Mercanti di anime bianche

di

Lino Lecchi


Lino Lecchi - Mercanti di anime bianche
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
15x21 - pp. 368 - Euro 17,00
ISBN 978-88-6587-4424

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In copertina disegno di Arianna G.


La famiglia Casiraghi vive a Milano ed è composta da Silvia, il marito Vittorio ed i due figli Riccardo e Alessandro.
Un menage famigliare tranquillo, sereno, finché un evento drammatico, imprevedibile sconvolge un equilibrio che sembrava inattaccabile.
All’improvviso un figlio scompare improvvisamente.
La disperazione ha il sopravvento sulla vita del nucleo famigliare ed ognuno cercherà di reagire per sopravvivere all’angoscia che ha colpito la famiglia.
Dopo gli infruttuosi tentativi di ritrovare il bambino scomparso, attraverso i media e le indagini delle autorità giudiziarie, i Casiraghi decidono di affidare tutte le loro residue speranze ad un detective.


Mercanti di anime bianche


Dedico questo libro a tutti i bambini.
Perché possano crescere e prosperare
sereni, lontani da pericoli e insidie
nel percorso della vita, circondati
dal calore e dall’affetto della famiglia.


I figli sono tesori inalienabili da custodire
e proteggere come preziosi doni affidati dal cielo.
L.


