Zubi zuri - Poesie 2003-2008

di

Stefania Clerici


Stefania Clerici - Zubi zuri - Poesie 2003-2008
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 136 - Euro 8,50
ISBN 978886037-7081

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In copertina e all’interno fotografie di Fernando Mattaboni


Ringraziamenti

Questo libro è nato grazie al contributo dell’Amministrazione Comunale di Lurano, alla sensibilità del Sindaco Dimitri Bugini e della bibliotecaria Alessandra Rabaiotti, che fa fiorire di cultura le biblioteche da lei curate come giardini.
Ma forse quest’avventura non sarebbe neanche iniziata senza l’aiuto disinteressato del fotografo Fernando Mattaboni e del poeta e critico letterario Luigi Picchi che, con la magia degli scatti e la sapienza delle parole, hanno illuminato le mie poesie.
Un grande ringraziamento anche a Maria Paola Morandi, mia mamma e consulente per i suoi consigli sempreverdi come le piante perenni.
Sono grata pure alla Sig.ra Antonella Montefameglio, responsabile della Casa Editrice Montedit, per la pazienza e la professionalità.
Ringrazio anche per l’affetto gli altri miei familiari, i maestri e le maestre, gli amici e le amiche, gli studenti e le studentesse che mi hanno ispirato per le poesie a loro dedicate e che hanno fatto passare più velocemente le lunghe giornate di pioggia.
Infine un ricordo e un grazie al Maestro Ernesto Guffanti, al suo saluto e inno alla vita: “Tutto bene, tutto bello, tutto caro”. Forse il titolo di questo libro non gli sarebbe piaciuto, ma le fotografie di Fernando sì.

A tutti coloro che mi hanno aiutata
e mi aiutano
a vincere nell’anima


Introduzione

In un periodo in cui a “vincere” sembrano essere i reality, le fiction e le soap-opera, incontrare una giovane poetessa convinta assertrice del “bello della parola” può essere considerata una fortuna.
Perché fortuna?
Uno degli obiettivi dell’amministrazione comunale di un paese, ancora a misura d’uomo, è quello di perseverare nel seminare cultura e cercare di far vivere emozioni, promuovendo ogni possibile iniziativa che porti ad accrescere l’opportunità del “conoscere” e del “sapere” nei confronti di tutti i propri cittadini.
Risulta evidente quanto, oggi, sia difficile smuovere una persona dalla comodità della propria poltrona per portarLa a passare una serata “a tema”, a confrontarsi con altre persone, a verificare che il mondo non finisce nel quadrato ristretto della propria casa; ecco allora che l’opportunità di far entrare nelle case questa raccolta di poesie può rappresentare lo strumento per far vivere emozioni e al tempo stesso seminare cultura.
La raccolta di poesie Zubi Zuri, un ponte bianco che si trova in Spagna, rappresenta una sorta di ideale viaggio tra il reale e l’immaginario, che Stefania Clerici ha saputo rappresentare traducendo le emozioni di un viaggiatore, messo a contatto diretto con le culture di paesi diversi, in sintassi poetiche con l’obiettivo di trasferire al lettore le proprie sensazioni di fronte all’immensa libertà del “conoscere”.
Nell’epoca attuale, dove tutto viaggia a doppia velocità, forse esiste ancora la possibilità di assaporare e gustare il bello.

