Maggio lontano - Poesie scelte

di

Lucio Postacchini


Lucio Postacchini - Maggio lontano - Poesie scelte
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 80 - Euro 10,00
ISBN 9791259512383

eBook: pp. 72 - Euro 4,99 -  ISBN 9791259512697

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In copertina: «L’autore negli anni ’50»


Premessa dell’autore

Maggio lontano è una selezione delle mie poesie, per la maggior parte già edite nei miei precedenti libretti. Il titolo lo devo alla poesia qui inserita alla fine, dal titolo, appunto, Maggio lontano. Succede, da anziani, di volgere sovente lo sguardo al passato, poiché il periodo della fanciullezza è certamente quello rimasto maggiormente nel cuore. In particolare, il clima mite a partire dal mese di maggio permetteva a noi bambini delle vicine case contadine di trascorrere molto tempo sulle nostre aie. Ci ritrovavamo infatti in una di esse a turno e a seconda delle circostanze. Frequentavamo tutti la scuola elementare di Stella di Monsampolo del Tronto, ma nei pomeriggi dopo aver fatto i compiti rimanevano tante ore da dedicare ai giochi. Tutte le aie avevano almeno un mucchio di paglia e un altro di fieno che servivano per accudire il bestiame, in genere mucche e vitelli. Le prime utilizzate per i lavori in campagna appaiate al giogo per il traino di carri e aratri, mentre i vitelli venivano venduti non appena raggiungevano adeguata grandezza.
Diversi erano i giochi tipici dell’infanzia che a quei tempi si svolgevano all’aperto: nascondino, mosca cieca, campana (lu campanó, in dialetto locale). Inoltre fra i maschi ‘imperversavano’ i giochi con le biglie di vetro, con i tappi metallici delle bottiglie di vetro e con le figurine circolari metalliche che raffiguravano il volto e una piccola parte del busto di un calciatore (sul retro della stessa una breve biografia e la squadra di appartenenza). Pochissime famiglie avevano a quei tempi il televisore, e molte non avevano nemmeno la radio.
Per il gioco con i tappi delle bottiglie e con le biglie, prediletto dai maschi, venivano realizzati degli appositi circuiti: quelli incavati nel terreno ove far scorrere le biglie; e quelli a livello sull’aia, delimitati da due righe continue ed equidistanti, per i tappi. Quest’ultimo tipo di circuito veniva agevolmente tracciato con la forca a due denti, ricavata dalla potatura degli alberi e sapientemente scelta e lavorata. Ogni bambino attribuiva alla sua biglia multicolore con cui giocava, il nome del suo corridore ciclista preferito. Pure così avveniva per il tappo metallico, ove il nome del corridore era scritto in apposito cartoncino bianco e quindi inserito nell’incavo. L’abilità del gioco consisteva soprattutto nel dare la ‘giusta’ spinta con la cosiddetta schicchera alla biglia o al tappo, in modo tale che essi andassero il più lontano possibile però seguendo il tracciato del gioco. Infatti, in caso di fuoriuscita, era d’obbligo rimettersi nell’ultimo punto raggiunto regolarmente col tiro precedente.
Ma torniamo alle poesie di questa silloge, poiché può apparire superfluo l’aver reinserito nel nuovo libro molte di quelle già pubblicate in precedenza. Ma così non è. È invece che quando si comincia a scrivere specialmente da anziani come in questo caso, si ha fretta di realizzare per ovvi motivi qualcosa da pubblicare. Succede in tal modo che il lavoro frettoloso possa far includere poesie delle quali poi, a distanza di tempo, non si è pienamente soddisfatti. E si rimedia pertanto con una nuova pubblicazione riassuntiva, attentamente rivista e comprensiva delle migliori composizioni, o comunque ritenute tali dall’autore.

Monsampolo del Tronto (Ascoli Piceno) – maggio 2023


Maggio lontano - Poesie scelte


Un giorno di primavera

Poesia che nasce
Nel vento leggero,
In un giorno di sole
Di un marzo che muore,
Ma che inonda il campo
Di gentil primavera.
Si sente l’odore del tempo
Di passate stagioni,
D’anime assolte
E vibranti in farfalle
Che si posano lievi,
Come il passo di chi sente
L’incanto.