Capitolo primo

Mercoledì 25 agosto

Il ritorno dalle vacanze presenta sempre aspetti contrastanti. Da un punto di vista razionale, i giorni di relax e di divertimento sono finiti e la mente viene inesorabilmente catapultata al fatidico lunedì della ripresa del lavoro, pesantissimo come un macigno, che rimette in moto tutto il meccanismo della vita quotidiana.
L’altro aspetto è quello che si riprende con uno spirito diverso, rigenerato dal ricordo delle due settimane trascorse ad abbronzarsi su qualche spiaggia o delle escursioni tra le cime di qualche località montana.
Ed è con questo spirito che la famiglia Casiraghi stava tornando dalle vacanze percorrendo l’autostrada Mila­-
no-Na­poli per tornare a casa, a Milano, in zona Porta Garibaldi, ove abitavano, al quinto piano di un condominio.
Avevano trascorso le vacanze in una località vicino a Sorrento, ove avevano affittato una casa per due settimane del mese di agosto ed il rientro stava avvenendo nella massima allegria.
Il bel tempo aveva contribuito a far trascorrere vacanze serene e divertenti, con interessanti escursioni in zone turistiche da cartoline illustrate, come Capri, Ischia, Positano e Amalfi. Avevano visitato per la prima volta, ambienti suggestivi apprezzando gli aspetti naturali delle coste e dei paesaggi pittoreschi che si affacciano sul mare.
La famiglia era composta da Vittorio, la moglie Silvia, ed i due figli Riccardo di undici anni e Alessandro di cinque.
Vittorio era un uomo di bell’aspetto, alto quasi un metro e novanta, con un fisico asciutto atletico, che riusciva a mantenere in linea nel tempo libero con molto sport in palestra e anche sui campi da tennis.
Aveva i capelli color castano chiaro tagliati corti e due occhi verdi molto penetranti.
In ufficio era l’oggetto dei desideri di molte avvenenti impiegate, che non perdevano occasione per avvicinarlo cercando di tentare auspicati approcci che purtroppo non approdavano a nulla, poiché Vittorio era un marito fedele, innamorato profondamente della moglie, che non avrebbe mai tradito.
Era un ingegnere specializzato nell’impiantistica industriale e lavorava presso uno studio associato di progettazione di impianti di trivellazione petrolifera a livello internazionale.
Aveva quarant’anni e da quindici era sposato con Silvia, più giovane di lui di tre anni, una bella donna bionda, con occhi azzurri come il mare ed un corpo longilineo da modella.
Silvia nella sua vita professionale faceva l’arredatrice e collaborava con una rivista specializzata per l’allestimento di appartamenti da ristrutturare, soprattutto vecchie case rurali e ambienti di origine storica.
Si erano conosciuti in occasione di un convegno tecnico, sponsorizzato da un ente europeo specializzato per la divulgazione di progetti per il recupero di immobili d’epoca destinati alla salvaguardia del patrimonio artistico internazionale.
Era stato un colpo di fulmine. Avevano incominciato a frequentarsi e non tardarono a decidere che le loro vite erano inevitabilmente destinate a percorrere lo stesso cammino.
Era una bella coppia ed andavano molto d’accordo. In tanti anni di convivenza non vi era mai stato un alterco e il loro rapporto era estremamente equilibrato sia sotto il profilo caratteriale che sessuale.
Con l’avvento dei figli, entrambi avevano raggiunto una maturità anche sotto l’aspetto della responsabilità come genitori. Amavano i propri figli e cercavano di educarli nel migliore dei modi. Nonostante gli impegni professionali, la priorità assoluta era dedicata ai figli Riccardo ed il piccolo Alessandro.
Vittorio guidava ormai da quattro ore la BMW X 5 nera, essendo partiti il mattino molto presto da Sorrento.
Il viaggio di ritorno a casa trascorreva nella massima allegria, cantando alcune arie famose del romantico repertorio della canzone napoletana, che avevano ascoltato con piacere nei locali frequentati nelle calde e divertenti serate in ambienti folcloristici della riviera sorrentina.
Ricordavano con piacere alcuni spassosi episodi della vacanza che li avevano fatti divertire, facendo trascorre lieti ed indimenticabili momenti.
Ognuno rammentava qualcosa che lo aveva colpito durante le visite degli ambienti caratteristici e suggestivi della costiera amalfitana, riferendosi ai pittoreschi panorami o a persone anche in qualche caso un po’ bizzarre, che avevano contribuito a rallegrare il soggiorno.
