All’ombra delle favole (L’anello mancante)

di

Mario Aliprandi


Mario Aliprandi - All’ombra delle favole (L’anello mancante)
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
12x17 - pp. 84 - Euro 8,50
ISBN 979-1259510327

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In copertina Lago Nero – Champfer CH – Progetto grafico Bertie Wooster Photo – Giovanni Conti – Michele Raffaele

Quarta di copertina Lago di Sils – Photo Bertie Wooster


PREFAZIONE

Mario Aliprandi autore è una continua sorpresa poiché la sua forza creativa letteraria mi entusiasma sempre e di solito non manco mai di leggere, con spasmodica curiosità, ciò che stila sulle pagine delle pubblicazioni.
Non sono invece sorpresa delle sue chiare esternazioni di emozioni e sentimenti, ma mi sorprendo sempre di come riesca a farmi sorgere tutte le volte la domanda se ciò che scrive è autobiografico oppure solo frutto di fantasia, di immedesimazione o solo di racconto immaginario. Non me lo dirà mai e non lo saprò mai… e sorrido!
La colpa, se così si può dire, è sua, poiché scrive sempre in prima persona per cui credo sia normale che il lettore si ponga la domanda.
Mario non disdegna nulla di ciò che è rapporto umano, con il genere femminile in particolare lo fa sempre con la delicatezza che gli è congeniale, sfuggendo sterili tecnicismi oggi tanto di moda, ma che spesso falsano l’autenticità del sentimento stesso.
L’efficacia delle sue prose forti ed intense manifestano una perfetta simbiosi tra l’animo sensibile che le genera, e la mano che le scrive che non è mai prigioniera di schemi precisi, di retoriche, di compiacenze, ma di pura libertà espressiva.
Il linguaggio sempre elegante, si sviluppa in parole leggiadre, libere, spesso colme di sensualità, mai volgari, parole che tante donne vorrebbero sentirsi dire dall’uomo amato.
Mi torna in mentre la classica frase “la donna non si sfiora neppure con un fiore”, ecco, penso che Mario Aliprandi abbia fatto sua questa “semplice frase” che raccoglie tanto sul comportamento da tenere da un uomo verso la donna.
Se è poi vero che ogni autore vuole trasmettere e suscitare emozioni nel lettore, è anche vero, che ognuno di noi percepisce in modo diverso ciò che legge e le vive quindi secondo il proprio sentire.
Cerco di non lasciarmi influenzare dunque dal valido legame amicale che ci unisce per lasciarmi andare a considerazioni che esulano appunto dal nostro rapporto e di entrare completamente nello scritto.
Cris, la protagonista insieme all’autore, è considerata la donna per eccellenza. Viene descritta con minuziosità di particolari; bellissima ed intrigante, dolce e sensuale, allegra e decisa, sembra fuoriuscita da quelle pagine dei periodici di bellezza che spesso ci vengono propinati, ma Cris è ancora meglio, perché ha il sole dentro, veste di giallo e tutto ciò che l’accompagna è giallo, come il sole d’estate, come il colore della spensieratezza e del calore umano.
L’autore si sofferma sui gesti che spesso le donne compiono, come stendere sul letto i vari vestiti per scegliere poi quello adatto per un appuntamento importante, come raccogliersi i capelli con un nastro di velluto, togliere la camicetta con legacci, insomma, l’autore non elemosina in descrittive che mi portano nel mondo femminile, come se vedessi con i miei occhi le azioni di vita quotidiana.
Trovo molto valida e di attualità le perplessità che l’autore si pone sulla differenza di età, il peso dei pregiudizi dei genitori della ragazza, la responsabilità stessa del protagonista di avere al fianco una donna molto più giovane, ma poi, forte di un sentimento puro, tutto viene superato… nessuna età può scalfire la legge del cuore.
Il protagonista trova nella sua Cris l’amore desiderato e non rivanga più gli amari ricordi delle stagioni passate, si fanno ormai strada nuovi orizzonti, dolci pensieri e teneri bozzetti colorati di un nuovo mosaico di vita ed allora ecco la scelta di un anello con pietre particolari su un disegno personalizzato, dimostrando come l’accuratezza dei particolari sia sinonimo di attenzione verso la persona amata. Il protagonista non sceglie una pietra a caso, non sceglie un gioiello già pronto, ma lo progetta, lo crea appositamente per lei, solo per lei, ecco perché non può essere per nessun’altra donna, solo lei, solo Cris, lo può infilare al dito.
Il viaggio a Parigi è la panacea degli amori ma troppo limitativo per una donna come Cris, non ci può essere solo quella… forse banale sorpresa, infatti, ne resta un po’ delusa e non sa che una sorpresa immensa l’aspetta, legata purtroppo ad un destino crudele.
Un crudele destino per una donna così eccezionale, desiderata, voluta, amata.

