Atomo di vita - raccolta di poesie

di

Maria Pia Renzi


Maria Pia Renzi - Atomo di vita - raccolta di poesie
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 194 - Euro 13,50
ISBN 978-88-6587-7500

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In copertina: immagine dell’autrice


Prefazione

Scrivere poesia rappresenta linfa vitale per l’animo di Mariapia Renzi che, attraverso le parole delle sue liriche, penetra nelle zone più profonde e segrete del suo essere, grazie ad un continuo scandaglio delle molteplici evidenze offerte dalle manifestazioni del vivere.
Il luogo della poesia viene vissuto intensamente, come a mettersi a nudo per “ascoltare la voce dell’anima”, sempre volendo “aprire” il suo cuore e tale intenzione lirica diventa strumento con il quale raccontare la sua vita, che è quella di “una donna che ha amato, vissuto, commesso errori, sopportato delusioni ed amarezze, sperato in miraggi lontani”.
Ecco allora che, tra brividi memoriali e ferite rimarginate, la sua Poesia diventa flusso magico che investe tutto ciò che incontra; preserva i ricordi dell’amore e degli affetti; tiene viva la fiamma scaturita dalle suggestioni naturali della terra natìa, alimentando costantemente la sua visione, fino a far deflagrare la ricchezza che Lei possiede nel suo cuore.
Il flusso memoriale vola libero ed il “profumo dei ricordi” è Luce meravigliosa che si irradia nel profondo della sua poesia: la mente ritorna al paese di Sestino, alle sue vecchie mura, con un costante riverberarsi di echi lontani, tra profumo di fieno e contadini al lavoro, campi di papaveri e le corse a perdifiato, le stelle sopra i tetti e la luna che si riflette nelle acque del fiume Foglia, il “sapore aspro delle sorbe” ed il “fischio stridulo delle primule strette tra le labbra”, la vecchia quercia che ha visto i suoi giochi di bambina ed ascoltato i suoi “sogni dorati”, fino a perdersi, con gli occhi rivolti al cielo, ad osservar le “mutevoli nuvole”.
Si percepisce chiaramente che quel mondo l’avvolge totalmente, tra memorie e sogni, frammenti di vita che ritornano a vivere nei “giorni magici” della sua infanzia, come a voler ricercare il tempo passato per “trattenere le sensazioni” e riempire il cuore di emozioni.
Ma l’inesorabile fluire del tempo muta le cose, dissolve le vane illusioni e le speranze, infrange i sogni, “gioca con i ricordi”, disperde le emozioni vissute o le relega all’ombra e, nelle sere pervase di inquietudine e solitudine, “nei sentieri più nascosti” dell’animo, in Lei emerge qualcosa di “aspro e tagliente” e si sente estranea, naufraga nel tumulto della vita, tra le ferite ed il dolore trattenuto nel cuore, dispersa nella “sottile sofferenza” che porta dentro di sé, fino a confessare: “Sono come un’edera sradicata”.
Dopo le “lacrime nascoste” e le “dolcezze mancanti”, finalmente, innalza al cielo il suo “canto libero”, in un “dolce abbandono ai ricordi” e, nel simbolico giardino del suo animo, nel silenzio che tutto avvolge, v’è la voce di Dio che consola.
Nel labirinto lirico della sua anima le parole “germogliano” e scrivere si fa atto liberatorio capace di farla sentire parte integrante di quel “silenzio” che la pervade e la “rende viva” perché il silenzio ha rappresentato la “culla” delle sue “favole”, l’urlo delle sue “preghiere” e le ha “parlato” delle cose della vita: Lei “appartiene al silenzio” e le sue parole sono quelle di una donna che vive intensamente e profondamente, illuminando “solitari pensieri” nell’“oscuro silenzio della notte”, nell’immane vortice della vita.
Come Lei stessa scrive, il poeta “incide parole nel silenzio e nel cuore”, il poeta “ascolta i sussurri del vento”, come ad immergersi in una dimensione sospesa nel tempo dove l’unica sensazione ricercata è “essere un corpo naufrago in un’anima che spazio non ha”.
L’atto di scrivere diventa volontà di penetrare nelle parole, “con rabbia e con amore”, lasciar dilatare il dolore come in ascolto di “armonie nostalgiche”, di segni rivelatori e di dolci ricordi che l’hanno aiutata a ritrovare se stessa, cercando tutto ciò che è stato lasciato “fluire”, coraggiosamente “ricomponendo i cocci di una dura vita” e che le permettano di inebriarsi all’interno del suo “rifugio”, tenendo nelle sue mani “l’essenza autentica” della vita, il meraviglioso ricordo delle persone amate, le profonde radici del passato che alimentano il quotidiano vivere e la sua profonda sensibilità femminile.
La forza lirica ed il coraggio dimostrato nella vita appartengono a Mariapia Renzi, consapevole delle proprie fragilità eppure sempre impegnata a ricostruire il meraviglioso mosaico di ricordi, tra “incanti del semplice vivere” ed i sentieri dell’infanzia, scrigno memoriale che le ha insegnato a guardare dentro se stessa ed a sognare con la purezza nel cuore, fino alla confessione finale salvifica: “Sono una donna ancorata all’amore che mi alimenta”, autentico elisir esistenziale che, con le sue fragranze magiche, cancella la fatica di vivere ed il sapore amaro della vita.
Nella lirica “Là dove si stende il cielo”, Mariapia Renzi, con delicatezza, esprime il suo desiderio: “Vorrei che la mia poesia/lasciasse una traccia del mio vivere”.
La sua Parola suscita l’animo. Il suo auspicio è stato esaudito.

