Racconto di Pietro Rainero


Con l’opera «L’ascensore» è risultato 4° classificato nella XVII Edizione del Premio Letterario Città di Melegnano 2012 – Sezione narrativa – Clicca qui per leggere il racconto premiato
Pietro Rainero, Acqui Terme (AL)


Questa la motivazione della Giuria:

«La genialità di questo racconto sta tutta nella trasposizione letteraria della teoria della relatività, che gioca sulle nozioni di spazio- tempo, e sull’impenetrabile e segreta coesistenza di universi paralleli, che legano indissolubilmente i due protagonisti in un’alchemica e fantascientifica nascita- morte.
La conversazione tra i due protagonisti, Kim, un futuro bimbo coreano, e il saggio e ironico Albert Einstein, in procinto di congiungersi con l’infinito, è un piccolo trattato di filosofia pacifista e edificante, nel quale si condanna la turpe e assurda brutalità delle guerre, dei conflitti umani, delle divisioni violente che portano l’umanità a una terribile estinzione. Il vecchio scienziato insegna al piccolo, prima della sua nascita imminente, la stupidità insita nell’avidità umana, causa d’immensi e inutili mali, e nel momento esatto della comparsa di Kim sul pianeta terra, Einstein si dissolve nell’infinito.
Con ironia scanzonata, ma anche con lucidità intellettuale, l’autore crea così un racconto di stupefacente originalità, che smarrendo i percorsi mentali consueti, ci offre un finale a sorpresa, e ci lascia col fiato sospeso, nella folgorazione di una visione universale della vita e della morte».

Alessandra Crabbia


L’ascensore

18 aprile 1955.

«Buongiorno e ben arrivato!» disse il vecchio signore dai capelli bianchi.
«Ciao!» rispose il piccolo bimbo sorridente.
Il vecchio signore dai baffi bianchi aveva un’aria scanzonata, ironica, saggia.
Al bimbo pareva un nonno divertente, colto, sereno. Il bambino era nudo, indifeso, curioso.
Il dialogo sgorgò spontaneo.
«Il mio nome è Alberto» disse il vecchio «Ed il tuo?».
«Io sono Kim, so quasi solo questo. Ignoro molte cose».
«Anch’io. Sei coreano?».
«Centro!» rispose felice il bimbo «Sei bravo, sai?».
«Oh… non molto. E dimmi: cosa vorresti fare da grande? Il calciatore? L’attore? Il generale?».
«No, vorrei diventare il Presidente delle due Coree unificate».
«Accipicchia!» si lasciò scappare l’anziano signore «Non si può certamente dire che tu non abbia le idee ben chiare. Complimenti! Perché questa aspirazione?».
«Mi hanno detto che le due nazioni sono in guerra e per questo il mio popolo soffre indicibili pene».
«Sei proprio un bimbo estremamente assennato, ne nascessero tanti così!».
«Che problemi avete?».
«Molti popoli, non solo il tuo, soffrono a causa di guerre o calamità naturali, ma se quest’ultime sono inevitabili, le prime invece sono un monumento all’imbecillità umana.
Schiere di uomini, donne e bambini soffrono e muoiono per consentire ad alcuni fortunati potenti di arricchirsi ulteriormente o di riportare effimere vittorie sui campi di battaglia. Se tu potessi stare qui, da lontano, a guardare per un centinaio di anni due grandi nazioni europee , cosa vedresti? Dapprima la Plancia invade e conquista una striscia della Spigna, la quale nella seconda guerra punica se la riprende aggiungendovi per buon peso anche una zona trapezoidale del territorio dalla Plancia, la quale poi nella guerra dei cento mesi se la riconquista e penetra per un triangolo di 80 chilometri nella terra della Spigna, che durante la prima guerra mondiale se lo riprende e tutto ritorna come prima. Risultato dopo mille anni? stessi confini, gli stessi!
Alcuni politici e generali passati alla storia (più famosi di artisti e scienziati, incredibile!), alcuni ricchi un po’ più ricchi ed un mucchio di giovani soldati ventenni morti. morti per niente!».
«Cosa sono i confini?».
«Sono una cosa che divide i popoli. Da quassù non si vedono, ma non si vedono neppure quando li attraversiamo. Esistono sono sulle cartine geopolitiche… e nelle zucche vuote. Triste, vero?
Ma ora io devo andare, d’altronde vedo che non hai bisogno di molti consigli né raccomandazioni, sono stato fortunato».
«Perché?».
«Perché hai già capito cosa significa vivere con saggezza. Molti bimbi la possiedono e poi, inspiegabilmente, perdono questo straordinario dono nell’adolescenza, che trascorrono generalmente come idioti completi, tranne poi rinsavire un po’ nell’età adulta e ridivenire saggi sul finire dell’esistenza. Se al mondo ci fossero solo vecchi e bambini vivremmo certo in modo meno doloroso: il carico di sofferenze subite ogni anno dall’Umanità è spaventoso».
«Ma perché devi proprio andare?».
«Mi aspettano. Anche tu, d’altro canto, devi andare. Sai quale bottone premere?».
«Sì! Quello con la lettera T che sta per “terra”. Dove ti aspettano?».
«Lassù, lontanissimo, nel mondo dei più».
«Il mondo dei più? È pieno di addizioni?».
«No» sorrise il vecchio dai lunghi capelli bianchi pensando che però di croci era pieno «è un modo di dire. Sto per morire e per raggiungere coloro che mi hanno preceduto. Sono molti di più di quelli che si muovono freneticamente laggiù. Li vedi?».
«No. Da qui non si possono scorgere».
«È vero. Penso che quando il mondo dei più diventerà quello dei meno, e prima o poi succederà senz’altro con l’esplosione demografica in atto, le cose andranno ancor peggio!».
«Perché?».
«Mi piaci».
«Perché?».
«Perché chiedi spesso “perché”».
«Sono molto piccolo».
«Certo! Comunque le cose laggiù andranno peggio, perché già ora molti bimbi che nascono trovano, alla sosta intermedia dei cento chilometri, vuoto l’ascensore che sale e non possono ottenere le informazioni, i consigli e le raccomandazioni indispensabili per condurre una vita orientata al bene.
In un lontano futuro sarà sempre peggio, gli appuntamenti tra chi va e chi viene saranno sempre più rari. Mancherà il travaso di conoscenza ed esperienza, purtroppo!».
«Funziona così? Tu sei quello che deve accogliermi? Una vita va ed una viene?».
«Sì! C’è chi nasce e c’è chi muore, per dirla in altro modo».
«Tanto va la gatta al lardo…».
«No» sorrise il distinto signore «questa frase riguarda qualcos’altro. Comunque, non tutti i bambini nascono così maturi come te e devono avere un’accoglienza adeguata.
Chissà! Forse le cose hanno incominciato ad andar storte quando le nascite hanno superato le morti, tanto tempo fa. Ma ora il tempo concessoci per conversare è terminato, addio dunque, e buona fortuna!».
«Quale tasto devi schiacciare tu?».
«Il più alto, quello con il simbolo di un otto coricato. Siamo molto stanchi, noi anziani… e anche i nostri numeri lo sono» scherzò il vecchio.
«L’otto è coricato perché è stanco?».
«Non proprio» sorrise il signore «non vado all’ottavo piano, ci sono tre bottoni soltanto, vedi?

