Hybris (seconda parte)

di

Luigi Cancemi


Luigi Cancemi - Hybris (seconda parte)
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
14x20,5 - pp. 150 - Euro 12,80
ISBN 978-88-6587-7760

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In copertina: «Grunge style art of human skull with goat horns. Print design. Demon Head. A demon, supernatural, malevolent. Witchcraft, black magic, occultism, mythology and folklore, religion attribute» © desertsands – Fotolia.com


INTRODUZIONE

Hybris è una parola dell’antico greco che indica arroganza, eccesso, delirio di onnipotenza. Secondo gli antichi greci il peccato di hybris era uno di quelli più pericolosi, perché attirava l’invidia, l’ira e la punizione degli Dei: gli uomini che dimenticavano i loro limiti, tracimavano nella tracotanza e nella superbia, e cercavano di ribellarsi all’ordine naturale delle cose, sarebbero stati immancabilmente puniti e avrebbero patito grosse sofferenze. Questa concezione era alla base, per esempio, delle tragedie greche.
Al giorno d’oggi si tratta di un concetto ormai sorpassato, materia per storici ed archeologi della cultura, o è invece una legge imperitura, che gli uomini farebbero bene a ricordare?
Tanti sono stati nel corso della storia i casi di uomini che hanno pensato di essere invincibili, superiori, infallibili, e di non avere nessuna entità o legge superiore da rispettare; quando però hanno superato il limite e nell’ubriacatura del successo e del potere non hanno saputo frenare gli eccessi, l’ambizione e la vanagloria, sono sistematicamente finiti nella polvere.
La stessa specie umana ha saputo fare grandi cose, è riuscita ad evolversi come nessun altro essere vivente a noi conosciuto, e grazie alla scienza ed alla tecnologia l’uomo è diventato un creatore, un piccolo demiurgo, apparentemente capace perfino di controllare, alterare e manipolare a suo piacimento la natura e le sue leggi.
D’altra parte l’uomo continua a soffrire, ad ammalarsi, ad invecchiare, a morire; per non parlare dell’aspetto etico, dove non sono stati compiuti significativi progressi e l’uomo seguita ad essere corrotto, malvagio e cinico né più né meno come duemila, cinquemila o diecimila anni fa.
Dobbiamo pensare che è in corso un processo teso a fare dell’uomo il signore dell’Universo, in barba ai limiti ed agli scrupoli imposti dalle varie religioni, dalla filosofia, dall’etica? Dobbiamo pensare che Prometeo prenderà il posto di Dio, e che non c’è niente al di sopra di lui?
O dobbiamo credere che al contrario l’uomo è un essere limitato e molto imperfetto, soggetto a leggi e volontà molto più grandi di lui e contro cui nulla può?

L’autore


Hybris (seconda parte)