Tutto era andato bene. Durante le escursioni sulle coste di quella splendida zona, avevano nuotato in acque dal colore blu intenso, abbronzandosi sotto un sole che aveva tinto la loro pelle, anche se con qualche scottatura.
Si erano fermati a pranzare in piccole trattorie locali ove avevano avuto modo di assaporare i gusti tipici della cucina locale, i cui ingredienti principali erano sempre a base di pesce e peperoncino.
Avevano trascorso le serate passeggiando lungo la zona del porto, cogliendo ogni aspetto originale delle abitudini della gente locale, dal temperamento estremamente caldo e disponibile.
Ascoltavano con piacere in qualche localino folcloristico, le musiche napoletane interpretate da piccoli complessi locali, che si esibivano con motivi classici melodici conosciuti in tutto il mondo.
Alcuni brani erano accompagnati dal canto corale dei clienti che intonavano divertiti le arie più famose di quella terra che sprigionava un romanticismo antico legato alle proprie tradizioni.
Giunti in autostrada a Firenze, Vittorio decise di fare una tappa per ogni tipo di esigenza ed entrò in un’area di servizio, parcheggiando l’auto proprio davanti ad un autogrill.
Alessandro dormiva profondamente, ma la mamma lo svegliò per entrare nel bar a bere qualcosa per refrigerarsi e poi per le esigenze del bagno.
Il piccolo era l’immagine della madre, con i lunghi boccoli dorati che gli scendevano sulle spalle e due occhietti azzurri splendenti.
Riccardo invece assomigliava al padre, con capelli castani ed occhi verdi.
C’era molta confusione in quell’area di servizio e mentre Vittorio si attardava a parcheggiare la vettura, in mezzo a quel marasma che regnava nel piazzale dell’autogrill, Silvia ed i bambini si avviarono verso i bagni.
Silvia raccomandò Riccardo, di accompagnare Ales­sandro nel bagno degli uomini e di attendere all’uscita che fossero raggiunti dal padre, che nel frattempo si era attardato cercando di sistemare la macchina in uno spazio di­sponibile.
Silvia entrò nel bagno delle donne che era piuttosto affollato e dovette mettersi in fila.
Riccardo prese per mano il fratellino e si avviò nel bagno degli uomini.
Dentro c’era molta confusione e poiché gli orinatoi posti lungo le pareti erano alti per entrambi, non appena si liberò un bagno, entrarono e richiusero la porta.
Il piccolo Alessandro però cominciò a manifestare le proprie rimostranze, esigendo la propria privacy.
“Dai smettila!” lo redarguì il fratello maggiore, che ogni tanto voleva far pesare la differenza di età “sbrigati, tira fuori il pisellino, non possiamo stare qui tutto il giorno!”
“Uffa te l’ho già detto che non mi scappa, è inutile che insisti.” ribadì Alessandro.
“Guarda che papà non si ferma più fino a casa. Ti conviene farla adesso, sei sempre il solito capriccioso.”
“Io non sono capriccioso”, rispose Alessandro risentito.
I due fratellini si beccavano spesso in quanto, data la differenza di età, Riccardo pretendeva rispetto e voleva far pesare il fatto di saperne più del piccolo che però amava teneramente, cercando di proteggerlo da ogni pericolo.
Finalmente Alessandro si decise e abbassando i pantaloncini e le mutandine, liberò la vescica, con un getto che quasi uscì dal water.
“Per fortuna che non ti scappava.” gli disse Riccardo, “a momenti la facevi contro il muro.”
Ma a quel punto il fratello maggiore aveva compiuto la sua missione.
Il piccolo, soddisfatto si tirò su tutto quanto, aiutato da Riccardo.
“Adesso aspettami qui fuori un momento”, gli disse Ric­cardo, accompagnandolo fuori dal gabinetto “mi sbrigo in un attimo, non muoverti di lì per nessun motivo. Adesso dovrebbe arrivare anche papà.” gli disse richiudendo la porta.
Appena terminato, Riccardo premette il bottone dello sciacquone ed uscì dal gabinetto.
Si guardò per cercare Alessandro, ma il fratellino non c’era da nessuna parte.
Al momento la cosa lo fece adirare, pensando che come al solito non obbediva alle sue raccomandazioni. Poi, temendo che il bimbo fosse uscito fuori dai bagni, perdendosi nella folla, Riccardo corse nel corridoio che conduceva verso il piazzale dell’autogrill, ma del fratellino nessuna traccia.
Tornò subito nel bagno, temendo di non averlo visto o che il fratellino si fosse nascosto per fargli uno scherzo, ma guardando da ogni parte non lo trovò.
