Il mistero del castello

di

Natalia Kozlova-Kavaja


Natalia Kozlova-Kavaja - Il mistero del castello
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Narrativa
14X20,5 - pp. 120 - Euro 10,80
ISBN 978-88-6037-7951

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In copertina e all’interno illustrazioni di Natalia Korsun


Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto “Il mistero del castello”
è finalista nel concorso letterario “J. Prévert” 2009


MIEI CARI LETTORI,
GRANDI E PICCINI!
Prima di aprire questo libro vi chiedo di non cercare di capire in quale luogo si svolge la storia: questo paese, infatti, non si trova su nessuna carta geografica, anche se ognuno di noi ci è vissuto e alcuni ci vivono tuttora. Sì, proprio così! Non vi meravigliate! Il paese del quale narro è un luogo favoloso, dove non esistono frontiere, né lingue diverse e dove tutti quanti vivono in armonia e felicità.
Dovete però sapere che questa terra ricca di ogni ben di Dio, è stregata: tutti i suoi abitanti che sono bambini, aspirano a diventare adulti, affrettando il tempo, non sapendo che una volta diventati grandi questo magico luogo apparirà solamente in sogno, ed essi non potranno più ritornare piccoli e trovare la strada di ritorno.
Certamente, avrete già indovinato, che questo luogo magico altro non è che il Paese dell’Infanzia!
Per ogni essere umano è suo ed unico, e nello stesso tempo è ugualmente bello ed eternamente invitante.
Con questo libro spero di dissipare la magia maligna per aiutare gli abitanti del Paese dell’Infanzia affinché capiscano che ogni giorno trascorso lì ha un valore unico ed inestimabile!
Per quelli invece che sognano di tornarci vorrei che questo libro fosse il sentiero che li riporta là, dove desidera il cuore!
Buon viaggio a voi con la speranza che gli eroi del “Mistero del castello” non vi deludano.

Natalia Kozlova


Prefazione

La magia di un castello, il mistero che nasconde, l’incanto d’un sogno che fa rivivere una storia lontana, un amore che attraversa il tempo in una miscela fantasiosa creata da Natalia Kozlova che in questo libro per ragazzi fa sognare con le avventure dei suoi giovani protagonisti alle prese con una storia senza confini, in una alternanza continua tra sogno e realtà.
Il viaggio nella fantasia inizia in un paese immaginario, un luogo fantastico dove Virginia, suo cugino Yuri, Din, Daniel, Micael, Albertin e Luisa decidono di entrare in un castello che sovrasta la città e nasconde un mistero inviolato allo scopo di scoprire lo straordinario segreto celato tra le sue antiche mura.
Negli ultimi tempi, Din, un ragazzo molto simpatico a Virginia, sogna spesso il castello avvolto in nubi di fumo e ha la netta percezione di come sia fatto all’interno senza averlo mai visto. Ad un certo punto, decide di entrarvi grazie all’aiuto di Virginia e dei suoi amici anche se l’entrata non era di certo facile. Ecco allora che, dopo aver superato una scala in pietra, cercano un passaggio sotterraneo nell’oscurità del castello e dopo essersi trovati in un misterioso corridoio capitano davanti ad uno scheletro umano, il quale sorregge ancora nella mano un’antica chiave e sul capo indossa un diadema di pietre preziose.
Come si può ben immaginare la storia si fa veramente interessante e condurrà i giovani avventurosi a scoprire una storia d’amore del passato che era rimasta custodita nel castello per tutto quel tempo: un destino che aveva unito i due innamorati nella vita e nella morte.
Natalia Kozlova, già da alcuni anni scrive racconti per bambini ricevendo numerosi riconoscimenti ed ottenendo grandi soddisfazioni grazie alla sua capacità di inventare storie originali e di riuscire a far viaggiare nella fantasia i giovani lettori.
Natalia Kozlova ha il senso della narrazione, possiede la creatività necessaria per accompagnare in luoghi incantati, nelle magie del fantastico che offre infinite possibilità e numerose direzioni che può prendere una storia “misteriosa” senza dimenticare mai il sentiero principale che è quello che conduce al cuore.
Con “Il mistero del castello”, Natalia Kozlova alimenta questa miscela narrativa e racconta, con delicatezza e poesia, freschezza ed humour, la meravigliosa peripezia dei suoi giovani protagonisti.