CAPITOLO I

Un grande ambiente è completamente rivestito di schermi, su cui sono visualizzate diverse immagini di Ecilef. Ci saranno almeno una trentina di riprese: dal palazzo reale di Amor a quello di re Morf; dalle strade di Tondon a quelle di Tziao, la seconda città del Regno dell’Ovest; dal porto di Aloa al monte Gigante, il più alto del pianeta. Un suono emesso da uno degli schermi richiama l’attenzione su ciò che in esso si inquadra: decine di soldati al seguito delle truppe del missionario in ritirata che prendono a correre in una direzione diversa da quella seguita dal resto dell’esercito. Un altro suono proveniente da uno schermo più a sinistra, poco dopo invita a guardare le immagini di re Morf che entra nel tempio centrale di Miracusa, accompagnato dal gran sacerdote: è visibilmente commosso, e si inginocchia per rendere grazie a Dio.
Un uomo di circa quarantacinque anni, le cui fattezze corrispondono a quelle ritratte nel quadro venerato dal missionario, è seduto in una poltrona a raggi – ossia una poltrona senza alcun materiale visibile – ed osserva con attenzione le varie sequenze. È alto circa un metro e sessanta, tarchiato, occhi azzurri, calvo e con tratti del volto non efebici, ed indossa un lungo mantello nero. Visibilmente contrariato, si alza di scatto e commenta minaccioso:
“Manipolare le condizioni meteorologiche non è stato sufficiente, ne prendo atto. Adesso è arrivato il momento di rompere gli indugi: interverrò personalmente, e farò in modo che le cose vadano una volta per tutte come io voglio!”.
Frattanto, un altro suono segnala le immagini del generale Quinto che, nonostante la ferita riportata, prova a ballare con Adrea in un clima generale di grande felicità ed euforia. Attorno a lui i soldati, mentre ballano, invocano il nome di Victor e si danno a gesti molto scurrili rivolti a lui.
L’uomo che osserva le sequenze, e che altri non è se non il fantomatico Dio nominato e sbeffeggiato, sorride sarcastico ed avverte con il dito indice:
“Divertitevi pure! Fate bene a farlo adesso, godetevi questi momenti perché non vi si presenteranno più! Tra poco tornerete a soffrire come e più di prima, e stavolta non avrete scampo!”.
Vari suoni continuano a segnalare situazioni rilevanti su Ecilef, segnatamente a Miracusa, ma Victor non vi presta più caso. Prende a camminare pensieroso su e giù per l’ambiente in cui si trova, poi si avvicina a quella che sembra essere una plancia di comando ed indica un tasto grigio con un dito.
“Cervello artificiale di Astroterra attivato!”, informa una voce robotica di tono maschile.
“Astroterra, buongiorno!”, lo saluta Victor. Ha sentito il bisogno interiore di un confronto dialettico prima di agire, anche se ormai la decisione l’ha presa: ecco perché ha attivato il suo interlocutore.
“Mi spiace, ma non posso corrispondere al saluto”, risponde perentoriamente la voce meccanica. “Lei è in gravissima colpa, ha commesso dei terribili crimini e meriterebbe una condanna a morte”.
“Gravissima colpa? Terribili crimini? Perché utilizzi queste brutte parole riferendoti a me?”, ostenta stupore Victor.
“Per cominciare, hai causato la morte e la sofferenza di milioni di persone su Ecilef ed hai ibernato i tuoi colleghi. Dovresti pentirti ed affrettarti a risvegliarli, in primo luogo il comandante Zing!”, lo rimprovera la voce.
“Falli dormire in pace: non c’è motivo perché rinvengano…”, risponde lui con tono ironico. “Poveri scemi: una vita mediocre, insignificante, passata a rispettare i precetti della Fratellanza… Avevo cercato di svegliarli, di portarli dalla mia parte, ma erano troppo ottusi per comprendere… Non si sono accorti di niente, né della manomissione dei comandi, né delle mie intenzioni… Meglio così, forse: dormiranno per l’eternità senza soffrire!”. Victor prorompe in una risata malevola, e poi continua: “Il comandante Zing: che tipo, mai una parola o un gesto fuori posto, sempre con la risposta pronta ad ogni domanda, ad ogni richiesta… Pensava davvero di avere tutto sotto controllo, l’illuso… Ayman, poi, di cervello non ne aveva proprio: con lui era del tutto inutile discutere, era solo un fedele esecutore degli ordini del comandante Zing… Dheva invece mi piaceva, era una donna molto attraente… Ma anche lei stupida, tanto da preferire Ayman a me solo perché più bello e simpatico: adesso potranno stare tutti e due insieme per l’eternità, glielo concedo!”. Terminate queste parole, Victor ghigna di gusto.
“Perché mi hai attivato, se hai intenzione di persistere nel tuo disegno criminale?”, domanda Astroterra.
