L’eredità aliena

di

Roberto Bugada


Roberto Bugada - L’eredità aliena
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
15x21 - pp. 188 - Euro 13,00
ISBN 978-88-6587-3960

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In copertina: universum© nicky2342 – Fotolia.com


L’eredità aliena


In ricordo di due grandi uomini:
Guido Bugada e Tiziano Corti


Prologo

Spazio profondo… Oltre l’immaginabile… In una galassia lontanissima. Negli spazi siderali più lontani, dove nessun occhio umano è mai riuscito ad arrivare, dove la radiazione luminosa verrà captata solo tra qualche migliaio d’anni, una stella verde-azzurra e due nane gialle, dal lato opposto del sistema stellare, disegnano un triangolo che ravviva questo angolo d’universo, denominato Iberna Sauri. Ci sono due pianeti diametralmente opposti, popolati da esseri pacifici e dediti al lavoro. Il primo è Agnux, composto per la maggior parte da cristalli di vari colori e acqua, tanta acqua, per quasi il 75% della superficie planetaria. Molti millenni fa le distese cristalline erani abitate; dopo una collisione con un bolide stellare, cambiò la genetica del pianeta, aumentando i cristalli in agglomerati radioattivi e rendendo praticamente invivibile la superficie, quindi gli abitanti furono costretti a trasferirsi nell’acqua. Dopo molte generazioni avvenne la trasformazione: esseri dall’aspetto umanoide col colorito della pelle leggermente bluastro, con branchie, mani e piedi palmati, totalmente anfibi.
Il secondo pianeta è Zorux, ricoperto dal ghiaccio con temperature siderali, perennemente tempestato da venti che soffiano violenti, la cui popolazione vi vive all’interno come in una grossa noce, ove la temperatura mite concede un’opportunità a tutte le forme di vita, un mondo magico ricoperto dalla scorza di ghiaccio.
Su questi due pianeti vengono estratti dei minerali e cristalli indispensabili per il funzionamento di macchinari per la produzione d’ossigeno e luce, inoltre un particolare cristallo, il Grintalliux, che serve ad alimentare i motori a curvatura delle cosmonavi per lo scambio materia/antimateria.
In questo piccolo sistema galattico, vi sono anche altri pianeti e asteroidi, alcuni abitati altri no, ma il 17° pianeta, Wordlux è spettacolarmente vivo. La sua atmosfera consente la vita: è ricco di prati, foreste, laghi, montagne e mari, l’atmosfera ha un colore roseo, e l’aria è profumata. Le tre lune che gli ruotano attorno lo rendono un posto stupendo, un’oasi di vita tra gelidi spazi e grosse stelle di ghiaccio. La sua popolazione è pacifica sebbene il livello tecnologico raggiunto sia altissimo, le industrie sono minime, questo pianeta/regno è governato da millenni da una dinastia d’esseri particolari, giunti chissà da dove e chissà da quando. Molto buoni e intelligenti, regnano con fermezza e grande giustizia tanto che gli stessi abitanti li considerano “esseri superiori”.
Nelle leggende spaziali si narra che questo pianeta, sia stato l’unico a fermare l’invasione degli Spurtz che stavano conquistando e distruggendo i sistemi stellari alla ricerca del Grintalliux e del Purpiliux blu (elemento indispensabile per la fusione a freddo), grazie al loro valorosissimo re Meganister, il quale combatté valorosamente con la sua flotta stellare fino a spingere gli Spurtz in un buco nero. Divenne un mito nelle galassie, ma nessuno sapeva con precisione dove si trovasse questo sistema stellare, mascherato benissimo tra ammassi d’asteroidi e resti di pianeti distrutti, e una gran quantità di stelle di ghiaccio. Era inagibile alle cosmonavi, solo alcune si avventuravano in queste profondità, timorose di finire il loro viaggio nei vari buchi neri che costellano questo settore della galassia.
