I nuovi dèi

di

Lino Pasqualini


Lino Pasqualini - I nuovi dèi
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 68 - Euro 8,50
ISBN 979125910464

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In copertina: fotografia dell’autore


Prefazione

Lino Pasqualini offre una silloge di poesie che rappresenta un flusso continuo di visioni e percezioni, costantemente cosparse di richiami ad una sostanza poetica difficile da decodificare se non si scende nel profondo di un abisso dell’enigma.
Durante il processo lirico si assiste ad un continuo catapultarsi in territori sconosciuti, generando una miscela poetica che tutto contempla, in una espansione enigmatica che riconduce a luminescenti guizzi lirici, a spumeggianti immagini, a figure deificate ed a lampi d’inconoscibili pensieri.
La poetica di Lino Pasqualini conduce quindi in una sospensione del senso, come a voler offrire nuovi significati alle parole, o a non volerne offrire affatto, in una sorta di continuo rimando d’ogni possibile interpretazione: si può considerare un’azione sotterranea che intende sacrificare sull’altare della poesia il “significato” profondo dei versi che formano la presente silloge.
Nella sua visione lirica l’autore infonde calore alle parole, seppur le avvolga del suono freddo e dell’armonia metallica, come a voler cercare una soluzione sciamanica, saziandosi di frammenti, di visioni de-frammentate, di algidi versi che congelano ogni ricerca del desiderio, quasi a confluire in una dimensione irreale.
Si avverte che la sua poetica oltrepassa l’ultimo confine del significato, della sostanza profonda della sua visione poetica, della concreta ricerca d’un pur vago e vano tentativo di comprensione, al contrario, si viene fagocitati in un processo alienante e corrosivo, che rende ardua ogni possibile risoluzione, tra continui rimandi e reiterazioni: ecco allora che l’immagine ed il segno, la forma ed il simbolo, si intrecciano e si sovrappongono, si plasmano e si trasformano.
Pasqualini propone una sorta di cripto poesia, che comprende parole senza tempo, che risplende del semplice suono, nutrendosi di residui lirici in un divenire che scardina ogni regola e previsione.
“Resto singolo/esasperato accumulatore/di riflessi”, scrive nella poesia dal titolo “Ci vediamo”, offrendo, con forte consapevolezza, l’immagine della propria simbolica figura lirica: tale “accumulo” di parole e pensieri, di immagini enigmatiche e figure irreali, di conflitto tra dono e desiderio, di lotta tra respiro e soffocamento, viene alimentato da incessanti trasformazioni e metamorfosi.
Le parole magiche superano i confini alla ricerca delle transizioni e cercano di scardinare ciò che si trova ancora al di qua dell’inevitabile deriva che condurrà inesorabilmente al naufragio perenne.
Lino Pasqualini conduce oltre la Parola, oltre il significato reale, oltre il tempo e lo spazio, con l’ardua intenzione di riportare alla luce un universo emozionale celato nei versi delle poesie, nascosto negli anfratti d’un processo lirico che si genera e perisce, nutrendosi della criptica realtà che lo sostiene.

dalla prefazione di Massimiliano Del Duca


I nuovi dèi


2007

Stretching

Per la soddisfazione, ragione di vita, io. Certo il volante, per raggiungere le città.
Trovo in essa il desiderio, la ragione, ma cerco i freni.
Così amo soddisfarmi, trovo negli altri il mio confluire. Di idee, fervide speranze, sanzioni di coinvolgimenti.
Vi constato sorridendo, limito contorni fiesti, non senza essermi conturbato.
Ma oltre, perché torno in città, e vi saluto; vi riconosco compagni.
Il viaggio torrido mi espande e non trovo i freni.
Senza conturbanza, logoro le sensa. Così sentieri
erbosi scuotono terreni e vi aggiudico limoni. In acqua calda, contro le sacche, nello stomaco.
E cerco ora, per stabilirmi reduce, tra perizie innate, salutando torpori e fieni secchi.
Vistose canzoni tra le grida, sfociano in amori di parenti. Contusioni pizzagliate portano tatuaggi.


Plot

Facchinaggi pretenziosi scaricano vesti su tatti friabili. L’eco contaminata deride la scarica, puntuosa regolatrice senza sanzioni. Tavole preposte staminano con cura, parole perizie che finiscono. Spunti di tendenza postano regoli tribali.
Prese non di posizione periscono scorticate e limoni sazianti, fervidi parti senza “an”.
Core spianta territori filati e corti stipuli imbiancano sali saccati. Giove spunta leccornia e torna consenziente pila; faro corroso poggiato su piane sfocate.
Pestileo s’avvicenda in tormenti, per sanare tormento potati. Viceste s’adorna, mulata e carnosa; e poi, stillata e fremente: la vista sospende incantesimi.
Torneo impallidisce e canta: favori stipulati e cornici pire; lamenta favori e raccattapalle.
Miscela si confonde; pristina liquori e tine, falca le orme e temporeggia; perisce e stappa bottiglie; spara e perisce. Rumina topi e spazia membra per contare: rastella… si velisce.
Intonaco causa posteggi e invoca lane grigie, per torpirsi spellato; frantuma speci di fili, ecclatando. Mormora spumeggiante e, Luna: prominente s’innalza, prominente s’abbassa: schiude pozzi luminescenti, ribalta temori e si propone ai movimenti.
Borse lacue piantano semi e vite parallele s’intrecciano su spazi tascabili, in previsioni tastate e gusti lividati.


Relation’ Waves

Pioli su cascate che fremono
e lividi tostati su mani
s’attestano pani

Singhiozzi calati dividono
ponti speculati, gorgheggiano
tra i falli sani

Rospi tappeggiano loro tono
spianando pizze torbide
e richiami vani

E starnuti destati muovono
miscele prostate; ride
da lassù l’eco dei nani.

In caduta limi serpeggiano
nefasti si corrodono
e quaggiù; sciamani.


To happiness

Angustiato il topo febbrile
sciagura, il cane al canile
Bromuro in narici, la pia cantilena
spartita per aria che ’l volatile frena

Nodose vanghe ancora file
prostrate a destini in stile
Focoso altare intanto a disména
per sotterrare fette di corteccia piena.

Piàne calore sprona il vile
temporeggia, lando il cortile
si sta valutando piantata la carena:
riporre il naso tenzioso in balena.


Pistils

Piastre stipulate infondono
calore e spazi per parole
che tossiscono vapori.

Rastrelli stipulati pendono
per drenare via la larga mole
da corpi, là, di fuori.

Ninsata la collera perdono
si sazia limando perché vuole
toccare e fluire odori.

Non grave bluastro ora il cono
a trarre spezzoni sotto suole
di piedi caldi a colori.


Feel sort

Spelonche si aprono corteggiate
a chi rimpartisce i pesi
e lavando vernici, soleggiate
numerate e galderisi
senza soste. Le rive ingrate
con tutto ciò stesso ravvisi
e ripongo tradita piante nate
sperperando limoni lisi.
Firme e risate sorseggiate
pongono abiti arditi
ma stentato da zuppe salate
regolo passi scanditi.


[continua]


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