Bugini Dimitri
Sindaco del Comune di Lurano


Prefazione

Non pesa la materia in queste poesie di Stefania Clerici, dove l’esperienza personale è trasfigurata in una raffinata stilizzazione cromatica e musicale. È come se la vita, quella reale ed oggettiva cioè, ed il vissuto, vale a dire la vita come la percepisce la coscienza, venissero trasferiti e proiettati in un altro piano, non dico astratto (ché la poetessa non perde mai la densità figurativa), ma certamente più ideale e trascendente. Un meccanismo da poesia pura ed ermetica, insomma. Non mancano difatti i correlativi oggettivi, capaci talora di antropomorfizzarsi, e neppure un certo gusto per il gioco verbale e fiabesco, un po’ palazzeschiano e lamarquiano, per non parlare poi di alcuni esiti surrealisteggianti; per fortuna, leggeri e agili, non pesanti e forzati, come nella poesia eccessivamente orfica. Si vede che Stefania Clerici conosce bene l’indole sperimentale e fondamentalmente colta oltre che metaletteraria della poesia moderna, da lei attraversata e assimilata prima di tutto come lettrice e poi come autrice. La parola più ricorrente è “sogno” e questo è una spia interpretativa che rivela la vocazione visionaria della poetessa, portata ad evadere subito in una dimensione parallela dove l’esperienza si trasfigura e si stilizza, nobilitandosi esteticamente grazie a parole, sonorità ed immagini opportunamente scelte e calibrate. Questa soluzione è tipica di chi a livello esistenziale non accetta ancora la realtà nel suo darsi immediato e nella sua drammatica interezza e deve quindi continuamente correggere e rimodellare la percezione delle situazioni. Tutta colpa di un certo Petrarca che ha insegnato ai poeti a selezionare la materia ispirativa e a raccontarsi attraverso eleganti maschere. Niente di male in ciò: questa scelta è senza dubbio illustre e condivisa, ma ha i suoi limiti. Il passo successivo sarà allora scrivere una poesia meno lirica e più prosaica, non tanto nell’aspetto, ma nello spirito. Non aver paura, cioè, di raccontare la reale rerum natura, di dire le cose come stanno, liquidando quelle seducenti e irresistibili maschere che sono le metafore. La grande risorsa della poesia di Stefania Clerici è l’occasionalità delle sue liriche: luoghi, viaggi e persone, spesso dedicatarie dei componimenti. Trovo che l’occasione sia la forza sincera della poesia perché la redime dalle forzature intellettualistiche di raccolte a tesi o “a programma” con la linfa di un vissuto radicato. Una genesi così della poesia riconduce la scrittura ad un mondo autentico di relazioni e di incontri, tutta una rete di esperienze decisive, dove le emozioni dei contatti fanno sentire la propria energia irraggiandola tra le righe. L’urgenza del dialogo pervade e motiva la poesia di Stefania Clerici, persona cara a chi la conosce proprio per la sua luminosa cordialità.

Luigi Picchi


Zubi zuri - Poesie 2003-2008


Apparizioni e incontri


LA CASA DELL’ARTE

A Fernando

Sulle scogliere dei prati
si rifrange l’estate,
dalla quale rifuggivano le rondini:
come sciami irrequieti
di pensieri sono volate
a indicarmi San Giorgio e il Drago
che ancora combattono nella calura:
potessi imprimerli sulla carta
con lettere di fuoco,
con la sicurezza del tuo click
sulla macchina delle meraviglie.

Agosto 2003


IL TUO MAGLIONE

A Giovanna

Il tuo maglione
ha il colore della terra
accarezzata dal sole,
dopo quel lieve smarrimento
che seguiva alle risate
della pioggia sul giardino
(a noi assetati sembravano
voci ridenti).
Il tuo maglione
ha il colore della sabbia
che si lasciava trasportare dal mare
nelle dimore più remote.
Lo stesso colore
di scale di corda e capanne
e cime raggiunte a fatica.
Le trame dei tessuti
s’intrecciano al passato
come l’aria nell’acqua,
come la sua voce nel mare,
leggere leggere.

Agosto 2003


VACANZE

Dove vai in vacanza
dove vado in vacanza
eserciti di domande
schierati senza voglia di combattere
perché il giorno è lungo e languido
dove andrai in vacanza
dove andrò in vacanza
non lo so
ma la mia casa dei sogni estivi
è già occupata da te
che non so nemmeno dove abiti ora
ormai non ha più importanza
il tempo cambia tutto
il rivo ridente
dal suono canterino e giapponese
è ora un rigagnolo
assetato e putrido
ma dove andrai in vacanza
ci sarà pure un posto
dove vuoi andare
voglio andare nello spazio vuoto
di una poesia
dove il bianco
respira d’ignoto.

