Io scrivo così - Teatro

di

Roberto Calò


Roberto Calò - Io scrivo così - Teatro
Collana "Gli Abeti" - I testi teatrali
14x20,5 - pp. 236 - Euro 14,50
ISBN 979-1259510761

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In copertina: «Abstract Light Effect Element Design on Black Background» © the7dew – stock.adobe.com


Introduzione

In questo libro, metto per la prima volta un lavoro interamente teatrale. Un genere che mi ha sempre accattivato perché preferisco il discorso diretto a quello indiretto. Nel passato, ho anche usato questo linguaggio da commedia, ma con poche e acerbe opere. Qui propongo la lettura di cinque commedie che, a dire il vero, non pensavo di poter scrivere.
La prima, mi è venuta in mente dopo aver letto Agatha Christie e Oriana Fallaci che, insieme a Shakespeare (Autore che conoscevo già bene), mi hanno dato l’input per concepire uno sguardo nel profondo dell’animo umano con l’intervento di Omero e la presenza di Poseidone, il dio del mare.
La seconda, invece, è quella che più mi ha trasportato in un felice dialogo tra altri tre geni non della letteratura, questa volta, ma della comicità, della musica e della scienza. Insieme a questi tre, vi è un individuo comune che sorprenderà per la sua partecipazione. Questa commedia offre una certa quantità e qualità di riflessioni espresse in un intreccio semplice.
Per “Ring”, la terza commedia, ho usato un linguaggio veloce e crudo. Parla di uno sfogo vendicativo di una donna, dopo un tradimento. I protagonisti sono due coniugi che ho ambientato metaforicamente in un ring pugilistico, dove si scatenano con duri colpi di battute. È la donna, la più agguerrita e, con l’uso di alcune parole forti e argomenti destabilizzanti, rende frizzante e divertente un tema mai demodé.
“Talk show”, è la quarta commedia. Qui, il presentatore propone come argomento di discussione, la crisi. Ogni ospite, in base al proprio mestiere e al proprio sentire, offre contributi interessanti con punte di ironia, ma anche di ragione e avvedutezza. Attrae particolarmente, la mescolanza delle professioni dei personaggi.
Infine, “Ma che cazzo di sogno!” chiude il libro. Qua ho realizzato il mio sogno. Quello di dare vita con la mia “penna”, a numerosissimi personaggi di fumetti che ho seguito nell’infanzia. Da Topolino a Paperino, da Braccio di Ferro a Dylan Dog, da Zagor a Diabolik e moltissimi altri. Ho provato molto piacere nel rispolverare i miei ricordi, e nell’interpretare tutti i compagni dei miei lontani inizi di vita.

27/04/2021

Roberto Calò


Io scrivo così - Teatro


IL GUARDIANO DEL MARE

Personaggi:

  • Poseidone
  • Omero
  • Stella William
  • Stella Agatha
  • Stella Oriana

Il mondo psichico collettivo, è come una distesa di mare infinita con le sue profondità, le sue superfici, le sue quieti, le sue onde, tempeste, vortici e maremoti. Nella narrazione in atto, ambientata nel Ventunesimo secolo, Poseidone è il dio creatore di questo mondo ma, operoso com’è, ha chiamato Omero come guardiano del mare. Il suo compito è di non togliere mai il suo occhio dalle regioni fluide dove tutto si mischia: logica, pensieri, emozioni, sentimenti, peccati, purezze che sfociano nei fatti dove Poseidone li separa e li valuta secondo la verità di cui lui solo dispone in senso assoluto. Omero è il faro, ma interloquirà con tre grandi stelle che dall’alto notturno, segnaleranno i punti più oscuri. E sono William, Agatha e Oriana. In una notte senza sonno, brulicante di sogni vivi e svegli, Poseidone tuona: Omero, ora è il momento di guadagnare il tempo perduto. Osserva con lo sguardo che ti ho dato, tutto quel che accade in modo che il tuo occhio mi faccia vedere da vicino cos’è che devo fare una volta per tutte. Se il mio giudizio non basterà, allora sarà un diluvio universale fatto di fuoco per bruciare tutto quel che è rovina in mare così come in Cielo, giacché troppe anime truci vive e non vive, sollevano troppi spiriti maligni che non riesco più a controllare. E tu sai che ciò che è terreno viene corrotto proprio da questi, e io, dio dell’acqua che è vita, non posso più tollerare l’avanzare della morte che falcia l’innocenza.

