Il segreto della piramide d’argento

di

Marina Risté


Marina Risté - Il segreto della piramide d’argento
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
15x21 - pp. 218 - Euro 13,50
ISBN 978-88-6587-0693

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In copertina: Pyr 02 © Pete Linfort – Fotolia.com


Prefazione

“Il segreto della piramide d’argento” di Marina Ristè è un romanzo che si alimenta con un continuo gioco narrativo tra passato e presente e si dipana in un costante alternarsi tra realismo e visioni immaginifiche fino a toccare il culmine attraverso contatti con entità aliene provenienti da una nuova Atlantide, chiamata Atlanius, rifondata dopo che il suo popolo ha vagato nello spazio ed ora sta cercando di riportare nel suo luogo originario la famosa “piramide d’argento”, trafugata dal traditore Certix.
Tutto ha inizio con la giovane Lucrezia che, dopo una delusione d’amore, decide di dare un colpo di spugna alla sua vita: si trasferisce a Boston ed inizia a lavorare nel laboratorio del Museo d’Arte. Poi incontra Lucas che le rivolge amorevoli attenzioni e tra loro nasce una relazione sentimentale.
Lucrezia però è una ragazza che colleziona flirt ma nel momento in cui si accorge che può nascere un sentimento profondo, entra in gioco la difesa della sua “voglia di libertà” che le impedisce di coinvolgersi e la dirotta verso un irrazionale desiderio di “sentire nuove emozioni”.
Sarà proprio lei che, dopo aver visto una luce abbagliante, verrà contattata da un extraterrestre che si chiama Romix ed è il capitano dei servizi segreti interplanetari per la salvezza dell’umanità: è in missione con l’incarico di ritrovare la piramide d’argento e riportarla al suo posto su Atlanius ma, per fare questo, ha bisogno di un essere umano e chiede a Lucrezia di aiutarlo a trovare la piramide. La stessa sorte toccherà anche a Belinda, sua collega nel laboratorio d’arte.
In un susseguirsi di strane apparizioni, accadimenti ai limiti dell’indescrivibile ed eventi impensabili, nonché di colpi di scena che ricondurranno alla storia della piramide, Lucrezia e Belinda saranno condotte in diverse epoche del passato: nella cripta di un monastero medioevale, nella stanza di Re Luigi XV, alla corte di Maria Antonietta fino al Mausoleo di Teodorico dove, finalmente, Lucrezia inizierà a far luce nella sua mente ed a comprendere tutto ciò che è accaduto: le immagini di luce abbagliante, le visioni oniriche e gli strani ed inquietanti personaggi incontrati durante i “salti nel passato”, diventano nitidamente comprensibili e capisce chiaramente il significato profondo di quell’intreccio spaventoso di eventi, a volte, inspiegabili. Tutto era avvenuto per uno scopo preciso e comprende il motivo per il quale era stata “scelta” per vivere quell’avventura ai “confini del tempo”.
Alla fine di questi viaggi spazio temporali, Belinda si innamorerà e Lucrezia troverà finalmente la felicità nell’abbraccio del suo amato.
Ciò che caratterizza la narrazione è un sottile filo segreto che lega tra loro i vari protagonisti del romanzo che saranno strenuamente impegnati nella mirabolante ricerca della piramide d’argento, simbolo dell’energia dell’amore che si intreccia appunto con le due storie d’amore tra Lucrezia e Lucas, Belinda e il capitano Romix.
Muovendosi, senza tregua, sulla linea di confine tra romanzo d’avventura e fantascienza, Marina Ristè racconta la sua storia incredibile, con forza d’immagini e ritmo incalzante, sempre in equilibrio tra ragione e sentimento senza mai allentare la tensione narrativa.
Alla ricerca della verità, i protagonisti seguono l’itinerario precostituito che regala, qua e là, stuzzicanti episodi legati soprattutto alla complessa figura di Lucrezia: la sua segreta fragilità e, ancor più, le sue debolezze tremendamente femminili.
Marina Ristè offre un romanzo dalla trama accattivante e pervaso da una perfetta dose di romanticismo che segue un ritmo veloce, quasi senza respiro, nel quale la realtà viene ammantata da atmosfera fantastica e capacità visionaria.

Massimiliano Del Duca


Il segreto della piramide d’argento

CAPITOLO PRIMO

In quella bellissima sera d’estate mentre la notte stava scendendo, la collina più alta della valle sembrava immersa nel blu; tutto intorno si ricopriva di ombre splendenti sotto i raggi della luna che diffondevano un’atmosfera meravigliosa e dolcissima.
Come in una favola, nel silenzio si sprigionava una grande magia d’amore; eppure qualcosa di misterioso stava accadendo.
Illuminati da una luce argentea, le stelle brillavano come pietre preziose; intanto una coppia di innamorati si scambiava tenerezze.
Lucrezia rivolse gli occhi al cielo fissando quel magnifico spettacolo e sospirò.
L’aria era fresca e le nuvole ondeggiavano come lievi veli di seta; mentre teneva Gimmy per mano, ogni tanto sorrideva felice per quell’amore.
