parole di niente

di

Guido Iannone


Guido Iannone - parole di niente
Collana "Le Schegge d'Oro" - I libri dei Premi - Poesia
14x20,5 - pp. 64 - Euro 8,50
ISBN 978-88-6037-9658

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In copertina: «La castellana» di Maria Teresa Corapi Olio su tela, 1974


Pubblicazione realizzata con il contributo de IL CLUB degli autori in quanto l’autore si è classificato 2° nel concorso letterario Il giro d’Italia delle poesie in cornice 2009


Prefazione

Nella silloge di poesie “Parole di niente”, Guido Iannone recupera le esperienze esistenziali e le preziose immagini legate, in modo imprevedibile, alle “illusioni” che “danzano col tempo”.
La sua poesia, come a ricercare una sostanza vitale ormai in lento dissolvimento, ma non definitivamente perduta, si confronta con le ombre “che sfuggono sempre” e con la consapevolezza che “molta parte di sé si è già perduta in sogno”: eppure è forte la volontà di superare le “forme”, di far risaltare “le insolite stranezze”, sigillate nei frammenti della vita e che riaffiorano nella mente come ad emergere dagli “abissi dei ricordi”.
Guido Iannone accompagna le parole con “occhi trasognati di mistero” eppure pieni di visioni pervase da amore per la vita e riflessioni sull’esistenza, sulle sue illusioni e contraddizioni, nel lento perdersi e ritrovarsi, in un’alternanza che dispiega la sua forza e rende palese la finitudine umana.

Non v’è dubbio che Guido Iannone rimane sempre legato alla sua “aspra e selvaggia” Calabria, che diventa un “rifugio”dell’anima quasi a contrastare il “caos esistenziale” con cui si devono fare i conti.
In Guido Iannone si avverte quasi un fascino nel fissare, chiaramente e coraggiosamente, le sue poesie in una silloge che nasce da una profonda sensibilità, attraversa le manifestazioni del vivere e lo svanire d’ogni possibile certezza, quasi a cercare qualcosa “fuori del tempo” come si evidenzia anche nella poesia “Poeta”, composizione nella quale ritorna la dimensione atemporale, “senza tempo” con la volontà di “cantare d’amore”: ecco allora che le parole sussurrate “accarezzano”, si avverte la “tristezza negli occhi”e la consapevolezza che “tutto finisce”, si convive con gli smarrimenti e il dolore, con il “silenzio assordante della solitudine” e l’attesa che “l’ansia si dissolva”.
Come “l’alta marea” che “porta in superficie/nuove essenze”, che “riempie i vuoti” e “trasforma”, allo stesso modo, anche il poeta, come navigante nel mare della vita che “disperato volge alla deriva”, si immerge nel flusso delle emozioni con l’intenzione di svelare le percezioni e riscoprire l’essenza del ricordo in un recupero del significato profondo e dell’espressione poetica.
A volte, traspare una sensazione di divisione del proprio essere, una parte è “piena” delle cose che si vivono, l’altra parte è come pervasa da un senso di vuoto, quasi in una lenta fuga, un volo che porta lontano fino al tempo della giovinezza come quando, da bambino, sognava di “smarrirsi” oltre le cose, in un lento riaffiorare dei ricordi mentre il mondo interiore “morde la ragione”.
Il suo sguardo nei confronti delle “cose della vita” è sempre attento, capace di scrutare ciò che, positivo e negativo, esiste in ogni gesto e situazione vissuta intensamente e, sovente, traspare una sottile vena malinconica che “graffia” il profondo sentire lirico, unitamente ad una severa critica all’indifferenza e all’egoismo dell’Uomo.
Il profondo amore per la poesia è strumento essenziale per Guido Iannone che riesce ad offrire nuove possibilità di addentrarsi nell’anima e, infine, oltrepassare la soglia di una sospensione nel tempo che regala innumerevoli visioni, un “delirio di sensi”, “un’ansia immotivata che accarezza” tra passioni, asprezze del cammino e amarezze.
È forte la volontà di esprimere le emozioni, grazie ad una rivisitazione che diventa salvazione dal nulla, dalle evanescenze, dalla dispersione nel tempo che dissolve e sgretola tutto ciò che circonda in questa vita, mentre il poeta, percorrendo i labirinti della mente, si impegna nei tentativi di ricerca costante della propria dimensione dopo aver indagato le zone segrete del proprio essere per salvare ciò che merita di essere preservato dalla consunzione del tempo.