Massimo Barile


Atomo di vita - raccolta di poesie


Scrivere è la parte più intensa di me che mi unisce
all’intimo mio più profondo, mi regala rifugio,
soddisfazione, non è altro che “manifestare”
“raccontare” “ascoltare” e per chi crede come me,
che non siamo fatti solo di carne, è aprire le porte del cuore e in quel silenzio ascoltare la voce dell’anima.

Mariapia Renzi


DENTRO
LE
PAROLE


A SESTINO

Quante stelle stasera,
migliaia sopra i tetti di Sestino,
ricamano penombre sui tortuosi poggi.

L’arco sottile della luna,
riflette nelle acque del Foglia.

Echi stanchi di antichi popoli
riposano tra i resti di vecchie mura.

Quanti fieni hanno profumato la mia valle,
quanti contadini ho visto sudare di saggezza,
dipingere le terre di lavoro,
vivere con le stagioni il mutar dei paesaggi,
– il risveglio fresco dell’erba, il profumo di ginestra –
– lucciole tra le spighe a vegliar la sera –
– il rimescolar di zolle tra i solchi bruni –
– alberi bianchi e spogli a sorreggere il cielo grigio –

Il tempo nasconde l’andar di dialoghi e ricordi,
giochi e girotondi.
cammina muto nelle memorie.


ASPETTANDO IL SONNO

Aspetto il sonno,
guardando nel buio.

Si apre una porta nei miei pensieri,
vorrei entrare,
ma, poi mi basta spiare da lontano
la luce fioca che ne vedo uscire.

Nel mio titubare,
il silenzio mi parla di tante cose della mia vita,
delle ferite che non vorrei ricordare
e delle emozioni che non si possono dimenticare.

Ogni respiro,
il sonno mi stringe nelle sue braccia,
ancora per poco veglierà i miei pensieri.


ASSENZE

Assenze,
accendono nel petto
tutti i dolori trattenuti nel cuore.

Come coltelli avvelenati,
trafiggono il respiro.

Son nubi grigie,
soffiano,
scompigliando l’abito che indosso.

Assenze,
aderiscono,
accompagnando il mio vivere.


BRUCIA LA FORESTA

La foresta soccombe all’oscurità,
all’improvviso brucia la sterpaglia.

Fiamme alte mutano l’odore del bosco,
lingue voraci si azzuffano per poi scappare alte nel cielo,
avanza un rosso tizzone,
cenere su cenere poi un nero carbone.

Il cielo notturno ha riempito i silenzi,
di sibili e voci,
di sirene accorse in aiuto.

Muoiono danzando i focolai rimasti,
sulla cresta dell’alba incalza un nuovo giorno,
sui rami ritratti, le dita ferite.