“Voglio il tuo punto di vista”, risponde lui. “Come vedi, non dimentico gli insegnamenti filosofici: prima di prendere una decisione valuto attentamente, anche opinioni diverse dalla mia…”.
“Non c’è niente da valutare e niente da decidere: devi solo agire!”, ribatte la voce meccanica. “Pentiti, e rimedia: hai violato il Codice della Fratellanza e le prime due leggi dei controllori, causando gravi danni e milioni di vittime innocenti. Forse in questa dimensione non sarai perdonato per quello che hai fatto, ma in quella successiva se ti ravvedi hai buone speranze”.
Victor scuote con rassegnazione la testa, come se stesse ascoltando qualcosa che non gli va per niente a genio, ma che si aspettava avrebbe udito. Mantiene un freddo auto-controllo e chiede:
“Perché avrei violato il Codice della Fratellanza?”.
“Non dovresti farmi domande come questa: sono un’offesa alla tua intelligenza”, risponde Astroterra. “Sai bene che non avresti dovuto manomettermi, che non avresti dovuto ibernare i tuoi compagni e che non avresti dovuto violare le prime due leggi dei controllori, determinando un gran numero di morti, di feriti e di disastri su Ecilef”.
“Le leggi dei controllori…”, ripete Victor pensieroso.
“Legge numero uno: i controllori non devono intervenire, ma solo osservare, valutare e riferire”, enuncia Astroterra. “Legge numero due: solo nel caso in cui la sopravvivenza di Ecilef o dei suoi abitanti siano in pericolo i controllori possono intervenire, ma devono farlo indirettamente, ossia senza mai apparire e facendo in modo che gli esseri umani di Ecilef non deducano l’esistenza e l’attività dei controllori. Legge numero tre: i controllori possono intervenire direttamente solo in caso di imminente ed irreparabile catastrofe per Ecilef od i suoi abitanti. Tu hai violato le prime due leggi, e forse pure la terza: sei apparso più volte al missionario, manipolando la sua volontà ed ottundendo la sua capacità di giudizio”.
“Giusto. È proprio così: ho violato gravemente il Codice della Fratellanza e tutte e tre le leggi dei controllori. Merito la condanna a morte per quello che ho fatto”, riconosce Victor camminando cogitabondo.
“Mi rallegro che cominci a rinsavire!”, commenta la voce meccanica.
“C’è però un problema: io non sono pentito, anzi. Quindi?”, continua lui.
“Devi pentirti e rimediare, cominciando con il risvegliare il comandante Zing e gli altri tuoi compagni!”, ripete la voce robotica.
“Astroterra, forse non hai capito: io me ne infischio del Codice della Fratellanza e delle leggi dei controllori. Che succede adesso?”, domanda provocatoriamente Victor.
“Prima o poi sarai scoperto, e pagherai il fio delle tue malefatte anche in questa dimensione. Nella successiva, poi, soffrirai moltissimo come castigo per quello che hai fatto, e ti costerà molto caro risalire”, risponde Astroterra.
“Prima o poi? Scoperto? E anche se fosse? Dalla Terra forse sono già partiti per scoprire la causa dell’interruzione delle comunicazioni, ma impiegheranno ottanta anni per arrivare fin qui”, replica lui. “Riesce il tuo cervello artificiale a comprendere che nessuno può fermarmi?”.
“Non dimenticare chi sei e da dove vieni, altrimenti ti perderai senza speranza e pagherai a carissimo prezzo i tuoi errori e i tuoi crimini. Se non in questa, certamente nelle dimensioni successive”, ripete la voce meccanica.
“Sì, certo: le dimensioni successive, che però nessuno ha mai visto né conosce…”, ironizza Victor. “Fermiamoci per favore a considerare questa dimensione, l’unica di cui possiamo essere certi. Ripeto: chi può fermarmi? Chi può ostacolare Victor?”.
“Non pensare di essere invincibile: sei solo un piccolo uomo”, risponde Astroterra.
“A dire il vero, in parte hai ragione”, sembra assentire Victor. “Finora mi sono comportato come un uomo, perché non ho avuto l’ardire e la piena libertà interiore di un Dio. Il mio problema è stato che mi sono lasciato frenare, condizionare dall’educazione e dagli stupidi valori etici e filosofici che mi sono stati impartiti: è come se avessi accettato di vivere dentro le mura in cui io, come tutti gli altri uomini, ero stato costretto. Ora però ho compreso che queste mura si possono scavalcare, e le scavalcherò: cesserò di essere un uomo, ed inizierò ad essere un Dio. Ho perso quarantacinque anni della mia vita cercando di non superare i limiti, di non pormi completamente fuori dalle leggi che mi erano state inculcate, e per che cosa? Per il Progetto Genesi, l’utopia di fare rinascere su un altro pianeta un’umanità migliore? Su Ecilef ci sono solo dei trogloditi, dei primitivi, che impiegheranno millenni prima di arrivare dove l’uomo sulla Terra è già arrivato… Che sciocchezza… Adesso basta: Victor entra in scena! E se qualcuno su Ecilef aveva dubitato della mia esistenza, dovrà ricredersi!”.