Poesia quinta classificata alla XXIII Edizione del Premio letterario Internazionale di Poesia “Città di Monza” 2021.


Il cagnetto Titì

Ricordo un cagnetto
dal nome Titì,
tutto nero, piccolo
ma dal cuore così.
Giunse da solo,
questa sembra una fiaba,
camminando al fianco
della strada ferrata.
Ormai troppo stanco
si doveva fermare;
aveva fame, sete
e non sapeva che fare.
Guardando d’intorno
vide un’aia piccina,
coi bambini a giocare…
e la salvezza vicina.
Sperava infatti
in un gesto d’amore;
dei piccoli passi
e fu un tuffo al cuore.
Perché tutti i bimbi
l’accolsero in festa,
e furon carezze
al dorso e alla testa.
Da quell’incontro
stette bene ogni dì;
e felici quei bimbi,
col cagnetto Titì.


Ov’è il pensiero

Il pensiero è nella materia,
È così dall’Eterno:
Evidenza è nell’uomo,
Mentre altrove è latente.

Aleggia il pensiero,
Come fosse aureola intorno
Al cervello; come energia
In tal sito cosciente.

Materia fu informe
Nell’infinito del tempo:
Ma essa covava
Quel ch’oggi io sento.


Colline del Tronto

Delle Marche e d’Abruzzo
voi siete gaudenti,
il Tronto a dividervi
nel sole splendente.
Recente o remota
chissà quanta storia
voi conservate
nella vostra memoria.
Nei secoli bui
dell’Italia divisa
vedeste nel Tronto
un confine nemico.
Ora tutto è passato,
il Tronto vi unisce,
specchiatevi in lui
o candide amiche.


Somiglianze

La natura e il caso
Assomigliano tanto:
Un disastro improvviso
E finisce l’incanto.

Terremoti e alluvioni
Non son frutto d’ingegno;
Ma fervori nascosti
Che lasciano il segno.

Natura non svela segreti,
E quiete è apparente:
Forse lei stessa non sa
Quel che cela sua mente.


Aiuti di vecchiezza

Sventure in giovinezza
Ed i perduti amori
Aiutano in vecchiezza,
Spengono gli ardori.

Gli slanci del passato
Furon tutti vani:
Non ci assistette il fato
E sarà così domani.

Le tristi esperienze
Sono preziose assai,
Le abbiamo sempre in mente:
Sbagliar da vecchi, mai.

Non sarà più baldanza,
Non sarà come in quegl’anni:
Al volger della vita, avremo la speranza;
E pur la conoscenza a lenir gli affanni.


Malinconia

Malinconia di un giorno qualunque,
senza oggetti e speranze,
né attese, né scopi di vita,
e dal mondo infinite distanze.

La vita è inane germoglio
sfuggito al nulla e alla sorte,
è assoluto accidente,
è squilibrio di morte.

La fine è immanente
in ogni forma di vita:
tutto la morte riprende
con sua brama infinita.

Poesia sesta classificata ex aequo alla XXIX Edizione del Premio Letterario Internazionale di Poesia e Narrativa “Marguerite Yourcenar” 2021.
Poesia ottava classificata alla XXIX Edizione del Premio Internazionale di Poesia “Il Giro d’Italia delle Poesie in cornice” 2022, con diploma di merito assegnato quale vincitore ex aequo della Tappa di Bassiano (LT).


L’infinito nel Tronto

Il fiume è un compagno, un amico
Che scorre in tracciati sì lunghi e sinuosi,
Che genera slanci e sentor d’infinito,
Sentimenti d’alte forme, virtuosi.

Rive del Tronto; son quelle sponde
Testimoni ancestrali d’eventi,
Son lì dai tempi in cui eterno si fonde;
Sono infinito, se ascolti lo senti.

Nei luoghi più cari è fermo il mio tempo;
Sì, il Tronto scorre: è acqua fluente,
Ma non fugge la sua impronta nel vento
Che aleggia, ritorna e permane silente.

Il mio infinito è in quello del Tronto
Che accolse l’infanzia che pur non ritorna,
Perché serbata, custodita nel mondo
Ov’è per sempre ogni essenza e la forma.


[continua]


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