Aforismi, pensieri, poesie

di

Marco Raja


Marco Raja - Aforismi, pensieri, poesie
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
15x21 - pp. 204 - Euro13,00
ISBN 978-88-6587-6817

Clicca qui per acquistare questo libro

Vai alla pagina degli eventi relativi a questo Autore


In copertina illustrazione di Carlo Lazzaretti


Circa mille tra aforismi e pensieri di Sergio Pizzuti e Marco Raja.
Eccone alcuni esempi:

– Un arco dipinge il cielo, è l’arco trionfale, che accoglie il sereno, dopo il temporale.

– Dal buonumore e dall’ottimismo, nasce l’allegria, anche se non si sa, in questo strano mondo, di cosa ridere.

– I libri muoiono sempre dopo i loro autori, ma sono solamente certi loro libri che li rendono famosi e immortali.

– Paradosso. Il matrimonio è l’unità di due metà che fanno coppia, separabili in due unità quando non c’è più la volontà di essere due metà unite.

Novanta brevi poesie completano l’opera di Marco Raja.


Prefazione

Che cosa è l’aforisma? Alla breve domanda le mie perplessità non sono poche. Cercherò di farmi capire, nella speranza di riuscirvi.
L’aforisma o aforismo trova la sua etimologia dal greco “aphorismos” = definizione. Esso richiama all’attenzione allo epifonema dal greco “epiphonema” = voce aggiunta. Si tratta di una figura logica consistente in una frase sentenziosa che chiude il discorso con una certa enfasi. Un esempio, citato nei testi di retorica e di stilistica, si riferisce al Petrarca quando dice: “e il conoscer chiaramente / che quanto piace al mondo / è breve sogno.”
Ma ciò non basta poiché l’aforisma induce a considerare anche la “gnome”. Voce anch’essa derivante dal greco “gnome = sentenza”. Essa riguarda una frase sentenziosa, una massima, un proverbio, che concludono un pensiero. È molto rappresentata in ogni cultura come documento della saggezza popolare di un mondo ideale, ove sovente emerge un personaggio anche attraverso l’intervento di un narratore. Si porta come esempio il Manzoni quando scrive: “Don Abbondio non era nato con un cuor di leone”. L’aforisma coinvolge il sostantivo “massima”, voce intesa come precetto importante che procede da grandi principi di verità. Quello di “sentenza” intesa come breve frase che esprime una regola morale. Quello del “setto” contenente brevissimi e sentenziali comportamenti etici ma anche frasi relative a semplici costumi della vita popolare quotidiana. Il “motto”, sentenziosa frase sovente arguta, spiritosa, risibile. Il “proverbio”, inteso come sapienzialità popolare, di saggezze, comportamenti, consigli, avente cultura orale.
Secondo alcuni puristi, l’aforisma non coincide a perfezione con i modelli classici citati, portiamo pazienza verso la pignoleria cesellante e accettiamo, senza timore, il parere dei più. Fra l’aforisma, la massima, la sentenza, il detto, il motto, il proverbio, pur avendo tutti in corpo una forza propulsiva di sapienza e di saggezza subito intuibili, vi sono paradossalmente differenze.
Talvolta impalpabili, i cui confini sono incerti e compenetrati da creare non poche difficoltà e dubbi in coloro che vogliono demarcare i singoli perimetri con un tracciato preciso.
La più antica raccolta di aforismi risale al celebre medico greco Ippocrate (nato fra il 460 o il 459 a.C. e morto fra il 375 o il 351 a.C.) considerato il fondatore della medicina scientifica che documenta con efficacia la scienza medica classica diventando strumento letterario-scientifico apprezzato da Socrate e da Platone.
Anche Dante cita l’operato di Ippocrate nella Divina Commedia (Paradiso, canto XI). A distanza di secoli gli aforismi in esametri latini della più famosa scuola medica occidentale, quella salernitana, si richiamano a quelli di Ippocrate. Oggi l’aforisma ha assunto una valenza assai dilatata che cerca di tamponare il pappagallismo di una cultura omogeneizzata, sempre più insipida e meno colta e pare che, a coloro in possesso del ben dell’intelletto non ancora corroso, le parole dell’aforisma siano ancora vive e parlanti. Nel grande oceano degli aforismi, nati in forma orale e poi passati alla scrittura, ci sono isole con anima trasparente, oppure opaca. In entrambe le isole, dove l’onda dell’aforisma si acquieta, la risacca lascia sempre sulla battigia un deposito di fertilità marina intrisa dal suo humus fecondo e dal suo sale sapienziale.
