Opere di

Paul Celan

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Poesie tratte da «Oscurato», Giulio Einaudi Editore

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Oro fuso, riconoscibile
nelle ferite sismiche,
e tu, come tante bocche fuori e dentro
storto a parare
detti e interdetti.

Tra i baccelli maturi,
sigillati della labiata –
l’indocile, anche
qui lui sa origliare.

✒ ✑ ✒

Gli affanni del pensare,
anche sui prati glaciali,
senza prova.

Sopra il Gran Scudo Litico
s’accascia a casa un uomo di domani.

«Miniere sotterranee
coi vostri trogoli d’argilla,
in moto.»

Ruvido gabbro gratta
attorno a nomi e voci,
un’imperdibile mano tesa
brucia materia astrale.

Lo sguardo che nulla può turbare.

Una morte più di te
sono morto,
sì, una di più.

✒ ✑ ✒

Erosi
dall’inondante dolore,
amareggiati,

tra gli ossequi verbali
eretti, liberi.

Le vibrazioni che ancora
una volta in noi

si annunciano

✒ ✑ ✒

Per vergogna, per disperazione,
per disgusto
di te ti adegui,

alieno dalla lingua
arriva il non-terrestre, si ribalta
all’indietro in sé,

tra ciò ch’è sporco
a terra, tra
le radici d’olmo
scava un nuovo vano,
senza tanto sognare,

una volta, sempre

✒ ✑ ✒

Oltre le teste
scaraventato
il segno, per forza di sogno acceso
nel luogo che nominò.

Ora:
con la foglia di tabacco salutare
finché il cielo
fuma.

✒ ✑ ✒

Pietra compressa,
verdegrigia, libera
nel poco.

Lune ardenti invendute
rischiarano a giorno
il pezzetto di mondo:

questo eri dunque
anche.

Nei vuoti di memoria
stanno i ceri sovrani
e assegnano potere.

✒ ✑ ✒

Irruzione dell’indistinto
nel tuo linguaggio,
lucore notturno,

controsortilegio, più forte.

Da ignota, alta
marea corrosa
questa
vita.

✒ ✑ ✒

Canto urgente dei pensieri
mosso da un sentimento

che molti
non ha dei nomi
destati grazie al canto,

spinoso,
così, inconfondibile,
dall’aspra macchia
sporge con essi, verso
te,

spinoso,

Un piccolo morire
aleggia

✒ ✑ ✒

Con la rotante
placca d’occhi ti scontri,
al chiaro ghiacciato dei fuochi:

Vista, vista! – Sfondata.

Sai
che si grida, pure
in vece tua,

Sapere
di più non ti compete,
il gioco prosegue,

si snoda
per la prima apertura
a caso di lettere alfabetiche

e annuncia non udito
vincita e perdita.

✒ ✑ ✒

Legati con monili d’alga.

Le invocazioni, tutte, bevute via,
i lamenti guerrieri – origliati via.

Qui regna la Catena Sommersa.

Piazzato sulle spalle più strette
l’ultimo carico crepuscolare.

Tu qui e tu, dovete rimanere:

vi è
destinato ancora altro,
e pure il lamento
vuole tornare nel lamento
vuole tornare in sé.

✒ ✑ ✒

Non spegnerti del tutto – come altri fecero
prima di te, prima di me,

la casa, dopo la pioggia di boccioli,
dopo
l’abbraccio,
si slarga sopra noi
mentre la pietra
attecchisce,

un candelabro, grande e solo,
s’immerge qui,
capisce,
al fendersi della vasca
tutta in porfido, come
pullula
di occulto, ineluttabilmente,

apprende
dove ora stanno gli occhi aperti,
mattina, mezzodì, di sera, a notte.

✒ ✑ ✒

Posti selvaggi, inserti con i giorni attorno a noi.

In volo solitario
continuamente frulla,
oltre le torri di avvistamento,
l’ala destra di un grande
uccello bianco
verso qui.

✒ ✑ ✒

Non scriverti
tra i mondi,

imponiti alla
varietà dei significati,

confida nella scia di lacrime
e impara a vivere.

✒ ✑ ✒

Le distruzioni? – No, meno
di ciò, più
di ciò,

Sono le omissioni
coi colombacci
ciarlanti al margine,

Sguardo e udito, concresciuti,
scalano il pulpito
sopra la contea tagliata
in tante strisce,

Una lingua
genera se stessa,
con ogni
poesia sputata
dalle macchinette o le sue
distinguibili-indistinguibili
parti.

✒ ✑ ✒

Soffiata qui con il saluto
dello sparto tutto aperto a ventaglio,
non ci sarò
quando farai la ruota del beare, sotto il cielo,
la ruota celestiale
che da distanza impensabile
afferrerò per i mozzi,
solitario, scrivendo.

Paul Celan

✒ ✑ ✒


Poesie tratte da «Oscurato», Giulio Einaudi Editore

✒ ✑ ✒

Flüssiges Gold, in den Erd-
wunden erkennbar,
und du, wie soviet Münder außen und innen
verrenkt zur Warnung
von Sinn- und Notspruch.

