LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Lavinia Cioli

Lavinia Cioli (Pescia - PT 1979), diplomata in pianoforte e laureata in Psicologia. Ha ottenuto numerosi riconoscimenti sia in campo musicale che letterario. A partire dal 1994 ha partecipato a concorsi letterari ottenendo classificazioni e segnalazioni. Fra gli ultimi: nel 2003 selezione finale della VI Edizione del Premio di Poesia "E. Mazzinghi" e al concorso per poeti emergenti "Fonopoli - Parole in movimento 2003". Finalista al premio "Città di Monza" (2003 e 2004); nel 2005 segnalazione di Merito al concorso Letterario "Ischia l'isola dei sogni - Oscar della cultura italiana ed. 2004" e al concorso letterario "Il litorale"; IV premio ex equo al Concorso Letterario Europeo "Penna d'Autore" - Torino e il V premio al Concorso Letterario Internazionale "Ferrera Erbognone".
Ha un suo sito personale: www.laviniacioli.it
 

Inserita nell'antologia del premio
"Fonopoli - Parole in movimento 2003-2004" e nell'antologia del premio "Città di Monza 2003"
Lavinia Cioli nel mese di gennaio 2007 ha pubblicato con Montedit "
Poesia chi sei? - Racconti della mia terra" - Collana Le schegge d'oro (i libri dei premi) - 14x20,5 - pp. 56 - Euro 5,80 - ISBN 88-6037-242-9
Romeo
 
Tu che vivi nei sogni d'amore,
non celarmi il tuo volto.
 
Tu che canti, nella notte, alla luna,
non essere muto al mio pianto.
 
Io sussurro il tuo nome,
il mio cuore lo grida...
 
ma il tuo cavallo bianco, passato correndo,
adesso... è un ombra lontana.

 
Ricordo.
Questo pallido raggio di luna
S'infrange su lidi d'argento
Spezzando il manto buio
Di una notte fredda e deserta.
 
Soffia leggera una brezza
Che smuove foglie lontane,
suonano vecchie campane
Mezzanotte di piena tristezza.

 
Poesia .
 
Poesia...chi sei?
"Uno schizzo di follia
uscito dalla penna impazzita..
guidata dal tuo cuore".

 
Lo spettacolo
 
...si apra il sipario...
gli attori non possono attendere ancora.
 
...si faccia silenzio...
e da ogni angolo giunga la luce sul palco,
...è l'ora.
 
È la recita che ognuno voleva,
è il palco che ognuno sognava,
nessuno è giù in sala,
ognuno è il pubblico,
ognuno è l'Attore.
 
A ciascuno sia data una parte,
e per quella egli sogni una vita:
Sarà un breve intermezzo,
oppure infinita,
ma apparirà solamente per pochi minuti.
 
E sarò mago che incanta universi,
sarò fuoco che bruci la vita,
sarò principe o solo formica,
...solo tu potrai darmi il mio ruolo.
 
E le mie parole saranno poesia
O gesti di chi non ha mai avuto parola,
la mia voce sarà il pianto di un bimbo
o il grido di un mondo che cade.
 
Reciterò un istante oppure una vita
Sarà forse, il mio, un ruolo minore...
Sarò comparsa in un mondo fuggente,
protagonista nella mia ferma realtà.
 
Finiti i miei versi, allora,
coprirò il volto mio con un lungo mantello,
e mentre accenni un elegante inchino,
... su di me il sipario si chiuda.

 
Ed io... chi sono?
 
Un'ombra, al mio risveglio,
mi osserva da uno specchio ove, 'sì chiaro,
si riflette ogni mio dubbio,
ogni tormento...
 
E' un'ombra bruna, me somigliante
In ogni lato della mia figura,
e non ha verbo oltre lo sguardo,
è l'altra me riflessa, pura.
 
In quel silenzio, ogni mattina,
percorro i lineamenti a me comuni
... e paion nuovi,
... e sì mi perdo.
 
Ed in un fatal gioco dello sguardo
Più nomi si alternano al mio volto...
E mentre della mente il cuor fa scherno
Vedo mio padre, poi mia madre...ed io di sfondo.
 