Omero: Mio Signore, io vedo tutto e non sono affatto tranquillo. Sono il guardiano ma non mi basta il mio occhio per seguire tutte le trame del sentire umano.
Poseidone: Com’è il mare oggi?
Omero: Molto mosso, Signore. Conosco le ragioni, ma non tutte.
Poseidone: Hai l’aiuto di tre stelle che guardano in tre punti differenti. Interrogale. Sono molto potenti e insieme potrete illuminarmi la ragione. Io sono un dio, ma per essere onnipotente, devo sapere bene le cose. Con te c’è la stella William che indaga tutti i sentimenti. Poi Agatha, che ha la piena conoscenza del crimine. Infine Oriana, che fa luce sulla guerra e sulla ribellione. Ma tu Omero devi dirigere secondo il tuo metodo, la vista universale. È a te che chiederò, è di te che mi fiderò. Tu, che in Odissea hai creato il viaggio e hai fatto vincere la giustizia dopo il tormento, lo stordimento e l’inganno, tu che del coraggio hai fatto massima virtù, tu, padre della passione, hai da me il massimo ruolo.
Omero: Ti ringrazio. Saprò trarre buon pensiero dalle mie stelle guida, che in altri campi hanno sondato i fondi e che ben conoscono le tempeste e l’irrequieto andare avanti e indietro del bene e del male.
Poseidone: Bene. Tu sei il cuore e io t’ascolto. Io, dio del mare, userò la mia forza per governare come in principio doveva essere, un equilibrio perenne. Ci saranno onde gigantesche e maremoti, ma solo secondo Natura, e io farò selezione in modo che la ragione sia visibile nelle sue costruzioni. Ora fai quello che devi fare: guarda, interroga! Io sono nelle tue mani.
Poseidone esce di scena e Omero inizia a parlare con le stelle.
Omero: William, cosa è che si muove ora nell’intimo materno che pare divorare i suoi stessi figli?
William: Si muovono allo stesso tempo invidia, gelosia e perfidia. Ma quel che chiami materno, è un errore. Non è senno di madre quel che agisce, bensì arte matrigna priva d’ogni scrupolo, che segue ogni passo di chi mai nel suo grembo vi è stato, ma vi è prigioniero per menzogna e mai ne è uscito libero giacché chi veramente partorì, estranea e invisibile è alla sua creatura. La matrigna muove accuse d’odio verso chi è sua vittima, per completare ciò che ha costruito: una torre altissima dove sono prigionieri gli organi che la tengono in vita. Cuori, polmoni e tutto il sentire vitale dell’altro, son fatti schiavi e costretti a rinunciare a sé. E ogni sua ribellione è segno di offesa, di peccato nei suoi confronti. Ecco, di cos’è capace una donna fatta per essere una meretrice. Non mette al mondo nessuno se non se stessa. Lei è il centro e prende tutto da ciò che le ruota intorno. Sempre! Finché con la morte non s’alzerà come edera, per stringere la sua memoria terrena a nuovi patti che nasceranno.
Omero: Perché invidia e gelosia agiscono in una matrigna?
William: Per un assoluto senso di possesso. E la cosa posseduta, se pur di grande valore, non solo viene tenuta sotto chiave, ma viene usata per fini utilitaristici per i quali viene esclusa ogni sua possibilità di individualità libera. E ti dirò di più, Omero. Questi sentimenti caratterizzanti una cattiveria non manifestata al mondo, nascondono sempre un segreto. Una matrigna si finge madre fin quando può. Rivendica il suo ruolo legalmente riconosciuto, cosicché ogni suo vile atto è giustificato dall’irrequietezza emotiva di chi, pur chiamandola mamma, la sente estranea. E i segreti sono così densi di buio, che a metterci la testa, manca l’aria per respirare. Sono buchi sotterranei tortuosi scavati apposta per non farsi inseguire dalla verità. E se pur questa viene smascherata, il rischio cade sulla prole imprigionata nella torre fiabesca di cui ti parlavo prima. Più l’inganno è duro, più