Camminavano teneramente abbracciati quando si sentirono un po’ agitati; però senza sorprendersi troppo, pensarono di essere molto emozionati.
Così in quel preciso istante, furono avvolti da un’insolita sensazione; era qualcosa di strano. in una situazione apparentemente normale, ma che improvvisamente cambiò.
Cosa poteva essere?
Il silenzio che regnava tutto intorno si riempì di rumori: le foglie spostate con forza dal vento e il fruscìo dei rami diffondevano in quell’atmosfera di sogno, una triste inquietudine tetra e malinconica.
Un lampo nel cielo oscurò la luna, che all’improvviso si mostrò diversa incominciando a divenire nebulosa e grigia, quando poco prima era color giallo limone.
All’improvviso iniziò a girare su se stessa ricoprendosi di striature arancio e rosse e poi ritornò di nuovo gialla con macchie verdi e puntini luminosi che sembravano buchi di esplosioni; alzando gli occhi al cielo, Lucrezia tentò di stare calma mentre incominciava a parlare.
«Gimmy! Guarda la luna! Cosa può essere? Non vedi che ora è diversa da prima?»
Ma il ragazzo non accennava a rispondere e la donna scombussolata più che mai, continuò:
«Gimmy! Gimmy! Gimmy! Non hai visto quei colori? Non saranno per caso esperimenti nello spazio? Qualcosa che la Nasa compie senza che ne sappiamo nulla? Oppure un’invasione extraterrestre?»
Però con quelle parole aveva impressionato l’amico che le camminava accanto; infatti si era fermato a guardarla con un’espressione interrogativa provocandole sensazioni contrastanti.
Poi silenziosamente e stringendole la mano più forte, l’uomo accelerò il passo trascinandola via; con quel gesto brusco, Lucrezia stava perdendo l’equilibrio e, urtando contro un vaso, stava per scivolare.
«Ma che ti prende ora! Non sai più camminare?»
«Che dici scemo!»
«Ehi carina! Modera i termini!»
«Scusa, ma sembra che ti abbia morso la tarantola!»
«Finiscila di blaterare! Vuoi far svelta?»
E dicendo quelle parole la tirava con forza sballottandola di qua e di là.
«Ma che hai?»
Però Gimmy sembrava non ascoltarla e continuava a camminare verso la porta d’ingresso.
«Ehi! Ma vuoi smettere di strattonarmi? Non sono una bambola di stoffa!»
Giunti all’entrata, una sensazione incomprensibile li avvolse e si fermarono fissandosi negli occhi; così, con una naturalezza che sembrava un po’ forzata, l’uomo si rivolse a Lucrezia:
«Non avrai detto sul serio! Non sai che di quelle cose non si può parlare?»
«E perché? Cosa credi, non mi fanno paura gli extraterrestri!»
«Ah no?»
«E perché dovrebbero? Che ne sai tu, come sono!»
La ragazza finì la frase scrutandogli il volto che aveva modificato l’espressione, ma non fece in tempo a notarla perché Gimmy si girò velocemente nascondendo il suo viso fra le ombre.
Poi, continuando a parlare e cercando di minimizzare quella paura che sentiva nel cuore, gli chiese ancora cosa avesse:
«Dài tesoro, mi fai male; che ti succede stasera?»
«Non è niente, cara, forse ci fa effetto l’emozione.»
«Non ne sono del tutto sicura. Penso che gli extraterrestri t…»
«Lascia stare questi discorsi; e poi, a cosa servirebbero? Soltanto a rovinare la serata a due innamorati.»
«Ma non ascolti nulla?»
«E cosa dovrei sentire?»
«Questo suono! È come un sibilo.»
«E dài che non c’è niente, credo che in quella festa, la musica ci abbia fatto diventare mezzi sordi.»
«Ma ci siamo rimasti soltanto mezz’ora! Poi siamo andati al concerto dei Clains.»
«Perché, ti sembrava meglio? Eravamo proprio accanto alla cassa dell’amplificatore, per poco non mi ha sfondato i timpani.»
«Sì, ma la luna? I colori che la ricoprivano? Perché ora non ci sono più? Che succede?»
«Ma dài, forse è stato l’effetto dei riflettori che ti hanno abbagliato.»
Mentre la ragazza appariva turbata, Gimmy continuava a parlare tentando di deviare il discorso chiedendole di rimanere insieme ancora per un po’.
«Dài non pensarci, sali a prendere un bicchiere di vino con qualcosa da mangiare.»
«Ora non mi va più, quest’atmosfera mi disorienta.»
«Non penserai male, spero! Il vino non è una scusa! Assaggerai qualche salatino al formaggio del forno qui all’angolo che sono buonissimi.»
«Però non vorrei far tardi, domani avrò una giornata pesante.»
«Non ti preoccupare, voglio soltanto restare un po’ da solo con te; sai, tutta quella gente al concerto mi ha innervosito.»
«Perché non mi dici la verità?»
Sentendo quelle parole, il ragazzo s’irrigidì e le domandò con tono arrogante:
«Cosa vorresti dire?»