Massimo Barile


parole di niente

Alla memoria mia madre.
Papà, non t’incazzare tu!
Che ti voglio bene, in ogni caso.
La Mamma, su questo, mi capisce di più.

Guido.


Perché a mia madre.

Perché Lei aveva dentro la purezza e la dolcezza, negli occhi la luce del sorriso e della malinconia ed era tutta semplicità nel dire e nel fare.
Mi ha sempre detto, finché ha potuto dirmelo, che io le somigliavo.
C’è voluto del tempo, molto tempo perché io capissi il significato di quel messaggio.
Lo scoprii di recente quando, rovistando tra le tante carte, per fare pulizia, mi ritrovai tra le mani delle vecchie locandine, stampate in occasione di una sua mostra di pittura.
Vittoria Palazzo, una scrittrice che, allora, quando io la conobbi, la giudicai, subito, strampalata, aveva curato la presentazione della pittrice naif, mia madre.
Vittoria che era amica della buonanima di mio fratello Franco – sognatore a mezz’aria, vissuto male per via dei subbugli interiori di chi mal si rassegna al trambusto della praticità della vita – si era affezionata di cuore a mia madre, tanto da chiamarla teneramente mammà. Di lei aveva scritto:

“…Caso raro, oggi che naifs si improvvisano in molti poi che va di moda… Per esserlo veramente nelle immagini, bisogna però esserlo dentro, aderendo al significato esatto del termine: candido, primitivo, immediato. Puro, infine. Di questa purezza che nasce dal cuore e si riflette chiaramente nel sorriso, nello sguardo di Maria Teresa Corapi…”

Rileggendo lo scritto di Vittoria, dopo tanti anni, ho capito il senso delle parole che mia madre, di tanto in tanto, mi ripeteva come un messaggio.
Voleva dirmi, mia madre, che la sua purezza dentro, la dolcezza e il candore negli occhi e la semplicità nel dire e nel fare, li aveva trasmessi anche a me col suo Amore.
Perché le emozioni che vibrano in petto, i sentimenti che spaccano l’anima, che non si vedono e non hanno peso né costo, sono l’essenza e il vero nutrimento della vita.
E mia madre di queste, definiamole, astrattezze, a mia insaputa, mi ha abbeverato. Perché questo, una madre, lo sa fare davvero,
Grazie mamma, da qui
Guido tuo.


La fossa

Nulla rimane
la gioia
il dolore
l’amore

Tutto domani
finirà
nell’unica fossa
d’eterno.


Principessa di sogni

Padrona dei miei sogni
mentre risuona in mente
un gong di tristezza
lapidi
col tuo sorriso ironico
la quiete dei miei giorni

Cinico io ti guardo
e statuario di cose mai vedute
tradisco i miei perché
e cerco voluttà fuori dal tempo

Echi si spengono
in silenziose valli di mistero
e tutt’intorno le illusioni danzano
col tempo che trascorre cinico
sopra di me
principessa di sogni

Il tuo richiamo
è solo
ironico sorriso
per giocare la vita
Ti porgo titubante la mia mano
proteso alla vaghezza
e inseguo il tuo bagliore
principessa dei sogni.


Caos

Al bisogno di gridarti il mio amore
mentre gelide lune sostano sui tetti
inosservate
le parole sofferte immensamente
ricamano tristezze nei miei occhi

Di te
io mi dispero in una forma sola

E ricompongo vero
il caos esistenziale che mi beve
senza un limite esatto.


Cieli di piombo

Giostre e sorrisi
gru e malinconie
che graffiano
cieli di piombo

La mia malinconia
ha paura del giorno.


