Homepage personale di

Rafael Alberti

Rafael Alberti
Fino all’ultimo respiro d’amore

(Articolo di Massimo Barile – Rivista Il Club degli autori 193-194-195 Anno 18 – Luglio 2009)


Se avete talvolta asciugato una lacrima, ascoltando le parole d’un poeta che rendeva vivo e pulsante ciò che nasceva dal cuore, ebbene, se lo avete fatto, vi siete avvicinati ad una nuova dimensione, avete penetrato l’invisibile, siete entrati nell’indefinibile. In fin dei conti è come mettersi in volo tra le nuvole e poi posarsi nel luogo che contempla solo i principi divini, l’inevitabile ritorno ad un nucleo primigenio, come appoggiare la testa sul grembo della donna amata, sdraiarsi su un campo di fiori in un meraviglioso giorno di primavera, tuffarsi nell’acqua limpida d’una sorgente, quasi in un ritorno all’elemento originario della vita, o lasciarsi trasportare sulla spuma delle onde del mare fino a raggiungere la propria mèta, l’agognato approdo.
Ecco allora che la vita e la poesia diventano una sostanza unica, si miscelano e mutano consistenza, giorno dopo giorno, e quello che conta è rimanere sempre “svegli”, uscire dalla propria tana egoistica e abbandonarsi, coraggiosamente, al «rumore d’onde che s’infrangono» (rumor de olas quèbràndose) di Pablo Neruda, alla «batallas de amor, campo de plumas» di Gòngora, fino a giungere «…in quell’incerto golfo d’ombre che annuncia il porto».
E la figura di Rafael Alberti si delinea sempre più nitida… sulle «dune di sabbia calda», davanti alla luna, sulle onde, nel «rubino che arde fra le mani», «nell’abbandono di un sogno», nei «boschi di coralli», nella «selva di alghe», nel mare che supera l’orizzonte: al timone della sua barca, la maglia da marinaio con le tipiche righe orizzontali, il cappello con visiera da moderno lupo di mare, capelli lunghi e il viso segnato dalle rughe che assumono un fascino unico. I segni del tempo, l’esperienza delle stagioni, le tracce delle mille battaglie della vita come “incisioni” sulla pelle di cui andare orgogliosi. Gli occhi rimangono penetranti, l’aspetto fiero nonostante gli anni dell’esilio e la continua lotta della vita.
Il poeta andaluso, che durante l’esilio ha vissuto anche molti anni in Italia, continua a cogliere le vibrazioni e le sollecitazioni della vita: e ancora e sempre, la vita insieme alla poesia, diventano sostanza unica, si incastrano, si intrecciano e si amalgamano in una lenta modellazione delle emozioni dell’umano vivere.
Tutto diventa simbolo: così la bellezza d’un fiore che viene reciso dalla spada, come la danza astrale dell’amore, così il corpo d’una donna come l’intero universo, così l’isola felice come l’inconoscibile, eppure, è il Mare che diventa padrone assoluto della scena dell’esistenza perché «l’onda sempre si spegne sulla spiaggia». E poi, nell’arena della vita, «il mito si muove e cammina dentro ogni opera», così anche nella poesia, le divinità e il mistero, fino a trovare l’isola nel mare, risucchiati dalle tempeste dei sensi. Tutto allora si apre davanti a noi. Tutto è sempre davanti ai nostri occhi, così chiaro, limpido, evidente: siamo noi che dobbiamo cogliere le verità.
E si sente la vita che infiamma, l’uomo con la sua passione e l’incalzante ardore per la donna amata «rovesciati, stirati, tenditi, alzati» in un gioco complice con lei che offre un senso alla vita stessa, l’appagamento tanto desiderato.
Pulsa, batte, arde, in un oceano di sensazioni fisiche, nel gusto autentico della vita, in una nuova nascita che è vera perché «l’unica cosa che l’uomo può tradire è la sua coscienza» come scriveva Conrad.
Ma le parole di Rafael Alberti non contengono nient’altro che se stesse: le onde del mare come la rinascita, il profumo dell’amore (perché l’amore si riconosce dal suo profumo) come la passione che ingloba tutto, che dirompe violentemente, l’ombra e la luce, l’influsso del cielo e lo “spazio immenso” all’interno dell’Uomo.
Rafael Alberti annusa l’amore come a voler entrare nella dimensione del puro istinto quando lo sguardo è già oltre «non mi cambio con nessuno, sapendo che giù nel mare, giù nel fondo del mare mi aspetti tu. Con nessuna tu ti cambi. Sapendo che sulla terra, che inchiodato sulla terra. Ti aspetto io»: e non si può minimizzare lo sguardo, non si può fermare il sangue che scorre violento nelle vene perché nessuno è immune, non si possono chiudere gli occhi davanti alle stelle, non possono le mani rimanere ferme vicino alla pelle. Ammettere tutto ciò, senza diventare caricature di noi stessi, è ricercare la propria identità. La vita non può essere neutra perché la vita è piena di tempeste.
Accarezzare i capelli della donna amata può far deflagrare fino a frantumare il proprio nucleo, fino a far esplodere la gioia. Tutto può succedere, tutto può avverarsi: e l’acqua diventa fuoco, e l’aria diventa nutrimento, tutto «arde e risplende», gli occhi abbagliano e i sogni inondano la mente. Gli istanti della vita si fanno scintille. Ecco allora che da Rafael Alberti erompono il riflesso dell’amore, i fremiti e la passione, continuamente incalzato da un impeto incontenibile. Le porte si aprono, le visioni superano le barriere: accolgono le parole d’amore e l’immenso portale annienta la cornice di qualcosa che non c’è più. Il pensiero non si spegne e la poesia è una luce nella notte che rimane viva. Nel tempo, oltre il tempo.
L’entusiasmante canto lirico che nasce dalle pulsioni della vita, dalla passione per la poesia diventa linfa vitale, necessità ed essenza stessa del poeta andaluso.