Ballentix, attuale sovrano di Wordlux, aveva mandato navi da esplorazione in varie direzioni galattiche, perché sentiva imminente un ritorno da parte degli Spurtz. Ad insospettirlo una cosmonave molto simile al Disastik, l’ammiraglia della flotta Spurtz comandata dal sanguinario Kakkoz, un essere metà sauro e metà scarafaggio, che non esitava a distruggere pianeti per raggiungere il suo scopo: essere padrone assoluto di tutto. Le sue truppe, per la maggior parte composte da sauri carnivori, al loro passaggio lasciavano solo morte e distruzione.
Il Disastik era stato avvistato in prossimità della stella di Kol, a 23 Anni Luce da Agnux, da un trasporto granaglie diretto verso Colgus, un piccolo asteroide dedito all’industria di trasformazione degli scarti delle granaglie, un ex avamposto durante la “guerra del tempo”. Durante questo trasporto il Carrubian era stato assalito da due Tormentok (i caccia a corto raggio presenti sulle cosmonavi Spurtz), e giunto a Colgus aveva dato l’allarme di questa presenza oscura in quel quadrante spaziale.
Niente di buono si prospettava all’orizzonte. Mentre la Carrubian era ormeggiata a Colgus per effettuare lo scarico merci e le riparazioni necessarie dopo l’attacco dei Tormentok, l’asteroide venne attaccato da qualcosa di più potente dei piccoli caccia stellari: enormi boati provocarono una pioggia di fuoco con esplosioni in varie parti della stazione di scarico.
Il Comandante Minzk ordinò a tutti i componenti dell’equipaggio di risalire a bordo del Carrubian per una partenza immediata, ma nella fretta di tornare a bordo e a causa del caos nella stazione di scarico, solo metà dell’equipaggio riuscì a salire. Minzk decise di salpare cercando di salvare il salvabile, astronave compresa, appena il tempo di portarsi fuori dall’orbita e l’asteroide di Colgus andò in mille pezzi, seguito da un enorme boato. Il Carrubian spinto dall’onda d’urto dell’esplosione venne lanciato oltre la massima velocità possibile verso lo spazio esterno. Sebbene danneggiato gravemente e con l’equipaggio ridotto all’osso, raggiunse il sistema stellare Iberna Sauri; non riuscendo a manovrare correttamente a causa delle gravi avarie ai timoni direzionali, entrò in collisione con un asteroide della cintura che proteggeva Wordlux. Fortuna volle che sull’asteroide in questione vi era ancorata una navetta reale appartenente alla Principessa Andromeda, in attesa dell’arrivo dell’amica, la Principessa Xenia, proveniente da Agnux. Su questo asteroide nominato “Ketzaku”, non vi era atmosfera, ma vi si trovava una base attrezzata al rifornimento delle cosmonavi mercantili. Attirata dal boato causato dalla collisione del Carrubian con la superficie dell’asteroide, la Principessa indossò la tuta spaziale e con la sua guardia del corpo si avventurò verso il relitto in fiamme. Arrivati nelle vicinanze, videro un grande bagliore seguito da un’esplosione che ridusse in polvere il Carrubian. Disse al suo staff di cercare eventuali superstiti, ma nessuno trovò nulla, tranne un guscio di salvataggio con all’interno un droide semi distrutto; lo caricarono sulla navetta e si diressero a gran velocità verso Wordlux dove c’era un centro costruzione e riparazione droidi, il più fornito di tutto il sistema stellare. Durante il tragitto, la Principessa Andromeda informò suo padre dell’accaduto, la priorità era la lettura della memoria del droide. I tecnici si misero subito al lavoro, ma il robot era così martoriato che si salvarono solo brevi spezzoni e immagini dell’attacco, che bastarono per identificare la nave da combattimento degli Spurtz: il Disastik.
