Opere di

Sara Bellingeri

Vaghezza

Fatemi uno scherzo,
ve ne prego,
dolcemente inconsapevole:
capovolgete ora
la folle clessidra in cui vivo,
mischiando
le comete con le strade
il cielo con il mare,
ma senza altezze a cui tendere le
mani,
né voragini abissali da cui salvare
il cuore.

E poi, indefinito, nell’arabesco sfuocato
lasciatemi cadere
illuso di volare,
vagabondo di vaghezza
tra città di lanterne
che le stelle laggiù
chiameranno firmamento.


Penombre

Sfuggenti
sono stasera gli istanti
che non avrò mai,
così bisbiglio la loro fuga su carta
per paura che corrano più veloci
senza averli nell’essenza scrutati,
come volti oscurati dalle tende
dentro carrozze sempre troppo lontane.
È una tortura l’eco di questa fuga
i passi che emigrano sono le note
del suono vuoto tra le mie stanze,
dei cunicoli girovaghi, sperduti dentro l’anima
su cui mi affaccio esile
dal balcone dei pensieri.
E scorgo lividi di umbratili destrieri
fluenti sulle lande interiori
da cui sgorgano lembi di firmamento
che il rintocco del Tempo non è riuscito a sgualcire.
Senza posa mormorano ancora pergolati di stelle
morbide tra le mani in ciocche di luce,
dall’ombra gocciano nello scrigno del cuore
vibrando bagliori come vivide candele.
Troppo fragili per bruciare
troppo calde da soffocare.


Pegaso

Liberi, nella grotta dei segreti
smorziamo i rumori
per cogliere il cuore
che plana silente
su vigneti di stelle,
e parliamo di sogni
all’ombra di muri antichi
con le dita intrecciate
a scaldare la foschia
vibrante attorno a noi.

Poi, nel grembo abissale
assaggiamo la polpa della notte
succosa di chimere
intrisa di candele,
nel silenzio flebili
sinuose dentro l’anima,
ora illuminano crateri onirici
di cui la terra è ferita.
Ma sono per noi orme di linfa
caldo rifugio
scrigno di vita,
grappoli di luci
lungo la dolce scala
dove collassa la ragione
che fragile s’immola,
inerte
sotto le grandi ali
dei nostri fatati voli.


Luci d’ombra

Non è un sogno,
vivo?

Bevo un infuso di albe e tramonti
per carpire
le luci in divenire
tra le onde stagnanti
nel gelido lago invernale,
lacrima di cristallo
su cui lievi pattinano i sogni
dipingendo sinuosi geroglifici d’argento.

Abbraccio l’aurora
per irrigare di miele
il turchese prosciugato dell’infanzia,
trascorsa e lontana tra spirali di voci
ancora sussurra pezze d’ombra
confuse tra i fondali
di un’immensa oscurità.

Fotografo il cielo
per illuminare la mia notte,
inondandomi di sole
che sempre profuma di luna,
dolce oro argentato
complice delle stelle
nel narrarmi questa leggenda:

Vivo.


Tepore blu

Mi scaldo
nel velo umbratile
della mia malinconia,
dolce candela dal cuore cobalto,
fluente luce notturna,
cangiante come la voce del vento
sottile tra le lacrime dei salici,
tremante nel riflesso lunare
sul lago morbido di buio,
discreta fra la polvere argentata delle comete,
fragile tra gli scricchiolii di un piccolo dondolo,
intensa nel profumo del distacco
nella stretta di un tenero laccio
che scuote forte le gocce dell’anima
p=.- ora sospesa – nell’anelito trapuntato di stelle.


Assenza

Mi aggroviglio
nel gomitolo di sole
che sfiocca all’orizzonte,
nutrendo l’aria
di arcobaleni evanescenti…

E senti
nel cuore, vibrazioni dolenti,
illuminate da luce oscura,
è il profumo caldo
dell’Assente,
tangibile, oceanico presente,
che acceca l’aurora,
struggente,
nel calice dei miei sogni.


Nell’attesa

Sorge
nel grembo della notte
l’aurora dell’anima
risvegliata dalle carezze del buio,
irrigata da intrecci d’indaco
dove il crepuscolo si smorza lento,
spargendo fra le coltri oscure
i suoi roseti di nettare purpureo
adagiato su cuori di pesca
e teneri veli d’alba,
alba attesa
ma non ora
mentre stringo tra le braccia
l’Essenza
tangibile nel crepitare notturno
della fiamma poetica
che si esala.


Altalena (ricordo d’infanzia)

Frammenti di luce
su questo legno
intarsiato di voci,
come le nuvole cangianti
sulle mie iridi
in volo,
stringendo tra le mani
ciocche ruvide
legate al ramo…

Mi ferì quel giorno
nel palmo
non l’increspatura scarlatta
ma quel tratto di linea
della vita
che dovevo salutare.


Voce notturna

Finalmente nel buio
l’anima si apre,
fresca corolla d’ebano
raccoglie l’oscurità,
ascolta le fiabe delle stelle,
si nutre di luce abissale,
spia le orme blu del cielo…

Si è persa,
la mia anima,
tra le spume silenti del cuore,
un diadema di lacrime sul capo,
nelle tasche frammenti d’eternità
incastonati nel tempo,
domanda asilo alla Notte
ricamata d’ascolto,
cerca
il proprio eco
i suoi richiami muti
tra le fragili maree,
e chiede donando
simboli all’altrove
il faro segreto
a svelare il Naufragio.


Custode dell’anima

È calore
la parola semplice
dalle tue labbra
in questo stralcio di buio,
mi stendo nella tua mano – è un nido – l’anima
la custodisci tra le dita,
la tua voce
è uno scrigno
per i miei colori,
il silenzio nel fragore,
la risposta nell’assenza,
è bello deporre
la mia fragilità
nel tuo palmo,
lasciarla correre libera
tra i suoi recinti
per non farla svanire
ma vivere
della sua luce
della forza che plasma
piano piano
nel sostegno.


Dove

Dove respira
l’esistenza vera?

Nel pensiero
su cui mi soffermo spesso,
stesa sull’amaca della fantasia
dove la Natura si fonde con l’Anima
e dipingo sogni…

Nei gesti
così naturali:
lo sguardo che emigra
la mano che plasma una reticenza
braccia legate
a nascondere l’anima…

Nelle parole
alte per impressionare,
basse per donare un segreto,
scritte per incastonare il Fiume
su carta…

Dov‘è la vita?

Forse in quel rettangolo
oltre il vetro
dove il cielo si adagia sulle case
i muri sulle grondaie
le grondaie sulle lacrime
donate alla terra…

lacrime dal cielo.


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