Sparsa Carmina

di

Giuseppe Terranova


Giuseppe Terranova - Sparsa Carmina
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
12x17 - pp. 62 - Euro 7,50
ISBN 978-88-6587-4004

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In copertina: “Ulivo” illustrazione di Enea Seregni


PREFAZIONE

Le poesie di questa silloge, strutturata in nove piccoli spaccati tematici, così come richiama lo stesso titolo (“Sparsa Carmina”), sono state quasi tutte già presentate in un precedente reading, con accompagnamento strumentale. Per questo la struttura del volume è a temi, come si può evincere dalla presente prefazione e dallo stesso indice che ricalca, volutamente, un pregresso programma di sala.

Carmina: così il poeta si diverte a sparigliare le carte non di un gioco, ma della sua poetica centrata sui valori dell’esistere ripetutamente scambiati, mischiati, lacerati dall’esperienza umana. Leggeremo poesie “difficili” per il linguaggio usato, che ci restituiscono la ricchezza formativa degli studi classici del poeta; poesie “condensate” per l’intensità semantica dei versi che ci stupiscono per la bellezza di certi paesaggi; poesie “sparse” appunto che toccano luoghi, arte, biografie, ricordi, natura, paesaggi, sentimenti, estasi. Nove quadri poetici intensi, forti che, a tratti, ci scuotono o ci sorprendono, attraversati da una malinconica tristezza che, tuttavia, per contrasto, ci riporta alla bellezza della vita.

1 gruppo. Lontananza, anemia dell’anima.
L’ulivo rappresenta il simbolo di una terra nativa che “alberga” nel cuore del poeta! “C’è in me” ripete in Trinacria; il mito e lo scirocco sono evocati dentro una lontananza definita “esilio dorato”, ma priva di quei globuli rossi che alimentano ed ossigenano l’anima.

2 gruppo. Pittura, poesia silenziosa.
Degas, Muncb, Modigliani, Ligabue. Una mostra… è occasione d’incontro con un artista, suscita la fantasia poetica del Nostro: ecco le sue emozioni vibranti, il suo verso penetrare l’essere, interpretare l’urlo e il male di vivere, la bulimia d’amore e le femminee nudità. “E nel tuo cielo nessun dio alberga/e il gomitolo del vivere, a caso, s’adduglia”, così in Modì.

3 gruppo. Poesia come biografia.
Amore disperato… Rupe di Leucade… Saffo.
Fonte di lacrime… Ainadamar… Garcia Lorca.
Schivo miniaturista di moti del cuore… Petrarca.
Giovane corpo, ridotto a ostia…  Figlia del sole…  Katjiuscia Mansfield.
La mestizia appartiene all’anima del poeta; della vita non esita a cogliere gli abbandoni e le drammatiche sequenze. È già una biografia personale?

4 gruppoRicordo, strazio del cuore.
Quattro liriche che ci conducono verso ricordi che hanno lasciato cicatrici indelebili nella memoria. Eppure, non mancano di ironia, di ritratti audaci, di metafore strabilianti, di desideri incalzanti, di voglia di vita e di cognizione del dolore.

5 gruppo. Illuminazioni metafisiche, pane degli angeli.
Xenia. Accoglienza, ospitalità. Qui bisogna ascoltare il linguaggio poetico; la luce assunta come fonte fisica e metafisica di illuminazione… senso di scoperta di una verità nascosta nell’ombra: l’essere meditativo.
Visive illusioni/inedia annego.
Metamorfosi dell’anima. Inappagante finitudine…

6 gruppoPaesaggi dell’anima, c’è geografia e geografia.
Ci sono luoghi che attraversiamo e non sempre ritroviamo nell’atlante dei ricordi!
Alcuni: profumano di “elegiaca quiete” (Ora numinosa) e “al fondale dei ricordi ancorano l’anima” (Acquilunio)_; altri “negli attimi sospesi e senza tempo” parlano al cuore e rendono accettabile il destino dentro un “sì”; altri, vedono un gabbiano tangere l’onda “sazio di canto”… Luoghi di una geografia personale, intima.

