#365 Days Happy

di

Samira Zuabi García


Samira Zuabi García - #365 Days Happy
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
15x21 - pp. 366 - Euro 15,00
ISBN 978-88-6587-827-9

eBook: pp. 365 - Euro 8,99 -  ISBN 978-88-6587-8439

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In copertina e all’interno foto dell’autrice


“365 Days Happy” è il diario di viaggio di una donna che dopo una grande delusione si pone quotidianamente l’obiettivo di trovare il bello e il buono che alberga nelle nostre esistenze.
365 pagine che dimostrano come la felicità, più spesso di quanto si possa pensare, capita per davvero. Basta solo riconoscerla.
Un inno alla vita, nonostante le sue difficoltà.
La protagonista si racconta con una scrittura effervescente e coinvolgente, capace di espandere le sue vibranti emozioni, di rivelare le pulsioni della vita ed illuminare i profondi sentimenti delle persone che ha incontrato durante il mirabolante percorso di ricerca della felicità.
La sua Parola deflagra nelle pagine del viaggio esistenziale e coinvolge il lettore, che diventa subito un amico al quale raccontare la propria esistenza.
Vulcanica e stupendamente spontanea, Samira Zuabi García sprigiona energia positiva in ogni pagina del suo “diario” e catapulta nella dimensione luminosa del suo meraviglioso universo emozionale.


Massimo Barile


#365 Days Happy


#365 Days Happy


#Day300. 27 ottobre

Mancano 65 giorni.
Possono sembrare tanti, o forse pochi, secondo quello che aspetti o fai.
Per me, però sono ormai “il tratto finale” di un progetto di vita che riesco a portare avanti da 300 giorni.

Se mi dovessero chiedere quando di preciso ho elaborato l’idea, non saprei rispondere con totale certezza.
Ho provato più volte a pensarci, a ricordare… Ma niente. Il vuoto totale nella mia testa.
So soltanto che l’ho concepita ai Caraibi negli ultimi giorni di dicembre dello scorso anno. Ecco. Questo lo so per certo.

Sono arrivata nella Repubblica Dominicana il 28 dicembre dello scorso anno.
Un lungo viaggio pieno di lacrime e di speranze, con la memoria che vomitava ricordi di occhi a cuoricino e il cuore che invece viaggiava frantumato.
Sono arrivata la sera, lasciando dietro di me una Milano gelida, sotto la neve, silenziosa davanti alla mia partenza, ma sempre comprensiva. Ho lasciato la città dove vivo da molti anni senza dirle addio, senza nemmeno rassicurarla che sarei tornata. Sono partita con un volo di sola andata (sì, lo so, il sogno di tanti, anche il mio sogno tante volte) verso quello che sarebbe diventato il Mio Nuovo Paradiso, e Lei, la mia adorata Milano, mi ha salutata nel migliore dei modi… Con la neve che cadeva (per me)… Lei lo sa, la calma che provo quando nevica…
Dopo dieci interminabili ore di volo dove ho continuato a piangere sono atterrata a Santo Domingo e un caldo umido e appiccicoso mi ha dato il benvenuto quel tardo pomeriggio di dicembre. Poi c’è stato il viaggio della speranza per raggiungere Montellano, il paese dove la mia amica mi aspettava. Ho preso un taxi fino alla stazione di Santo Domingo e poi un autobus. Sì, ma un autobus che per quattro ore mi ha fatto morire di freddo (non capirò mai perché negli autobus debbano mettere l’aria condizionata a mille obbligandoti a infilare il maglione, che comunque non riscalda mai abbastanza) e finalmente ho ricevuto l’abbraccio che tanto attendevo…
La mia amica, Angy, con un immenso sorriso e l’entusiasmo che solo le persone latine sono capaci di mostrare sempre, mi ha condotta verso CASA.
Sono ai Caraibi! Me lo dicevo in continuazione i primi giorni, consapevole che per quanto lo ripetessi, l’effetto non sarebbe stato quello che volevo. Ero nel Paradiso, senza aspettative, senza troppi obblighi. Ma tutto intorno a me parlava della mia esistenza vuota, inutile, senza amore e senza gloria.
È piuttosto triste essere ai Caraibi a dicembre, con un sole spettacolare e delle baie pazzesche e non riuscire a godere lo spettacolo che la natura ti regala. La mia tristezza era un grandissimo fardello che portavo al mare, mentre nuotavo in acque cristalline, e nelle camminate lungo le spiagge; pure quando mangiavo con Angy e sentivo i suoi esilaranti racconti. Lo portavo anche quando provavo a muovermi al ritmo di quella musica latina che non ho mai amato e che lui sapeva ballare meglio di me…
I primi giorni nel Paradiso sono stati duri, perché mi sentivo allo stesso tempo una cretina, colpevole ed egoista per la mia incapacità di essere felice, di apprezzare ciò che mi circondava…