Sua Maestà Ballentis convocò d’urgenza il “Consiglio Stellare” che alla luce di questi fatti attivò i sistemi di difesa planetari e si preparò a ricomporre la flotta stellare. La guerra era all’orizzonte e sarebbe stata ancora più dura e sanguinosa perché arricchita da un’altra specie in cerca di domini stellari e potere supremo: i Sauriani, di provenienza dalle profondità galattiche, da un pianeta semidesertico denominato “Bluket 21”. Era una razza di sauropodi carnivori. Ballentis si diresse al tempio di Kornak per un consulto con i remoti. Alcune ore più tardi, il cerimoniere disse al Re che c’era una remota possibilità di vittoria, ma bisognava recarsi in un’altra galassia, molto lontana e in un tempo diverso, per cercare colui che avrebbe aiutato i Carboniani e tutte le altre forme di vita pacifica a vincere definitivamente il confronto millenario.
Attrezzata la cosmonave reale con i dati ricavati dall’interrogazione dei Remoti, Ballentis diede l’incarico alla sua diretta discendente, nonché amata figlia, la Principessa Andromeda. Nella memoria del computer della cosmonave Avensik erano racchiuse tutte le conoscenze dei Carboniani e tutte le mappe stellari, comprese le antiche mappe di viaggio attraverso i buchi neri e le loro connessioni con “universi paralleli”. La loro grandissima conoscenza era dovuta ai passaggi intergalattici con cambiamenti spazio temporali. L’Avensik era costruita con un materiale speciale biomolecolare dovuto alla trasformazione della cosmonave Borsik (durante la manovra a fionda, compiuta con un’ellisse molto stretta della Supernova Z548 a curvatura 10.4, la cosmonave costruita con una lega di Krillum e Fuxum, durante il passaggio tra le spire della Supernova), venne privata delle spigolature e la corazza a contatto con molecole sconosciute si rifuse e creò l’astronave ribattezzata Avensik.
A bordo l’equipaggio era composto prevalentemente da donne con varie mansioni, guerrieri, addetti alla guida e addetti ai servizi, per un totale di cinquanta cosmonauti. Ballentis affidò il comando della missione alla figlia Andromeda, mentre il comando dell’Avensik fu dato alla Principessa Xenia. Dopo gli ultimi saluti, ecco l’accensione dei motori, i primi antigravitazionali, per sfuggire alle braccia invisibili del Pianeta, propulsione secondaria motori al plasma di Grintallius, propulsione primaria motori a fusione di Purpillius blu, in grado di spingere la cosmonave a velocità di curvatura spazio-temporale 10.4, la nave più veloce di tutti i sistemi intergalattici, un capolavoro di scienza e ingegneria. Una componente che le altre cosmonavi non avevano, era il cervello positronico totalmente vivente. Ffacciamo qualche passo indietro per capire meglio come fosse stato possibile tutto questo. Quando la Borsik durante il suo ultimo viaggio di esplorazione tra un buco nero e l’altro venne visitata da una presenza aliena, non ostile, ma curiosa, dopo aver esplorato tutta la cosmonave e il suo equipaggio, si soffermò sul Comandante Zamorian, un umanoide del 12° Pianeta Grugnus, dal colore lievemente verdastro e dalla personalità molto focosa e altrettanto intelligente. La presenza convinse Zamorian ad accelerare la Borsik a massima velocità facendo un’orbita ellissoidale molto stretta attorno a Z548 e ad infilarsi a curvatura 10.4 nel buco nero; l’equipaggio molto solidale col suo Comandante non ostacolò questa pazza teoria, purtroppo nessuno si salvò e l’anima del Comandante Zamorian venne immortalata nella cosmonave dando vita ad un essere particolare che continuò a vivere come cuore pulsante e mente ragionante della stessa.
Spesse volte viene visitata da quella dolce presenza che cambiò il suo destino per renderlo un essere immortale, pochi hanno visto questa presenza, ma molti l’hanno sentita accanto come un alito di vento che rincuora, molto protettiva e giocosa.
L’Avensik era pronta a partire per il suo viaggio alla ricerca di colui che poteva salvare il sistema stellare di Iberna Sauri. Un sibilo accompagnato da uno spostamento d’aria fu il segnale che erano in funzione i motori antigravitazionali per l’uscita dall’atmosfera. La cosmonave si alzò verso il cielo, compì una virata larga sopra il Palazzo Reale e puntando la prua verso le nubi vi si infilò e scomparve all’Orizzonte in un lampo.