«Hai capito benissimo, parlo di Samuela e Carlo.»
La voce della ragazza aveva pronunciato quella frase con l’ironia di chi ha paura, ma Gimmy, che si era girato di scatto, rimase immobile a fissarla e poi…
«Pensi che ne sono ancora innamorato?»
«Sì, non sei felice con me! Sono sicura che stai pensando ancora a rappacificarti con quella! Non lo sopporto.»
«Non è vero!»
«Invece credo di sì! Ti ricordi quando, in passato, mi chiedevi in continuazione se volevo tornare con Franco?»
«Uffa! Ancora con questa storia! Non ricominciare che mi hai stancato!»
«Dimmi che motivo avevi di fissare quei due come se volessi andare a dividerli!»
«Sono tutte cose che ti stai inventando!»
«Beh, spiegami perché non facevi altro che girarti dietro come un cane bastonato!»
«Uffa! Me ne vado! Tornatene da sola a casa, la macchina ce l’hai, quindi…»
«Ah è così?! Ricordati che però domani partirò e non mi troverai!»
Lucrezia aveva pronunciato quelle parole sperando di provocare qualche effetto, invece l’uomo incominciò a ridere e prendendola in giro rispose:
«Sì! Lo dici sempre! E poi non te ne vai mai da questa città sperduta nell’Arizona!»
«Puoi anche non credermi! Sarà peggio per te!»
La ragazza spazientita, si avviò al parcheggio mentre Gimmy continuava a guardarla in silenzio; però trascorsero soltanto pochi minuti che realizzò cosa stesse accadendo, gridò:
«Lucrezia! Aspetta!»
Ma la domanda di Gimmy non ebbe risposta perché la donna continuava a camminare senza voltarsi; così l’uomo iniziò a correre finché le fu accanto.
«Che hai detto? Domani te ne andrai? Non dirai sul serio!»
«Sì! Ma non mi ascolti? Sono stata all’agenzia e ho già preso il biglietto!»
«E per dove?»
«Non deve interessarti, voglio dimenticarti e ricominciare tutto in un’altra città.»
Il ragazzo diventò rosso di rabbia e le fece paura quando le ripeté:
«Quindi Carlo e Samuela erano una scusa! Ti servivano soltanto per evitare di sentirti in colpa!»
«Ti stai sbagliando! Volevo dirtelo e chiederti di venire con me.»
«Sì, e il mio lavoro?»
«Che problema c’è, per un commerciante di acqua minerale! Non otterrai sicuramente prestigio e gloria! È un lavoro come un altro. Per i primi tempi avresti potuto fare il cameriere, l’autista o qualcosa di simile.
«Sì, il morto di fame! Ma dove vivi, cocca!»
«Se pensi questo vuol dire che non mi ami!»
«Che discorsi sono! Non posso lasciare il mio lavoro dall’oggi al domani!»
«Chi ti dice che non ti avrei chiesto di raggiungermi più tardi? Forse dopo qualche mese, ma ora non sono più sicura di volerlo!»
«Vedi che sei tu a non amarmi! Avevi soltanto bisogno di un motivo valido per lasciarmi!»
«Ma cosa hai capito?»
«Che sei stanca di me e vuoi rivoltare la frittata!»
Sentendo quelle parole, Lucrezia avvertì una fitta al cuore perché di Gimmy si era innamorata davvero; così tremando per l’emozione cercò tutte le sue forze per nascondere il suo dolore e disse:
«Non è possibile! Che schifo! Dimenticami perché mi hai dato la conferma! Samuela non ti fila più!»
«Basta, sei insopportabile! Stai facendo la scema!»
«Che hai detto?»
Lucrezia lo afferrò per la manica della camicia e poi, cercando di schiaffeggiarlo, gli cadde fra le braccia; così Gimmy l’attirò a sé per baciarla e Lucrezia stordita non capì più nulla.
I minuti di smarrimento la fecero ricredere e dimenticando l’atmosfera insolita che l’avvolgeva, sorridendo disse:
«Brutto stupido che sei! Non vedi che pendo dalle tue labbra?»
«Ma che stiamo facendo? Samuela e Carlo non sono importanti! Questa è soltanto paura d’amare!»
Così, si abbracciarono teneramente e si avviarono insieme a casa.
Però non fecero in tempo a salire gli scalini di pietra davanti alla grande veranda piena di vasi con bellissimi fiori che una scia di vento caldo li investì facendoli tossire; cercando di voltarsi per ripararsi dalla polvere, Lucrezia, impaurita, si strinse a Gimmy, ma lo sentì freddo come il marmo.
«Che sta succedendo?»
«Non lo so, ma sento qualcosa di caldo e forte che mi stringe lo stomaco.»
«E come fai a dirlo, se sei freddo! È troppo strano, mi sembra d’impazzire!»
Comunque la donna continuava a camminargli accanto senza vedere che l’uomo stava cambiando umore e arrossiva paurosamente; non riusciva a notarlo perché Gimmy era nascosto dalle ombre.