Come a tutti quanti sarà successo almeno una volta nella vita, mi ero mollata, giusto il mese prima, con l’uomo che pensavo fosse il mio ultimo grande amore… L’uomo con cui sognavo di invecchiare, che avevo immaginato padre dei miei figli… La fine della nostra storia era diventata per me la disgrazia più grande mai successa nella storia delle disgrazie della mia vita. Aggiungevo al vuoto della separazione la mancanza di lavoro, sempre scarso di questi tempi per la sottoscritta, libera professionista, trovandomi davanti a un cocktail d’infelicità difficile da digerire… E vomitavo lacrime a ogni passo.
Così, in quei primi giorni nella Repubblica Dominicana, gli ultimi dell’anno, ho nutrito l’idea.

“A partire dal 1° gennaio scriverò il diario/album della felicità” dissi con tono serio e determinato.
Angy mi guardò un po’ stranita. Continuai a spiegarle la mia intenzione:
“So che in questo periodo della mia vita la positività se n’è andata in vacanza e nulla sazia la mia pena. Non voglio però un giorno, in futuro, rivolgere lo sguardo al passato e non riuscire a ricordare nulla di bello di questo periodo. Non sarebbe giusto.
In questo modo, ho deciso: alla fine di ogni giorno mi fermerò a riflettere sull’intera giornata, e per tutto il nuovo anno, ogni ventiquattro ore, dovrò riuscire a trovare almeno un momento felice, divertente o di gioia. Può durare un’ora oppure cinque minuti, ma devo sentire quegli attimi felici, ogni giorno. Devo riuscire a sorridere una volta al dì.
Questo è ciò che intendo fare.
Non voglio e non scriverò le cose brutte che accadranno ogni giorno, quelle sappiamo tutti che ci sono, eccome! Voglio soltanto lasciare per iscritto le cose belle!”
spiegai alla mia amica.
“Ti dirò di più. Lo pubblicherò sul social FB, ovviamente visibile a pochi scelti con cura, e ogni giorno metterò la «foto felice» del giorno! Che te ne pare?”
Angy fu entusiasta! Mi disse che era un’ottima idea e che lei lo avrebbe letto fino alla fine.
Così ebbe inizio il mio diario “#365DaysHappy”.
Nella descrizione dell’album fotografico sul social si poteva leggere:
Ogni giorno una foto, un momento, un motivo per cui sorridere…
Poi, man mano, avrei spiegato meglio ai possibili followers1 il contenuto dell’album. L’idea che il diario racchiudeva. Anche se non mi sarei mai aspettata che tutti i prescelti mi seguissero fino alla fine…

1 Seguaci.


#Day1. 1 gennaio. Montellano. Repubblica Dominicana.

Nota per me: Il primo gennaio non è un buon giorno per iniziare nulla. Diete, lavoro, relazioni… Tutto quanto avrebbe avuto una brutta fine nel giro di poche ore.
E così anche per il mio progetto non potevo far lavorare troppo il mio unico neurone sopravvissuto.