Ballentis, che aveva precedentemente convocato il Consiglio Galattico, si apprestava a riarmare la sua flotta, ormeggiata sull’asteroide cava di Fukkav, dove vi era anche la più grossa fabbrica d’armamenti e cosmonavi da battaglia.
Intanto, a bordo dell’Avensik la Principessa Andromeda, il Comandante Xenia e l’ufficiale scientifico Lyra, si stavano recando nella sala arancio, dove era alloggiato il cervello positronico, l’unico anfratto della cosmonave dove si poteva entrare in contatto con l’anima del Comandante Zamorian. Le tre cosmonaute, si posizionarono su tre dischi di metallo Carboniano, vennero abbassate delle griglie ad anelli di energia che smaterializzarono i loro corpi e un turbinio di molecole arricchì la camera stagna del cervello positronico generando scariche energetiche e mille colori fino ad arrivare a una scarica unica di un bianco intenso, quasi accecante, che stabilizzò l’ambiente e materializzo quattro presenze eteree: tre femmine e il Comandante Zamorian più una quinta figura, una stupenda Principessa bionda: Gea (la presenza aliena artefice della manovra suicida che rese immortale il Comandante Zamorian e il suo equipaggio, trasformando per sempre la Borsik in Avensik, così da restare per sempre vicino al suo amato).
Sullo sfondo di questo alone iridescente apparve l’equipaggio della Borsik, fedele al suo Comandante anche oltre la morte. Dopo poco tempo, la trasposizione temporale si stava esaurendo e, una ad una, cominciavano a rimaterializzarsi le componenti dell’Avensik, per ultima la Principessa Andromeda che rimase molto più tempo con Gea e Zamorian, così da poter assimilare le indicazioni fornitele.
Rimaterializzata anche l’ultima componente, il team si diresse verso il fondo della camera di smaterializzazione dove vi era una grande piscina con del liquido rosa pallido utilizzato per stabilizzare le molecole corporee; si spogliarono e vi si immersero. Dopo qualche attimo ne uscirono e, rimesse le tute spaziali a scomparsa, si diressero verso la plancia comando dell’astronave. Inserirono le coordinate nel navi-computer per effettuare il tuffo nel buco nero in prossimità della stella di ghiaccio, l’unico passaggio di collegamento tra universi paralleli conosciuto, affrontando un viaggio spazio-temporale di 3.000.000 di anni luce, una cifra enorme, mai affrontata prima di allora, ma unica soluzione per arrivare in tempo utile a destinazione e fare ritorno.
La voce metallica del computer risuonò in tutti gli altoparlanti della cosmonave: «Coordinate inserite, allacciare le cinture, pronti al balzo spazio-temporale, ordine del Comandante Xenia. Rotta per Korraxio, ellissi strettissima, velocità di curvatura 10.4, schermi al massimo della potenza a creare una sfera di energia solida. Entrata nel buco nero tra 15 impulsi/lumina, tutti ai loro posti, il resto dell’equipaggio nelle capsule di ibernazione, pronti al balzo!» I motori di curvatura si accesero, una vibrazione percorse tutta la struttura della cosmonave, man mano aumentava l’accelerazione, le stelle si facevano più vicine, come tanti lumini, allineate una accanto all’altra, quasi da poterle toccare con un dito. In fondo, una piccola stella blu, che continuava ad ingrandirsi man mano che aumentava la velocità. Ad un tratto la voce metallica spezzò il sibilo dei motori: «Stella di Korraxio, distanza 2.5 impulsi/lumina. Prepararsi all’attrazione gravitazionale.» L’Avensik scomparve nell’alone luminoso della stella, per poi riapparire dalla parte opposta a curvatura 10.4, e come una saetta infilarsi nel buco nero lasciando una lunga scia luminosa e scomparire in un lampo. Era cominciata la cavalcata verso un altro tempo, un altro luogo, alla ricerca di colui che potesse salvare Iberna Sauri e il popolo dei Carboniani.