è feroce la sua difesa. Ed è più ben fatto un segreto, quante più sono le persone che lo conoscono e lo mantengono, perché così è molto più facile sviare sospetti e ogni intenzione di risalire al passato. Un segreto è un patto. Un patto per tenere in vita chi si odia, ma anche chi si ama. Chi odia, ha il coltello dalla parte del manico, e chi ama, attende il momento per disarmarlo. Ma nel frattempo muore gente, muoiono i testimoni. E se scompaiono tutti quelli che tra mille lacrime aspettavano il favore del destino, chi ha sempre odiato, festeggia con il funerale dell’innocenza, della purezza maledetta. Non sono pochi questi casi. Ecco perché ogni bimbo per diventare uomo, deve uscire dalla favola. E per farlo, deve crescere. E per crescere ha bisogno di cibo commestibile per corpo e spirito. Una vita ha senso solo se si esprime nella conoscenza e nella libertà. Libertà che deve tenere conto però, delle responsabilità civili e penali.
Omero: Quindi ciò di cui sono guardiano ha bisogno di maggiore giustizia.
William: Sì, Omero. Ma questa viene molto spesso raggirata. Interroga subito la stella Agatha. Lei può meglio di me, dirti com’è complicata la dinamica di un delitto, qualunque esso sia.
Omero: Bene William, ci sentiremo ancora. Omero indirizza lo sguardo su Agatha, e le dice: Agatha, tu che scruti ogni piccolo dettaglio della mentalità omicida, cos’è che spinge un uomo o una donna ad uccidere? Lo voglio sapere, perché il delitto versa sangue nelle pure acque della vita, e non c’è morte che offenda questa, più dell’atto volontario della sua fine da parte dell’uomo, che è esso stesso creatura di vita.
Agatha: Faccio una premessa, mio buon Omero, sulla tua ultima frase. È vero che l’uomo è creatura di vita, ma l’uomo malvagio, pur se può sembrare un ossimoro, è una creatura nata dalla morte. Ma non tutti gli assassini sono totalmente malvagi, comunque sempre pieni della più spregevole colpa. Detto questo, i motivi per cui l’uomo e la donna uccidono, sono tanti. Vendetta, collera, interesse, mestiere, calmare le acque. Questi sono i più comuni. Ma c’è un filo rosso che li collega tutti. E sai qual è? Il piacere. L’essere umano violento, ha sempre piacere nell’ammazzare. Purtroppo, mi dispiace dirlo, questo macabro gusto, è una peculiarità ereditata da quando dal preumano, è nato l’umano. Non è di questo secolo, l’omicidio, non del millennio scorso, ma di almeno un milione e mezzo di anni fa. Però, c’è un però. Oggi ci chiamiamo civili. I nostri antenati preistorici, erano poco più che bestie. Certo, erano intelligenti. Hanno scoperto il fuoco, inventato le armi per la caccia e per la guerra. Togliamo subito di mezzo la guerra che qui non ci interessa. Parliamo dei morti ammazzati al dettaglio. Ora, chi ammazza per qualunque motivo detto sopra, parlando proprio chiaro, ha poco d’umano e molto di animale. E per assassinio, non si deve intendere, quello colposo, dovuto ad uno scatto involontario. No, questo è un atto che può avere conseguenze nefaste che comunque attendono alla responsabilità dell’attore, ma non è quello che io chiamo omicidio. L’omicidio è premeditato, studiato. Soprattutto organizzato nei minimi particolari. Le prigioni sono piene di assassini. Ma quanti ce ne sono fuori che coltivano il loro piacere? Uno viene arrestato e cento sono a spasso. Ogni ora o ogni minuto. Ma adesso voglio porgere l’attenzione su un altro tipo di delitto, che non versa sangue, né necessariamente attuato con colpi mortali degli arti o con il veleno. Anche se di veleno qui voglio parlare, non mi riferisco al cianuro o ad altro, ma all’avvelenamento dell’anima. Ci sono morti che non vengono notate perché lasciano integri i corpi, ma