa resta!


Dopo Babele

Facciamola più grande, grande
Delle Alpi e delle Ande
Del mare e delle sponde
Dei pini e delle fronde.

Che tutti vedano l’uomo, l’uomo
Che tutti sentano il tuono
Che tutti portino un dono
Che tutti sappiano chi sono.

Parla! Parla! Parla! Parla!
Dammi un po’ di miele
Mettiti a sedere
E dimmi dove devo andare
…dopo Babele.

Facciamo un bell’altare, altare
Con tutto quanto da mangiare
Con tutto quanto da bere
Mettiamoci a ballare.

Balla! Balla! Balla! Balla!
La tv lampeggia e suona
Ed io salto sulla poltrona
Guarda, tutti ballano
… e brucia Roma.


L’osservatore

Seduto in penombra
sta l’osservatore
zitto, immobile
difficile da vedere.

Ma tutto vede sempre
e niente scappa mai
pronto a rispondere,
a dirti chi sei.

L’ho trovato tardi
ma l’ho trovato sveglio
su una seggiola, ben vestito
tra il buio ed un muro spoglio.

Lo invito col respiro
quando smetto di pensare
zitto, immobile
nella penombra del mio cuore

sta l’osservatore.


È luna, Eluana

Edizione speciale per Matrix
Edizione speciale per Porta a Porta
Edizione speciale, Eluana è morta.

C’è la luna piena.

Consiglio speciale per il governo ottimista
Che ce l’ha coi magistrati
Dirà: ma voi dove siete stati?

Preghiera speciale per il Papa buono
Che tra altre mille preghiere ed affanni
Sa che Dio ha avuto diciassette anni.

Ma è un tempo verticale,
È la luna piena.

Beppino, io sono con te
Con quello che chiamano boia
Col tuo dolore senza scorciatoia:

Quanto costa ad un padre
Vedere la figlia morire di sete
Cosa ne sappiamo, che cosa ne sapete?

C’è la luna piena.

Beppino ti abbraccio forte
Che Eluana l’abbraccia la morte
E Dio, secondo me, dalla vostra parte.


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