Sembrando quasi impietrito rimanendo in silenzio, stentava a respirare; comunque Lucrezia non avrebbe mai immaginato di vedere una cosa simile.
Infatti, quando Gimmy si voltò le fece paura; intorno agli occhi era pieno di brufoli con la pelle raggrinzita.
E l’effetto di quella visione fu tale che la sconvolse e sbiancò di colpo.
Lentamente indietreggiò per guardarlo meglio e notò che era di nuovo diventato pallido e leggermente violetto.
«Ehi! Ma che hai?»
«Andiamo a casa! Ho delle pillole!»
«Non capisco! Che ti senti?»
«Non fare domande e vieni con me!»
«Questa storia non mi convince neanche un po’, è tutto troppo strano! Apparentemente la serata è perfetta, ma se penso a quello che d’inspiegabile sta succedendo, mi vengono i brividi! Prima il vento caldo, poi la luna che cambia colore! Ma cos’è?»
«E che ne so, sembra incredibile anche a me.»
Poi in un momento tutto cessò e Lucrezia sorpresa e ansiosamente allarmata disse:
«Chissà perché ora tutto è silenzio? Guarda quei fiori, erano freschi! Ma sembra che sia passato un ciclone; sono tutti bruciati!»
Lucrezia aveva continuato a parlare senza che Gimmy l’ascoltasse; infatti era stato inutile perché sembrava isolato e a mille miglia di distanza.
Non le rispondeva, e cercava di affrettare il passo come se avesse paura di qualcosa; guardandolo senza capire, la donna avvolta da strani brividi di tensione nervosa lo sentì dire:
«Dài, corri!»
«Ma che hai, sei impazzito?»
«Sta’ zitta e non fare domande! Entra in casa e non lamentarti!»
«Non ti riconosco più, mi fai quasi paura! Non so cosa mi sta accadendo!»
«Invece lo sai benissimo! Voglio stare con te questa notte!»
«Beh, ci voleva tanto? Che scena da melodramma!»
La donna sembrava che parlasse da sola perché il suo fidanzato non lasciava trasparire nessuna emozione di amore; così non aggiunse nient’altro, ma nel silenzio si agitava sempre di più.
Tentando di non far capire quell’ansia che la tormentava, ricominciò a parlare:
«È normale andare a letto insieme fra due che si piacciono, però quello che sta accadendo non me lo sono inventata! E non puoi nasconderlo neanche tu!»
Ormai in casa, chiudendo la porta velocemente, si avviarono nel soggiorno.
L’uomo era arrogante e la strattonava con dei modi bruschi che Lucrezia non ricordava; così la ragazza tentando di allontanarsi esclamò: «E non spingere in questo modo! Che ti prende ora?»
«Sdraiati sul divano che vado a prendere il vino!»
Udendo quella risposta, Lucrezia ebbe paura di quel tono e per nasconderlo alzò la voce più forte:
«Ehi cocco! Non darmi ordini o non se ne fa niente!»
Ma le sue parole quasi non giunsero all’orecchio dell’uomo che lasciandola nel silenzio della stanza, se n’era andato.
Improvvisamente dal piano superiore, si sentirono le note di una romantica canzone d’amore; eppure c’era in quell’atmosfera qualcosa d’irreale.
Ascoltando quella dolce melodia, la ragazza non poté che riflettere commossa per non avergli comunicato la partenza del giorno dopo; però, trascorsero soltanto pochi minuti e Gimmy ritornò nella stanza.
Quando lo vide arrivare fermandosi sulla porta con una bottiglia e due bicchieri in mano, notò che Gimmy aveva un ghigno di soddisfazione sul volto che ora le appariva olivastro; in quel momento Lucrezia, tentando di mostrarsi allegra e serena, gli chiese:
«Non avevi detto che mi avresti fatto assaggiare i salatini?»
«Se aspetti, li vado a prendere! Però il vino ci farà da aperitivo!»
«Sì, alle tre del mattino!»
«Uffa, sei una lagna! Non ti va mai bene nulla, ma non pensi che voglio una notte speciale?»
«Sicuro! L’ho capito benissimo, ma…»
«Che ma e ma! Non ti lascio andare.»
E con la rabbia di un esaltato, il ragazzo si avvicinò e le slacciò la camicetta; però Lucrezia non si sentiva tranquilla, quell’uomo non le sembrava nemmeno più la stessa persona.
Aveva gli occhi fissi, gelidi come il ghiaccio e non esprimevano dolcezza; rimaneva a guardarla brontolando sottovoce qualcosa.
«Che ti prende? Non sei mai stato così e non voglio fare nulla in questo modo!»
«Cosa vorresti? Carezze e baci? Tutta roba per poveri illusi, arretrati di cent’anni.»
La ragazza lo fissava senza capire quel suo strano discorso, mentre l’uomo tentava di trascinarla verso il divano.
Ma il tavolo era troppo vicino e inciamparono cadendo fra i cuscini.
«Ti decidi a collaborare? Non mi piaci se ti ritrai come un riccio! Voglio averti ora.»
La ragazza stava diventando sempre più nervosa, continuava a tentare di allontanarlo, finché ebbe un lampo di genio.