deturpano la vita interiore. Quelle morti che bloccano la crescita soprattutto dei giovani. Anche qui c’è un piano, un lavoro ben studiato nei minimi particolari. Sono gli adulti che fanno questo lavoro. E anche se viene compiuto da ragazzi o addirittura bambini, sono loro che suggeriscono quel che devono fare per umiliare, per minare la fiducia in sé, per allontanare la felicità dagli occhi, e stendere un velo di malinconia e rendere incapace uno sguardo a rivolgersi alla bellezza. Ti parlo, Omero, dell’omicidio psicologico. Quello che spesso conduceva prima nei manicomi, e ora in interminabili cure e sofferenze per la propria immagine, marchiata col simbolo se non della follia, almeno della stranezza. Anche questo è un delitto, ma ha una particolarità molto vantaggiosa. È difficile, se non dopo molto o moltissimo tempo, trovare i colpevoli. Spesso, è il giovane problematico che si trova la colpa addossata sulle sue spalle. Si dice che… ad una certa età, alcuni ragazzi abbiano turbe psichiche. Ma come? Spontaneamente? Ma non voglio dire con ciò che la follia non esista. Eccome se esiste! Sono quelli che organizzano e preparano a tavolino i piani di morte. Quelli fisici e quelli spirituali. Sono entrambi assassini. Ma chi si avventa sulla psiche tramite la psicologia, non lascia tracce di crimine, oppure ha tutto il tempo per cancellarle. Basta saper dire ai vicini e a chi si occupa di casi specifici, le stesse cose. Basta inventare, costruire un vissuto altrui e fornire un’interpretazione volutamente falsata di atteggiamenti, maniere e abitudini. E inoltre mantenere un’espressione sicura, ora mortificata, ora esasperata. Approfittando poi dell’impossibilità della vittima di difendersi o smentire, perché ciò avviene alle sue spalle. E poi si dà più credito a chi si crede sano in virtù di un ruolo o una posizione, piuttosto a chi effettivamente mostra segni di sofferenza. E questa aumenta sempre di più in virtù del gioco che, come un nodo, impicca la verità. Un gioco che spesso si allarga nella società e fa giocare molte persone.
Omero: Sei stata molto chiara. Ma mi domando se i rei, i malvagi in entrambi i delitti, quello del corpo e quello dello spirito, non abbiano segni di riconoscimento.
Agatha: Sì, molti hanno un viso decisamente espressivo di crimini d’ogni tipo. Hanno occhi e fattezze da demonio. Ci sono pure le facce d’angelo, quelle su cui punti tutta la fiducia. Poi si scopre che quella personcina così educata, perbene, ha ucciso il demonio di prima. E magari non ammazza solo demoni, ma chiunque la ostacoli. No, è complessa, terribilmente complessa, la mentalità criminale. Una cosa è certa, però. Che anche il più abile omicida, fa almeno uno sbaglio. E la polizia deve cercare questo sbaglio. E se il colpevole ha un nome, poi si mette in mezzo l’avvocato della difesa, che smonta e rimonta e confonde. Quello dell’accusa fa il suo lavoro di nitidezza. Ma qui gioca un ruolo cruciale l’intelligenza. È lei che vince. È lei che mostra prove inconfutabili. Poi c’è il giudice. E un giudice è diverso dall’altro proprio come gli avvocati. Mi perdoni una caduta di stile, caro Omero, ma è il caso di dire che è un bel casino.
Omero: E come accade che si uccidano a vicenda migliaia e centinaia di migliaia di uomini? Che tipo di delitto è questo massacro?
Agatha: Ha un nome: guerra! Ma di questo non parlo. C’è chi lo sa fare molto bene. Oriana è a tua disposizione.
Omero: Grazie Agatha. Ritornerò da te dopo. Omero si rivolge alla terza stella e chiede: Oriana, cosa succede nel collettivo psichico che spinge alla guerra? Non più un uomo armato, ma centinaia di migliaia di persone armate che si distruggono. Quali sono i motivi principali che possano spiegare una tale follia?