Mi guardo intorno. Sorrido. È mezzogiorno. Siamo rientrate a casa alle sette e mezzo del mattino dopo aver festeggiato per bene il Capodanno nelle spiagge di Cabarete. Sono a letto. Angy è con me. Dorme. Il pensiero per la prima volta sorge spontaneo:
Sono ai Caraibi!
Sono grata di essere qua. Non ho nemmeno mal di testa.
Guardo Angy. Dorme come un angelo… davvero?
Angy ha un nome che non le si addice e allo stesso tempo è proprio il Suo nome. È un angelo, sì, ma un angelo dark che ascolta musica rock. Scrive poesie nere su una bibbia nera e ama trasgredire. Il suo sorriso non è ebete né da brava ragazza, ha più a che vedere con la frase “adesso ci divertiamo! Facciamo follie?” Follie di quelle ancora sane, dentro i limiti del consentito. Ha un sorriso sincero, autentico, che nasconde una vita bella ma anche tosta, fatta di conquiste e sofferenze, di frustrazioni e convinzioni… Angy è generosa nel modo in cui solo le persone che hanno davvero poco possono esserlo. Ti darebbe l’ultimo pezzo di pane, l’ultima birra… No, quella magari no! Lei si farebbe in due per coloro che considera AMICI, e la parola riempie la sua bocca quando la pronuncia, perché lei ci crede, nell’amicizia vera, genuina, senza limiti…
Fisicamente potremmo essere il giorno e la notte, noi due. E non solo perché lei è più bassa di me e ha la pelle perennemente abbronzata con quella tonalità bellissima propria dei meticci. Lei non usa quasi mai i colori nei suoi abiti; il nero o le tonalità scure la caratterizzano. Mi chiama in spagnolo princesa rosita2 perché il rosa è predominante nei miei vestiti e accessori. Eh già, siamo molto diverse, ma simili nelle nostre idee sull’amore, sulla vita, sul rispetto e sull’amicizia.

La guardo dormire. Ho avuto l’onore di incontrarla un anno e mezzo fa dall’altro lato dell’oceano, a Peschici, un paesino italiano sul Gargano, al nord della Puglia, dove entrambe lavoravamo. Io facevo la fotografa e scattavo in diversi alberghi e locali. Lei preparava i cocktails da Mario, mio dio quanto erano forti i suoi mojito! E sono riuscita a farmela alleata. Io ho avuto il privilegio di sentire le sue confessioni, i suoi pensieri, e confidarmi con lei. Angy si è trasferita nella Repubblica Dominicana un anno fa e ora sono a casa sua, a Montellano, lontana un oceano da casa mia; divido con lei un lettone che avrà cent’anni, sotto una zanzariera rosa che poco ci protegge dagli insetti che frequentano casa, e inauguro l’anno al suo fianco…
Chiudo gli occhi. Torno a dormire.
Momento felice del giorno: modalità “on” attivata! Ce l’ho fatta!

2 Principessa rosa.


#Day2. 2 gennaio. Cabarete. Repubblica Dominicana.

Angy non ama nuotare. O meglio: non ama nuotare quando il mare è mosso. “È solo acqua!”, le ho detto qualche giorno fa a Sosua, obbligandola a entrare in un mare pieno di divertentissime onde. “Salta Angy! Salta!” Alla fine, e anche se intimorita, si è lasciata andare. È solo acqua!

Io ai Caraibi ho un lavoro. Un vero lavoro. Non guadagno tanto, dato che certe cose non cambiano anche se cambio Paese, e ho un capo che sospetto sia il nipote di Hitler, ma ho un lavoro.
Faccio la fotografa per una scuola di vela. Quasi tutti i giorni dovrò andare in mare aperto in barca a fotografare i velisti che si allenano o gareggiano. Lo trovo emozionante, è un lavoro che avevo già svolto anni fa in Australia ad Hamilton Island, durante la Race Week di un lontano agosto. Ora sono la fotografa ufficiale della scuola di vela a Cabarete, e questo mi piace molto.
Oggi, sulla barca, mentre scattavo foto alle altre barche, ci è piombato addosso il Diluvio Universale!
Ho messo al riparo la macchina, non prima di aver scattato qualche foto a quel benedetto caos, rischiando di rovinarla. E dopo mi sono goduta lo spettacolo. Acqua sotto ai miei piedi e acqua sopra la mia testa. L’acqua mi entrava negli occhi e vedevo tutto blu intorno a me. Pulizia totale del corpo e della mente. La sensazione di libertà e di pace è stata unica, immensa!
Fradicia, con un sorriso a 32 denti, (nota per me: sono 32 i denti, ma inclusi anche quelli del giudizio vero?… devo cercarlo su internet) sono scesa dalla barca e sono rimasta lì, in piedi, davanti al mare, senza pensare a nulla… Non so quanto tempo io sia rimasta così immobile, so soltanto che ero in pace col mondo.

