Opere di

Marco Vinci Cosma


A ritroso

A ritroso, in sogno
cader vorrei
fra le ginocchia bianche
nel tuo forte abbraccio
splendido caldo
morbido sèrico;
smarrito e folle
giacer placato.

Amico passero

Passero,
amico d’istanti preziosi,
da quel pertugio
fra i mattoni
del muro scrostato
fai capolino al freddo
d’un febbraio cupo
sulla città che corre.
Mentre una foglia scende
lieve carezzando la pietra.
Non vedi che
fermo ti guardo
per carpire
quel che scalda il tuo cuore.
Il freddo è ovunque in me.
Tu…giri la testina
con moti improvvisi
verso raggi di sole
timidi e lontani…
e …sei contento…
forse…felice…
Poi…convinto d’un che,
spicchi il volo laggiù.
Cosa t’ha mosso al volo?
Forse il frusciar
delle vicine mimose,
teneri fiori tremanti
ad ogni lieve soffio d’aria,
forse un lontano sentire
che non mi giunge,
forse un echeggiar nel vento
di parole estenuate.

Desideri

Cadono la pioggia e la sera:
dentro di me
struggenti abbandoni.
Desideri,
finora compagni di vita,
lentamente mi lasciano
senza dir nulla.
Li guardo sereno,
con nostalgia l’inseguo.
Un tempo amici del cuore
per sempre con me
a lenir frustrazioni.
Li lascio andare,
senza grida o rimbrotti,
senza dir nulla…
I più fedeli
ancora con me,
pur petulanti,
mi danno conforto
e tacere mi fanno
ciò che tacqui
per l’intera vita,
pascolando lontano
i miei sogni.

Ad Aurora

Destrieri leggiadri

Con tua madre,
invocata da pensieri fecondi
sei giunta splendente,
seguita dal sole.
Ti sei dischiusa
facendomi felice,
in un’aura radiosa.
Li hai chiamati
e sono giunti,
leggiadri e scalpitanti,
per farti sentire viva
e prorompente,
anche nella fatica.
I tuoi sogni ora sospingi
e i miei sulle criniere…
a cavallo del tuo vigoroso tempo
e del mio, onusto ed incerto.-

Estasi

Amore,
sembiante divino
fatto dei pensieri più belli
del mio triste
e infecondo peregrinare
di stagione in stagione.
Levo la coltre dei sogni
e mi trovo,
curvo e solitario,
a rimirar propositi e incompiuti desideri
talmente belli
da farmi parer felice.

Filèmone

Giove non verrà
mia “Bauci”,
né ‘l messagger suo,
né altri in sua vece.
Ma ti abbraccerò
al fine,
come quercia
il tiglio desiato.

Forse è una preghiera

DIO
senza volto ma…
con il volto del tutto;
senza forma ma…
con forme dell’esistente;
invisibile ma…
visibile ovunque;
DIO
delle cieche speranze ma…
d’ogni religione;
inconcepibile ma…
nella vita e nella morte;
DIO
assurdo ma…
nell’affanno e nel dolore;
di ciò che non era
ed è,ora, d’intorno.
DIO
facci capire
il nostro non capire,
il nostro agire,
il nostro rifiutare,
il nostro desistere.
DIO
sto tremando confuso:
questo mio è fatuo grido
bestemmia o preghiera?

I miei giorni

Ho atteso paziente
tutti i miei giorni:
li portava un sogno
robusto e fedele.
Incerto e confuso
li ponevo con cura
dietro di me.
Li vedevo arrivare
su rossi tappeti
di foglie d’autunno.
Seguivano altri
sotto la coltre bianca
del nevoso inverno.
L’inseguivo con ansia
su colmi cesti di petali
nella soave primavera.
Avido li carpivo
fra i frutti dorati
della calda estate.
Ora stanco quel sogno
sospinge a fatica
lunghissimi giorni.
Non so se riporli
o lasciarli vagare
o farli cadere
giù per la china.