In una intervista Marìa Asunciòn Mateo ricorderà che «a Rafael bastavano un pennarello, un quaderno e una camicia sgargiante per essere felice, seduto nel giardino a disegnare e scrivere poesie. Non chiedeva niente di più. Era questa la sua grandezza.»
Ecco un poeta, un artista puro.
Non è un caso che fin da giovane amava dipingere le barche sulle spiagge di Cadice. Il Museo del Prado era diventato la “sua casa giovanile” e aveva riprodotto le opere di Goya e Velazquez nonché numerose statue classiche d’epoca greca e romana.
Quando nel 1917 la sua famiglia si trasferisce a Madrid, Rafael Alberti conosce e diventa amico di molti giovani poeti ed artisti che rappresentarono l’esperienza della Generazione del ’27: da Federico Garcia Lorca, a Luis Cernuda, Vicente Aleixandre, Pedro Salinas, Jorge Guillèn, Miguel Hernandez, Dàmaso Alonso, Leòn Felipe, Gerardo Diego, Josè Bergamin, Manuel Altolaguirre, Emilio Prados.

Rafael Alberti ama dipingere ma il fascino della poesia è nel suo sangue. Così la nostalgia per il mare lo accompagnerà nei suoi spostamenti in giro per il mondo (quando Rafael sposerà nel 1990 Maria Asunciòn Mateo dopo la morte della prima moglie Maria Teresa, celebrerà le nozze a Puerto de Santa Maria e dirà «qui sono nato e qui ho voluto rinascere un’altra volta»).
Durante la guerra civile Rafael Alberti milita nelle file repubblicane e poi fugge in esilio, prima a Parigi, poi in Argentina e infine a Roma. Al dolore per i morti causati dalla guerra civile si unisce la lontananza obbligata dalla Spagna, dai luoghi dell’anima che «nessuno può risarcire».
Rafael Alberti, davanti al dolore e all’orrore della guerra, davanti alla violenza dell’essere umano contro l’essere umano, scriverà: «Fra realtà e fantasia, fra realtà e sogno, fra verità storica e una poesia che chiamano impegnata o non impegnata, io ho cercato di spiegarlo in un libro che si intitola “Fra il garofano e la spada”. Io credo che un poeta non nasca per parlare della guerra o di politica o di tanti fatti orribili che ci circondano quando apriamo gli occhi al mattino. Allora il dramma è questo, mio e di tanti altri, noi viviamo fra il garofano e la spada, fra la spada e il muro… Viviamo incalzati da una orrida realtà che ogni mattino distrugge i pensieri belli e giocosi, ci spazza via dagli occhi le cose grandi che possiamo vedere, facendo di tutti noi tanti schiavi di situazioni così drammatiche e spaventose che bisogna essere fatti davvero di pietra per non parlarne, perché non si riflettano in quello che si fa… Perché a me piacerebbe parlare del mare che mi ha sempre dato tanta gioia, del mare limpido e puro, incontaminato, libero da navi da guerra, del cielo terso, con le stelle, senza voler sapere che viene attraversato da aerei che lanciano bombe e riempiono la terra di morti, l’aria di grida strazianti… Ci si sveglia al mattino pensando che il mondo è bello, un mondo in cui la gente è buona, i rapporti umani perfetti, e subito ti accorgi che tutto è diverso. Ma davanti alla guerra, un essere umano con un minimo di sensibilità, quale poeta soprattutto, può avere lo spirito, la coscienza di mettersi a parlare d’un uccellino che sta cantando su una rosa. Ecco l’origine di questa durezza che di quando in quando si fa sentire, di questa amarezza, di questi accenti talvolta pieni di coltelli. Sono un poeta che al mattino vorrebbe guardare il vecchio mare di Cadice, dipingere le barche che dipingevo quando ero bambino, i gabbiani, seppellire nella sabbia i testi di geometria, di storia, di latino e pescare: invece… non posso farlo… devo scrivere una poesia tremenda».