Massimiliano Del Duca


Il mistero del castello

Incontro

Virginia scelse il posto più comodo e si sedette tra l’erba appassita. Lei voleva osservare meglio lo straordinario castello antico che sovrastava la città. Sulla collina, arsa dal sole, non c’era anima viva, si sentiva solamente il frinire incessante delle cicale. Le laboriosissime formiche andavano avanti e indietro…
Fin dall’infanzia, Virginia aveva sentito i racconti dei suoi genitori in merito a un lontano e caldo paese di mare, dove abitava la sorella del padre, ed ecco che, per volere del destino, si trovava qui di persona. I genitori erano partiti per l’ennesima spedizione geologica ed in casa della nonna erano arrivati dei lontani parenti, perciò era stato deciso che Virginia sarebbe andata dalla zia Vera.
La città le piacque subito: le casette bianche, ricoperte di tegole, affondavano nel verde dei giardini, le strade strette, rivestite di selce, si distribuivano nelle diverse direzioni dal municipio e in lontananza, se guardava dal balcone, riusciva a scorgere un azzurro lembo di mare. Ma la cosa più straordinaria era indubbiamente il castello! Nel passato lo circondavano mura inespugnabili, adesso semidistrutte; l’esistenza del ponte levatoio era ricordata solamente da enormi anelli ricoperti di ruggine. L’entrata del castello era irraggiungibile.
Virginia sì abbandonò ai suoi bei sogni, immaginò di essere una principessa, seduta vicino ad una stretta finestra, intenta a ricamare, con un filo d’argento, la bandoliera per il principe.
– Pelché hai pleso il nostlo posto?
Virginia trasalì. Di fronte a lei stava un ragazzino di cinque anni con addosso una camicia sporca d’erba ed i calzoncini corti. Alle sue spalle c’era un adolescente magrolino, abbronzato, con dei lunghi riccioli neri e dei penetranti occhi blu. “È un mio coetaneo” – pensò Virginia, mentre ad alta voce punzecchiò:
– Perché non avete messo una targhetta con scritto “Posto plenotato”?!
– Din, pelché lei mi stuzzica? – si voltò il piccolo verso il suo compagno.
– Chi sei tu?
– Sono Virginia. Sono venuta dalla zia Vera. Lei abita accanto al municipio e fa la maestra nella scuola del paese.
– Ah! Allora sei parente di Yuri?
– Sua cugina. E voi?
– Lui è Daniel ed io sono Din. Noi abitiamo qua. Aspetta, adesso ti presento gli altri, – Din strappò un filo d’erba, lo strinse in un modo speciale tra i pollici e fischiò. Dopo qualche istante si avvicinarono due gemelli di circa dieci anni ed una bambina di sette.
– Lei è Luisa e questi sono Micael ed Albertin, – disse Din presentandoli. – Micael, Albertin, avete portato le corde?
– No. Papà ha cominciato a domandare perché e per quale ragione ci servivano. Stasera faremo di tutto per procurarcele.
– Datevi da fare un po’ di più! Tu, Luisa?
La bambina tirò da dietro la schiena un grande gancio che porse a Din, senza parlare.
– Brava, Luisa!
– Ed io ho poltato questo, – Daniel allungò il palmo della mano su cui era posato un anello di metallo, – possiamo unile il gancio e poi la colda.
– Un’idea mica male! Penso che faremo proprio cosi!
– Che cosa volete fare? – chiese timidamente Virginia.
– Vogliamo entrare nel castello e scoprire i suoi segreti. Una leggenda racconta di un passaggio sotterraneo che porta al mare, anche se gli studiosi che lo hanno esplorato non hanno trovato niente.
– Che forza! Mi porterete con voi?
– Se non spiffererai il segreto.
– Parola d’onore!
– Va bene. Ci vediamo qui, stasera alle otto.
– D’accordo!
– E se la mamma non mi lascelà andale? – domandò Daniel.
– Passerò a prenderti, – promise Din – Micael, Albertin, tutto dipende da voi! E fate un bel po’ di nodi – sarà più facile salire.
– D’accordo, Din.
Dalla collina scesero tutti insieme, si salutarono e si separarono. Din accompagnò Virginia fino al municipio.
– Guarda, ecco tua zia.
– Sta tornando dal mercato. Bene, Din, ci vediamo stasera.
– Aspetta! Yuri è ritornato dal mare?
– No. Deve arrivare domani.
– Digli che lo aspetto e che ci serve la sua grande torcia. Ciao!
– A stasera, Din, – Virginia si mise a correre incontro alla zia Vera per aiutarla a portare le borse.
– Vedo che hai gia fatto conoscenza con Din. È un bravo ragazzo! I bambini più piccoli lo seguono come stregati: ora giocano agli indiani, ora ai cavalieri, ora legge loro libri di fantascienza…
– Zia Vera, posso uscire a giocare stasera? I ragazzi mi hanno invitata.
– Come no, certo! Le vacanze son fatte per questo, per giocare! Solo cerca di non fare troppo tardi, altrimenti starò in pensiero.
– Grazie! – Virginia baciò sonoramente la zia sulla guancia.


