Il sogno di mezza estate

di

Piera Rossi Celant


Piera Rossi Celant - Il sogno di mezza estate
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Narrativa
14X20,5 - pp. 72 - Euro 7,00
ISBN 978-88-6037-8569

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In copertina: «Profumo di donna” di Piera Rossi Celant


Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’autore è finalista
nel concorso letterario J. Prévert 2008


La vera felicità arriva all’improvviso con l’incanto di un evento. Nasce in noi se sappiamo cercarla con il nostro entusiasmo e la nostra onestà morale.
Veronica era emozionata. Tutto le sembrava più bello, sentiva il desiderio di trasmettere agli altri quella improvvisa voglia di vivere che, prima d’ora, le era del tutto sconosciuta.


Il sogno di mezza estate, il romanzo che l’autrice, attraverso una narrazione snella, senza orpelli lessicali e una ricca vena creativa, porta a riflettere sulla vera necessità dell’uomo che sente più di ogni altra cosa, di vivere in armonia con l’altro.
Interessante è la descrizione dei luoghi, dei viaggi dietro ai quali si nasconde l’animo dell’Io narratore che realmente dà alla storia una nitida chiave di lettura.
Non manca però una certa suspense, come Veronica deve lavorare in una famiglia con degli uomini, uno diverso dall’altro. La famiglia ha un ruolo fondamentale mel racconto. Infatti non è vista come ostacolo, ma come luogo dei ricordi.
Una narrazione circolare che ruota attorno al valore del rispetto, della sincerità, dell’etica professionale e dell’amicizia. Sarà quest’ultima a ridare il sorriso a Veronica a David.
Piera Rossi Celant ha saputo amalgamare con molta maestria sentimenti e ambizioni, cosa non facile soprattutto in un periodo in cui l’uomo è disorientato e insegue la mondanità. Un libro che si legge e rilegge perché ogni pagina, diventa la pagina interiore di ogni uomo, che crede nel vero significato dell’amore. Ed è questo che carpisce l’interesse e la curiosità del lettore che ha modo di potervisi confrontare ed anche identificare, in quanto il concetto alto dell’amore che coinvolge l’uomo non è una chimera, ma diventa propulsione di vita che ha il pregio di accompagnare sempre il cammino di ogni essere che non può vivere senza amare.

