Intermezzi comunque archiviati

di

Salvatore Scollo


Salvatore Scollo - Intermezzi comunque archiviati
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
14x20,5 - pp. 64 - Euro 7,00
ISBN 978-88-6037-9221

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Pubblicazione realizzata con il contributo de Il Club degli autori per il conseguimento del 1° posto
nel concorso letterario “Il Club dei poeti 2009” – sez. poesia


Prefazione

Ho conosciuto Salvatore Scollo in occasione di un laboratorio di scrittura poetica da me condotto, eterogeneo per la composizione e le esperienze di coloro che vi partecipavano, uniti però tutti dal comune amore per la Poesia: Salvatore, fra i partecipanti, era senza dubbio la persona dotata di maggiore esperienza. Eppure, da subito, mi colpì l’atteggiamento estremamente propositivo col quale egli si porgeva, desideroso di confrontarsi con gli altri e realmente disposto a mettersi in gioco, capace di riconoscere l’altrui talento e, addirittura, a fare una sincera professione di umiltà.
Ed è questa stessa umiltà che si ritrova al fondo delle sue poesie, che non intendono mai ergersi a proclami, ma semplicemente suggerire, attraverso una rappresentazione del quotidiano e uno sguardo spesso ironico, sebbene talora velato di mestizia, spunti di riflessione in cui ciascuno possa ritrovarsi. Del resto, un vero e proprio manifesto poetico si rinviene chiaramente in Poesia ermetica, in cui l’autore prende decisamente distanza dalla poesia che A forza di limare i versi/gravandoli di più di un senso […] fa “perdere il filo”, dando però agio agli esegeti/di scavare sabbia nel mare fondo/scoprendo valori ignoti all’autore.
Tutto ciò a Salvatore Scollo non interessa, poiché franco è il suo rapporto col lettore, e diretto il modo in cui egli intende offrirsi, a costo di utilizzare un linguaggio a volte anche “forte” o immagini esplicite che non risparmiano alcun tema, dalla sessualità alla religione alla morte, talvolta addirittura mescolati tra loro (Ci avete mai pensato?; Revisionismo storico (I), sociale (II) e coniugale (III)). Il tutto, però, trova il proprio riscatto nello sguardo mai giudicante né sprezzante ma, al contrario, profondamente umano e compartecipe dell’autore, che attraverso un uso sapientemente dosato dell’ironia esprime non solo la propria coscienza critica, ma anche la propria condizione, paradigmatica, di uomo intrappolato nelle maglie del quotidiano e che tuttavia aspira a elevarsi ad orizzonti ben più ampi. E questo riscatto, faticoso, è proprio dato dalla poesia, anzi: dalla Poesia, che tuttavia deve lottare continuamente per trovare il proprio spazio e la propria dignità d’esistere, minacciata com’è, appunto, dalle incombenze e dalle necessità pratiche. Si veda ad es., a questo proposito, Deliquio con ripensamento, dedicata a noi impegnati a scrivere versi, ironico contraltare della Poesia ermetica di cui si diceva prima: occorre interrompere ogni riflessione poiché suona imperiosa alla porta di casa/la colf con l’occorrente per la pulizia […] La vita andrebbe meditata, è vero/ma muoversi su pavimenti lucidi/scusate la franchezza, è altra cosa.