Tentativo fallito

Per tutto il resto della giornata Virginia pensò a Din. Era radicata profondamente in lei l’idea che loro si conoscessero anche da prima. “Che assurdità! – diceva tra sé e sé. – Non è possibile! Perché lo penso? Va bene, è simpatico, gentile, e allora?”
“Lui ti piace” le suggerì una voce dal cuore. A Virginia sembrò di arrossire fino alle radici dei capelli. Si avvicinò allo specchio per accertarsi se questo era vero, si fermò e diventò triste: nello specchio vide una adolescente dalle gambe lunghe, magra, con le trecce dai riflessi rossi, con un viso pallido e pieno di lentiggini.
– Altro che principessa! Non c’è che dire! – sospirò. – Gli occhi potrebbero andare: grandi, grigi, con le ciglia lunghe, ma tutto il resto… Se somigliassi un tantino alla mamma! Lei sì che è bella! Eppure affermano che una figlia somigliante al padre sarà felice. Ma con un simile aspetto…
Virginia scrollò le spalle e si allontanò dallo specchio: “Speriamo arrivi presto questa sera!”.
Dopo aver cenato e lavato i piatti (zia Vera diceva che avrebbe rimesso tutto in ordine da sola, ma Virginia volle aiutarla a tutti i costi, meritando per questo molte lodi), la ragazzina uscì da casa correndo. Il sole aveva già salutato la città, ma la cima della collina ed il castello poltrivano ancora sotto i suoi ultimi raggi.
“Che bello! – pensò Virginia. – Bisognerebbe scrivere una poesia a questo proposito!”
Dai muri delle case e dal selciato si diffondevano un piacevole calore e un “qualcosa”, impossibile da definire con le parole. Questo “qualcosa”, mischiandosi con gli odori del gregge passato poco prima e dell’erba marcia, faceva allargare immensamente il cuore ed immaginare di volare, volare, volare…
– Virginia!
La ragazza aprì gli occhi e vide di fronte a sé Din.
– Perché vai così di fretta? Per poco non mi facevi cadere.
Virginia rimase imbarazzata:
– Ero persa nei miei sogni. È tutto così bello qui intorno! Che aria! Respirandola ti viene voglia di fermare il tempo!…
– …e di rimanere per sempre tredicenne, – continuò Din malinconicamente.
Entrambi tacquero e si guardarono attentamente l’un l’altra. Poi Virginia chiese:
– Daniel?
– Sua madre mi ha detto che si era addormentato a tavola. È ancora piccino… Andiamo, gli altri, devono essersi già riuniti, – Din porse la mano alla ragazza e salirono verso la collina, perdendosi tra l’erba alta.
I gemelli e Luisa li accolsero allegramente:
– Din, siamo a cavallo! Abbiamo già attaccato la corda all’anello con il gancio. Guarda!
– Reggerà? – chiese Virginia.
– Cosa dici! – si misero ad urlare i gemelli, interrompendo l’un l’altro. – Ci ha insegnato nostro padre a fare i nodi marini! Reggeranno qualunque cosa! Non ci credi?
– Il loro padre è un marinaio, – spiegò Din. – E allora, tentiamo? Su, allontanatevi tutti che devo lanciare il gancio!
Tutti si tirarono indietro ubbidendo al ragazzo e, alzando le loro teste, cominciarono a fissare l’anello del ponte levatoio su cui Din cercava di gettare il gancio con la corda. Fare ciò non era poi così facile, Virginia pensò che i loro sforzi sarebbero stati vani; per giunta, l’anello era appena visibile alla flebile luce del crepuscolo.
– Ascoltate, ma come sono riusciti ad entrare gli studiosi? – chiese lei.
– Avevano una scala speciale come quella dei pompieri, – rispose Luisa.
– Urrà! – lanciarono un grido i gemelli e si misero a stropicciare il loro collo intorpidito.