T, 100 e ∞

Significano terra, 100 chilometri e infinito.
L’ascensore che scende e quello che sale si incontrano a cento chilometri dalla superficie del
pianeta, e l’otto coricato è il simbolo dell’infinito».
«Dov’è l’infinito?».
«Un po’ più in là di laggiù laggiù».
«Allora ci impiegherai tanto tempo!»
«Arriveremo insieme».
«Coooome?». Domandò sbigottito il quasi-neonato.
«Perché e come: certo che tu fai sempre domande pertinenti. Comunque è vero. Arriveremo insieme, tu laggiù ed io lassù».
«Non ci credo».
«Potresti fare anche lo scienziato. Però di ascensori io me ne intendo. Credimi».
«Ma non è possibile, cento chilometri in confronto al… tutto».
«Tra la Terra e 100 chilometri ci sono esattamente tanti posti quanti tra 100 chilometri e l’infinito, quindi arriveremo insieme».
«Ancora non capisco».
«Quando tu sarai a 50 chilometri (cioè 100 diviso 2) dal terreno, io sarò a 200 chilometri (100 per 2). I due punti 50 e 200 sono sposati tra loro o, se preferisci vista la tua giovane età, sono gemelli, collegati insomma. E quando tu sarai a 10 chilometri (100 diviso 10) dalla Terra, io sarò a 1000 chilometri (100 per 10). 10 e 1000 sono gemelli!
Come vedi ci sono tanti punti tra la Terra e la fine dell’atmosfera quanti tra questa e il paradiso».
«Bello!» disse Kim e, dopo aver salutato con la piccola manina il vecchio signore, schiacciò la grossa T.
Un attimo dopo a Seul nasceva un bellissimo bambino a cui fu dato il nome Kim Soo Kim, ed un attimo dopo Albert Einstein raggiungeva l’infinito.



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