Quanto vorrei poter raccontare a lui tutto… Scoppio a piangere, e questo non è previsto nei miei giorni nel paradiso. Stop! Mi dico. Stop! Non c’è verso, a casa è diventato un mare come qualche ora fa a Cabarete. Ho allagato la camera da letto con le mie lacrime…


#Day3. 3 gennaio. Cabarete. Repubblica Dominicana.

Sono al terzo giorno e scopro che le giornate iniziano finalmente a farmi un pochino emozionare! Adesso comincio a rilassarmi… Poi mi viene anche da pensare che se lui (che ho scelto fra le persone che possono vedere l’album sul social) mi vede felice, serena, gli verrà voglia di tornare da me… Gli uomini vogliono stare con donne tranquille, mica con donne depresse! Questo mi spinge a continuare… Forzarmi a sembrare felice e serena… per lui… E sì, lo so che sono scema! Non me lo deve dire nessuno, già me lo dico io da sola.

Pensando alla mia giornata scelgo questo come mio momento felice: immaginatevi, Angy ed io che, dopo aver finito di lavorare e prima di prendere il bus verso casa, ci fermiamo in un bar vicino al lavoro. Sono le 19.30 e ordiniamo al mesero (la mesa in spagnolo è la tavola, il mesero è colui che serve ai tavoli) due deliziosi mojito alla fragola. Sentiamo la sabbia sotto ai nostri piedi nudi (perché ai Caraibi i bar sono sulla spiaggia e i tavolini sulla sabbia, e non ci servono le ciabatte) e alziamo i nostri drinks per brindare alla nostra salute. Solo questo ci basta per essere felici.
Brindiamo perché noi valiamo, perché siamo due europee meticce ai Caraibi, perché siamo al 3 di gennaio e ci sono 25 gradi, perché vogliamo vivere un sacco di emozioni o semplicemente perché sì!

Riusciamo anche a immortalare il momento sia con la Nikon sia col mio cellulare intelligente. “Grazie Angy, con te e per te inizio a sentirmi davvero a Casa qua.” Lei mi guarda. Sorride. Sa che questa volta non sto forzando nulla.


#Day4. 4 gennaio. Laguna Dudù. Repubblica Dominicana.

Angy ha due giorni off. Se lei li ha, pure io li ho! (ok, ok, c’è il trucco, entrambe lavoriamo per lo stesso nipote di Hitler).
Senza pensarci troppo e facendo solo due piccoli conti (conti che non ci tornano ma chi se ne frega: i soldi vanno spesi) abbiamo preso una macchina a noleggio e siamo partite alla scoperta del Paradiso!
Si canta in auto. Si ride. Guido sempre io. Lei non si fida di se stessa… e se lei non si fida…

Arriviamo in spiagge da sogno, come quelle del film “The Beach” dove siamo quasi sole, percorriamo stradine sterrate delimitate da centinaia di palme, ceniamo davanti al mare sorseggiando deliziosi jugos naturales3 e tutto sembra andare per il verso giusto. Le “mini-vacanze” di due giorni servono a quello, no? A staccare, a guardare tutto con occhi affamati di bellezza e di novità…
Scopro che in Repubblica Dominicana anche l’autolavaggio è una scusa per ballare bachata (giuro, la musica qua è dappertutto, senza sosta, manco la sera puoi aspettarti il silenzio) ed evitiamo di ammazzare un cane in mezzo alla strada che non si muove neanche per noia. I cani, come i dominicani, sono, come dire? Tranquilos, moooolto calmi… “Meno male che sei tu alla guida, mi dice Angy, io gli sarei passata sopra per ben due volte!”
In tutto ciò, il momento più gioioso in assoluto di oggi: il salto che ho fatto nel pomeriggio, con tanto di urlo e di braccia agitate per aria, per buttarmi nelle acque della Laguna Dudù. Un chenote, un buco d’acqua dolce e fredda in mezzo a quel che sembra il nulla, che si riempie dell’acqua dei fiumi che circolano sottoterra, in una zona protetta, circondato da grotte di stalattite a completare un paesaggio mozzafiato. Oggi, mentre saltavo e nuotavo ho provato ancora quella leggerezza, quella sensazione di libertà che non riconoscevo più da quando lui è scomparso e che inizia a farmi più bene che male. E ridacchio! Rido nervosa. Rido di gusto!