Din tirò un poco la corda:
– Tutto bene! Prima mi arrampico io, controllo la situazione e poi vi chiamo.
Lui si sputacchiò sulle mani e cominciò pian piano ad arrampicarsi, con l’aiuto dei nodi fabbricati dai gemelli.
Tutti restarono fermi. Si percepiva solamente il respiro ansimante di Albertin e Micael, molto emozionati. Virginia ebbe paura: e se per caso la corda non avesse retto o il gancio si fosse staccato? Cercò di non pensare a questo, seguendo, senza staccare gli occhi, l’abile sagoma di Din, appena distinguibile nel buio. Finalmente lui si mise a sedere sulla soglia della porta che si stagliava nelle tenebre, e accese la torcia tascabile. Il raggio di luce si agitò e sparì nelle viscere del castello.
Trattenendo il respiro, i ragazzi aspettavano che Din li chiamasse. All’improvviso, sopra le loro teste echeggiò un orribile verso e uno sbattere di ali. Lanciando grida di paura e nascondendosi le teste tra le mani, gli amici caddero distesi sull’erba.
– Che vi prende? – chiamò Din con voce preoccupata. Lui apparve inaspettatamente nel buio. – Perché questo chiasso? Vi siete impauriti dei pipistrelli?
– Sì-ì, avrei voluto vedere te al nostro posto! – si lamentò Luisa, tirando capricciosamente le parole.
– Su, dai, racconta! – la interruppero Micael ed Albertin.
Din guardò Virginia:
– Non possiamo fare a meno della torcia di Yuri, con la mia non si vede niente, ho solamente messo in fuga i pipistrelli.
– E perché non tentare di giorno? – propose Virginia.
– Ma di sera è più interessante e misterioso; di giorno gli adulti potrebbero vederci e impedirci di arrampicarsi, – diede voce Micael.
– Come potrebbero vederci se l’entrata nel castello è dislocata nella parte opposta della città?
– Loro vedono tutto! Non lo sai? – Albertin intervenne in favore del fratello.
– Ebbene, fate come volete, – si lasciò convincere Virginia. – Temo che questa vostra segretezza possa finire male: qualcuno potrebbe cadere non si sa dove, allora sì che avremmo una solenne sgridata dagli adulti.
– Come non l’ho pensato prima! – esclamò Din. – È deciso: ci arrampicheremo di giorno e adesso a casa!
Dopo aver accompagnato Luisa e i gemelli, Virginia e Din rimasero soli.
– Sai, quando mi sono arrampicato, ho avuto la sensazione di conoscere la disposizione del castello. Solo non ridere, va bene?
– Che dici! Non pensavo proprio di ridere! Forse hai visto le foto al museo? Quelle che avevano scattato gli studiosi?
– Forse… Andiamo, ti accompagno.
Camminavano in silenzio, pensando ognuno alle proprie cose.
– Oh, che sgridata avrò da zia Vera! Le avevo promesso di non rimanere fuori fino a tardi…
– Vuoi che le spieghi tutto io? – si offrì Din.
– E che cosa le dirai? Che ci siamo arrampicati nel castello? Questo poi no! Troverò io qualche scusa.
– Allora a domani! – Din per un attimo strinse le mani di Virginia nelle sue e poi scomparve nel buio.
Zia Vera si trovava in cucina e stava leggendo un libro.
– Allora, non hai ancora corso abbastanza? – chiese lei severamente.
– Zia Vera, cara, non ti arrabbiare!
– E va bene! Vai a lavarti e a letto! – s’impietosì la zia.
Scivolata a letto, Virginia si coprì con un lenzuolo scricchiolante, inamidato di fresco, tirò felicemente un sospiro e si immerse immediatamente nel regno dei sogni.
La zia, sorridendo compiaciuta, aggiustò il suo cuscino e spense la luce.


[continua]

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