Prof. Enza Conti
critico d’arte


Il sogno di mezza estate


Il sogno di mezza estate

Era un pomeriggio di una calda estate. Il cielo era limpido, e le cicale cantavano più forte del solito, i profumi della natura erano intensi, i campi di grano dorati dal calore del sole ondeggiavano nella brezza leggera.
David, distolse lo sguardo dal giallo intenso e si girò, mentre il suo cavallo scalpitava, mai una fanciulla gli parve così bella, al punto da mozzargli il fiato.
Il sole le illuminava i folti capelli biondi, scompigliati dalla brezza marina.
Veronica Griffe, era irresistibile, tutto le faceva cornice, il verde, l’azzurro del cielo, il mare argentato dal sole. In sella al suo cavallo nero, sembrava irraggiungibile.
David, era un uomo che doveva avere oltrepassato da poco la trentina, alto e con folti capelli neri, il volto abbronzato, dai lineamenti decisi. Il suo fisico atletico emanava grande vigore e virilità.
Veronica pensò che quell’uomo doveva muoversi con l’eleganza di una pantera, lo immaginò con un senso di eccitazione. Mentre distoglieva lo sguardo da lui, scese dal cavallo, si girò subito per guardarlo e studiarlo meglio.
Era di una bellezza sorprendente, pur non possedendo nulla di delicato. I lineamenti che da lontano le erano apparsi fieri e intransigenti, adesso le sembravano ancora più fieri.
Quell’uomo possedeva qualcosa di selvaggio, soprattutto nei folti capelli neri. E quegli occhi, che sembravano allegri, gli conferivano un’aria irrequieta.
Il grande attaccamento di Veronica per i cavalli aveva fatto sì che intraprendesse la scuola per l’addestramento.
E quell’incarico che inizialmente le era sembrato semplice, si stava rivelando di tutt’altra portata.
Aveva bisogno di guadagnare, per la sua famiglia, e non poteva fare altrimenti.
David sorrise all’improvviso cogliendola nuovamente di sorpresa e mostrando i denti bianchissimi.
Chiamò il fratello Giulio e, con aria severa, disse «Questa è la nuova addestratrice?»
Giulio confermò con un cenno del capo.
Poi afferrò le briglie del cavallo di Veronica e lo portò nel box.
Veronica obbedì, seccata per il modo in cui aveva dimostrato la sua volontà.
Giulio aveva ragione dicendo che il fratello era un uomo insopportabile. Doveva essersi lasciata ingannare dalla sua bellezza e dal suo fascino, ma probabilmente si era ingannata.
Prima di rientrare, passò ad accarezzare i cavalli, e uno a uno fece loro una carezza sul muso.
Si trovarono più tardi, in un salotto immenso illuminato dal sole che filtrava dalle porta finestra con vista al mare. Solo qualche metro di giardino separava la villa dalla spiaggia.
La grande gradinata che scendeva al mare, era cintata da bianche colonnine, e su ognuna di esse scendevano dei gerani. Veronica era estasiata dalla bellezza del luogo, dalla poesia dei colori. David la invitò con un cenno a sedersi su uno dei divani color cremisi. I suoi occhi fissarono quelli di Veronica con aria beffarda.
«Posso immaginare il vero scopo di quella sosta, sarà servita per istruirla sul suo ruolo di messaggero d’amore.»
Giulio e Veronica si erano intrattenuti con una lunga cavalcata nelle campagne vicine, parlando un po’ di loro e di come addestrare i giovani cavalli.
David non sembrò compiaciuto di questa loro passeggiata e, nel suo volto si notava chiaramente una certa irritazione.
«Non so di cosa stia parlando. Ma mi è era parso di capire che il mio compito qui fosse quello di addestratrice, non di Cupido.»
Lei raddrizzò la schiena quanto più poté e sostenne il suo sguardo quando lui proseguì: «Il messaggero d’amore è qualcuno che organizza gli incontri. In altre parole un sabotatore.»
«E cosa saboterebbe di preciso?»
«I miei voleri. E non voglio che qualcuno mi osteggi.»
«Lei è un paranoico – ribatté – Non sono una sabotatrice.»
David raggiunse un tavolo dove erano sistemati bottiglie e bicchieri. Lui stava versando del Cynar e lanciò un’occhiata a Veronica.
«E così sarei paranoico!»
Si voltò e si diresse verso Veronica con due bicchieri.
Lei annusò il liquore.
«Stavo per dirle che avrei voluto un bicchiere di acqua minerale.»
