Teatro e poesia

di

Roberto Calò


Roberto Calò - Teatro e poesia
Collana "I Gelsi" - I libri di Poesia e Narrativa
14x20,5 - pp. 126 - Euro 11,00
ISBN 978-8831336543

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In copertina: «Mind Painting Background» @ agsandrewe – stock.adobe.com


PREFAZIONE

Questo libro ha un valore speciale per me, perché, anche se mi sono cimentato in passato con l’invenzione di alcune commedie, è adesso la prima volta che pubblico insieme alle mie poesie, una se pur breve, produzione teatrale.
“Stazione”, è una mia composizione in cui si vive il dramma dei migranti che devono scegliere se partire o rimanere nella loro terra. Qui ho fatto parlare varie persone di diversa età e sesso, dando loro parole trovate non solo nella mia fantasia o creatività, ma in un “mettersi nei panni dell’altro”.
“Tre ore su un’isola”, invece, è una commedia singolarmente misteriosa dove l’irreale assume una forma concreta grazie ad un miracolo. Tra tutti i personaggi presenti qui, mi è più cara la figura di Amir, che con una vena d’ironia amara, fa del dolore la sua ragione di vita. Vita che per lui non vale niente.
Riguardo alla poesia, ho suddiviso l’intera raccolta in due parti. La ragione è che tra la prima e la seconda parte, anche se vicine nel tempo, vi è una differenza spontaneamente voluta, dove il messaggio poetico assume maggiore rilievo in quest’ultima.
La sezione di poesia fa dell’introspezione, un faro per i lettori che possono vedere chiaramente un pezzo di loro stessi. Mi piace definirla “Poesia utile”.

Roberto Calò


Teatro e poesia


“Il primo dovere di un uomo è essere se stesso”.

Henrik Ibsen

“Il vero spirito di rivolta consiste nell’esigere la felicità qui, in questa vita”.

Henrik Ibsen


STAZIONE

Racconto teatrale ispirato dai dipinti “Stato d’animo I. Quelli che restano” e “Stato d’animo II. Quelli che vanno” di Umberto Boccioni

Un enorme lembo di terra devastata dalla miseria e dalla guerra, che s’affacciava sul mare, era diventata una gigantesca stazione dove la gente sceglieva il suo destino. Restare o partire? Questa era una scelta che faceva appello all’ultimo coraggio nell’una e nell’altra soluzione. Migliaia e migliaia di persone di tutte le età, erano ferme quasi ammucchiate le une sulle altre in attesa di decidere. Qui regnava una vita immobile molto simile alla morte di cui era pregna la psiche. Il futuro valeva molto meno di una moneta a due facce da gettare in aria per farla cadere sul palmo della mano. La percentuale di previsione e aspettativa, era affidata a una casualità feroce. In questa stazione marina, dove il buio e il freddo della sera stringevano a doppio laccio le anime che tutt’uno col corpo sembravano statue di gesso, si compiva l’ultima volontà, l’ultima voce di un cuore aritmicamente vivo. E su quest’ombra di figure sbiadite e vaghe, d’improvviso cadde un gelido segnale da un megafono dal suono cupo e dall’interrogativo infernale che disse: “Parlino solo coloro che vogliono restare”. Così s’aprì la scena.

Primo uomo: Temo il mare più di questa terra insanguinata. So che domani forse non ci sarò più, ma almeno sarò asciutto. Mi farò talpa e scaverò un buco cercando di sopravvivere. L’acqua non dà questa possibilità. Le onde sono le più maligne puttane che il dio del mare ci offre per annegare sotto i loro corpi liquidi, che ci posseggono con spaventosa violenza. Qui c’è la mia patria e non la tradisco per far parte di un’orgia animalesca. Il mio spirito mi dice di restare. Ho forza e coraggio, ma soprattutto dignità. Non mi lascio irretire da un’illusione o da una speranza appesa come una rete da pesca di uomini a cui io non interesso. Ho valore e senso solo nella mia terra. Il mondo al di là di questo mare, non è fratello, sebbene abbiamo lo stesso sangue. Giuda non ha smesso mai di baciare. Quindi non salgo su questa barca solo per cambiare condanna.

Prima donna: Avevo un marito e tre figli. La guerra li ha divorati. Io non avrei niente da perdere attraversando l’ignoto. E invece qui ho tutto: le tombe della mia famiglia. Vale più un fiore per loro che un tozzo di pane per me. Continuare a vivere? No, grazie!

[continua]


Poesie


ANIMA

Anima,
che misteriosa cosa
incorporea sei.
Altri ti chiamano fascino.
Se solo mostrassi il tuo viso
eviteresti le delusioni d’amore
giacché di te si innamora
l’uomo e la donna
prima ancora del visibile.
Renderesti tutto più facile.
I pugni della vita sono forti
ma quelli dell’amore,
molto di più.


TI DIMENTICO

Ti voglio buttare dalla scala
della mia memoria.
Adesso sento venirmi il coraggio!


STRANA NOTTE*

Una mossa di vento,
dieci secondi di pioggia
e qualche grammo di luce
vagante nel buio
un po’ qua, un po’ là.
Rientro in casa
e non rimugino.


INTELLETTO

Nella camera dei pensieri
ognuno è se stesso
come in nessun altro luogo.
Qui, solo qui,
la persona depone la maschera
e lo spirito che la parola emana,
fa grande o meschina la sua opera.


FUTURO

Al di là di quest’istante,
tutto può accadere.
Certa è l’incertezza,
ma le mani intrecciate
in un pensiero divino,
possono ricevere qualcosa
senza avviso del tempo.


DOLORE

Fu gioia all’inizio.
Sensi di primavera
schiusi in un gioco
di colori allegri.
Poi al cambiar di stagione,
con il sole che ti volge le spalle
e ti lascia solo nel freddo,
una lastra di dolore
irrigidisce la tua radice
e l’età si spezza.


TALENTO

All’inizio è il gioco.
Tutto ride intorno
e si sceglie ciò che più fa grande
la gioia interna.
Ed è qui che si scarta il dono;
un misterioso giocattolo
che vive in te e cresce con te.
Il talento è la furbizia di non perderlo mai.


L’ALTRO

L’altro non è che una stampella,
una protesi emotiva
e lui non lo sa.
Non crede nelle favole,
ma ci casca dentro.
Il bene è come l’oro
e nessuno vuole arricchire l’altro.

[continua]


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