Oriana: Hai detto bene, Omero. Follia. Ma questa ha un altro nome: stupidità. La guerra è stupida, ignorante, volgare, oltre che assassina. E gli stupidi, ignoranti e volgari, non sono avanzi di galera o individui insospettabili che agiscono al buio. No, sono Capi di Stato, Generali, Ministri che, distraendosi a scacchi, considerano i pezzi che cadono, dello stesso valore degli uomini. In gioco c’è il potere, la supremazia. E quindi, che siano soldati o civili, che siano donne, bambini o anziani, per loro son fatti di legno o di ceramica o di altro materiale. E se si dice loro che son fatti di carne, loro dicono: “Embè? È colpa nostra? Almeno non fanno rumore quando cadono, e non sporcano molto. Pensa se fossero di cristallo, quanta fatica a pulire”. Non dicono proprio così, ma ciò rientra nella loro considerazione della vita altrui. Questa logica è un tipo di malvagità assoluta, perché, come ho detto prima, comprende l’ignoranza. E quando uno non sa, delira. Immagina, pensa cose non reali. Questa è la follia vera. E com’è che questi individui stiano al comando di un Paese? Che abbiano il diritto di dare ordini? Chi li ha voluti come Capi? Già, chi li ha voluti? Loro stessi e basta. Creano politiche che hanno odore di formaggio dentro una trappola, e la gente, milioni di topi, ci cascano. Stanno in una gabbia, ma viene detto loro che quella è il mondo. E così, pur tra mille scomodità, mordicchiano la loro razione di vita. Miserissima, pazienza. La follia, se avesse fattezze umane, sarebbe una maga, una fattucchiera potentissima. Come la maga Circe, trasforma un uomo in un porco. Essa fa vedere ai più, cose che non esistono per rendere reale, l’irreale. La logica, diventa un elementare pallottoliere su cui fare tutti i calcoli di un bimbo terribile che è ancora nella fase psichica dell’egocentricità. Essa fa scomparire valori e dignità umane, tramite una comunicazione di massa illusionistica e li fa risorgere in una forma di civiltà fatta di nuovi grattacieli, ponti, teatri, musei e ogni altra cosa alterata, dove un enorme gregge li frequenta come un automa. Essa toglie lo spirito critico. E senza capacità critica, è difficile distinguere Hitler o altri dittatori, da un uomo di pace. I più dicono: “Però, tutto sommato sono uomini tutti e due. Uno ha i baffi, l’altro no”. Il giudizio si concentra sulla materia, sulla superficie, mentre i contenuti, che sono i semi che danno frutti e nutrimento per la felicità, restano nell’anima che non ha odore, né sapore. E così la maggior parte si nutre di sterco. Sia esso cibo, tecnologia, arte, letteratura, musica, film e ogni genere di spettacolo.
Omero: Sì, ho capito. Ma c’è amore per la guerra?
Oriana: Sì. Lo stesso amore che si ha verso una donna da riempire di botte. Amore che si chiama femminicidio. Ossia omicidio per mancanza di ubbidienza. Ma ora, questo amore per la guerra, si sta localizzando in spazi più ristretti. Le guerre mondiali, non convengono a nessuno. Gli Stati che più contano, hanno uguale potere di offesa. E se ci fosse un’inferiorità d’armi, questa sarebbe lieve, e il risultato è un grande boato di energia, che distrugge tutto e tutti. Ecco, questo è il solo deterrente. Sapere che anche i signori della guerra diventano pezzi di scacchi che cadono e non fanno rumore. Quindi pedoni, alfieri, re e regine, corrono tutti lo stesso rischio. Ma nei singoli Stati o città, è diverso. Il re può fare quel che vuole finché non subisce uno scacco matto. E perché succeda questo, ci vuole una rivoluzione popolare. Già, l’espressione sembra affascinante, accattivante, ma nei fatti, è pura macelleria. Finché il potere di pochi non diventi rappresentativo dell’intero popolo, come dopo un Papa se ne fa un altro, così dopo un dittatore, se ne fa un altro.