Manchi. Vorrei raccontarti tutto. Manchi. Ogni mio movimento regge ancora per il pensiero fisso, quasi morboso di tornare da te. Devo guarire. Devo dimostrare a me stessa e al mondo che posso vivere senza di te. Solo così sarai tu a tornare da me. Capirai ciò che hai perso e tornerai a riprenderti il mio cuore, che muore senza le tue mani, che è tuo. La tua lontananza duole come se mi stessero infilando un coltello in questo tuo cuore impazzito.
Ma non permetto che rovini il mio momento felice, ti dico, come se potessi ascoltarmi oltre all’oceano. Almeno un po’ alla volta ogni giorno riesco ad allontanarti dai miei pensieri… Già. Per cinque minuti al giorno riesco a non pensarti… ad essere felice… senza di te… o così mi dico… e così scrivo…

3 Succhi Naturali.


#Day5. 5 gennaio. Samanà. Repubblica Dominicana.

Voglio godermi tutto. Questo è il mio scopo ora. Ma mi sveglio e il primo pensiero sei tu. Sempre. Che noia! Vai via! Allontanati da me! Io mi sono dovuta allontanare un oceano per voltare pagina, più lontana di così… Direi che solo in Australia! Sì, ma lì Angy non c’è e io ci sono già stata. Basta! Alzati!

Fare colazione guardando il mare è un privilegio. E io di queste cose me ne intendo: sono cresciuta al mare. Anche se nata a Siviglia, capitale dell’Andalusia, ho passato i miei primi 18 anni di vita in un piccolo paesino sulla costa, nella provincia di Malaga. Dalla finestra di casa mia il mare mi salutava ogni giorno, e il suo linguaggio lo capivo meglio di tante persone.