Allora giunge al mio cosciente
La consapevolezza d'esser, io stessa,
frutto vivo di un amore antico,
testimonianza d'un passato ancor presente.
 
Porto di lui lo sguardo,
porto di lei il sorriso...
or sono di lui solo un ricordo,
che lacrime dipinge in lei, nel viso...
 
Ma né lui, né lei io sono o fui...
Ed un'ombra bruna, al mio risveglio
Mi osserva da uno specchio, ove sì chiaro
Si riflette ogni mio dubbio, ogni tormento...
 
...ed io... chi sono?

 
Poema senza eroi
 
 
Dai silenziosi salici,
le cui mute fronde mormorano ancora
lontani echi e canti tragici
di una vana speranza che dal cor s'invola,
 
giungono ognor flebili sospiri,
verbi di una lingua arcana
che nobile onor ancor commuove.
 
E lo straniero piange rapito
al canto che l'italico cuor ormai non sente
e rende omaggio all'onor tradito
dei martiri di una posterità irriconoscente.
 
Fiori di straniere bandiere
giacciono ai piedi del Maestoso Altare
ove la gentil Patria volge il sedere
a chi, per lei, si fe' immolare.

 
La clessidra.
 
Con mesto sorriso il sol mi guarda e muore,
con dolci occhi ancor si sveglia e tace
ed io sì resto, muta, ad ammirare un fiore,
invidiando sua bellezza e solitaria pace.
 
Stringo nelle mani il nulla del dolore
Legando al suo ricordo le gioie mie passate,
fantasmi al mio presente, e lor pallore
stinge anche il bel fiore o il sol delle giornate.
 
Eppure io vivo, ma fermo il mio presente è nel passato,
chiuso nella memoria di ciò che ormai non torna
mentre ogni giorno nuovo è illuminato
da un sole ignaro dell'esile mia ombra.
 
E mentre anche l'oggi muore nel domani,
si rompe una clessidra fra le mie dita.
Scivolano allor, dalle mie mani
infiniti pensieri, attimi persi d'inesorabil vita.

 
M'ama... non m'ama...
 
 
Sincera come lieve margherita,
che vive sorridendo al giorno
e chiude alla sua notte il cuore...
 
Tal io innanzi a te mi pongo,
offrendo i miei petali
allo straziante gioco del dubbio
...Si, m'ama... non m'ama..
 
e piango,
perché il mio stelo non ha spine,
né armoniosa eleganza
 
'sì pur io vivo,
istante dopo istante ancora...
mentre, recisa ogni speranza, cado
 
e tra le pagine di un libro
vo segnando un ricordo senza odore
portando nella notte il sol mio dubbio
...Si, m'ama... non m'ama..

 
Un dolce sonno
 
Se il morir altro non fosse
Che infinito e dolce sonno,
Affiderei tutti i miei giorni
Al sol dell'imbrunire.
 
E nel socchiudersi degli occhi
Velocemente vedrei svanire
Umani affanni, ansiosi dubbi e vecchi
Frammenti di speranza e di sua fine.
 
Cos'io potrò mai dire, a 'si tal punto
Se non mostrar le nude mani al cielo
E 'sì pregar, qualunque Dio, allorché giunto
Il mio momento, copra la paura con un velo?
 
Come vorrei nell'illusione andare
Tra care genti, senza nutrir terrore.
Come vorrei, ancora allor, sperare
Di trovare pace, serenità, amore.

 
Ti Donerò Fucili *
 
 
Ti donerò, figliolo, i miei fucili,
perché la guerra si esaurisca in gioco
e tu non sia, da grande, tra quei vili
vestiti di pace, ma celanti il fuoco.
 
Ti insegnerò le strategie di agguati
a tutti i mostri della fantasia,
perché, finito il gioco dei soldati,
Paura non insidi la tua via.
 
E fingerò la morte in un sorriso,
risorgerò, ridendo, sotto il fuoco
del tuo fucile innocuo e quel sorriso
trasformerà tanto dolore in poco.
 
Imparerai ad amare una bandiera,
un ideale, nel valor di pace
e quando sarai grande io sarò fiera
per quell'umanità che in cuor tuo giace.

* Ispirata al saggio "Lettera al figlio" di U. Eco (in "Diario minimo")

 
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Agg. 09-02-2007