I silenzi

Il silenzio…
prima di nuova vita,
del padre confuso
al di qua della stanza
ove geme la madre…
prima della lotta,
di mente e braccia,
per carpire qualcosa
alla vita.
Il silenzio…
di lumaca su sterpi
bagnati di pioggia…
di labbra su labbra
ruvide morbide
calde seriche…
di occhi profondi
penetrati da sguardi.
Il silenzio…
durante la veglia
disperati e soli
alle prime luci del giorno.
Il silenzio…
dopo il fragore della battaglia…
dopo il canto dell’orgasmo…
dopo gli urli del parto…
dopo il sibilo in ospedale
e il singhiozzo elettronico
del diagramma piatto…
dopo lo strepito della mente,
nella quiete della morte…
dopo i vagiti,
nel sonno di un bimbo…
dopo lo scrosciar di pioggia
su foglie e su tetti.
Il silenzio…
dell’ottava nota,
dopo suoni sublimi
lievi come sospiri.
Il silenzio…
malvagio e mistico
impacciato e feroce arrogante e folle.
Il silenzio…
respiro del cuore
suono dell’anima
rumore della morte.
Il silenzio…
prima del tutto…
dopo il tutto.

Il caso per… destino

Acume e intelligenza
geneticamente acquisite,
con esperienza e capacità
dalla natura tratte,
ci fanno distinguere e inquadrare,
su schemi di politica sociale
entro scale gerarchiche,
da premiati fruitori
d’incapacità naturali.
>><<
Selvaggi per caso
felici dei vetrini
assisi su ori biondi e neri,
derubati da furbi “civili”
politicamente adusi
e determinati per caso…
>><<
Antica “nobiltà”
per caso… acquisita,
si pavoneggia o cela per caso.
Spettacolo sociale per tutti,
pubblico e privato.
>><<
Ironia della sorte…
libero arbitrio…
… destino…per caso…
(… sarcastica risata…).-

Il poeta

Come fanciullo,
su verdi prati,
fa rotolar parole
d’ogni guisa e colore.
Iridate e splendide
in alto le tira.
A volte le sospinge
seguendole ammirato
su acque chete
come vele al vento;
effimere ed arcane,
le soffia giocando
come bolle di sapone.
Irato, cader le lascia
in profondi anfratti;
altre ne getta
sul burrascoso mare.
Effimere e lucenti
le lancia sovente
nell’azzurro cielo.
Violente e temerarie,
le sbatte sicuro
in sordidi recessi
di politica sociale.
Ne posa alcune
su vette inviolate,
altre ne fissa
sui muri del tempo.
Con le parole gioca
e costruisce incanti
e monumenti eterni.
Con tutti i “fini”,
con tutti i piaceri,
per ogni desiderio,
al di là
d’ogni speranza.

La perfetta margherita

Petali perfetti,
bella margherita!
Perfezione oscura e vana?
Ristai per te, per me, per noi, per Lui?
Splendida mi fissi impertinente.
Idea Sua del possibile?
Evolversi improbabile del Programma?
O sogno iniziale che avanza
attraverso spazi siderali,
dalla notte dei tempi
al nostro breve giorno,
verso l’alba
d’un futuro infinito.

L’amore

L’amore illumina e scalda
il nostro tempo;
con sommesso crepitìo
e leggere faville
brucia certezze e misteri
sulla soglia del nulla.

Mi pareva

Solo,
sul ponte del canale,
vedevo scendere la notte
sulla pianura
e salire le stelle
in cielo.
Udivo, attento,
teneri bisbigli
di sconosciute presenze,
sentivo fremere
i vicini cipressi.
In sua assenza
custodivo il mio amore
al caldo
delle mie pupille.
Mi pareva,
che boccioli insonni
si schiudessero uniti
per mostrare il fiore.
Mi pareva
lunga l’attesa
della notte fonda,
stanca tessitrice di sogni.
Mi pareva, poi,
ogni cosa composta
nella placida quiete
della nera notte.

Ora… so!

Ora so che
non vi fu luce
per mete più lontane.
Ora so che
avrei voluto crescere
senza domande e
morire senza risposte,
come l’erba.
Ora vedo la mia vita
come un desiderio
a lungo taciuto.
Ora
su fredda pietra seduto
ebbro d’ignoranza
in preda allo stupore
spezzo la mia penna.