Ma se è vero che la minaccia del (fin troppo) reale sull’Ideale è costantemente avvertita, è altrettanto vero che proprio la realtà, con le sue mille sfaccettature, offre a Salvatore Scollo la possibilità di rintracciare nella banalità di gesti e contesti ordinari (e alla Vita ordinaria è dedicata una sua poesia) la fonte più fertile della sua ispirazione: in questo senso la sua poesia viene ad innestarsi a pieno titolo nel filone di quella dei Crepuscolari, primo fra tutti Guido Gozzano, nonché a richiamarsi a precedenti illustri come Giovanni Pascoli. Non è forse tutta pascoliana la capacità del poeta di posare lo sguardo sulle cose semplici, svelandovi aspetti e significati nascosti se non, addirittura, vere metafore dell’esistenza? E poiché il poeta è in grado di guardare alle cose comuni con sguardo originale, personificandole o trasfigurandole, ecco allora che è possibile fare poesia con un Calendario, o con una foglia secca calpestata dai passanti, che riceve la pietà dell’autore, dato che Nessuno piange una vita/posata leggera, senza rumore.
Sì: il quotidiano è la materia grezza su cui Salvatore Scollo modella la propria poesia, ma è proprio grazie al quotidiano che riesce a sorprenderci, a farci (amaramente) sorridere e riflettere sugli affanni e le umane debolezze, come accade, ad es. in Marcetta verso il Natale. In questo modo ciascuno può ritrovare un pezzetto di sé e della propria vita tra i versi dell’autore, che come si diceva non nasconde mai la fatica della sua poesia a farsi strada tra le incombenze di ogni giorno, ma rivendica quasi orgogliosamente la consapevolezza della propria dignità di Uomo ancor prima che di Poeta, fiducioso che L’ispirazione c’è e tornerà/ quando finirà la sarabanda, e che saprà tradurla nei modi solo apparentemente semplici che gli sono più congeniali.
Apparentemente, poiché egli è poeta capace di costruzioni raffinate (basti leggere Di sottecchi), di metafore sorprendenti e davvero inusuali (si veda, ad es., Lavori in economia), nonché, naturalmente, di giocare con la metrica e le diverse forme poetiche: lo dimostrano molto bene le Divagazioni in rime, pedinando Toti Scialoja e il delizioso, Mia vita in-compres(s)a, ironico gioco di parole che prende a prestito la forma dell’haiku.
Ma alla complessità intesa come artificio, o mero esercizio retorico fine a se stesso, all’oscurità voluta dai “poeti ermetici” e da quanti credono che fare poesia significhi confondere il lettore obbligandolo a forzate speculazioni intellettuali, Salvatore Scollo rinuncia volutamente, scegliendo una poesia che fa dell’immediatezza la sua vera forza e che tuttavia è capace di assurgere, pur partendo da osservazioni immediate e da scorci di vita reale, ad autentica meditazione filosofica (si legga, ad es., Tenersi informato) e a critica sociale (come in Riflessione ponderata).
Ma ora è tempo di lasciare a chi legge il piacere di farsi guidare dai versi in un viaggio attraverso questi Intermezzi comunque archiviati: un viaggio che farà riflettere, sorridere, sorprendendo. L’amarezza di molte riflessioni è uno scotto da pagare per chi, come l’autore, sceglierà di non essere uno dei tanti/che ha smesso di cercare: ed è proprio grazie a questa continua ricerca, a questa non-rinuncia a guardare oltre alle convenzioni e a ribellarsi al vuoto formalismo che vorrebbe sostanziare perfino i rapporti umani, depauperando ogni ideale, che il poeta (e uomo) viene a rappresentare in poesia l’equivalente di ciò che autori come Svevo e Joyce hanno fatto in prosa: la vicenda di un moderno, tragico (anti)eroe.