Se, come scrive Baudelaire, «affonderemo nelle fredde tenebre», speriamo vi sia almeno una sottile possibilità che le parole di Rafael Alberti possano scaldare un po’ il nostro povero cuore o magari solo farci compagnia come «un astro appeso su un mare in tempesta» e, come lui, poter dire «Cerco di non trovare l’uscita,/di restare sprofondato/nel tuo definitivo, arenato, naufragato/per sempre,/Golfo d’ombre».
E proprio nel Golfo d’ombre (Golfo de sombras) Rafael Alberti ci avvisa che “potrebbe sentirsi e vedersi come magica esaltazione di tutti i sensi e di tutti gli elementi – terra, aria, fuoco, mare – che confluiscono al centro, quasi sempre d’aspetto floreale, che si apre e palpita in mezzo a questo nuovo amoroso giardino di Eros. Ma questi fiori cantano, si modificano a loro volta in molti altri fiori con poteri di ali, di immersione celeste e sottomarina: e sono già alghe, uccelli sconosciuti, ninfee, api, conchiglie, sussurrate comete rutilanti, lune, esalazioni, colti al momento del sussulto o dell’abbandono del piacere.
Nelle liriche amorose di Canzoni per Altair, la donna-stella illumina la vita del poeta, «sei scesa,/stella rivelata dei miei occhi perduti,/e sei caduta su di me, fuoco d’amore/e nel mio sangue hai preso dimora fin da allora».
E poco importa se le poesie ad Altair sono scritte da Rafael dopo gli ottant’anni. Vi sono visioni che superano la concezione del Tempo, parole che vanno al di là d’ogni confine umano. La percezione della donna si fa quasi incantesimo, apparizione celeste, la simbologia della stella «frenetica e bella» offre l’immagine della donna ardentemente amata come fosse «energia astrale», un raggio di sole che illumina la “nuova” vita. L’inebriarsi fino a voler ripetere con le labbra di lei la sua poesia, ad aspettare l’arrivo del nuovo giorno, a vedere la vita che avanza… senza fine… fino alle parole «sai bene che in me non muore la speranza,/che gli anni in me non sono foglie ma fiori,/che non sono mai passato, ma sempre futuro».
E sono le stesse ceneri di Rafael Alberti, sparse nel mare della baia di Cadice per sua espressa volontà, ormai disperse in un lento flusso e riflusso d’ogni esperienza terrena, che richiamano alla passione per la vita, alle parole infuocate d’un uomo, all’entusiasmo che rende vivi e pulsanti, sensualità e vitalità, carne e sangue.
Fino all’estasi dell’ultimo abbandono, dell’ultimo afflato vitale: «Entra tutta nel mio respiro e portami in volo nei tuoi cieli. Per sempre».

Massimo Barile


Rafael Alberti Merello (El Puerto de Santa María, 16 dicembre 1902 – Cadice, 28 ottobre 1999) poeta spagnolo di origini italiane. Nel 1917 si trasferisce a Madrid dove comincia a interessarsi di pittura arrivando ad esporre nell’ateneo di Madrid nel 1922 i suoi lavori.
Poco dopo entra in contatto con gli artisti e gli scrittori nella Residencia de Estudiantes, che saranno in seguito i protagonisti della “Generazione del ‘27”. Nel 1924 mentre è costretto a vivere nella Sierra a causa di una malattia, pubblica la raccolta di poesie “Marinero en tierra” che vince il “Premio nacional de Literatura”. Nel 1927 partecipa alle celebrazioni per la morte di Góngora in omaggio al quale pubblica “Cal y Canto”. Nel 1928 compone “Sobre los ángeles” in seguito ad una profonda crisi personale, poi “Sermones y moradas” e “El hombre deshabitado”.
Nel 1931 entra nel Partido Comunista de España (PCE), e con la sua compagna Maria Teresa León fonda la rivista rivoluzionaria “Octubre” partecipando alla lotta contro il fascismo. Nel 1939, dopo la sconfitta repubblicana, si rifugia in Francia, poi in Argentina quindi in Italia a Roma (1963).
Nel lungo soggiorno romano, con accanto la sua compagna Maria Teresa, frequenta assiduamente i circoli intellettuali progressisti. Nel periodo 1963-1976, instaura un sodalizio culturale con la poetessa italiana, Elena Clementelli, legandosi anche ad un gruppo di critici letterari romani, tra cui Walter Mauro e Luigi Silori. Numerosi testi di Alberti sono stati musicati dal gruppo cileno Inti Illimani. Rientra in Spagna nel 1977 solo dopo la morte di Francisco Franco e ottiene il “Premio Cervantes”.




Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Avvenimenti
Novità & Dintorni
i Concorsi
Letterari
Le Antologie
dei Concorsi
Tutti i nostri
Autori
La tua
Homepage
su Club.it