Questo genere letterario di sintesi, in tutti i tempi, ha coinvolto molti uomini di cultura e di fede antichi a moderni. Tanti anche gli italiani che per ragioni di spazio non si possono elencare. Il linguaggio parlato e scritto di oggigiorno, standardizzato e ripetitivo, è solamente capace di recidere in ognuno di noi la vena del pensiero dissanguandolo. Siamo aggrediti, sommersi, frastornati da un diluvio di parole e di immagini che ci intontiscono fuori e dentro. Mai come attualmente abbiamo bisogno di coloro capaci di farci “conservare il silenzio in seno alla parola”, come disse il poeta greco Eschilo più di 2.500 anni fa.
Il coniatore dell’aforisma lavora alla zecca del pensiero con stampi assai diversificati, non è necessariamente filosofo, teologo, profeta, santo, mistico, moralista, psicologo, medico, scienziato, poeta, scrittore, saggista, artista, attore, umorista, ma è un funambolo del pensiero e dell’azione, un equilibrista che sa procedere con avvedutezza e con abilità, egli non è tutto ma è quasi tutto questo.
Se in un passato, molto remoto, l’aforista era fra questi citati personaggi, oggi egli è considerato un semplice pensatore, che può far meditare e riflettere coloro che desiderano compiere questo tipo di purificazione della mente e del cuore, inquinati dall’insapienza e dalla mattana dei mass media, che ci sommergono, ogni giorno, con maremoti e uragani di informazioni non più tollerabili e nemmeno selezionabili per l’uso che possiamo farne.
Lo scrittore di aforismi non è mai estraneo alla conoscenza dell’animo umano, possiede parole e concetti che danno sempre un volto a tutto, vagando nel reale e nell’irreale. Sono le sue indagini, esteriori e interiori, in condizione di profferire frecciate penetranti, caustiche, frizzanti, caricaturali, paradossali, umoristiche, talvolta persino micidiali. L’aforista non perde mai la sapienza, la saggezza e l’umorismo brioso di vista.
Al di là della cultura elettronica, tastieristica, cinica e glaciale, infarcita di messaggi alienanti, di diluvianti e perniciosi barbarismi, pare che nonostante queste negatività l’aforisma sia da molti assai gradito.
Massimo Baldini, professore ordinario di filosofia del linguaggio in tre università italiane, rivela: “aforismi e massime, sentenze e detti stanno incontrando ai nostri giorni una stagione fortunata. Si stampano e si ristampano sempre più frequentemente opere di questo tipo e i lettori mostrano di gradirle in modo particolare”.
Ciò è consolazione di coloro che sono ancora capaci di pensare onorando l’intelletto, gratificando il grande animo del filosofo, teologo, letterato romano Guardini quando in difesa del pensiero e della parola scrisse: “noi uomini siamo diventati così superficiali che non proviamo più ormai dolore per le parole distrutte”.
L’aforisma è antitetico, contiene il tutto e il contrario di tutto e seduce facilmente “in primis” chi l’ha scritto. In ogni aforisma ognuno può scoprire la sua esperienza positiva o negativa, quale essa sia. L’aforisma è anafora, assioma, metafora, parallelismo, paradosso e altro ancora. Esso è un congegno espressivo filosofico, rovista sul perché di tutto e su tutti i perché. È una spremuta e un concentrato di concetti attraverso parole e significazioni centellinate e immediate, vincenti sul passato, sul presente e sul futuro, con una vitalità che sembra immortale. Seppure non poche volte agisce sul gioco delle parole (calembour) che può vivacemente divertire con amene freddure, non si esime di far riflettere sui misteri dell’esistere l’aforisma ricerca la verità e la sottigliezza del pensiero per potere penetrare più facilmente e in breve tempo nella mente e nel cuore di colui che lo affronta per poterlo capire. L’aforisma è un frutto maturo colto dall’albero della saggezza e della sapienza, sugoso di analitiche osservazioni etiche e comportamentali, concentrato in una sintesi di pensiero simile a una dottrinale sentenza, senza però darsi arie di saccenza.