All’improvviso sopraggiunse Vittorio e angosciato Ric­cardo disse al padre quanto era accaduto, dicendogli che non riusciva a trovare Alessandro.
Insieme cominciarono una ricerca spasmodica, tra quella folla disinteressata e cinica, che spingeva per farsi strada verso i bagni.
Appena Silvia uscì dal bagno fu informata da Vittorio e Riccardo di ciò che stava accadendo e si unì alle ricerche, chiamando ripetutamente Alessandro in mezzo alla ressa che in quel giorno di ritorno dalle vacanze affollava l’area di servizio.
Silvia per scrupolo tornò nel bagno delle donne per verificare se il piccolo, nel tentativo di cercare la mamma, si fosse intrufolato all’interno, mentre Vittorio e Riccardo, cominciarono a cercare anche nella zona del bar e della tavola calda.
Passarono in rassegna lo scomparto dei giocattoli, ove magari Alessandro si fosse fermato attratto dall’esposizione di tutti quei giochi, ma non lo trovarono neppure lì.
Tornarono all’esterno e scrutando da ogni parte, chiedevano ai passanti se avessero visto un bambino con i tratti somatici di Alessandro, con una vistosa maglietta rossa con impresso sopra un grande numero cinque, che era il numero dei suoi anni.
Chiesero agli addetti dei distributori di benzina, descrivendo i connotati del piccolo, ma non ottennero alcuna risposta positiva.
Riccardo era disperato e seguiva i genitori in questa affannosa ricerca, affranto dal pianto, continuando a ripetere che era colpa sua e che non avrebbe mai dovuto lasciare da solo il fratellino fuori dal gabinetto.
I genitori ormai angosciati chiedevano a tutti se avessero visto un bambino come Alessandro. Alcuni erano stranieri e non capivano, altri erano piuttosto indifferenti e rispondevano negativamente senza alcun affanno.
Vittorio si inoltrava tra i mezzi parcheggiati, chiamando a squarciagola Alessandro, guardando in tutte le direzioni, ma invano.
Silvia era tornata ai bagni, introducendosi anche nell’area del bagno degli uomini, suscitando brontolii e occhiatacce scandalizzate dei maschi che osservavano allibiti la donna, rea di aver violato la zona di loro competenza, senza rendersi conto del dramma che quella donna stava vivendo in quel tragico momento.
Purtroppo quella invasione di un territorio tabù non portò ad alcun risultato. In quel bagno per uomini Alessandro non c’era e ne uscì delusa, mentre la preoccupazione cresceva a livello esponenziale.
Vittorio, mentre passava in rivista ogni mezzo parcheggiato nel piazzale, notò una vettura della polizia stradale che entrava lentamente nell’autogrill. Subito si diressero verso di loro, gesticolando, per attrarre l’attenzione dei poliziotti, che colti alla sprovvista scesero dalla macchina con aria circospetta, pensando che il caldo avesse dato alla testa a quello strano individuo, che stava quasi rischiando di essere investito dagli stessi poliziotti.
Vittorio spiegò con il cuore in gola quanto stava accadendo e li pregò di aiutarlo a trovare suo figlio.
Descrisse i connotati di Alessandro: cinque anni, riccioli biondi e grandi occhi azzurri. Indossava una paio di bermuda blu, una maglietta rossa con un numero 5 grande stampigliato al centro della t-shirt ed un paio di scarpine di gomma blu.
I due poliziotti si misero subito in movimento, cercando di aiutare i genitori disperati, mischiandosi alla folla di turisti in transito in quel nodo autostradale che costituiva un punto di svincolo tra il tratto che congiungeva l’A11 Firenze mare con l’A1 Milano-Napoli.
Dopo circa due ore sotto il sole cocente e in mezzo a quella gente ignara del dramma che stavano vivendo i due genitori, Silvia e Vittorio si fermarono esausti e distrutti dalla disperazione.
Nel frattempo uno dei due poliziotti, con il radiotelefono, comunicava alla centrale quanto stava accadendo in quella zona dell’autostrada, trasmettendo le coordinate ove era collocata quell’area di servizio.
Immediatamente venne diramato un comunicato ai gestori dei caselli in uscita dall’autostrada, con i connotati di Alessandro, cercando di individuare se tra i passeggeri di ogni mezzo in transito poteva trovarsi a bordo il bambino.
Purtroppo per gli automezzi in uscita dai caselli con telepass era impossibile controllare, per assenza di personale di servizio.