Valentina Giannini


Intermezzi comunque archiviati


A mio figlio Daniele


La memoria ha stanze immense
camere colme di specchi
polvere impraticabile. Invece
l’attualità è intermittente
come un’immagine rotta.

Alberto Pellegatta


PRECAUZIONI

I
Il baccalare sa come incantare
piazzato al centro del carrobbio
sgranando a mo’ di rosario
termini arditi mai prima uditi:
Amore, Destino, Morale, Patria…
inducendo a una mite confidenza

mentre la musichetta di sottofondo
esalta il grugare dei piccioni
il borbottio dei tubi di scappamento
il formicolio delle mani
il ronzio d’insetti vari
l’arpeggio del contrabbasso.

Tutto per respingere l’idea della morte.

II
Ho stipato all’inverosimile il guardaroba
ché la Morte non mi colga impreparato:
quando verrà il momento
mi suggerirà che abito indossare.


PARVENZE D’AMORE

Pure se la spia non si accende
come nell’auto senza benzina
e i copertoni non sfrigolano
come quando sono bucati
avverto che qualcosa non va
nel mio dirigermi verso di te
come fosse l’amore evaporato.
O scoppiato.

*
Stando accanto la notte
la sveglia e l’orologio
in camera da letto
colpiti da passione
– sincroni nel muoversi –
compirono il misfatto.
Non li tradì il sibilo
del grido di piacere
ma l’età di lei che
di colpo cessò di battere.
Riporla nel cassetto
significò dimenticarla.
Mentre l’orologio – puttaniere! –
rapido trovò consolazione
unendosi stretto sotto la coperta
al polso caldo della sua padrona.

*
Suscita interesse lo scontrino
fuoriuscendo dalla cassa, si protende
interamente verso il mio corpo
come avesse desiderio d’abbracciarmi.
Ma la sua premura è motivata
da un inganno: presenta il conto,
mentre la padrona osserva torva
il mio non mettere mano alla tasca,
l’incredulo stupore sulla faccia.

*
Senza usare precauzioni
– né affettuosi preliminari –
eccitato dal lascivo martello
il chiodo si spinse sino in fondo;
scaglie d’intonaco caddero a terra,
segno della perduta verginità.


VESTITO DA CERIMONIA

Provo a girarmi di sbieco
ma è sempre l’immagine mia
che il camerino riflette,
circondato da specchi lucenti.
Ho addosso un abito nuovo
e dovrei piacermi, almeno provarci.

Mi porto lesto alla cassa e saldo,
mi basta che la commessa sorrida.
Penso, le aumenteranno la paga;
qualcuno, almeno, è rimasto contento.


LAVORI IN ECONOMIA

Nero bitume asfaltato
come abito a lutto –
schizza il pietrisco sfiorato
dal passo di auto, lacrime nere
che piangono un viale
dalle buche coperte.


PORTIERE

Non è di notte, non stiamo in albergo.
Vive le ore diurne della giornata
dietro il vetro di uno stanzino
saluta e risponde educato
divide la posta e la pubblicità.

Gentile spiega dove sta il medico
offre dolcetti ai figli del condominio.
È vedovo e senza compagna
non parla né litiga, o spettegola.
In breve, non lo consideriamo.

Forse non ama.
O siamo noi che non l’amiamo.


IL FIGLIO

Sceglie la ghiaia sulla spiaggia
che serve a rinforzare il castello
sa come muoversi nel mare
senza genitori a spruzzargli
di continuo acqua sul capo.

Gioca con tutti nel cortile
non tiene il quaderno delle colpe
sfiora gli altri senza malizia
si tocca senza turbamenti, sconosce
la condanna del peccato sessuale.

Schiaccia le formiche, non usa lo spray,
appare vero attore di successo
imprendibile nel nascondimento
quando c’è da uscire tutti assieme
con la premura che angoscia a mille.

Non gl’importa vestirsi ammodo
vorrebbe fermarsi nel suo gioco
evitare d’essere preso a forza
sbattuto in macchina (pure di dietro!).
Il figlio attende a un mondo altro.

Se il negozio è chiuso, poco importa
ha fretta di correre ai giardini
lì il suo regno, la siepe difesa
la fontana piscina, il prato letto.
Nei fatti or ora narrati nei dettagli

egli non può disporre, non ha l’età
non ha studiato, manca d’esperienza.
In cuor suo, ma non lo esprime,
spera di essere – da grande – altro.
In ciò eguale ai genitori, da bambini.


AUTUNNO

Quando piove, nella via dove abito
s’addensa una fiumana ai lati –
i pedoni che a balzi la traversano
spiccano voli come in una danza
e le auto che passano veloci
li incorniciano con giochi d’acqua –

entusiasti noi dietro le finestre.
I ballerini, sulla riva opposta,
nemmeno attendono gli applausi:
cercano solo un riparo
per l’abito da scena decisamente
rovinato.


AL RISVEGLIO

Al tuo risveglio
dopo un distensivo sonno
se non ti sovverrai di me
e guarderai soltanto al sole
che illumina la stanza,
andando poi a far spesa
per mezzogiorno,
senza pensare a me che t’attendo,
allora, dolcezza mia,
hai realmente colto qual è la via:
attesa di nuovi accadimenti
distacco dai trascorsi allettamenti.


DOMANDA E RISPOSTA

Dammi un parere, Padre:
che il mondo si converta,
pur col sacrificio, c’è speranza?

Fai come ti pare, Figlio:
ma io metto le mani avanti,
fra noi un illuso basta e avanza.

Lo Spirito curioso ascoltava
e non diceva con chi stava.


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