Carne mia

di

Patrizia Berlicchi


Patrizia Berlicchi - Carne mia
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
14x20,5 - pp. 54 - Euro 5,50
ISBN 978-88-6037-4653

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Prefazione

Immergersi nelle impressioni vive, nei turbamenti, nell’eccitazione, anche se talvolta “i miei occhi vorrei chiuderli ora”. Scuotere l’animus: “Se ti guardo non tremare [ ! ]”. Riconoscersi nella fragilità.

Stare nella paura, senza la presunzione di affrontarla per doverla reprimere – quali e quanti limiti insiti nei comportamenti prevalenti! Semplicemente imparare ad ascoltarla, a stare seduti al suo fianco.

Patrizia invita a non rimanere addormentati, riattivando la capacità di percepire le sensazioni e di accogliere le emozioni.

Percezione e Consapevolezza…

Fare, insomma, funzionare tutti i centri dell’Io: l’intellettuale, l’emozionale e quello del movimento. La conoscenza può essere funzione di un solo centro; la comprensione di tutti e tre.

Ciao Alberto, ciao Maurizio

Sara


Carne mia


“Tu mi conosci:
... Con la pazienza dell’amore
smascheri
travestimenti …”

A Sara


Grazie

Grazie
di questo morso di vita
piena
odorosa
della rosa
che tengo tra le dita
la stilla del mio sangue
per la sua spina
amara.
I miei occhi
vorrei chiuderli
ora
per non sapere mai la pena
la paura
d’incamminarmi per la via che non ritorna
inesplorata muta
oscura.


Vorrei avere cento anni

Vorrei avere cento anni
carne avvizzita amara
mai più memoria
di mani
troppo grandi
su di me
troppo distanti
ora.
Aprire gli occhi;
mai più sapere
di quando mi destava
il gesto naturale
necessario
dell’amore.
Lo stesso
che mi addormentava.


Se ti guardo

Se ti guardo
non tremare;
non possono ferire
occhi inginocchiati sull’amore.
Occhi che si arrendono
ti renderanno
lo stupore
la certezza
che la tua anima
sfinita
meritava
finalmente
una carezza.


Carne mia

Carne mia
malata
voglio affondare i denti
fino al sangue
fatale.
Amore
che bevi alla mia anima
stremata.


Uno…due…tre…

Stella
immobile
appesa
a picco
sulla finestra della piccola casa
luce amorosa
addormenti
consoli
occhi arrossati
soli.


Sara

“che fate?!”
grideresti al mondo
“che folli!”.
E io con te.
Nello sgomento
nella fragilità
che rosso hanno rubato alle tue guance
ritrovo la mia casa
riconosco.
Riposo
finalmente
nei tuoi occhi
che dicono i miei stessi incantamenti
lo smarrimento
il baratro
che sole ci sorprende
sottilissime
tremanti.


Le tue mani

Con la sinistra
accarezzi la tua “signora”
armonizzi invisibili energie.
Con la destra
dissotterri amore
dall’anima
asciutta;
trovi sorgente di pianto
intatta innocente
come il canto che intoni.
E io ti seguo
leggera
finalmente.


Io mi perdo sempre

Ritorno
sempre
nello stesso posto
che non riconosco.
Mi perdo
sempre.

“Come vorrei fossi qui, nonna”

a frantumare lo specchio d’acqua
con la tua voce argentata
a dissipare
felce malata
dal nero fondale.

Mi sono persa
una volta
ancora…

...ti vengo a cercare.


Anna

(ad Alberto Grifi)

Bambina
un seme silenzioso accoglievo.
Non sapevo
la tenerezza la cura
solo
solitudine paura.
Una mattina
a un giovane compagno
spaventato
affidai
quella creatura
che non ricordo d’esser stata mai.
È questa la mia pena:
averla fatta
e ricordare il suo profumo
appena.


Senza dormire

rossalucente
trema nella notte
la tua bocca
assente.


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