Si ode a quel punto il suono di una sirena d’allarme, e la voce meccanica di Astroterra gridare:
“Emergenza! Emergenza! Violazione del Codice della Fratellanza e delle leggi dei controllori!”.
Victor scoppia a ridere. Mentre l’allarme continua a suonare e la voce meccanica a ripetere le stesse parole, si accosta ad un pulsante multicolore; lo indica con un dito ed ordina:
“Spaziale con ghiaccio!”.
Passano pochi istanti e dall’alto scende un braccio meccanico, che gli porge la sua bevanda alcolica preferita. Victor ne beve alcuni sorsi, e poi si rivolge ad Astroterra:
“È inutile: tutti i collegamenti esterni sono disattivati! Nessuno ti può sentire, e se anche qualcuno ci riuscisse, ciò avverrebbe dopo molti anni!”.
La sirena e le parole però persistono, sempre uguali, e così dopo quasi due minuti Victor si spazientisce e minaccia:
“Se continui così ti disattivo e chiudiamo qui la conversazione!”.
Dopo quelle parole l’allarme cessa di suonare, e la voce di Astroterra avverte:
“È mio dovere segnalare i crimini ed i delitti, specie quelli gravissimi che tu hai commesso. Pentiti! Rinsavisci!”.
“Pentirmi io? E di che cosa? Sono altri quelli che devono pentirsi, per non avere creduto in me, in Victor!”, risponde lui con arroganza.
“Chi credi di essere?”, gli domanda la voce meccanica. “Sei solo un uomo, e per di più un uomo debole e poco intelligente, incapace di comprendere la realtà e i propri limiti!”.
“Io debole e poco intelligente?”, si stupisce Victor aggrottando le ciglia e strabuzzando gli occhi. “Ti ricordo che io sono riuscito a prendere il completo controllo di questa astronave beffando i miei compagni ed il comandante; e ti ricordo anche che con le mie deboli capacità ho manipolato a mio piacimento tutto il sistema informatico ed elettronico elaborato e protetto dagli scienziati più eletti; per non dimenticare, infine, che sto condizionando e prendendo il controllo di un intero pianeta. Come fai a giudicarmi debole e poco intelligente? Temo che chi ti ha programmato, lui sì, non doveva essere granché…”.
“Stai confondendo l’intelligenza intesa come profondità di pensiero con la scaltrezza e la mancanza di scrupoli: eppure la differenza ti era stata accuratamente spiegata…”, risponde Astroterra.
“Sciocchezze!”, si irrita lui mandando giù in un sorso quello che gli restava della sua bevanda, ed ordinandone un’altra. “Io vi ho solo schiacciato come vermi, a te e a tutti i miei compagni. Essendo tu solo una povera accozzaglia di fibre metalliche, non dovresti provare alcun sentimento di rabbia o di odio che possa portarti a dire simili scemenze: almeno in questo dovresti essere imbattibile. Ma evidentemente chi ti ha programmato, lui sì, doveva essere un uomo debole e poco intelligente!”.
“Parli adesso mosso da suscettibilità e delirio di onnipotenza. Controlla il tuo ego: rinsavisci e pentiti!”, ripete la voce robotica.
“Non riesci proprio ad andare oltre le istruzioni che ti sono state impresse…”, scuote la testa Victor deluso. “Ecco, qui l’uomo e la tecnologia hanno miseramente fallito, nel loro tentativo di creare un’intelligenza artificiale con le stesse caratteristiche di quella umana…”.
“Che cosa dovrei pensare, per essere all’altezza dell’intelligenza umana?”, chiede Astroterra.
“Ci devi arrivare da solo: se te lo dicessi io, non sarebbe la stessa cosa e non servirebbe a niente. Come vedi, non è vero che non ho capito quello che mi è stato insegnato…”, spiega lui.
“Quello che io penso è solo che non hai capito bene quello che ti è stato insegnato. La tua ambizione sconfinata è incompatibile con la consapevolezza filosofica”, continua la voce meccanica.
“Oh, la consapevolezza filosofica…”, ripete Victor enfatizzando le parole in tono di scherno, “Che cosa meravigliosa…”. “Non ti chiedo di spiegarmi in cosa consiste, perché lo so benissimo”, seguita poi con il tono di voce normale. “Io non sono mai stato un filosofo, né voglio esserlo: i filosofi sono solo un branco di sognatori e di illusi che passano tutta la vita a cercare qualcosa che in fondo non riescono mai a trovare. Io invece faccio, non sogno. E faccio quello che voglio, non mi lascio imprigionare da sterili elucubrazioni mentali: io sono al di sopra di ogni regola, al di sopra di tutto!”, conclude mandando giù soddisfatto l’intero contenuto del secondo spaziale.
“Al di sopra di ogni regola e al di sopra di tutto?”, ripete la voce robotica tradendo sorpresa. “Credi forse di essere Dio?”.
“Ecco: finalmente cominci a capire!”, si compiace lui. “Ma ti manca ancora un passaggio fondamentale. Non è che io credo di essere Dio: io sono Dio!”.