Milano pisciata dai cani

Milano svegliata da poco
ancora assonnata
ha un nuovo colore
spazzata è di nebbia
e un sole bizzarro
sbatacchia violento
il Duomo appena lavato

Milano già apre il suo ventre
e si svela
Milano pisciata dai cani

Colombe biancastre intessono voli
e il verde del Parco Sempione
scoperchia i giardini del vizio

Vergogne e pudori
stanati da nebbie nascoste
Mercanti di carne
svenduta di giorno e di notte nei viali
straparlano vili
ai bimbi innocenti che inseguono voli
e ridono ai pesci del lago
e piangono pure

È meglio che torni la nebbia
che tutto discioglie e nasconde.


Libero

Tre trentadue quarantuno…
occupato
ripeto
ancora occupato

Giù chiudono i battenti al supermarket
ed io ritento
con l’ansia della cassiera
colla fretta della commessa
attese dai ragazzi in cinquecento

Vanno nella notte che avanza

Tre trentadue quarantuno…
libero
Poche parole fredde e incomprensibili
una voce lontana
per niente tormentata

Ascolto

Pausa
lunga pausa
nient’altro

E’ arrivata la notte dappertutto

Sevizio nella mente le purezze
che mi danzano intorno
come una cosa enorme
indefinita
che si divora tutto
che non conosce niente.


Fuochi alti

Fuochi alti
al freddo che trafigge
ragazze in minigonna spinta

Tutto intorno è brina
e la notte è stanca di sostare
sulle spalle di piccoli idioti
che attizzano
senza un motivo esatto

Fuochi alti
la strada è solo un palpitare
ironico di scelta
ma niente d’altro
perché tutto è scontato
con la morale
chiusa in cassaforte.


Stazione

Un tavolo andato o quasi
quattro panche di legno
e la piccola vita
che inizia a cogliere il giorno
da tutte le parti

Un ribaltabile
svuotando pietrame
ha rotto il mattino annebbiato
in più pezzi

Il sole non s’apre

E il primo convoglio
già tocca la curva
per darci distanze

Un piccolo uomo
segnato di sonno sul volto
automa si siede
attende
poi sale sul treno
sonnecchia
e scende a Bovisa
di fretta.


Poeta

S’io fossi poeta
ti scriverei di sogno
ruberei alla luna i tuoi capelli
al cielo gli occhi tuoi
al sole il tuo sorriso

chiederei alla pioggia
un ritmo frenetico
per darti in una danza
senza tempo
i miei silenzi

s’io fossi poeta
ti verrei a cercare
di melodia trafitto
ti canterei d’amore.


Subbugli

Viale luna
Guaiti di cani randagi
Viale luna
Io tu
Subbugli
Parole di niente
Subbugli di me
di te
del viale
degli alberi spogli

Subbugli che scavano sempre
in me in te
nella notte

Io tu
col viale negli occhi
con cani randagi impazienti
con lune rossastre
con ombre che sfuggono sempre

Subbugli
Subbugli che muovono dentro.


Momento

Protesa
in un baleno
superi le forme
per smorfiare
un sorriso voluttuoso

Dagli occhi
ti traspare
una stranezza insolita
che il volto ti deforma.


Ma poi

Ho guinzagliato la vita
e me la porto dietro
come un cagnolino timoroso
per non dimenticarmi d’esserci

Ho sigillato tanti pezzi di momenti
in un’urna di granito bianco
l’ho sepolta profonda
negli abissi dei ricordi
perché niente
riaffiori nella mente

Avrei voluto andarmene via
ma poi
ho legato la vita al guinzaglio
per pietà
ed ora
me la trascino dietro
come un cagnolino timoroso

Tanto di me
si è già perduto in sogno.


Natale

Quando nel cielo buio
trapuntato di stelle e cristallino
esploderà la luce
a mezzanotte
e il suo bagliore
oscurerà le stelle
e tutto il firmamento
cercami tra gli umili pastori
del tuo presepe
stanchi di vagare
dietro la cometa

Là tu mi troverai
in mezzo a loro
cogli occhi trasognati
di mistero.

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