«Dovrà bere quello che passa il convento.» Quando i loro sguardi si incrociarono un brivido le attraversò la schiena. Quell’improvvisa tensione tra di loro scatenava in lei un piacere fisico.
David bevve un sorso di liquore. Ma per tutto il tempo i suoi occhi non lasciarono il volto di Veronica. «Mi rifiuto di diventare la causa della disputa tra lei e suo fratello.»
David posò lo sguardo su di lei e si appoggiò a uno dei vasi di mentuccia poggiato a lato della finestra, si passò la mentuccia tra le dita nervosamente, annusandola a tratti.
«Sono una addestratrice molto preparata e, vado fiera della mia esperienza.»
Aveva lavorato molto per raggiungere quell’alto livello di preparazione.
«Colpito!» David sorrise.
«Allora non ha niente di cui aver paura.»
Lui giocherellava ancora con le foglie mentre sollevava le sopracciglia e la fissava, si chinò verso di lei per metterle sotto il naso il ramoscello.
«L’annusi» le disse. «Non ha un buon odore?»
Veronica si sentì tremare. Non riusciva a sentire nulla… Tranne il profumo virile della pelle di David che sembrava invadere le narici e penetrarle nel sangue.
Lui sorrise: «Penso che debbo lasciarla in pace, spero non abbia sprecato il tempo dietro a mio fratello.»
Quelle parole erano un invito, una sfida.
Un’improvvisa ondata di calore le infiammò il volto. Non sapeva cosa pensare, non riusciva a capire il perché di questo risentimento verso Giulio.
Osservò la cameriera, intenta a servire il caffè.
«Già che ci sei, Teresa, mostrale anche la palestra, la signorina dovrà tenersi in forma, finché rimane qui» disse David. E se ne andò.
Giulio cercava sempre più la compagnia di Veronica e, nel suo sguardo si notava la speranza di un dolce riscontro. Veronica nel cuore aveva ben altro, il pensiero era rivolto al lavoro, e la preoccupazione di perderlo, la faceva tremare. Il bisogno di lavorare per aiutare la sua famiglia era davvero grande.
Guardando l’orologio, Giulio disse: «Devo andare.»
Poi si chinò dandole un bacio sulla guancia. Prima che potesse pronunciare una sola parola, Giulio si diresse verso la porta.
«David aveva ragione, assomigli proprio alla Venere di Botticelli.»
Veronica si alzò e fissò per un istante verso la porta.
«Voglio parlarle – le comunicò David in tono brusco – Si trovi in salotto tra un’ora.»
Quando entrò in salotto, David era in piedi accanto al tavolo bar a versarsi un Whisky.
Si sforzò di non arrossire. Per un attimo si sentì sconcertata, poi ebbe forza di parlare: «Le sembra forse che non adempia bene il mio lavoro? Mi permetta di rimediare.»
«Non ho detto questo.»
Veronica non sapeva come interpretare quell’osservazione. In un certo senso le sembrava di tradire Giulio, esitò un attimo, non sapendo conciliare onesta è diplomazia.
Giulio le piaceva ma non l’amava, e non desiderava tradirlo mettendolo nei guai.
«Ha cercato di corromperla?»
«No, non l’ha fatto. E comunque sono incorruttibile.»
«Anche se c’è di mezzo l’amore?»
«Credevo pensasse che l’amore debba essere lasciato sbocciare senza ostacoli.»
«Vede, se decido che non posso fidarmi di lei, dovrò ricorrere a certe misure.»
«Di quali misure parla?»
«È semplice. Dovrò tenerla d’occhio.»
Ella si alzò furiosa e, sbattendo la porta piangendo lo lasciò solo, decisa ad andarsene.
Il cuore le balzò in petto.
Non riusciva a capire il perché di queste continue scenate che David andava facendo. Se c’era un’unica ragione per cui teneva a Giulio, era perché dimostrava di essere un vero mago con i cavalli. Quella notte non dormì. Il vento suonò una musica stridente attraverso le finestre. Veronica se ne restò distesa per ore a occhi spalancati ripensando alle parole di David.
La mattina seguente si allontanò dalla villa. Comprò della frutta, lasciò la strada e cominciò a camminare tra l’erba, tra i vecchi alberi, e i rododendri. Quando si sentì esausta, si sedette su di un tronco caduto, guardandosi intorno. Era incantata. Chiuse per un attimo gli occhi e sentì la freschezza delle proprie guance, sotto le quali vide danzare ombre verdi. Sporse le labbra per assaporare l’umidità del verde e seppe con certezza che non stava sognando.
E ricominciò il lento viaggio di ritorno tra i prati, vicini al mare.