I due poliziotti consigliarono i due genitori di presentare una denuncia alla questura, di Firenze, per estendere una ricerca su vasta scala, esibendo una recente fotografia del piccolo, da divulgare con email a tutti i comandi nazionali.
“Non sarà facile”, disse il poliziotto, “ma la scomparsa è appena accaduta ed esistono possibilità che si faccia in tempo a trovarlo.”
“Cosa significa fare in tempo?” chiese Silvia, non comprendendo quella frase.
Il poliziotto non voleva illudere i genitori, preferendo spiegare loro la realtà di questa circostanza dolorosa.
“Vede signora, voglio essere sincero con voi. È importante che lo ritroviamo in queste quarantotto ore. Se passa troppo tempo il problema si amplia, aprendosi a molte ipotesi, non escluso che il bambino possa essere portato fuori dai nostri confini.
Comunque non lasceremo nulla di intentato, vedrà che in qualche modo riusciremo a trovare vostro figlio.” concluse il poliziotto, cercando di rassicurare la famiglia.
Detto questo i due poliziotti se ne andarono, lasciando nella più profonda costernazione i due genitori ed il fratello Riccardo, che spaventato continuava a piangere.
Senza risparmiarsi, si distribuirono i compiti di un nuovo tentativo di ricerca e tornarono a passare in rassegna ogni angolo dell’autogrill, senza trascurare alcun angolo remoto dell’area di servizio.
Ormai era tardo pomeriggio e stanchi ed affranti, si ritrovarono accanto alla macchina.
Silvia, che fino a quel momento era riuscita a trattenere l’angoscia provata, esplose in un pianto dirotto, mentre abbracciava Riccardo che era distrutto per la scomparsa del fratellino che adorava.
Vittorio crollò sul sedile della macchina, colto da un malore. Non riusciva a piangere, ma in quel momento si sentiva completamente annientato, devastato dal dolore che provava, senza riuscire a sfogarsi.
Aveva uno straziante dolore allo stomaco, come fosse stato colpito da una pallottola.
“Cosa facciamo?” chiese la moglie singhiozzando.
“Dobbiamo uscire dall’autostrada e recarci al primo comando dei carabinieri.” disse in modo pragmatico Vittorio. “Ha ragione il poliziotto, dobbiamo andare subito a fare la denuncia della scomparsa per dar modo alle forze dell’ordine di dar corso senza perdere altro tempo ad una ricerca su scala nazionale. Silvia, in questo momento non possiamo fare altro.
È ormai certo che Alessandro non si trovi più qui da un po’.” disse con amarezza.
Mentre percorrevano il tratto che li stava conducendo fuori dall’autostrada uscendo al casello di Calenzano, continuavano a fare ipotesi, a chiedersi cosa poteva essere accaduto ad Alessandro, perché proprio a lui.
Erano molte le domande che si affollavano nella loro mente, ma purtroppo non c’era alcuna risposta per ognuna di esse.
“È colpa mia!” continuava a ripetere Riccardo, stravolto dal pianto frenetico ed incessante che lo stava divorando.
“Stai calmo Riccardo” ripeteva la madre, cercando di rincuorarlo, “tu non hai alcuna colpa. La colpa è solo di quel bastardo figlio di puttana che lo ha preso.” esclamò con tutta la rabbia che aveva dentro.
Silvia non era un tipo che si allarmava facilmente, ma in quel momento aveva dentro di sé una tale rabbia, che se avesse avuto tra le mani il responsabile del rapimento, probabilmente lo avrebbe ucciso. “Ha ragione tua mamma, Riccardo” aggiunse Vittorio per cercare di rasserenarlo, anche se era estremamente difficile trovare le parole di consolazione in una simile circostanza.
C’era solo una grande rabbia che, fondendosi al dolore, causava un senso di impotenza che impediva loro di reagire ad una tale sventura. Si sentivano disarmati, colpiti al cuore, completamente annientati.
“Non devi addossarti alcuna colpa. Lo ritroveremo, vedrai che lo ritroveremo, dovessimo girare tutta l’Europa per tutta la vita. Non smetteremo mai di cercarlo.”
“Ma cosa può essere successo?” chiese Silvia con gli occhi gonfi dal pianto.
“L’hanno rapito? L’hanno portato via? Ma chi può essere stato a farci così tanto male?” si chiese disperata tra i singhiozzi.
“Non lo so” rispose avvilito Vittorio, con la voce rotta dalla disperazione che lo stava consumando ora per ora.
Ormai aveva esaurito tutta l’adrenalina che aveva a di­sposizione. Non sapeva più cosa pensare, né cosa avrebbe potuto fare.
Di una cosa purtroppo era certo: Alessandro non si trovava più in quella zona.