Ossimoro

Nel fondo senza fondo
del pensiero mio:
fede e ragione.
Ossimoro.
Chi grida al miracolo
in un sordo attimo
della muta notte?
Allopatia…
inutile terapia.
La fede, un accidente
che non vuol “ragione”!
Il miracolo, evento oscuro
con fede e con ragione.
Il tempo però dirozza la ragione,
unico strumento umano concepibile,
del domani tedoforo di luce.

Paure, incensi e domande

Con sembiante di soluzione,
il paradiso, dopo.
Umani in prova
che piantano cipressi,
cupole, campanili e minareti.
Ingiurie e sofferenze
verso un’intensa luce.
Tecnicismo umano !
Poteva essere
il paradiso “prima”?
O “nulla”,dopo, esistere?
Vivere un sogno
o sognar d’essere
in forme di “concreto esistere”.
Umani in prova
per un piacer supremo?
A che preghiere e suppliche
all’onnipotenza primigenia?
Non può aver senso, per noi,
da luce infinita,
dopo oscuri meandri,
dov’eravamo, giungere.
Perché mutar dovrebbe
del fiume il corso
per i lai d’un pesce?
Perché dovrebbe aver favori
un atomo in ginocchio?
Perché mutar dovrebbe
l’incenso un sogno?
Come percepir
del “dopo” l’essenza,
inetti a concepir l’avvìo?

Preghiera illogica

Senza logica preghiamo
per mutar natura delle cose
e sollecitar favori.
In preghiera poi grazie rendiamo
quando natura appaga.
E poi ancor chiediamo “fede”
negata ai più senza “ragione”.
Potremmo aver fede…
disposti alla preghiera:
per aver fede, preci !
Assurdo disumano…
forse divino.

Stilita

L’incompreso e l’infinito,
fardelli dell’essere!
Mai vedremo i segreti
della nascita del tempo.
Disperato, non voglio speranza;
miscredente, non voglio fede.
Mentre la vita scorre veloce
come ruscello fra erte rive,
vivo senza vivere in me.
Vorrei…
vivere fra le vaganti pecore,
sentire i miei pensieri
come uccelli
frullare dall’erba
sull’onda
del mio petulante gregge.
Così, sento i miei versi
come increspature
che giungono da un sogno.
Mi distraggono vicini affetti,
mentre rotola
sul filo del respiro
la mia monotona vita.
Fuori del tempo
vorrei godere:
la felicità di non pensare,
la dolcezza di non desiderare.
Stilita in attesa,
sugli affetti assiso.

Stupro

Schegge di cristallo
nelle viscere.
Porte divelte
dell’intimo estremo.
Segreti lacerati
con brividi di terrore.
Stridore della mente.
Cupo silenzio
nei recessi del piacere.
Sguardo torvo
in cerca di luce
nella lunga notte
dell’anima.
Singhiozzi di gabbiani all’alba.
Silenzio opaco
e paralisi dei sensi;
in divenire…
soppresse domande
di abbandono.

Vento di primavera

Vento di primavera
ti sento svellere le corde
e soffiar nei fiati
d’una orchestra immensa.
Filtrare ovunque
lento e possente
fra sassi e acque,
su foglie e fronde,
su petali e corolle.
Ti sento sfiorare
sicuro e tracotante
le pieghe morbide
d’ogni donna in fiore.

Writer

Continuo a scrivere “t’amo”
sui muri del tempo.
Disegno i miei sogni
con spray iridato.
Nella scarsella leggera
ne porto da sempre.
Scrivo in alto sui muri,
senza affanno,
perché tu possa meglio vedere.

A Neda Soltan, iraniana

Gli occhi di Neda

Neda
con jeans e chador.
Neda
ragazza qualunque.
Neda
morente
con occhi aperti
su questo mondo
in guerra.
Neda
ventisei anni
martire nostra.
I nostri occhi
fissi sui tuoi.
Neda
senza chador
con camicetta aperta.
Neda
ragazza qualunque.


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