L’aforisma nasce dall’ampia osservazione delle cose e dei fatti, restringendosi a tal punto da diventare acuto, graffiante, pungente. È l’esempio di un piccolo spazio con grandi vedute. Esso possiede uno spirito gigante racchiuso in un corpo da pigmeo, ove c’è l’embrione di saggezza e di sapienza argute pronte a germinare da un momento all’altro. L’aforisma è sempre coltivato come se si trattasse di una pianta medicamentosa. Esso è un medicamento omeopatico che può curare certe forme di anoressia mentale e di anemia spirituale, purché assunto a poche gocce alla volta con ritmi lenti di lettura, entro spazi di pensoso silenzio.
Anche nelle più frequentate battute di spirito, l’aforisma, al di là della frase sagace, lascia in noi la voce e l’eco della coscienza.
Sovente repressa esso è un condensato di intuizioni, ricerche, scoperte, offerte al singolo e alla pluralità. È l’aforisma: epigrafe, satira, sarcasmo, ironia, parodia, umorismo, arguzia, paradosso, epigramma, meditazione e se anche può apparire stravagante e persino demenziale ha sempre addosso il marchio della saggezza che conduce per mano alla sapienza. Sì, perché l’aforisma è capace di indurci a profonde e raffinate meditazioni. È capace di presentarci la realtà di ogni giorno. È avaro di parole ma è prodigo di effetti al fulmicotone.
Fra gli aforismi, scritti per essere tali, occorre considerare e aggiungere anche quelli che entrano nel contesto di opere letterarie di ogni genere e specie, celebri e meno celebri, ovvero di quei pensieri che, se estrapolati da queste opere, possono essere considerati, a pieno, diritto, aforismi perché densi di pensiero e di contenuti espressi solitamente in dosate righe, impietose, pungenti, argute, assolutorie, bonarie e di ogni altra tonalità. Sono bordate di sentenze radicate nella sapienza e nella saggezza antiche, risultanza di intelligenze eccelse, rappresentanti veri ritratti delle sembianze e dei comportamenti umani di ogni epoca. La storia dell’aforisma è lunga e intricata da narrare, si perde nel labirinto dei secoli, ma si aggira sempre attorno all’umanità e ai suoi accadimenti, passando e codificandosi in campo letterario. È arduo e mi appare superfluo elencare le grandi menti che nella storia dell’intelletto umano hanno partorito milioni di aforismi. Partendo dalla remota età della cultura, non basterebbe un corposo dizionario specifico di molti volumi riferiti agli aforisti e alla loro produzione. Ho consumato tanta carta vergando il foglio con tantissimi aforismi, talvolta a lungo meditati, talaltra zampillati di getto per scaturigine incontrollata, fissati sul foglio in modo disordinato che richiama il “caos” primevo, paradossalmente per me e spero anche per gli altri appaiono invece ordinati in una sequenza creativa, spontanea, naturale, maturata in tempi diversificati, come ere geologiche miniaturizzate, che ci ricordano il dipanarsi.
Creativo del “caos” tramutato in “cosmo”, ordine posseduto da ognuno nell’anima quale soffio divino.
Qualche migliaio di questi aforismi sono stati pubblicati sin dal 1990 da un quotidiano e dal 2007 da un mensile e poi da altre pubblicazioni, ma un considerevole ingorgo è stipato nel cassetto e nel computer in attesa del battesimo o del funerale. Dopo aver letto benevolmente questa mia prefazione consiglio la lettura di “punte di spillo” aprendo il libro a caso e di assaporare pochi aforismi alla volta, assumendoli insieme al pensiero espresso.
Questo mio pensiero concerne sugli aforismi sono confermati da cinque illustri operanti fra ’800 e ’900 quali: lo scrittore Karl Kraus secondo cui “aforisma non coincide mai con la verità: o è una verità o è una verità e mezzo.” Il drammaturgo e narratore, pure lui austriaco, Arthur Schnitzler dice: “Nel cuore di ogni aforisma, per quanto nuovo o addirittura paradossale esso possa apparire, pulsa una antichissima verità”. Lo scrittore statunitense, Ambroce Bierce in modo fulmineo definisce l’aforisma: “Saggezza predigerita” Il poeta francese, Edmundo Jabes, afferma: “Ogni aforisma è come una interrogazione interiore.”
Lo scrittore tedesco, premio Nobel 1946, Herman Hesse dichiara: “L’aforisma è una sorta di gemma, tanto più preziosa quanto più rara e godibile solo in minime dosi”.
Giunto al termine di questa prefazione, concludo con un aforisma da me coniato per l’occasione che dice: “Lo spillo pur avendo la testa piccola, è capace di pungere con molta acutezza.”