“La vita sceglie la musica, noi scegliamo come ballarla1

Ecco che l’autore con un abile “colpo di tastiera” cambia scenografia e ci immerge nel periodo tremendo della pandemia (ancora in corso ahimè) del Covid-19 che ha colpito tutto il mondo, in Italia, in particolare noi della Lombardia.
In una prosa che parla soprattutto di amore, riuscire ad “infilare” una pagina di storia vissuta e dolorosa, senza che ne scalfisca la leggerezza del testo, non è poca cosa.
Non entro nei particolari descrittivi della pandemia, poiché l’autore sviluppa egregiamente il dramma che probabilmente sarà letto anche nella futura storia del nostro Paese. Lo fa con minuziosità di particolari ed addirittura dando una sua personale posizione sulla cura, o meglio, sulla scelta della cura degli ammalati.
Nella storia l’autore riesce a collocare anche la scenografia descrittiva di un luogo a lui caro, l’Engadina, della quale troviamo sempre tratti nelle sue pubblicazioni. Scopriamo così, ancora una volta, un luogo sempre diverso nelle sfumature dei suoi laghi, dei suoi monti, dei suoi sentieri che egli ama particolarmente e che fa amare a tutti noi.
Anche questa volta Mario Aliprandi racconta una storia avvolgente che personalmente ho divorato, cercando di arrivare alla fine il più presto possibile. Mi sono avvolta nella curiosità del finale non riuscendo ad accettare un destino così crudele, dovevo per forza trovare qualcosa di positivo, di speranza.
Mario Aliprandi lo regala questo finale da cultore delle tradizione del sud, della duttilità della fantasia, della suspense del surrealismo, della favola bella che vuole sempre un lieto fine…lui lo fa, regalando un’immagine che ci sorride e che dà speranza ad un “aldilà” che “forse” esiste per davvero, e che bello sarebbe se avessimo davvero dei messaggeri di speranza e di mancate missive!

“Lo spaventò il sospetto tardivo che è la vita, più che la morte, a non avere limiti2”.

Sembra che l’autore, con la chiusa positiva, voglia accompagnarci per mano sul sentiero della speranza, del dialogo con i nostri cari. Il filo invisibile che ci ha unito in vita non si può recidere con la morte, anzi, viene rafforzato col tempo e con la fermezza che loro sono con noi, per sempre.

Carla Colombo
(Artista)


1 John Galsworthy.

2 Gabriel Garcia Marquez. “L’Amore ai tempi del Colera


All’ombra delle favole (L’anello mancante)