Avvertiva questa sensazione come la percezione di un medium.
Alessandro non poteva essere scomparso come un fenomeno paranormale.
Ora Vittorio era certo che qualcuno lo aveva rapito. Forse gli aveva fatto anche del male e ciò lo straziava più di ogni cosa al mondo.
Il suo piccolo adorato angelo dai capelli d’oro forse in quel momento era nelle mani di qualche aguzzino, di gente crudele senza scrupoli, che rapisce piccoli innocenti, inermi per scopi perversi ed efferati, dettati dall’egoismo e dalla cupidigia.
All’improvviso in macchina scese un silenzio spettrale, anche se ognuno in cuor suo in quel momento avrebbe voluto urlare e maledire gli autori del dramma che avevano causato in quella famiglia così unita.
Erano molte le domande che affollavano la loro mente. Tutto era accaduto in pochi istanti in un ambiente ristretto, ma estremamente affollato.
Però nessuno aveva notato nulla, aveva visto nulla. In quell’area di servizio si era consumato un dramma e tuttavia non c’era stato un solo individuo pronto a testimoniare di avere assistito a qualcosa di anormale.
Fatti efferati che accadono quotidianamente in mezzo alla gente, gente distratta, cinica, indifferente, che pensa solo ai fatti propri e non desidera essere coinvolta in eventi che non la riguardano.
Rapimenti, stupri, aggressioni, omicidi, fatti truci consumati in mezzo al pubblico, che per scansare ogni responsabilità, finge di ignorare ogni evento delittuoso accaduto improvvisamente e inesorabilmente sotto gli sguardi di tutti.
Questa è la realtà nella quale si vive quotidianamente, pensò Vittorio.
Mille pensieri passavano nella sua mente e probabilmente in quel momento erano gli stessi che transitavano velocemente anche nella mente di Silvia.
Possibile che Alessandro non si fosse ribellato nei confronti di un individuo sconosciuto che l’aveva avvicinato con l’intenzione di allontanarlo da suo fratello?
Possibile che avesse seguito questa persona estranea, senza un motivo?
Lui e sua moglie lo avevano educato cercando di insegnargli di non accettare mai doni da parte di sconosciuti, e tantomeno di seguire qualcuno che non conosceva.
Alessandro era un bambino sveglio ed intelligente, i genitori erano certi che non avrebbe mai ascoltato i consigli di uno sconosciuto.
Con tutti questi pensieri, notarono l’indicazione che portava l’insegna di un comando di carabinieri e seguendo le frecce giunsero davanti ad una caserma periferica della città di Firenze. Vittorio parcheggiò nello spazio riservato ed insieme a Silvia e Riccardo entrarono per denunciare la scomparsa di Alessandro.
Un ufficiale che al momento presiedeva la sede del comando distrettuale di quella zona, lo accolse con cortesia ed ascoltò la deposizione con molta attenzione.
Anche Riccardo fece la sua deposizione, dal momento che era l’ultimo ad avere visto il fratello.
Il tenente inserì nel computer i dati anagrafici di Alessandro Casiraghi ed aprì la denuncia di scomparsa con i dettagli dell’evento che Vittorio e Silvia narrarono in ogni particolare.
Dopo che entrambi ebbero firmato il documento trattenendone una copia, Vittorio chiese al militare quale poteva essere, secondo il suo esperto parere, il movente di questa scomparsa.
Il tenente cercò di rispondere in modo pacato e razionale, per non allarmare ulteriormente lo stato d’animo dei genitori in un momento così tragico.
“Beh, è difficile fare delle ipotesi, in mancanza di elementi da esaminare. Dirameremo un comunicato a tutti i comandi periferici alla provincia di Firenze. Comunque prima di quarantotto ore non possiamo fare ufficialmente alcuna considerazione al riguardo.
Nel caso che la scomparsa di suo figlio si dovesse confermare in un sequestro di persona, di solito le motivazioni possono essere diverse.
Dall’estorsione, alla pedofilia, trafugamento di minori per adozioni illegali a famiglie senza bambini.”
Tralasciò di estendere il caso anche al possibile rapimento per traffico illegale di organi, per non aumentare l’angoscia dei due genitori.
“Come intendete muovervi?” chiese Vittorio per tentare di aggrapparsi a qualche speranza.
“Signor Casiraghi, in questo momento siamo privi di ogni indizio. Partiamo da zero.
La squadra investigativa si recherà sul posto, in quell’area di servizio e comincerà a svolgere le indagini interrogando tutto il personale di servizio dell’autogrill, gli addetti alla distribuzione del carburante, tutti gli operatori dei vari servizi, insomma.