Marco Raja


Aforismi, pensieri, poesie


AFORISMI E PENSIERI

PUNTE DI SPILLO


Gli italiani sono un popolo di santi dissacrati, di poeti spoetizzati, di navigatori naufragati, di cittadini gabbati.

***

L’Italia è una penisola dove l’italica stirpe nulla vuole e nulla può fare se non tirare a campare.

***

Riempiamo le nostre anfore, con utopie disinquinate. Anche i frammenti d’argilla, avranno fragranze di miele.

***

Se una mano, ci accarezza l’anima, muti restiamo, d’esultanza sazi.

***

L’ironia e la satira vanno a braccetto. La satira senza paradosso è come un fucile senza carica addosso.

***

Venezia è una bellissima città acquatica; peccato che sovente sia messa in salamoia dal tallone alla natica, mentre Torino è la città degli Agnelli ma è priva di pecore.

***

Il Vangelo dice: “Non sappia la sinistra quello che fa la destra”. Lo fa sapere con saggezza divina per mettere pace fra le meschine fazioni dell’umanità. Essere guardoni l’uno dell’altro vuol dire non capire la nostra vacuità di fragilità. Conclusione: se la sinistra scruta la destra, scopre malefatte compiute con destrezza; se la destra spia la sinistra, scopre intrallazzi compiuti con tiri mancini. Sinistra e destra sono convenzionalità ammorbidite di stupidità.

***

L’abbraccio solitamente è seguito dal bacio. È un atto d’affetto sincero. Ma a guardare bene la storia, anche Giuda abbracciò e baciò Gesù. Fu questa criminale e paradossale azione a procurare l’umana redenzione.

***

Più gli abiti delle donne si riducono e più gli spazi dell’immaginazione degli uomini rimpiccioliscono.

***

Ritengo assai buffo un abito indossato da un manichino, privo d’intendere e di volere, al quale è stato imposto di apparire, per molto tempo, rigido impalato in vetrina già alla mattina.

***

Visse l’abulia, sempre alle prese, con la monotonia; gli parve normale, essere sempre uguale; gli fu mortale, cambiare paese, e mutare via.

***

Quando Dio decise di lavare l’umanità, scatenò il diluvio universale. Oggi insieme all’acqua ci vorrebbero potenti detersivi.

***

“Aiutati che Dio ti aiuta”, purché non ti aiuti troppo, facendoti montare in superbia per eccessivo aiuto avuto, dico io.

***

Non è opportuno fidarsi troppo delle classificazioni a “stelle” degli alberghi. Non poche sono le stelle cadenti che rendono gli alberghi scadenti.