C’È CHI

C’è chi,
ha innestato sotto la pelle,
un’indifferenza così sottile
da coprire tutte le urla.

Stille di vita si perdono,
e si muore ancora di fame.

Sulla crosta di un muro,
ancora croci uncinate,
c’è chi,
rabbioso di tutto,
ha strappato l’anima
a chi diversa aveva la fede,
o il colore della pelle.

C’è chi trascina nella bara,
le proprie braccia,
gonfie di droga,
c’è chi soffoca nell’alcol.
Fiori malati… solo buio nei loro orizzonti.

Come pupazzi gelati,
c’è chi
ha tirato sassi
tingendo di rosso i sogni di chi,
senza difesa,
ha perso la vita per un gioco crudele.

C’è chi,
nel nome della scienza,
tutto conosce, imbriglia, uccide.

Fra tutti quelli che non sentono, che non vedono,
pochi percepiscono qualche segnale,

solo chi ama riesce a sentire,

ci son urla di dolore.


CERTE SERE

Certe sere,
ho nel cuore non so quale molecola,
aspra e tagliente,
simile al vento,
mi fa andar a cercare quei semi che sento non colti.

Certe sere,
cammino e la vita trascina i miei passi,
forestiera mi sento, tra voragini e spine.

Certe sere,
si spegne la luce,
ma gli occhi non si chiudono al buio,
son troppo pieni di lacrime nascoste,
di cose spente, di dolcezze mancanti.

Quelle sere,
pregando, parlo con Dio,
l’armonia che oscilla nella sua voce,
m’avvolge, mi consola,
mi ricorda che appartengo:
alle acque del fiume, al sole, alla luna, alla polvere.

Quelle sere,
si accende una luce,
in ogni mio angolo buio.

Quelle sere,
non di niente son fatta,
ma di tutte le cose che contano.


COLONNA PORTANTE

Da bambina a oggi,
quanti passi…
ho scalato gradini di ghiaccio,
scivolavo, finché mi hanno dato la mano.

Di fuoco, mi son bruciata,
hanno curato le mie ferite.

Di nebbia, mi son persa nella confusione,
finché negli abbracci ho trovato consolazione.

Nel mio scalare pilastri reggevano i miei scalini,
ma, il passare degli anni ha reso deboli,
coloro che erano per me colonne portanti,
possedevano tutte le risposte,
credevo custodissero i segreti di tutte le cose,
la loro forza era la mia,
ora li osservo con tenerezza,
la vecchiaia ha piegato i loro corpi,
rendendoli deboli e indifesi,
i loro occhi emanano una strana luce,
luce d’arresa, ma, anche d’intesa di chi ti saluta,
lasciandoti un’eredità.

Lacrime asciutte,
mi dicono che non è più tempo
di fare domande,
è giunto il tempo per me di dare risposte,
è giunto il tempo di essere colonna portante.


CONTRO IL VENTO

Contro il vento,
un viso coperto da un casco,
romba una moto,
copre ogni pensiero,
resta la sfida di chi affonda l’acceleratore,
sfreccia l’asfalto, fuggono gli alberi,
poi all’improvviso
luccicano nella penombra di un fosso,
lamiere squarciate.

Non ha più pagine il tempo,
il vento alza
un opaco silenzio di morte.

Un mazzo di fiori,
poi solo il silenzio.


CORRENTI ALTERNATE

Talvolta l’angoscia mi dà tormento,
mi perdo in quel gelo
e non ho più voglia di niente.

Talvolta è così forte la voglia di gioia,
mi libero del dolore,
nuovo spazio, altro vivere,
correnti alternate
si uniscono riempiendo nuovi giorni.


DENTRO I MIEI PUGNI

Sento dipanarsi la mia gioventù.

Sento di non fare più parte di alcune cose,
combatto per trovare posto in altre.

Sono come un’edera sradicata,
mi arrampico su nuove mura,
incontro punti di chiusura,
e altri di fuga.

Non posso legarmi con lacci,
non posso tendere le ali.

Stringo in un pugno detriti,
e nell’altro una storia che deve ancora venire,

e vado.


[continua]


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