Omero: Quindi auspichi la Democrazia in ogni parte del mondo. Cos’è per te la democrazia?
Oriana: Certo, che la auguro ad ogni Stato del pianeta. Cos’è la Democrazia per me? È il potere di fare bene le cose partendo dalle priorità. Dai fatti più urgenti. È il potere della meritocrazia. Dare dieci a chi merita dieci, e quattro a chi merita quattro. Chi stabilisce il voto? La società, la gente che si rimpossessa del suo spirito critico e quindi dell’intelligenza. La Democrazia stessa è la forma più elevata di intelligenza se… Omero, sto parlando con il se. Perché? Mi chiedono i tuoi occhi. La politica è fatta per gente molto colta, equilibrata, educata, con un’intelligenza viva. La politica in Democrazia, è molto articolata. I poteri sono divisi. Poi c’è una maggioranza e una minoranza. Tutte queste cose, servono per collaborare, non per litigare. Quando i politici capiranno che le soluzioni per un problema devono essere quelle più sagge? E che in un ragionamento rettilineo e non contorto, le idee, pur partendo da principi e ideali diversi, convergono in punti vicini? La politica non è teatro. Non è uno spettacolo scritto da un autore. Essa è la strada. E sulla strada ci sono le case, le famiglie, le fabbriche, gli ospedali, le scuole, le università. Tutto c’è sulla strada. Poi, infine, il politico non deve farsi corrompere da poteri estranei di stampo delinquenziale organizzato. Quando la criminalità entra in politica, questa prende un altro nome: politica a contenuto criminale. Capita che questi poteri vadano a braccetto. Qualcuno potrebbe dire che una Democrazia, rappresentativa di tutto il popolo, debba rappresentare anche quello che va contro la legge. Ma la politica nasce per far rispettare la legge a tutti senza favori. Ma spesso si hanno fenomeni di clientelarismo e nepotismo, tanto per fare un esempio. Scambi di favori. Favori di cui alcuni politici, non pochi, si fanno schiavi. La politica, per far del bene a tutti, deve essere onesta. Ma non tutti i cittadini vogliono il bene. Ad esso preferiscono il male. E così si fanno rappresentare pure loro. Sembra un discorso logico, vista la stessa cittadinanza di appartenenza. Ma qui c’è un vizio di ragione. Così facendo, la delinquenza non si sconfigge mai. E, a quanto pare, sarà sempre così. A meno che in futuro non ci saranno geni disposti ad entrare nella politica, piuttosto che in altri campi come quelli scientifici e artistici. Perché dico un genio? Perché egli stesso è un miracolo, e ha molte marce in più per pensare, elaborare, progettare e prevedere. Un lavoro non facile, ma titanico. Proprio come il suo sviluppo interiore. È un’idea, ma non è detto che funzioni. Ma è un’idea!
Omero: Bene, Oriana. Mi sembra inequivocabile quello che hai detto E aggiunge alcune cose alla mia conoscenza. Ma voglio ritornare alla faccenda della guerra. Un’ultima domanda e una risposta breve ma chiara, come chiaro è il tuo intelletto. Quando una nazione dichiara guerra, o una banda di malavitosi decide di attaccare quella avversaria, che succede nel loro animo?
Oriana: C’è una paura ben governata. Non parlo di coraggio, ma di convinzione. Quando un esercito o una banda, decide di attaccare, è sicura di vincere. Altrimenti, rinuncia al suo piano di guerra. Il predatore fiuta se la sua preda è un vitello, o un leone. Non rischia se non ha la certezza a priori, della vittoria. Ma, come la Storia dimostra, la convinzione ha prodotto guerre finite male per chi credeva di avere la vittoria in pugno. Come i tedeschi di Hitler e gli americani in Vietnam.