***

Sono scrivano di contrada, con la penna che sa di terra, di fiume, e un poco di cielo. Come una zappa, come una rete, come una piuma.

***

In un giorno di misericordia divina gli Angeli del cielo abbassarono il volo e si trovarono accanto a noi sulla terra. Nacquero così gli Angeli Custodi.

***

Le persone ambigue sono anche persone insicure, destinate al cronicario. Non guariscono più, perché il loro primo male sinergizza sempre il secondo.

***

Gli anatemi scesi dai pulpiti soffocano i desideri di ricerca della verità e uccidono la speranza da coltivare.

***

Le banche sono luoghi soggetti a rapine, che, per pareggiare i conti, rapinano i clienti ogni istante.

***

La Sicilia è una bellissima isola, ma chissà perché nel bene e nel male viene presa a calci dall’italico stivale.

***

Chissà perché esistono i “paradisi fiscali” e non gli “inferni fiscali”. I secondi avrebbero sicuramente più clienti in grado di finanziare il fuoco eterno.

***

Roma da sempre ha “sette colli” ma non possiede sette cravatte. Se le avesse farebbe fatica ad annodarle in una città scansafatiche.

***

Essere un povero Cristo o un povero diavolo è la stessa cosa. Ma l’essere povero è più Cristo che Diavolo.

***

Perdere la pazienza è come perdere il portafoglio. Raramente avviene la restituzione.

***

Notoriamente gli ebrei sono solidali e si proteggono fra loro, e questa è una encomiabile disposizione alla fratellanza, ma hanno la colpa di avere messo in croce il loro connazionale migliore, che di fratellanza universale se ne intendeva, eccome!


BREVI POESIE di Marco Raja

PREFAZIONE

Marco Raja non solo è scrittore di tantissimi aforismi, che egli chiama “Punte di spillo” ma è anche poeta. La sua opera poetica esprime “la poesia non come facile gioco, ma come mezzo per disvelare la verità”. Attraverso il suo messaggio poetico “la cattiveria del mondo e l’angoscia sono sublimate in un canto di speranza”. Con scritti poetici di vita e di non vita, di costume e di mal costume, nati dall’osservazione minuziosa della natura e dei suoi fenomeni, compresa la grande incognita del fenomeno uomo, ritrae il vivere e il vegetare di oggi ricorrendo alcune volte al paradosso, ma anche a dosi massicce di saggezza, che non mancano di far meditare il lettore sino al capogiro. La sua poesia, graffiante e delicata al tempo stesso, è stata definita in modo efficace e fulmineo; “carta vetrata e petali di rosa”.
Si racconta che la poetessa russa Marina Cvetaeva rispose a chi le chiedeva se stesse scrivendo poesie: “no, sto dicendo la verità”. Ecco, forse la stessa cosa potrebbe dire Marco Raja delle sue composizioni poetiche perché prima di tutto esse dicono la verità, la sua verità. Sono le sue intenzioni della vita, ma nello stesso sono profezie, a volte apocalittiche di un’umanità tragica, grottesca, contradditoria, che sta trascinando tutto nella “cloaca delle aberrazioni”, a volte invece illuminate dalla luce innica della fede-speranza trascendentale. Il più delle volte però questi due momenti si incontrano e si scontrano, si intersecano e si compendiano nella stessa poesia. E certamente le composizioni di Marco Raja sono tutte vertici e abissi, disperazioni e speranze, gomitoli di tenebre percorse da improvvise folgorazioni, paure, dubbi e certezze, dolore e amore, ferite e consolazioni, accuse, anatemi, urla e anche dolci mormorii, delicate trasparenze di colori che sono sentimenti, ricordi, vagheggiamenti o “arcobaleni messianici”. Una poesia in cui sempre si avverte l’urgenza spirituale di salvezza e di infinito, che si fa strada fra spezzature, lacerazioni, lacrime, ma anche assoluzioni, perdono e amore per questo vecchio, eterno uomo, diviso a metà, irrisolto, che vive sempre sull’orlo del nulla, proteso verso il tutto.
Certo non è una poesia sempre agevole, talvolta sono riflessioni filosofiche, alcuni versi sono già affermazioni, metafore, tesi, verità da accogliere e meditare, ma sopra ogni cosa essa rappresenta il mondo nel suo essere e divenire, una sintesi dei contrari, una unità di diversità.
Le poesie inserite in questo libro sono tratte dai libri precedenti di Raja intitolati “Saper vivere”, “Brevità”, “Antesi” e “Tracce verdi”. Queste composizioni non sono neppure facili da definire, ordinare e catalogare. Talvolta sono preghiere, altre liricità, un manifesto o un programma, un testamento spirituale o l’inno in coro greco tragico e immenso, una in tutte l’uomo Raja, dalla giovinezza all’età matura, è rimasto coerente a sé stesso, uomo d’urto, di lotta, di rottura, ma soprattutto di fede trainante.