A
C B

dopo averti incontrata
niente mai più come prima


Dove cammini
non c’è girasole
che non si volti

Mentre indossava un paio di mutandine di cotone bianco si avvicinò al lungo specchio dell’armadio a guardare con una punta di orgoglio le sue forme. Chi aveva creato quel corpo sapeva bene il fatto suo, ogni cosa era al suo posto, perfetta. Le lunghe frenetiche gambe, il fondoschiena a cui diede un’occhiata compiaciuta girandosi di trequarti, era colpa-merito suo le occhiate, i commenti, i fischi di ammirazione dei ragazzi che incrociava per strada, che la facevano avvampare in volto, ma dentro di sé si sentiva inorgoglire. Il ventre a cui erano sconosciute parole come smagliature e dieta era piatto, levigato. Ma il creatore di questa perfezione aveva dato il meglio di sé con il seno, generoso, eretto, un ovale perfetto, dove un’areola di un rosa antico prominente, estesa, custodiva al suo centro un capezzolo grande pronunciato, un bocciolo di rosa, profumato di primavera e che come la primavera, sembrava dovesse sbocciare lì lì da un momento all’altro. Cris si voltò verso il letto ricoperto fino all’inverosimile dei suoi vestiti. Pur sapendo già quale avrebbe indossato, li aveva come sempre tirati fuori tutti, ma come previsto, lo sguardo cadde subito sul prescelto: un tubino di cotone giallo, corto, aderente, con dei volant bianchi sulle spalline. La cosa non era casuale, oltre al fatto che fosse del suo colore preferito, il giallo era per lei quasi una ossessione, (nella sua vita era presente dappertutto: sulla tazza della colazione, il copriletto, una parete della sala, le lenti degli occhiali da sole, ogni suo più piccolo accessorio era di questo colore) sapeva che anch’io lo adoravo in modo particolare… è vero, con quel fisico poteva indossare anche una tuta unta da meccanico e sarebbe apparsa seducente, ma era quello che più di altri, cadendogli morbidamente addosso, riusciva a mettere in luce le sue forme esaltandole. I capezzoli erano la parte del suo corpo che più amavo e quel vestito giallo li valorizzava, come nessun altro. Lei lo sapeva, sapeva bene che avrei trascorso la serata a fare ping pong tra i suoi occhi maliziosi e quei capezzoli sfrontati anche attraverso un vestito. A questo pensiero un sorriso di gioia comparve sulle sue labbra vermiglie mentre passava un asciugamano sui lunghi capelli che ancora le gocciolavano sulla schiena. I suoi occhi: due pozzi verdi, trasparenti, penetranti, coloravano la stanza.


Eravamo insieme tutto il resto
l’ho dimenticato
Walt Whitman

Io intanto, a qualche chilometro di distanza, uscivo soddisfatto da una gioielleria con in mano un piccolo astuccio di velluto rosso, all’interno, su disegno abbozzato da me, un gioiello fatto su misura per lei, un anello con incastonata al centro una grande Sfene gialla del Madagascar, taglio marquise, arricchita ai due estremi, appena più piccole, da due Sfene Capelinha del Brasile, dello stesso colore dei suoi occhi, verde limetta, la varietà più bella e rara di questa pietra. La trasparenza, di questa gemma, il suo fuoco, simile a quello del diamante, i suoi riflessi, ne ero certo, l’avrebbe stupita, lasciata a bocca aperta. All’interno, incisi, la data e unite da un cuore le nostre iniziali. Cammino a trenta centimetri da terra mentre mi avvio verso casa indifferente al mondo che frenetico mi scorre accanto: un uomo che abbassa la serranda del suo negozio; un pensionato che porta a spasso il suo cane; signore impellicciate, di buona famiglia, che a bordo di suv di lusso fumano distratte una sigaretta dopo l’altra mentre aspettano che i figli escano dalla palestra e sul marciapiede di una via laterale, appena nascosto, bellissime ragazze dell’est, timorose, poco più che adolescenti, ma che complice un abbigliamento curato ed un trucco efficace, recitano scene da donne vissute, sono lì, chi per scelta, chi costretta, a vendere il loro corpo, ad offrire, per qualche decina di euro sesso veloce e di scarsa qualità a giovani annoiati che vivono questi incontri come riti iniziatici, prime trasgressioni sulla strada che dovrebbe portarli a sentirsi adulti. Il mio pensiero è rivolto a lei, alle sue labbra turgide, al desiderio di consumarle di baci, di mangiarle tutto il rossetto matte trasparente, nude, che ci scommetto, lei sfoggerà questa sera. Lassù, una luna distratta giocava a nascondino con le nuvole.