L’Avensik infilò il buco nero a velocità 10.4 con movimento avvitatorio, creando uno guscio di energia solida in modo da autoproteggersi dai vari detriti presenti, oltre alla protezione degli scudi magnetici; avvitandosi a questa grandissima velocità era in grado di procurare una grande spostamento d’energia in modo da frammentare i vari detriti risucchiati in scia all’astronave e attrarli a sé creando la protezione di “guscio molecolare a energia solida”.
A bordo si era creata un’atmosfera irreale, un colore azzurrognolo aleggiava nella plancia comando; l’accelerazione spazio-temporale modificava i pensieri dei presenti e riportava agli antipodi le loro anime attraverso traslazioni incorporee; sullo schermo principale si poteva vedere con grandissimo stupore il tunnel spazio-temporale, con le sue mille forme ed altrettanti colori sempre molto splendenti. Ad un certo punto le traslazioni incorporee incominciarono a rallentare, si ritornò ad udire il sibilo dei motori e sullo schermo si allargò il tunnel fino ad inquadrare un’immensa parete di luce accecante. Oltrepassata questa parete, le stelle decelerarono fino a riprendere i loro punti nel cosmo. L’Avensik era appena uscita dal tunnel iperspaziale comunicante fra universi paralleli ed era approdata in un’altra galassia, lontanissima da Iberna Sauri. All’equipaggio sembrava fossero passate molte vite, in realtà erano trascorsi solo 450 impulsi/lumina.
Ancora storditi da questo sorprendente viaggio, vennero svegliati dalla voce metallica del navi-computer: «Destinazione raggiunta! Sistema Solare, stella principale Sole (classificazione piccola, gialla, composta da elio e idrogeno in combustione), destinazione finale 3° Pianeta, nome Terra (composizione minerali di fusione solidificati, presenza massiccia di gas da combustione quali ossigeno, azoto, anidride carbonica, idrogeno combinato con ossigeno allo stato liquido, copertura liquida del Pianeta 75%, gravità presente con valore di 7, adatto ad ospitare la vita, atmosfera respirabile, molto inquinamento presente nell’aria in corrispondenza dei grandi agglomerati urbani, presenza di varie forme di vita animale e vegetale sopra la superficie e all’interno dell’acqua; presenza di sale al 30% nelle grandi distese, nelle piccole la concentrazione è ridottissima, specie vivente predominante umanoidi: livello di civiltà medio.» Dopo che il computer di bordo terminò la scansione dei dati planetari, Xenia ordinò: «Attivare il dissimulatore d’immagine, campo magnetico al minimo e bloccare tutti gli scandagli di ricerca in entrata, ora che siamo invisibili cerchiamo il punto preciso per l’atterraggio che i remoti ci hanno fornito e aspettiamo il momento del contatto.»
L’Astronave fece un paio di orbite attorno al pianeta e poi s’infilò nell’atmosfera, dirigendosi verso il punto segnalato dal computer, centrato nel Nord America, per la precisione dentro un bacino d’acqua nel Gran Canyon, e si adagiò silenziosamente sul fondo.
L’equipaggio e il loro Comandante erano un po’ perplessi per il modo di entrare in contatto con l’elemento di salvataggio (possibile che un umanoide di questo pianeta, al di fuori dai confini conosciuti dai Carboniani e con pochissima conoscenza di tecnologia, potesse salvare la loro stirpe?). Andromeda chiese ai suoi ufficiali di bordo di raggiungerla nella sala arancio per un nuovo congiungimento con Gea e Zamorian. Gea nel frattempo aveva iniziato il processo per contattare il “Predestinato”, inviando telepaticamente il messaggio di ricerca.