Rientrando alla villa, trovò Giulio e David, che l’osservavano attentamente.
«Domani si inizia a lavorare» osservando Veronica, lanciando un’occhiata a Giulio.
David le aveva detto di prendersi una giornata libera per riposarsi, ma era stato inflessibile sull’inizio degli addestramenti per il giorno successivo.
Quel pomeriggio era decisamente tesa, subito dopo il pranzo pensò di fare una passeggiata lungo il mare. Veronica camminava sulla spiaggia deserta ascoltando lo stridio degli uccelli marini. Si stava formando una brezza che i gabbiani, annunciavano nel cielo senza nubi. Il vento era secco e salato.
Con i sandali in mano, avanzava nella sabbia bagnata dove le onde scurivano gli orli dei suoi pantaloni di lino bianco. Adesso, in quella breve passeggiata pomeridiana, camminava per rilassarsi, e dimenticare la prepotenza di David.
La costruzione del capannone scuola per il maneggio era ultimato. E Veronica cercava di non pensare che la scuola poteva essere una follia, che David dopo averla costruita lì accanto al mare, poteva non trovare alcun allievo, che entro poco tempo l’edificio sarebbe potuto diventare un guscio vuoto attraverso il quale fischiava il vento di sogni destinati a fallire. Non voleva pensare a cose del genere e cercava di mantenere la piccola speranza.
Camminò lungo la spiaggia fino dopo le scogliere, dove la sua figura era ormai troppo piccola per essere vista da chi la stava cercando. Quando arrivò alla fine della spiaggia si voltò, gettò un bastone nell’acqua e sollevò la testa, lasciando che la luce brillante del cielo le bagnasse completamente il volto. Il rumore delle onde, i richiami dei gabbiani che volavano bassi, una perfetta armonia.
Quel pomeriggio di luce splendente, che si rifletteva sulla superficie del mare facendola brillare talmente che all’inizio tutto sembrò una magia abbagliante. Il cielo senza nubi era azzurro e aveva la tonalità perfetta dei sogni pieni di speranza.
Nel corso della settimana, Veronica si era abituata allo strano ritmo di David, e al loro rapporto alquanto strano. Aveva con fatica permesso a David di prendere il sopravvento e, per il momento aveva bandito qualunque pensiero di ciò che poteva causare contrasti.
L’importante per Veronica era mantenere ad ogni costo il posto di lavoro, che alla fine le dava delle grandi soddisfazioni.
Quel mattino per Veronica era particolarmente importante. Doveva continuare la terapia con la piccola Molly, che soffriva di leggeri disturbi psichici e lei si era impegnata ad aiutarla con il suo cavallo Breno.
Solo Veronica poteva impegnarsi così tanto. Doveva catturare la simpatia della piccola Molly, e del suo giovane cavallo. Fu una mattinata impegnata, ma ricca di soddisfazioni.
Molly, quel giorno, riuscì a stare in sella al suo cavallo e Breno l’accettò tranquillo.
I genitori di Molly, nel vedere la loro piccola fare dei progressi erano entusiasti, e la gratitudine nei confronti di Veronica era veramente esaltante. David osservava silenzioso, da lontano.
Dentro di sé era compiaciuto, però non manifestava a Veronica la soddisfazione che provava.
All’ora di pranzo Veronica rientrò.
David, annunciò a Giulio che, in serata, sarebbe arrivata la cugina Vittoria con la sua bambina e con lei una giovane amica.
Veronica, rivolse lo sguardo a David e, con molta discrezione disse: «Signori, io non faccio parte della famiglia, da questa sera mangerò in cucina con la servitù.»
Giulio protestò: «Veronica, tu devi rimanere con noi.»
«Giulio ti ringrazio per il riguardo nei miei confronti, ma ricorda che io sono una stipendiata come tutti gli altri, e non faccio parte alla famiglia Levi. Da questa sera cenerò con Antonio e gli altri.»
David, le lanciò uno sguardo infuocato; ma Veronica non chinò la testa, e sostenne quello sguardo. Anche lei aveva il proprio orgoglio personale e, non desiderava la pietà di nessuno, ma nemmeno accettava alcuna sottomissione.
Finito il pranzo, non aspettò il caffè, si recò nel giardino, poi lentamente si diresse verso i box per controllare la cavalla che doveva partorire. Antonio si avvicinò preoccupato, e disse che il loro veterinario era rientrato in famiglia per qualche giorno.