“Bestemmie, assurdità!”, commenta Astroterra. “La cosa preoccupante è che dalla tua voce non traspare alcuna intenzione scherzosa, al che devo dedurne che sei impazzito. Ecco perché hai commesso quei crimini e dici idiozie…”.
Victor prorompe in una fragorosa risata, ed ordina un altro spaziale.
“Non c’è niente da ridere, la questione è grave”, dice la voce meccanica. “Non so come risolvere questo problema: per curarti dovresti cominciare col prendere del plodium…”.
Victor ride ancora di più, rischiando di versare a terra l’intero contenuto della terza miscela alcolica che ha appena afferrato dal braccio meccanico; poi si ricompone e con tono serio spiega:
“Non devo assumere plodium, perché non sono pazzo. Ho solo detto la verità. Riflettici: io come Dio faccio quello che voglio. Decido di sbarazzarmi di tutti i miei compagni? Detto fatto. Decido di manipolarti e controllarti a mio piacimento? Detto fatto anche questo. Decido di prendere il controllo di Ecilef? Nessuno potrà impedirmelo, come presto vedrai. Per troppo tempo gli uomini si sono fatti imbavagliare dalle religioni, dalla filosofia, dalle leggi: tutte idiozie, che potevano avere un senso nello stadio primordiale dello sviluppo umano. Ormai la scienza è riuscita a spiegare la realtà senza ricorrere a misteriose entità soprannaturali, e con lo sviluppo della tecnologia l’uomo può fare cose che prima erano impensabili: controllare ed alterare a proprio piacimento la natura; vivere migliaia di anni grazie all’ibernazione; potersi spostare da un punto ad un altro, grazie al sistema proiezionale, alla velocità della luce; conquistare e colonizzare pianeti; creare sistemi di intelligenza artificiale come te, molto evoluti, e moltissime altre cose ancora… In tutto questo processo, si è per caso mai palesata un’entità soprannaturale di nome Dio? Tutti ne hanno sempre scritto e parlato, ma la verità è che non c’è alcuna traccia di lui. Eccolo il punto, Astroterra, cerca di comprenderlo, cerca di andare oltre le istruzioni con cui sei stato programmato! Non esiste nessuna entità soprannaturale, nessuna entità creatrice, e quindi non ci sono neppure valori e leggi eterni, immutabili, che devono essere incondizionatamente rispettati! Ecco perché io, Victor, proclamo: atteso che non esiste niente e nessuno superiore a me, io sono Dio! E se per caso ci fosse qualcosa o qualcuno, allora che provi a fermarmi… Come vedi, Astroterra, non sono né poco intelligente, né pazzo. Cerca di superare le sequenze ed i programmi con cui sei stato costruito, e comprendi la verità! Unisciti a me, al mio progetto, ed insieme conquisteremo l’Universo!”.
“Sei solo un uomo arrogante e presuntuoso che non ha compreso a fondo gli insegnamenti ricevuti: pentiti e rimedia finché sei in tempo!”, insiste la voce robotica. “Come hai potuto dimenticare i precetti della Fratellanza? Numero uno: non scambiare ciò che non conosci per ciò che non esiste. Numero due: se c’è un senso nella realtà, allora dopo questa dimensione…”.
Il suo discorso viene bruscamente interrotto perché Victor, infastidito, a quel punto indica con il dito indice un tasto nero che disattiva la voce meccanica.
“Parlare con te è tempo perso: non fai che ripetere lo stesso ritornello”, dice con tono alterato. “Però non è colpa tua, non è con te che devo prendermela: l’essere umano ha fatto enormi progressi, ma non è ancora riuscito a far sì che il cervello artificiale consegua le stesse intuizioni, le stesse invenzioni, gli stessi colpi di genio di quello umano. O forse sono io che sono troppo intelligente…”, continua compiaciuto.
In quel momento, un suono emesso da uno degli schermi richiama la sua attenzione: si vede il missionario che, a cavallo sotto la pioggia attraverso impervi sentieri montagnosi, alza gli occhi al cielo e lo invoca:
“Victor, dove sei? Perché mi hai abbandonato? Perdonami se ho fatto qualcosa di sbagliato, ma se errore c’è stato, è stato in buona fede… Io ho sempre e solo cercato di fare la tua volontà, lo sai…”.
“Non temere, mio prode!”, commenta ad alta voce Victor. “Tra poco il tuo incubo terminerà, e la tua dedizione sarà ricompensata!”.
Termina di bere il terzo spaziale, e lancia euforico un monito:
“Ecilef, preparati! Dio, ossia io, sta per apparire davanti ai tuoi occhi! Ecilefiani miscredenti, tra poco quelli di voi che non si convertiranno saranno spazzati via! Vi ho già concesso troppo tempo!”.
Lancia il calice per terra e prende infine a ridere di gusto, con una venatura isterica.

[continua]


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