Gea aveva inviato un segnale telepatico a tutte le forme di vita planetarie, su particolari frequenze del subconscio che solo in condizioni REM venivano percepite, ma non da tutte le creature del pianeta Terra. Dall’altro capo del pianeta, nel vecchio continente, più precisamente in Italia, un uomo stava per imbarcarsi in un’avventura che gli avrebbe cambiato totalmente l’esistenza. Nel sonno udiva una voce dolce e suadente che lo chiamava, ma alzatosi di scatto e affacciatosi alla finestra, si sporse senza vedere nulla. Eppure la voce risuonava nella sua testa come un chiodo che penetrava il legno. Durante tutta la notte, continuò questa chiamata mentale e giunta la mattina, si recò presso l’agenzia di viaggi del suo piccolo paesino per prenotare un viaggio per il Nord America.
La chiamata mentale venne ricevuta da centinaia di persone che fecero la stessa cosa. Tutti si misero in viaggio per raggiungere il luogo del “contatto”, in pochissimi giorni quella zona del Gran Canyon dimenticata dagli itinerari turistici, diventò molto popolata, ma nessuno riusciva a spiegarsi questo strano evento. Vi giunse tantissima gente di diverse etnie, convocata telepaticamente da un’Entità sconosciuta per assolvere ad un arduo compito: salvare un mondo lontano, oltre le cognizioni di spazio e tempo immaginabile per un essere umano.
La chiamata telepatica fece in modo che tutte le persone convocate si disponessero con ordine attorno a questo specchio d’acqua. Ad un tratto, dalle profondità, salirono verso la superficie grosse bolle d’acqua accompagnate da un’intensa luce verde, fino a che le acque si aprirono e comparve una sagoma pulsante verde con variazioni di colore arancio e rosso. Ci fu un grandissimo stupore da parte di tutti i presenti, alcuni individui nel vedere questa sagoma multicolore riemergere dalle acque del lago si fecero avanti, oltre la soglia di sicurezza scandita dal messaggio telepatico, per poter capire cos’era quello strano oggetto dalla forma di una grossa arachide attraversata da un disco. Mentre tentavano di salire su di essa, l’oggetto misterioso emanò una serie di raggi color rosso vivo che incenerì gli assalitori. Da immenso stupore a terrore, la folla si diradò verso la cascata, timorosa nei confronti dell’oggetto misterioso. Tutti tranne uno, che vi rimase di fronte per sfidarlo, attendendo la sua prossima mossa.
La gente indietreggiava, gridava di scappare perché era pericoloso, (ognuno nella propria lingua), ma costui non rispose. Dopo alcuni minuti di schiamazzi, l’uomo fece segno di fare silenzio. Dall’alto dell’oggetto misterioso si aprì un portello e comparvero tre sagome in tuta spaziale che, librandosi nel cielo su di un disco luminoso, fecero alcuni giri attorno al lago per poi atterrare di fronte all’uomo. Scesero dai dischi luminosi e si avvicinarono a lui, con voce metallica una di esse disse: «Buongiorno abitante del 3° pianeta, siamo venuti in pace. Sei il “Predestinato”, Comandante Zenith.»
A quelle parole l’uomo rispose: «Io non vi conosco, non mi chiamo Zenith e tanto meno sono un Comandante. Ho la sensazione di trascorsi passati, ma non riesco a ricordare, sono come spezzoni di sogni!» Una delle tre presenze, si avvicinò a lui, schiacciò un pulsante alla base della cintura e come per magia scomparve la tuta spaziale, mostrando una bellissima ragazza alta circa 180 cm., dai lunghissimi capelli neri e gli occhi verdi, corpo scolpito e atletico, con un costume aderentissimo che esaltava le sue forme mozzafiato, con voce soave disse: «Comandante Zenith, abbiamo bisogno del tuo aiuto! Per favore è questione di vita o di morte, seguici a bordo e ti sarà spiegato tutto!»
L’uomo si avvicinò alla stupenda ragazza, la prese per mano e salirono a bordo del disco luminoso che s’ingrandì per accogliere tutti e quattro i componenti, un sibilo e il disco si alzò in cielo dirigendosi verso la sommità dell’oggetto misterioso per poi scomparire al suo interno. Era cominciata la grande avventura di quel semplice uomo verso il contatto con nuove forme di vita. Lo strano oggetto si alzò sopra la superficie dello specchio d’acqua rimanendo immobile a mezz’aria.