«Non ti preoccupare Antonio, ci sono io, ho la laurea in veterinaria e, posso essere di aiuto.» Si avviarono lentamente verso il box di Selly; si avvicinarono e notarono che alla bellissima purosangue non mancava molto a partorire. Indossarono le tutte bianche, e prepararono ogni cosa per poterla aiutare. Antonio chiamò lo stalliere. Se ci fosse stato bisogno, lui era un uomo robusto.
Selly, era la più bella delle scuderie. Il manto marrone, una stella in fronte perfetta nella sua struttura di purissimo sangue.
Iniziò ad avere le doglie. Veronica e Antonio stavano attenti ad ogni suo movimento. Erano inginocchiati vicino a Selly, tesi attendendo il lieto evento, responsabili per l’alta qualità dell’animale. David arrivò poco dopo, con il volto preoccupato. Non disse nulla. Loro non si accorsero che li stava osservando. Veronica accarezzava Selly con amore come fosse una bambina e Selly percepiva le sue carezze e dimostrava tranquillità al suo tocco.
Finalmente Selly riuscì a partorire, un bellissimo cavallino. Antonio e Veronica si abbracciarono per la gioia. Poi si diedero da fare per asciugare il puledrino. Veronica baciò Selly, dicendole: «Sei stata una brava mammina», mettendole in bocca un zuccherino. Era talmente presa per il parto ben riuscito, che non si accorse che David la stava osservando. «Antonio, cosa dirà il signor David, quando vedrà il pulèdrino?»
«Oh, signorina Veronica, sarà certo molto felice.»
Lei rispose: «Speriamo.»
Si voltò e lo vide ritto come una statua, e lei rimase sorpresa per non averlo notato prima.
«Mi scusi.»
«Non c’è niente da scusare – disse David, – l’evento è stato meraviglioso, mi congratulo con voi. Solo non sapevo che lei fosse anche veterinaria.» Veronica fece un timido sorriso, e poi continuò il suo lavoro. David disse: «Dobbiamo brindare per il lieto evento.»
«Avete pensato che nome darete al puledrino?»
Veronica e Antonio si guardarono. «Spetta a lei Signore, disse Antonio.»
«Questa volta vorrei che Veronica, desse il nome al figlio di Selly.»
Veronica lo guardò smarrita. E poi con serenità, disse, il cavallino, è bello altero, purissimo sangue, lo chiameremo «David.»
David, l’osservò e, le labbra gli tremarono.
«E sia per David.»
Anche Antonio approvò quel nome.
Veronica si tolse la tuta, e andò a lavarsi le mani, poi alla porta del box di Selly, mise una coccarda azzurra: è nato “David”. Veronica era felice. Quella nascita le aveva portato grande gioia.
La vera felicità arriva all’improvviso con l’incanto di un evento. Nasce in noi se sappiamo cercarla con il nostro entusiasmo e la nostra onestà morale.
Veronica disse fra sé: «Sono emozionata.» Tutto le sembrava più bello, sentiva il desiderio di trasmettere agli altri quella improvvisa voglia di vivere che, prima d’ora, le era del tutto sconosciuta.
Quel giorno lavorò con entusiasmo, riuscendo a cacciare i cattivi pensieri, che nei vari momenti approdavano alla mente. Quella nascita aveva rallegrato il suo pensiero.
Giulio rientrando venne informato della nascita del puro sangue; e andò a congratularsi con Veronica e Antonio per la felice conclusione.
Giulio con tenerezza, le disse: «Ci vediamo questa sera a cena.»
«No Giulio, ti ringrazio da questa sera come ho già detto, andrò a tavola con il resto della servitù.»
Verso sera arrivò la cugina Vittoria, con la bimba, e l’amica.
Avevano portato una ventata di confusione e un po’ di allegria. David indispettito, non gradiva molto la cugina Vittoria, così ciarliera. L’amica di Vittoria, fortemente truccata, sfoggiava abiti alla moda. La sua originalità e il suo fascino erano alquanto evidenti con lo scopo di farsi notare da uno dei padroni.
All’ora di cena, Veronica si recò in cucina e dall’armadio prese un piatto, che poi posò vicino ad Antonio. Teresa, con aria risentita: «Signorina Veronica, non mangia di là con i Signori?» «No, Teresa, io faccio parte di tutti voi, non della famiglia Levi.»
Giulio entrò in cucina supplicandola, ma lei fu irremovibile.

[continua]

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