Agosto 2003


IL CASTELLO DI BARDI

Ad Alessandra

Svetta di mistero
la pietra arsa dal tempo,
ancora appassionata
di giorni e di sogni.
Dimora sulla torre
l’angelo guerriero
che sfugge da ore deserte
e gomitoli di strade
troppo corte o troppo lunghe,
da parole dure e affrettate,
lontane da questo diaspro rosso,
dove ancora pulsano
passioni non sopite.
Noi viviamo però in una costellazione
di schizzi e frasi imperfette,
non suonate da mani celesti
e con molti tempi fuori tempo
che non rispettano la partitura.
Ma non fermiamoci
davanti ai limiti:
anche le mani umane
possono illuminarsi
di qualche guizzo di mistero,
come ai piedi di questa torre.

9 settembre 2003


LA CAVALLINA

Cristalli di rocca
ombreggiati dalla notte
gli occhi da poco dischiusi
di una cavallina altera e fragile.
Illuminerebbero tutta la mia stanza
se solo guardassero
alla finestra della cucina:
la zuccheriera la tazza sbrecciata
il tè bollente e la brioche senza cioccolato
(al negozio le migliori erano già finite:
in settembre cercano tutti
qualche dolce conforto),
sullo scaffale
i libri vecchi e una nuova fatica.
Eppure sono stata anch’io
tra i prati a rincorrere
l’ultimo raggio di sole
che giocava a rimpiattino
tra i riccioli della tua criniera.

9 settembre 2003


L’ANELLO

A Francesca

Scolpite nell’aria e nell’acqua
gemme di mare e di cielo
s’illuminano tra le tue mani:
è un paziente lavoro di cesello
quello che intrecci
con le ali al cuore
e l’estate negli occhi.
Il tuo anello
sarà il mio amuleto
contro i marosi di città,
un celeste sortilegio
per passare la soglia dell’autunno
senza spine silenziose:
al chiuso di bastioni e fortezze
io avrò la mia piccola luce
per far cadere con fragore
le alte mura
delle oscurità autunnali.

10 settembre 2003


OSTINAZIONE E DOLCEZZA

Tra ostinazione e dolcezza
ho sentito la tua voce
radiografare respiri di rabbia
e sogni non ancora spenti.
Stai cominciando ad attraversare il fiume
e scalare la vetta
col rischio di trovare
il tempio chiuso per restauri,
ma non preoccuparti:
mi hanno detto che lassù
il cielo è di un celeste impossibile
e le notti sono scure,
ma senza ombre caduche.

Novembre 2003


LA STRADA DEL

Ho inseguito la strada
del tè fumante
e delle sorsate lente,
sospesa tra te e me.
Non ho perso il profumo
di quella stanchezza
svenevole incantevole
che ci coglieva coi libri chiusi
e le conchiglie coricate
dopo il viaggio di ritorno.
Forse i tuoi pensieri
non avevano imparato
a vedere nel buio,
né a sorseggiare
le rugiade invernali
dai petali della solitudine,
come dalle tazzine sbrecciate
dei giorni feriali
(la donna che io ero
le conservava tutte).
Eppure sentivamo
tutta l’attesa della sera
con la sfacciataggine
da studenti di primo semestre,
senza pensare
che i refoli di profumo
si sarebbero insinuati
anche nel futuro,
se il duale si fosse trasformato
in singolare.

27 dicembre 2004


LA TUA CITTÀ

In giorni nuvolosi
le tue mani hanno accarezzato
colori e tavolozze
come schiene di belle signore:
nel lago brucia lenta bianca
la luna di dicembre
e dagli archi delle ore
sono nate nuove geometrie
di punte luce e ardore.
Improvviso il nuovo anno
affaccerà la sua luce di meraviglia
dalle architetture dei tuoi colori:
la materia non pesa,
le ombre si colorano
sulle strade
della tua città sospesa.

Dicembre 2003


A MANUELE

Mi hai raccontato
che in Nuova Zelanda
i vortici d’acqua
si avviluppano in senso contrario
e io bambina adulta
ho ascoltato la favola esotica
e la storia del gatto con gli occhiali.
Avrei ascoltato anche
le tue giornate
di fantasia ardente
e luce in movimento.
Nel verde del campo
tu sei l’ala
che raggiunge subito
l’area di rigore:
nulla può il gregge
di sconosciute subordinate
e imperatori di carta
contro il tuo folgorante esercito
di animali parlanti
e primavere perenni.

2 febbraio 2004

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