Sergio Pizzuti


ESULTANZA

Se una mano
ci accarezza l’anima
muti restiamo
d’esultanza sazi.


SOGNI CASTI

Riempiamo le nostre anfore
con utopie disinquinate.
Anche i frammenti d’argilla
avranno fragranze di miele.


POESIA AMICA

Camminiamo appaiati
sopra una terra inesplorata
sopra un cielo che rapisce
il candore del nostro transito.


ALLA POESIA

Poesia, quando esigi amore,
mostrami le avanguardie di felicità
che attendono i miei stupori
ai confini della contemplazione.


AI POETI

Canta pensieri
la vostra voce,
ammalia l’aria
con sorrisi di voce.


ANNA

Vedo mari sereni
nei tuoi occhi azzurri
e vele bianche
sono i miei pensieri.


COSÌ TI VEDO

C’è un cielo inesausto
che azzurra il tuo sguardo,
c’è un delirio di dolcezza,
c’è una lacrima che ama.


INSIEME

Viviamo le nostre ore di luce,
posiamo i nostri pensieri sul cuore,
sentiremo il fruscio del nostro amore.


AI BORDI DEL CUORE

Seduto sulla panca dei pensieri
colo parole negli anfratti della mente,
conglomerati di poesia
s’aggrumano ai bordi del cuore.


GERMINAZIONE

Vestiamo di silenzio
le nostre ore,
germineranno le sapienze
delle nostre meditazioni.


RINASCENZA

Compagna
del risveglio,
la luce bambina
cresce gigante,
avanza distesa
verso il tramonto,
si veste d’oscuro,
rinasce dal buio,
vagisce al mattino.


HO FATTO UN PATTO

Col volto rigato dal dolore
ho fatto un patto con la speranza,
mi ha risposto la fede
aprendomi spiragli d’eterno.


EVASIONE

Lungo la mulattiera
inventata per la fuga
ho lasciato testarde evasioni
verso l’utopia.
Giunse la realtà
a sbarrare il passo
e fu subito prigionia.


SOGNO

Accanto al sonno
sempre il sogno
muore bambino
improvviso al mattino.


AI SOGNI

Sogni, che volate dalle mani
come figli senza ritorno al nido,
ricordate nei vostri rauchii pigolii
le ipotesi di felicità mai nate.


INVOCAZIONE

Pensieri puri
che visitate la coscienza
demolite i muri
della nostra demenza.

[continua]


Se sei interessato a leggere l'intera Opera e desideri acquistarla clicca qui

Torna alla homepage dell'Autore

Il Club degli Autori - Concorsi Letterari - Montedit - Consigli Editoriali - Il Club dei Poeti
Chi siamo
La Rivista
La voce degli Autori
Tutti i nostri Autori
Per iscriversi
ClubNews
Il notiziario gratuito
Ultimi inserimenti
Homepage
Avvenimenti
Novità & Dintorni
i Concorsi
Letterari
Le Antologie
dei Concorsi
Tutti i nostri
Autori
La tua
Homepage
su Club.it