«Gimmy, che ne dici di mangiare dei salatini sorseggiando il vino? Sento un vuoto allo stomaco, credo che sia questo che mi rende insopportabile. Se non mangio qualcosa, mi verrà anche mal di testa.»
«Che strazio che sei, non vi capirò mai!»
Le parole di Gimmy erano state pronunciate quasi sottovoce, ma quel pensiero aveva scombussolato ancora di più il cuore di Lucrezia che lo vide alzarsi e andare nella stanza accanto.
Così con l’ansia che la stava assalendo, incominciò a riflettere.
«Non devo farmi prendere dal panico, ma come faccio a comprendere quel comportamento? Non riconosco più il mio ragazzo! Fa discorsi strani, sembra un’altra persona e ha gli occhi come se fossero di vetro.»
Lucrezia rifletteva su queste cose mentre avvertiva segnali di pericolo; infatti, immersa nei suoi pensieri, non l’aveva notato mentre entrava nel soggiorno.
Era apparso sulla porta con un sorriso che sembrava finto.
Improvvisamente, ebbe un sussulto.
Vedeva in quell’uomo qualcosa di strano e, cercando di non farsi prendere dalla paura, gli si avvicinò.
«Dammi quel pacchetto, faccio in un attimo.»
«Ma perché non ti distendi un po’?»
«Che pensi, che voglia farlo qui sul divano? Ti sbagli! Caro mio! Voglio stare comoda e non ti deluderò. Dài, preparami una musica meno sdolcinata di questa e mettiti comodo; appena sarai a letto, vedrai apparire la tua pupa sexy.»
Con lo sguardo incuriosito da quel cambiamento, Gimmy le diede i salatini dicendo:
«Vado di sopra, questa bottiglia ce la berremo in camera, tesoro.»
Nascondendo la sua paura, la ragazza gli rispose:
«Fai con comodo, salgo fra poco!»
Quindi lo vide avviarsi verso le scale mentre si ripeteva incredulo: “Mi sembra una buona idea. Che cambiamento! Credo che mi farà divertire come un pazzo.”
La ragazza non capiva quella situazione, cos’era successo al suo fidanzato?
Sicuramente non poteva immaginare che fosse diventato un extraterrestre.
Osservandolo, piena di paura, lo vide salire al piano di sopra mentre ripeteva sottovoce: “Sarà una notte di fuoco cara mia! Non la dimenticherai tanto presto!”
Tremando e con il cuore in gola, Lucrezia aspettò che Gimmy arrivasse in camera; così, non appena scomparve dalla sua vista, si girò velocemente afferrando la borsa e uscì come un fulmine.
Lasciando la porta socchiusa tentando di non fare il minimo rumore, incominciò a correre sulla strada per arrivare al parcheggio.
Percorse la veranda senza voltarsi indietro, respirando affannosamente e finalmente giunse all’auto.
Infilò la chiave, aprì lo sportello, si sedette alla guida e scomparve con un rombo nell’aria.
Guidava come se fosse in un rally automobilistico perché la folle paura di perdere la possibilità di partire la faceva tremare ed essere nervosa come un’isterica che parla con se stessa, ripetendo: “Dio che incubo! Perché non l’ho capito prima? Allontanandomi subito, avrei avuto il tempo di crearmi una vita da un’altra parte; comunque ora posso farlo ugualmente. Ma se non avessi avuto quel lavoro?
Però appena ebbe formulato quel pensiero, lo sostituì con un altro positivo che la rincuorò.
Ormai si stava calmando e lungo la strada non si sentiva più tesa come prima; non aveva lasciato quella sensazione di disagio, ma il pensiero di rimanere libera la fece sospirare dicendo:
“Sicuramente avrei trovato un lavoro, però entrare in quel laboratorio d’arte è la più bella cosa che poteva capitarmi. Perciò Lucrezia mia, fatti forza che tutto ricomincerà in un’altra città. Realizzerò il mio sogno! Andrò a lavorare nel laboratorio d’arte di Boston!”
E ripensando ancora alla situazione di prima. Si disse che ormai Gimmy non poteva più farle del male; era stato un incosciente, un cretino e avrebbe voluto strozzarlo.
Così con il cuore che aveva una nuova speranza esclamò: “Che lurido bastardo! Non mi vedrà più nemmeno in fotografia! Aspetta, aspetta! Che la tua bella se ne va!”
Lungo la strada, la donna guidava sicura, ma sentiva il cuore con mille battiti accelerati e nella sua mente sperava che il ricordo svanisse presto.
“Che stupida che sono, forse non so capire più gli uomini, ma questo faceva troppi discorsi incomprensibili. Chissà poi che significavano; non ci ho capito niente. Però non era questo il modo di trattarmi; anche se voleva soltanto un po’ di intimità non doveva comportarsi così! Ma che gli sarà successo, non l’ho mai visto in quel modo. C’era qualcosa di molto strano. Forse la spiegazione è legata al fenomeno della luna; ma cos’era? E perché Jimmy è cambiato in un attimo? Oh Dio, sto impazzendo! Parlo da sola e mi rispondo anche! Ma a che livello siamo arrivati, Lucrezia mia! Fai bene a partire e a non tornare in questo posto.”