Capitolo I

RICORDI LONTANI

Giunto a bordo, l’uomo venne presentato all’equipaggio. Quale migliore regalo poteva essere, per un uomo terrestre e italiano, un equipaggio di donne bellissime. Anche le due accompagnatrici tolsero la loro tuta spaziale e rivelarono la loro vera identità: Xenia, amica intima della Principessa Andromeda, nonché Comandante dell’Avensik, era una bellissima ragazza di statuaria bellezza nei suoi 180 cm. di altezza, castana con due occhi blu intenso che rispecchiavano il colorito leggermente bluastro della sua pelle, secondogenita di Magdhen, sovrano assoluto del pianeta Agnux; Lyra, ufficiale scientifico proveniente dal pianeta Bernerdax orbitante attorno a Deneb (la super gigante bianca) della Costellazione del Cigno. Intelligentissima (non da meno rispetto alle sue compagne) nei suoi 185 cm. d’altezza, una lunga treccia fucsia e un colorito leggermente rossastro della pelle vellutata e profumata, con penetranti occhi color ghiaccio, della specie Camaleontica, poteva assumere qualsiasi forma; Cassiophea ufficiale pilota dell’Avensik, proveniente dalla Costellazione dello Scorpione, dove la super gigante rossa Antares illuminava il piccolo pianeta Topel, sua terra natia. Nera corvina, capelli corti scalati, una bambola e un ottimo pilota d’astronave, campionessa galattica di corsa attraverso campi d’asteroidi; Dhyna, ufficiale medico, proveniva da un satellite sperduto orbitante attorno ad Aldebarahan (la gigante arancione). Stupenda ragazza bionda, occhi verde smeraldo, figlia di un ambasciatore del Consiglio Galattico e ricercatrice presso il Centro per le Nuove Forme di Vita situato sulla piattaforma spaziale Cesterrapaz 29 in orbita alla stella Rho Tauri; Kuork, ufficiale motorista, addetto alla manutenzione e funzionamento dei motori dell’Avensik, era un essere bivalente dalle sembianze di uno Yeti stellare, alto circa 250cm e coperto da lungo pelo bianco e cenere, occhi bianchi e un piccolo nasino rosa, una profonda voce cavernosa, proveniente dal Pianeta Giazyrouk, piccolo asteroide della cintura di Algorab nella Costellazione del Corvo, in grado di sopravvivere sia al caldo che al freddo polare, in quanto il suo pianeta era interamente coperto da ghiaccio.
Terminate le presentazioni del drappello di comando, Andromeda si avvicinò all’umano e gli disse: «Ora che sei stato presentato ti prego seguimi, avrai tutte le risposte alle tue domande! Possiamo conoscere il tuo nome o come desideri essere chiamato? Ho notato uno strano stupore nei tuoi occhi alla presentazione dell’equipaggio, posso sapere il perché?» Mentre s’incamminavano verso la sala arancio, l’umano rispose a tutte le domande sottopostegli da Andromeda: «Il mio nome è Roberto, vengo dall’Italia, un piccolo stato europeo, praticamente oltre l’Oceano Atlantico andando verso Est. Chiamami pure Roby. Lo stupore consiste nel vedere che siete tutte donne stupende, il sogno di ogni uomo. Non metto in dubbio la vostra intelligenza, ma io cosa posso fare per voi, non ho nemmeno finito le scuole! Simpatico anche “l’ammasso di pelo” e poi tu sei bellissima! Cos’è questa sala arancio? Perché avete incenerito quelle persone all’esterno e cos’è questo fagiolo gigante?»
La Principessa rispose: «È la prima volta che sento chiamare questa cosmonave “fagiolo gigante”! Ti ringrazio per i complimenti anche da parte del resto dell’equipaggio, per quanto riguarda il nomignolo che hai dato a Kuork è azzeccato, ma sarebbe utile per la tua salute non dirlo davanti a lui. Sono costernata per l’accaduto all’esterno è stata un’errata interpretazione del computer, ha temuto un attacco e si è difeso. Nella sala arancio conoscerai il computer vivente. Ah dimenticavo, il “fagiolo gigante” si chiama Avensik, in futuro scoprirai quanto sei fortunato ad averlo come alleato!»

[continua]


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