Omero: Benissimo. Quel che hai detto, mi fa pensare molto. Ora ritorno alla stella William per percorrere altri sentieri umani. A presto, Oriana.
Omero si prende una pausa di silenzio e guarda intensamente il mare. Lo scruta, lo sorveglia, lo ascolta. Poi, si rivolge nuovamente a William.
Omero: Eccellente William, cos’è cambiato ora nei sentimenti umani, rispetto ai tuoi tempi?
William: Mi esprimerò più sobriamente di prima. Cos’è cambiato? Nulla! E non solo dai miei tempi, ma da quando esiste l’uomo La psicologia non è mai mutata. Le dinamiche e i motivi che spingono gli uomini a qualunque azione, sono ereditati dalla natura. Gli stati d’animo, le funzioni della mente, le intuizioni, sono immutabili. Ciò che cambia, è il progresso sociale. Ma attenzione. Non quello dell’uomo, ma di ciò che egli costruisce, inventa, crea. Il progresso è sviluppo e comodità atte a servire l’umanità. Esso è sete di maggiore conoscenza per produrre benessere, ma anche malessere. La scienza, è benefattrice, solo se migliora le condizioni umane in base a criteri di essenzialità e utilità. Ciò che non serve, ma viene usato anche in modo sproporzionato, è un bene illusorio che ci allontana da ciò che ha sostituito. E molto spesso accade che a far le spese delle nuove invenzioni, siano il buon senso e la genuinità. Ma io non mi occupo di scienza, e quindi ritorno nel mio campo psicologico. Al mio tempo e molto, ma molto prima, la psicologia veniva raccontata e rappresentata tramite commedie e tragedie, e i lettori o il pubblico, capivano mediante un rispecchio dei tipi principali di personalità, il proprio profondo. E così prendevano coscienza del proprio e dell’altrui moto emotivo, mentale e spirituale divenendo consapevoli di ciò che agiva in loro. Ora la psicologia viene studiata sui libri e insegnata come scienza. Ci sono gli psicologi che, dietro scrivanie assumono un tono osservante e partecipante, deciso a mostrarti in teoria, chi sei, cos’è che non va. E quindi trovare una soluzione. Sono i dottori dell’anima. Io ammiro e ringrazio infinitamente la medicina, ma solo quella che cura e guarisce, se può. E molte volte lo fa. Ha scoperto vaccini, farmaci, interventi chirurgici che hanno effettivamente realizzato migliori condizioni di vita e prolungato le aspettative di vita. Mi riferisco alla scienza medica, quella che si occupa degli organi fisici. Ma l’anima, è un’altra cosa. Non essendo materiale, la si immagina come se lo fosse. E la soggettività del metodo terapeutico, prende il sopravvento sull’oggettività del problema. Quest’ultimo, è sempre dovuto ad una perdita, ad un vuoto, ad una mancanza. Una perdita di un affetto o una mancanza di lettura di sé. E quindi ci si perde nel vuoto. Quando poi si viene inghiottiti da un vortice dell’inconscio, allora si diventa folli. Ma questo è sempre accaduto. Oggi si sta dimenticando con grande accelerazione, che la lettura di libri, l’esternazione dei contenuti morali e il rispettoso riguardo verso le simpatie, ma anche verso le antipatie se pur tenute con dovuto distacco, sono già una terapia. Adesso quando si parla di socializzare, si pensa subito ai rapporti carnali. Con chiunque, vecchi o giovani che siano. Così, socializzare diventa uno scambio di contenuti animali, a prescindere da un sentimento o un desiderio reciproco perdendo il senso della mutualità puramente affettiva. La gente fa sesso anche con chi appartiene allo stesso genere, proprio per sentirsi più intimi, proprio come fratelli e quindi pronti ad aiutarsi vicendevolmente in caso di bisogno. Proprio come alcune grandi scimmie.
Omero: Terribile! Ti voglio chiedere ora, cos’è la maturità.

[continua]


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