La ragazza correva veloce sulla strada, ma non c’era nessuno; la gente stava ancora dormendo perché intorno tutto sembrava deserto. Infatti, quello che la rincuorava era proprio questo e le appariva come se le persone le avessero lasciato libero il passaggio per farla tornare subito a casa.
Analizzando continuamente quella storia, si sentiva agitatissima e mentre guidava non faceva altro che piangere; infatti fra le lacrime, schivò all’ultimo secondo lo spartitraffico che non aveva visto.
Poi, forse per un angelo che le venne in aiuto, sterzò in direzione di una piazzetta di sosta e si fermò di scatto.
“Dio mio, l’ho evitato per un soffio; ma cosa mi sta succedendo! Se non raggiungo in fretta casa mia e l’aeroporto, non mi sentirò tranquilla. Quello stronzo di Gimmy è stato capace di buttarmi proprio giù, ma se crede che torni indietro, si sbaglia!”
Così, pensando a queste cose, si soffiò il naso, si asciugò le lacrime e, riaccendendo il motore, arrivò proprio sotto casa sua.
La scelta di Lucrezia di partire era stata necessaria per ricominciare; infatti, decidendo serenamente senza essere condizionata dai sentimenti, partì per iniziare una nuova vita.
Sicuramente non le sembrava una cosa facile perché Gimmy era importante, ma non indispensabile; infatti, dopo che l’ebbe trovato fra le braccia di Samuela, qualcosa dentro al cuore, le si era spezzato. Gli aveva dato un’altra opportunità per farsi perdonare, ma le cose fra loro funzionavano soltanto quando si rappacificavano a letto. Che delusione però, un rapporto fatto soltanto di sesso!
Comunque la storia con Gimmy era quella più importante e durava già da un paio di anni, anche se Lucrezia, volubile com’era, cambiava ragazzo come fosse un vestito.
Quella volta però, sembrava aver trovato il tipo giusto che la soddisfaceva in tutto, sia nei regali che nell’intimità, ma soprattutto perché cercavano le stesse cose.
Era stata una relazione entusiasmante, finché non riapparve all’orizzonte Samuela; Gimmy non era mai riuscito a dimenticarla.
Infatti, quando seppe che stava con Carlo, la rabbia s’impadronì del suo cuore e Lucrezia non ebbe più pace.
Non poteva competere con la sua rivale perché era stata fidanzata con Gimmy per otto anni.
Era una donna che non si creava problemi di nessun genere, sensuale e provocante a tal punto che, appena notò Carlo, lasciò l’altro senza tanti complimenti.
E chiamatela stupida! Non si fece scrupoli a fare moine da gatta morta con l’altro, era un ottimo partito: ricco, bello e con un lavoro interessante.
Sicuramente non se lo fece scappare perché pensava di fare la modella; infatti, Carlo disegnava abiti per una prestigiosa casa di moda.
E che dire di Gimmy? Se ne restò con un palmo di naso a vendere acqua minerale.
Anche lui era pieno di soldi, ma Lucrezia lo scoprì più tardi; quando stava con l’altra, era benestante, ma non ricco come Carlo.
Così Samuela decise di non perdere quest’occasione per niente al mondo; gli si incollò addosso finché Gimmy non ritornò dal Brasile.
L’uomo c’era andato per motivi di lavoro ed ebbe una bella sorpresa.
Così, senza sospettare nulla si trovò dall’oggi al domani con un pugno di mosche; Samuela l’aveva lasciato perché si era innamorata di Carlo che ora pendeva dalle sue labbra.
Non si era fatta scrupoli di coscienza, per chi poi, per uno come Gimmy? Che non perdeva tempo a saltare da un letto all’altro ogni volta che si trovava in viaggio per affari!
Questo servì a Lucrezia decisa a sedurlo; si erano conosciuti per caso alla cena di compleanno di Giulia, una loro amica comune. Quella sera, alla festa, Lucrezia l’aveva attratto subito per la sua incredibile personalità.
Era una donna appariscente e provocante; infatti, non si fece scappare l’occasione per stare appartati in un angolo. Anche se la loro storia procedeva soltanto da qualche mese, la donna notò i suoi cambiamenti d’umore perché quando si parlava della sua ex, Gimmy diventava intrattabile.
Non c’era dubbio, non riusciva a togliergliela dal cuore.
Aveva tentato l’impossibile, ma l’amore che l’uomo provava per Samuela non svanì nemmeno quando Lucrezia gli fece capire che razza di donna fosse.
Però, come può, una fidanzata, continuare una relazione quando trova il suo uomo insieme alla sua ex?
Ecco perché, quando li vide abbracciati nel soggiorno, fece una scenata.

Da quella volta i rapporti fra i due divennero freddi; Samuela, aveva litigato con Carlo, ma si riconciliò, e Lucrezia, che non perdeva occasione per gettarsi fra le braccia di altri uomini ogni qualvolta litigava con il suo fidanzato, perdonò Gimmy, anche perché le faceva comodo.