Inoltreremo comunicazioni al riguardo dirette a tutti i comandi distribuiti sull’intero territorio nazionale.
Dobbiamo raccogliere tutte le notizie possibili da poter utilizzare per poter creare ipotesi sulle quali orientare le indagini. Questo caso appare molto difficile.”
“Ipotesi?” chiese Silvia delusa, dal momento che si aspettava qualcosa di più tempestivo, di più immediato, qualche risposta più produttiva, più realistica.
“Hanno portato via il mio bambino, capisce? Non ci troviamo di fronte all’incognita di un ambiente famigliare ostile o qualche vendetta personale.
Mio figlio non è stato rapito vicino alla mia abitazione da qualcuno o all’uscita della scuola. È sparito in un luogo di passaggio, ove nessuno lo conosceva, quindi non tirate in ballo, per favore, qualche movente tipo estorsione per un riscatto o vendetta nell’ambiente di lavoro mio o di mia moglie!” concluse esasperato Vittorio, alzando il tono di voce.
“Si calmi per favore” lo ammonì il tenente. “Comprendo il suo stato d’animo. Tuttavia dobbiamo seguire le procedure adeguate per rendere le operazioni di ricerca più razionali e adatte al caso specifico, utilizzando tutto ciò che ci potrà essere utile.
Dovete affidarvi alla nostra esperienza, ma ci vorrà tempo.
Controlleremo ogni angolo di quel punto di ristoro. Interrogheremo tutti i dipendenti in servizio durante questa giornata.
Ci faremo consegnare le cassette registrate delle telecamere fissate nelle postazioni di tutta l’area di servizio. Faremo un tentativo anche con l’utilizzo di cani molecolari, addestrati per la ricerca delle persone scomparse. Sono tutti gli strumenti che possiamo mettere a disposizione per cercare degli indizi ed eventuali tracce su cui poter lavorare.
Le garantisco che non lasceremo nulla di intentato.
La sorte di suo figlio ci sta a cuore quanto a lei, mi creda.”
“Non può essere la stessa cosa e me ne rendo conto. Voi state cercando un bambino scomparso che neppure conoscete. Non potete capire lo strazio che prova un genitore a cui è stato sottratto il proprio figlio.
Alessandro è un bambino di cinque anni che non ha fatto male a nessuno, ma in che razza di mondo viviamo?” esclamò Silvia.
“Viviamo in un mondo abitato anche da malavitosi, da gente senza scrupoli e noi facciamo del nostro meglio per eliminarli, per dare più sicurezza e serenità a persone come lei, colpita nel profondo dei propri affetti.”
Vittorio e Silvia si alzarono con il cuore a pezzi e tanta voglia di piangere, ma non volevano dare spettacolo in quel luogo asettico e burocratico, ove nessuno in quel momento era in grado di alleviare la loro sofferenza.
Il tenente disse loro che sarebbero stati informati quotidianamente di ogni notizia che valeva la pena di essere comunicata.
Prima che lasciassero il comando, il tenente diede ulteriori disposizioni.
“Se ricevete telefonate da estranei, vi prego di comunicarcele, anche se purtroppo a volte in queste circostanze, potranno farsi vivi mitomani o opportunisti senza scrupoli.
Comunque in giornata provvederemo a mettere il vostro telefono fisso sotto controllo.
Registreremo ogni chiamata e vi prego di non rivelare a nessuno di questa disposizione. Chiunque telefonerà potrà essere intercettato.”
“Anche i parenti?” chiese Vittorio.
“Tutti! Parenti ed amici inclusi. La nostra indagine sarà condotta a 360 gradi, senza influenze da parte di nessuno.
È per questo che vi chiedo di non informare nessuno di queste intercettazioni.”
Vittorio e Silvia strinsero la mano al carabiniere e Silvia chiese con un filo di voce, prima di accomiatarsi:
“Lei crede che ci sia qualche speranza di ritrovare mio figlio?”
“In situazioni come questa, la speranza non deve mai venire a mancare. Bisogna avere fiducia. Da parte nostra le garantisco il massimo impegno.
Sono padre anch’io e mi rendo conto del dispiacere che state provando in questo momento.” Nonostante quelle parole di incoraggiamento, lasciarono la caserma dei carabinieri senza alcun conforto.
Erano consapevoli che l’iter burocratico aveva bisogno del suo tempo per effettuare il percorso delle operazioni necessarie a scoprire gli indizi sui quali sviluppare le indagini.

[continua]


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