È il diciassette maggio di qualche anno fa oramai. Cris compie gli anni, è una donna, per cui, sebbene ancora giovane, non si rivela l’età. Io invece ho qualche anno in più, in verità molti di più, il che all’inizio del nostro rapporto mi aveva messo molti dubbi, ma lei non aveva sentito ragioni, non è che non se ne facesse un problema, semplicemente non ne vedeva, anche quando tentai di parlarle di famiglia, di eventuali figli, dell’istinto di maternità che prima o poi anche in lei si sarebbe manifestato… Le dissi ridendo che non volevo fare la stessa fine di Charlie Chaplin che diventato ancora papà ad ottant’anni diceva di sé: “Riesco ancora a fare dei figli, ma non ho più la forza per tenerli in braccio”, ma lei era pronta a ribattere a tutto, capace di demolire ogni ostacolo, ogni muro che cercavo di erigere, senza scomporsi, con due parole, una battuta, con una risata: “Sei uno scemo lo sai vero? E comunque, semmai ne riparleremo quando il problema si proporrà, in amore non ci sono regole, comandamenti, non esiste vecchiaia”; poi continuando: “il cuore non ha rughe e a proposito del tuo Chaplin, lui diceva anche un’altra cosa: «Un giorno senza un sorriso è un giorno perso», andiamo a letto e lascia fare a me, ci penso io a farti sentirti giovane… sorridi nonnino che a te di giorni ne sono rimasti davvero pochini”.
La sua “jeux de vivre” era così contagiosa, così entusiasmante, poi c’era quel seno, già la prima volta ne ero rimasto ammaliato, il seno è del corpo di una donna, la parte più anarchica, arrogante, ha un temperamento tutto suo, spigoloso, scorbutico a volte, dolce e accattivante altre. Quello di Cris è tutte queste cose insieme, carattere e forza, dolcezza e vigore… alla lunga finii con il cederle. Dicono che ci sono cose contro cui non puoi combattere, che l’amore è una di queste, e allora; fanculo alle paure e ai tentennamenti, tutto sommato se fosse andata male, chi aveva da perderci ero solamente io, lei avrebbe avuto tutto il tempo per ricostruirsi una vita, per ricominciare. Mi lasciai andare, facendomi coinvolgere dal suo entusiasmo, buttandomi in questa storia con tutto me stesso, pensando che dopo anni di rapporti complicati da una parte, e deludenti dall’altra, fosse arrivata anche per me la donna giusta, quella che avrebbe dato una scossa, una svolta importante alla mia esistenza. Per la prima volta indifeso, ma contento di esserlo, mi affidai completamente a lei, dicendole fa di me quello che vuoi, sono un foglio bianco fra le tue mani, disegnami e se non ti va distruggimi… cancellami e ridipingimi come meglio credi. La mia vita prima di te era un’accozzaglia di note, che la tua presenza trasforma in melodia, adesso colorala pure a tuo piacimento… Cris sarebbe stata la mia rivincita. Ma da qui a chiederle di sposarmi, no. Fino a qualche mese fa vedevo un passo del genere come un salto nel vuoto, nell’abisso, per quanto mi sforzassi di guardare tutto con occhi positivi, la differenza d’età aveva il suo peso, frenava ogni proposito, metteva nell’animo dubbi, incertezze, paure che mi facevano desistere, poi ero così abituato ai miei spazi, all’armadio tutto per me, l’idea di dividerlo con altri mi paralizzava. Intanto però, il tempo passava, gli anni trascorrevano e il nostro rapporto a dispetto delle mie paure, degli ostacoli che vi sovrapponevo si rafforzava diventando ogni giorno più profondo, intimo, diventando noi ogni giorno più complici, affiatati. E poi, c’erano loro, i miei sogni, i miei sogni che si ostinavano, testardi a rimanere tali, che non avevano alcuna voglia di conformarsi alla mia età, di invecchiare con me. Così, eccomi qua!

Ma se dovevo fare questo passo, dovevo farlo a modo mio, doveva essere qualcosa di fantastico un momento unico per lei! Chiederla in sposa il giorno del suo compleanno mi era sembrato un buon punto da cui partire, un’idea bellissima, una sorpresa bellissima e tale doveva essere. Quello che avevo in mente non era una cosa facile da realizzare è vero, ma proprio per questo, da settimane stavo pianificando tutto dedicandomici anima e corpo, investendo in questo progetto tutte le mie energie. La sorpresa doveva essere totale, malgrado ciò, avevo cominciato, così, come per caso, ad introdurre nei nostri discorsi, qua e là, accenni ad una vita in comune… il piacere di svegliarsi insieme al mattino, il desiderio di trovare i suoi occhi quando aprivo i miei, alternandolo con un altro argomento a lei sensibile, la voglia di un viaggio assieme, una vacanza in una citta romantica. Era un’esca perfetta per il piano che avevo deciso di attuare, per la serata che ci aspettava.
Lei c’era cascata come una pera matura. Da giorni la sua ansia era aumentata in modo esponenziale, si percepiva nell’aria; sperava, lo so, che il mio regalo fosse l’anello con cui la chiedevo in sposa, ma aveva una fottuta paura di aver frainteso i miei segnali al punto che era lei adesso ad eludere l’argomento per timore di ricevere una delusione, di risvegliarsi da quel sogno latente con cui oramai conviveva da tempo.

[continua]


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