Lascio la mia amica che dorme in camera in albergo, e alle 6.30 esco e faccio delle foto all’alba chiarissima, al mare. Incontro per strada qualche persona assonnata, che mi saluta amichevolmente. Un cane gioca da solo nei giardinetti di fronte all’oceano. Le palme, le barche, tutto sembra ancora in stato di dormiveglia. Io invece sono perfettamente sveglia, piena di energia, e scatto a destra e manca tutto intorno a me. Ho paura di dimenticare. Voglio immortalare ogni vicolo, casa, fiore, chiesa, bar.
Tanti anni fa un’amica mi disse che ogni volta che alzavo le mani e portavo la macchina fotografica all’altezza del mio viso per scattare, in automatico mi partiva un sorriso. Lei aveva capito che sorridevo senza rendermene conto. E dietro la macchina poteva sempre intravedere gli angoli delle labbra, tirati in su. Lei notò questa cosa, e mi battezzò come la fotògrafa feliz#3. Poco fa mi disponevo a scattare una vecchia signora seduta sul davanzale della propria finestra. Era molto romantica, nella sua vestaglia, capelli ancora scompigliati, occhi gonfi, guardando il sole appena spuntato. Ho fatto quel gesto involontario e lei, volendo ricambiare, mi ha sorriso beata. Trovo quella foto meravigliosa.
Rientro in albergo dopo un’oretta, la mia compagna dorme ancora. La sveglio, su, su! Che la giornata ci attende luminosa! Facciamo colazione guardando l’orizzonte marino e poi andiamo alla cascata Salto del Limon.
Contrattiamo l’escursione a cavallo fino alla Cascata. Dovete sapere che in Repubblica Dominicana, un po’ come nei paesi arabi, tutto va contrattato e non si deve accettare mai il primo prezzo offerto, di default. A prezzo definito (in verità noi due non siamo grandi mercanti e abbiamo quasi accettato subito tutto), salgo sul mio puledro Chiquito. Quaranta minuti di andata, per arrivare al Salto, quaranta minuti di ritorno, immersa nei miei pensieri. Nessuno mi parla. Con nessuno parlo io. Come se non capissi la lingua. Angy cavalca la sua bestia davanti a me. Io mi sono persa…
Nel pomeriggio e seguendo una segnaletica per niente chiara arriviamo in quella che potrebbe essere la spiaggia dove finisce il mondo. Corre molto vento, il mare è agitatissimo, sulla sabbia si concentrano centinaia e migliaia di foglie secche e rami caduti dagli alberi circostanti. Il colore dell’aria è grigiastro e non si percepisce l’orizzonte. In quella cornice la mia amica riesce a tirare fuori la parte più osé di me e ci ritroviamo a nuotare nude e a correre in riva al mare come Dio ci fece nascere, scattando delle foto che non mostreremo mai a nessuno, sotto promessa.
Di rientro sempre lei mi permette di cantare (con la mia voce di Manolo il camionista4) canzoni del passato che rubano sorrisi e fanno venire i brividi. Perché alla radio, uno dopo l’altro, partono prima Alejandro Sanz, poi Shakira, gli unici cantanti ispanici che adoro, io che ascolto sempre rock, e sembra che l’abbiano fatto apposta per noi. E sento perenne quella risatina nervosa che oggi mi fa eco e non va via.
Ci fermiamo in mezzo alla strada, perché ormai questa pazza qua mi asseconda in tutte le mie folli idee e in piedi sul tetto della macchina fotografo un paesaggio mozzafiato: un mare di palme ci circonda in un orizzonte senza fine… Mi raccomando, amici, fate ciò che dico, ma mai ciò che faccio… o vi ritroverete sul tetto della vostra Jeep a sognare…

Ma resta nella mia memoria senza tempo la magia del momento in cui al mattino mi sono tuffata nelle fredde acque della Cascata del Limone. È stato mistico! Facevo fatica a nuotare, non perché non fossi capace, ma perché l’acqua non era tanto profonda e rischiavo di tirare un calcio a una roccia. Di certo la roccia non si lamenterebbe, ma il mio piedino… Arrivata nella grotta che c’è sotto la cascata dove Angy mi aspettava da un po’, non riuscivo a parlare. Non ci sono parole per ringraziare Lei, che mi ci ha portata, la Natura che ci circonda, Dio, la Vita… Mi sentivo fortunata e benedetta in quella grotta d’acqua tiepida in contrasto con l’acqua fredda fuori, e potevo rilassarmi…
Realizzo che non posso chiedere altro, non oggi.

4 Chiedo scusa a tutti i camionisti, ma la mia voce, rauca, aspra, è più idonea per un uomo che non per la sottoscritta, e quando canto (perché comunque canto, a discapito di chi mi sta vicino) somiglio davvero ad un uomo afono (e magari anche ubriaco, altrimenti non canterebbe). Da anni, appunto, mi sono auto-definita Manolo il camionista anche se a volte penso che addirittura lui, Manolo, canterebbe meglio di me. Il primo passo è riconoscerlo, no? Detto ciò, piacere di conoscervi, sono io, alias Manolo.


#Day6. 6 gennaio. Cabarete. Repubblica Dominicana.

Ti ho sognato. Mi sono svegliata e quasi potevo ancora sentirti respirare al mio fianco. Anche se non era il tuo respiro ma quello di Angy che ancora dormiva. Nel sogno mi amavi. Ti mancavo. E ci univamo in un profondo abbraccio pieno di passione… Mi sono alzata canticchiando, facendo finta che tutto fosse accaduto per davvero… E sembra che ormai non mi faccia male… Sembra… Ma non ci sei, e devo accettare che non ci sarai. Torna il buio. Torna la realtà. Mi alzo, vado a fare una doccia per togliere via il tuo odore dalla mia pelle… Anche se il tuo odore c’è soltanto nella mia testa malata.

[continua]


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