Eppure quella famosa sera, aveva avuto un’incredibile paura; si sentiva piena di rabbia per l’accaduto e quindi non ebbe più nessun rimorso per aver deciso di andarsene senza avvertire nessuno.
Arrivò a casa con il cuore in gola per lo spavento, guidando come una pazza e quando guardò l’orologio, erano le sei del mattino.
Ormai poteva rasserenarsi e tirare un sospiro di sollievo, pensando che di lì a poco se ne sarebbe andata per non tornare mai più.
Era stata una lunga notte da non ricordare, per fortuna l’aereo sarebbe partito alle nove.
Così ebbe il tempo di prendere le valigie e giungere finalmente all’aeroporto.
Il concessionario dove aveva comprato l’auto, l’avrebbe ritirata quel giorno nel parcheggio, dopo la sua partenza.
Lucrezia non faceva altro che pensare alla sera prima, al cielo e a tutti i colori della luna; non li aveva sognati, non erano stati i riflessi di luce ad abbagliarle gli occhi, ma cosa poteva aver provocato tutto ciò? Che spiegazione c’era per un fenomeno tanto insolito? E soprattutto, quale risposta avrebbe trovato alle sue domande?
Per la gran voglia di andarsene al più presto da lì, si cambiò in fretta e infilò la camicetta di seta e la gonna alla meno peggio nella sua borsa da viaggio; indossò i jeans con il top rosso e prese il maglione bianco che era sul letto.
Portò di sotto le valigie incontrando il portiere sulle scale e si fece aiutare per caricarle sull’auto. Quindi, lasciandogli le chiavi dell’appartamento, lo salutò con un mezzo sorriso.
Non era dell’umore giusto per parlare; così, pensierosa e incredibilmente sconvolta, tentava di nascondere quello che provava dentro.
Però, l’uomo notò l’agitazione nel suo comportamento e le chiese il motivo.
«Mi scusi signorina Barrisi, ho notato che è un po’ nervosa; mi dica, è successo qualcosa?»
«No, nulla; sa com’è, l’ansia di intraprendere un nuovo lavoro in un’altra città, mette sempre un po’ di timore.»
«Capisco, ma senza dubbio è per migliorare, no?»
«Sì, non chiedo di meglio, è proprio quello che desidero, andrò a lavorare per un laboratorio d’arte.»
«Sicuramente è una bella opportunità! E dove andrà, se non sono indiscreto?»
Ma la risposta a quella domanda si perse nell’aria fresca del mattino, perché le parole pronunciate quasi sottovoce, furono sormontate dal rumore rombante dell’auto che usciva dal vialetto. La ragazza fece un gesto di saluto con la mano e scomparve dietro una curva.
Era ormai lontana quando il portiere incredulo e sconcertato tornò nel palazzo perché non aveva ottenuto nessuna risposta.
Infatti, pensava tra sé al motivo di una simile reazione.
Dopotutto non credeva di averle chiesto una cosa tanto personale. Comunque, il risultato era stato lo stesso.
Così sospirando come se fosse rassegnato a non capire più i giovani, si limitò a riprendere il suo lavoro.
Nel frattempo la ragazza correva sulla strada immaginando come sarebbe stata ora la sua vita.
Aveva percorso già molti chilometri quando, ricordando Gimmy diventò triste.
Rifletteva dentro di sé e si domandava come poteva essersi sbagliata; però si disse che prima il suo fidanzato non era così.
Il cambiamento dell’uomo avvenne proprio quella sera. Ma forse era stato meglio, non gli avrebbe dovuto dare spiegazioni e si sarebbe sentita sollevata al pensiero di ciò che gli stava nascondendo.
Ripensava all’accaduto o meglio a quello che non era successo per un soffio.
Ormai non le serviva continuare a sentirsi sconvolta per qualcosa che aveva evitato.
Così ignorò le lacrime che le stavano scendendo dagli occhi e, con un profondo respiro, annullò quel ricordo e si soffermò sul presente.
Che giornata si prospettava per Lucrezia! Ore piene di cose da fare e il riposo? Nemmeno a parlarne; all’aeroporto, avrebbe imbarcato i bagagli per poi aspettare che l’altoparlante annunciasse l’arrivo del volo.
Una volta salita avrebbe potuto dormire un po’.
Il tempo stava trascorrendo in fretta, ma quando finalmente arrivò, riuscì ugualmente a fare tutto quello che si era prefissata.
Per fortuna l’aereo partì con mezz’ora di ritardo.
Non credeva di essere riuscita a liberarsi così facilmente da Gimmy; quel ragazzo le sembrava una persona diversa da quella che aveva conosciuto, ma non poteva immaginare che sarebbe stata in pericolo ancora.
L’aereo ormai era alto nel cielo e volava in mezzo alle nuvole facendo svanire il ricordo della sera prima; finalmente lontana, Lucrezia poteva tranquillamente riposare.