An den versiegelten, reifen
Schoten des lippen-
blüthers – der Unbotmäßige, auch
hier horcht er sich durch.

✒ ✑ ✒

Die Atemlosigkeiten des denkens,
auch auf den Gletscherwiesen,
ohne beweis.

Über deb Großen Steinschild
stürzt ein Morgiger heim.

»Ihr Tiefgesenke
mit euren Trögen aus Lehm,
unterwegs.«

Rauhbrüchiges schabt
an Namen und Stimmen herum,
eine unverlierbare Nothand
brennt Sterniges ab.

Der durch nichts zu trübende Blick.

Einen Tod mehr als du
bin ich gestorben,
ja, einen mehr.

✒ ✑ ✒

Unterhöhlt
vom flutenden Schmerz,
seelenbitter,

inmitten der Worthörigkeit
steilgestellt, frei.

Die Schwingungen, die sich
noch einmal bei uns

melden

✒ ✑ ✒

Vor scham, vor Verzweiflung,
vor Selbst-
ekel fügst du dich ein,

sprachfern,
kommt das Unirdische, kippt
in sich zurück,

beim erdig Umher-
liegenden, bei
den Ulmenwurzeln
hebt es ein neues Gelaß aus,
ohne Geträum,

einmal, immer

✒ ✑ ✒

Über die köpfe
hinweggewuchtet
das Zeichen, traumstark entbrannt
am Ort, den es nanne.

Jetzt:
Mit dem sandblatt winken,
bis der Rimmel
raucht.

✒ ✑ ✒

Angefochtener stein,
grüngrau, entlassen
ins Enge.

Enthökerte Glutmonde
leuchten
das Kleinstück Welt aus:

da salso warst du
auch.

In den Gedächtnislücken
stehn die eigenmächtigen kerzen
und sprechen Gewalt zu.

✒ ✑ ✒

Einbruch des Ungeschiedenen
in deine Sprache,
Nachtglast,

Sperrzauber, stärker.

Von fremdem, hohem
Flutgang unterwaschen
dieses
Leben.

✒ ✑ ✒

Notgesang der Gedanken
von einem Gefühl her,

das hat
der wachgesungenen
Namen nicht viele,

stachlig,
so, unverkennbar,
aus dem Hartlaubgebüsch,
steht es mit ihnen hervor, dir
entgegen,

stachlig,

Es geht ein kleines Streben
umher, umher

✒ ✑ ✒

Mit dem rotierenden
sehklumpen stößt du zusammen,
bei Eisfeuerschein:

Erblickt, erblickt! – Durchstoßen, –

Du weißt,
daß geschrien wird, auch
an deiner Statt,

Mehr als das
zu wissen, steht dir nicht zu,
das Spiel geht weiter,

es wälzt sich
durch die erste beste
Buchstabenöffnung

und meldet ungehört
Gewwinn und Verlust.

✒ ✑ ✒

Mit seetang-geschmeide gefesselt.

Die Anrufungen, alle, freigetrunken,
die kämpferischen Klagelaute, – freigelauscht.

Hier herrschtdie Ertrunkene Kette.

Den schmalsten Schultern aufgeladen,
die übrige Dämmerfracht.

Du hier und du, ihr sollt bleiben:

es ist euch
noch Anderei zugedacht,
und auch die Klage
will in die Klage
will in sich zurück.

✒ ✑ ✒

Erlisch nicht ganz – wie andere es taten
vor dir, vor mir,

das Haus, nach dem Knospenregen,
nach der
Umarmung,
weitet sich über uns aus,
während der Stein
festwächst,

ein Leuchter, groß und allein,
taucht hinzu,
erkennt,
als die Schale, ganza us Porphyr,
aufbricht, wie
es von Verborgenem
wimmelt, unabwendbar,

erfährt,
wo die offenen Augen jetzt stehn,
morgens, mittags, abends, nachts.

✒ ✑ ✒

Wildnisse, den Tagen um uns einverwoben.

Alleingängerisch, wieder
und wieder, rauscht,
über die Meldetürme hinweg,
eines großen weißen Vogels
rechte Schwinge
hinzu.

✒ ✑ ✒

Schreib dich nicht
zwischen die Welten,

komm auf gegen
der Bedeutungen Vielfalt,

vertrau der Tränenspur
und lerne leben.

✒ ✑ ✒

Die zerstörungen? – nein, weniger
als das, mehr
als das,

es sind die Versäumnisse
mit den schwatzenden Ringel-
tauben an ihrem Rand,

Blick und Gehör, ineinandergewachsen,
erklettern die Danzel
über der weithin in Streifen
zerschnittenen Grafschaft,

Eine Sprache
gebiert sich selbst,
mit jedem aus
den Automaten gespieenen
Gedicht oder dessen
kenntlich-unkenntlichen
Teilen.

✒ ✑ ✒

Herbeigewehte mit dem voll
ausgefächerten Strandhafergruß,
ich werde nicht da sein,
wenn du das Rad der Beglückung schlägst, unterm Himmel,
das himmelnde Rad,
dem ich aus unausdenkbarer Ferne
in die Naben greif,
ein Einsamer, schreibend.

Paul Celan



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