Le sedevano accanto due rappresentanti iraniani in gita e due file più avanti, una coppia di giovani sposi; ecco, fra tanta gente sconosciuta, le erano rimasti impressi soltanto quei passeggeri, perché aveva sentito un’hostess salutarli calorosamente pronunciando i loro nomi.
Era lì seduta al suo posto che tentava di prendere sonno, ma le voci di quei due non le davano tregua. La disturbavano in continuazione, però non voleva essere invadente tanto più che non capiva nulla.
Però quando l’hostess arrivò con il carrello della colazione e non ebbe la forza di mangiare, le chiese se poteva ascoltare un po’ di musica.
«Sicuramente signorina, ho proprio qui un lettore di cd con le cuffie e dato che non me l’ha chiesto nessuno, lo può utilizzare.»
«Grazie mille, lo lascerò qui sul sedile quando scenderò.»
La ragazza le aveva sorriso e si era allontanata; così Lucrezia prese dalla borsa un cd e l’infilò nell’apposito sportellino.
Intanto nella sua mente si ripeteva “Per fortuna un po’ di pace! Ascoltare ancora involontariamente i discorsi di quei due e non capire niente, mi avrebbe creato soltanto disturbo.”
Lucrezia si ripeteva queste cose mentre le note la riempivano di serenità.
Quel suono riusciva a darle una sensazione piacevole facendole dimenticare il comportamento di Gimmy, lasciando che la musica guarisse la ferita del suo cuore. Infatti, il ricordo del suo ragazzo, sembrava essersi assopito e tutte le cose strane che erano accadute, non riuscivano più a turbarla. Ora, ripensando a quella storia, le appariva tutto diverso e con un altro significato. Non c’era più la paura d’intraprendere un nuovo lavoro, perché era proprio quello di cui aveva bisogno, lasciarsi alle spalle quella insolita serata con i suoi effetti incredibilmente strani.
Così, senza tante incertezze se ne sarebbe andata lontano in un’altra città per ricominciare una nuova vita.
Era così immersa fra musica e ricordi che ripeté a se stessa: “Che incredibile giornata ho trascorso ieri!”
Poi, continuando a riflettere sull’accaduto, si ripeté ancora:
“Non posso immaginare cosa sarebbe potuto succedere! Ho rischiato di avere una brutta sorpresa!”
Non conosceva quel comportamento di Gimmy e non riusciva a capire come poteva aver agito a quel modo; se avesse intuito che dietro una figura apparente da bravo ragazzo, si nascondeva uno stronzo della peggior specie, l’avrebbe mandato subito a quel paese. Ma quando incontri qualcuno, non sai mai chi hai davanti; è inutile che dai un giudizio sulle persone, non puoi mai paragonarle fra loro e dire: “Lo conosco da una vita e quindi mi fido”; oppure: “Di quello non ci si può fidare, l’ho incontrato soltanto tre volte e può farmi credere di tutto!”
Non importa il tempo che dedichi a questa persona, potresti impiegarci una vita e non capire mai niente, oppure due secondi e sapere com’è dentro al suo cuore.
Tutto quello che è importante, è dimostrarti sincero con te stesso e se senti che non riesci a comprendere qualcosa, non farti intrappolare dall’idea che poi quella stessa persona cambi, non avverrà.
Lascia andare il pensiero in un’altra direzione, perché ti stai soltanto illudendo.
Il tempo passava e Lucrezia cercava di far riposare la sua mente, ma era impossibile; i suoi pensieri si susseguivano uno sull’altro, aggrovigliandosi creandole dentro una sensazione incomprensibile.
“Chissà, forse dovrei mangiare un po’, non tocco cibo da ieri sera!”
In quel momento l’hostess disse che fra poco sarebbero atterrati e quindi, se qualcuno avesse avuto bisogno della toilette, avrebbe dovuto affrettarsi.
L’animo della ragazza si rallegrò, sarebbe incominciata ora la sua nuova vita; così, con le lacrime di gioia che le brillavano negli occhi, guardò fuori dal finestrino per ammirare il panorama. Era una giornata bellissima piena di sole e con le nuvolette bianche che si agitavano nel vento come soffici piumini dispersi nell’aria; la ragazza che ammirava il panorama dall’oblò, ebbe un’esclamazione:
«Che spettacolo meraviglioso! Non vedo l’ora di arrivare per non pensare più alla terribile giornata di ieri; non sto più nella pelle, credo che qui recupererò il tempo che ho buttato via.»
In quel momento un brusio di voci che si sentiva dai passeggeri, le annunciò che avrebbero dovuto allacciarsi le cinture per l’atterraggio; così Lucrezia si accomodò sul sedile e fece scattare la chiusura. Era quasi mezzogiorno e sulla pista che si notava dall’alto, si stavano allontanando dei pulmini che poi avrebbero accompagnato i passeggeri.
Però trascorsero soltanto pochi minuti e, vedendo la pista di atterraggio libera da impedimenti, il pilota annunciò la sua manovra per toccare terra.
Il suo umore era incredibilmente positivo, nessun’ombra di titubanza poteva ormai prendere il sopravvento, sorrideva e si sentiva felice perché era stata forte.

[continua]

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