7 gruppo. Esistenza, tormento ed estasi.
Insonnia… Si perde lo sguardo… Eremia… Mendicante di vita… La strada di un uomo è percorso tormentato, con lo sguardo vuoto mendica la vita, dentro un’esplosione di desideri. Che… non prendono volo!

8 gruppo. Sentimenti, groviglio inestricabile.
Si trovano e si ritrovano in un meriggio di ricordi… “nei recessi di un labirinto irreale”… Nel “crepuscolare brusio del vento” l’altalena del cuore aggroviglia i giorni.

9 gruppo. Evasioni, marea dell’anima.
Versi marini. Il mare, con i suoi miraggi, evoca estasi (Come Ciaula) e lontananze (Scaglia di mare) e suscita rimpianti (Sudario d’alba e Due gabbiani).

Daniela Colombo


Sparsa Carmina


1 – LONTANANZA, ANEMIA DELL’ANIMA


ULIVO SARACENO

Cinto da pie agavi d’aspra terra,
aggrinzito e disfogliato,
un Crocifisso muto e dolente,
che sul Golgota agonizza, m’appari,
o ulivo saraceno. A rinuncia e cilicio
aduso, come vecchio spauracchio,
braccia storte e rinsecchite
al cielo tendi e, con nodosa linfa
d’asmatiche radici, la rada
ramatura argentata nutri.
Faccia di sale la scorza rugosa
e scalpellata, grosse e dure vene
le grinze attempate; terragna,
ma inebriante come mistura
d’alchemico alambicco, tua natura.
Terra enigmatica la nostra, lo sai;
terra di pupari e nude maschere,
di gattopardi e gestualità loquenti,
di lirici flaneur e fiere solitudini;
terra camaleontica e dilemmatica che,
come disancorata vela alla deriva,
serbandone però nel cuore il materno
suono, un dì abbandonai.


TRINACRIA

C’è in me il canto di flutti
divini e altezzosi; c’è in me
il cuore calpestato da frogie
e zoccoli focosi; c’è in me
l’esplosione tonante di ignee viscere
che, d’infocate stelle, le acque
impreziosiscono; c’è in me l’urlo straziante
del Ciclope che, spregiando gli dèi,
l’eroe polìtropo maledice;
c’è in me il fasto di memorie millenarie
che, eterne, al sole si stagliano;
c’è in me il viso terreo e supplice
e lo struggente sguardo sotto l’incedere
terrifico di cavalieri saraceni e normanni;
c’è in me la melica voce del lentinese
Iacopo e il suo cantar dolce e cortese;
c’è in me il tragico seme di Empedocle
e la corda pazza dell’uliveto del Kaos;
c’è in me il tuono nero di bocche
di fuoco e la lacera tunica
della dignità crocifissa; c’è in me
la lamentazione d’una terra umiliata
e offesa. Di te, tutto in me alberga,
o Trinacria.


MIA TERRA

a M.

Lepida, faconda, perita:
tempi remoti rinverdisce
la tua voce, amico. Da lungo,
purtroppo, a un’asse
malferma, tra i marosi,
s’aggrappa la memoria, la mia.
Senza carne né sangue ormai
nomi e volti e quel ch’io ero
negli anni di primigenia solarità;
e tutto il passato, morto all’oggi,
in un opaco sfondo ora galleggia,
baleno d’eco lontana, forse alieno anche
all’alba che mi sorrise. Di te, mia terra,
solo il fiero abito mi resta, e l’innata
mestizia.


[continua]


2 – PITTURA, POESIA SILENZIOSA


EDGAR DEGAS

Il mio immortalare
femminee nudità
di voyeurismo non gronda
e nulla so di scandalo del divenire,
angoscia che da sempre
il saggio arrovella. Per me,
nell’orgiastica cromìa quotidiana,
solo nel suo dissolversi s’invera
l’essere. Il presente, solo
il presente, è la conturbante
fragranza che nutre la mia Paris
e d’innumeri estri creativi l’accende
in cerca di fama, onore e gloria.
Io, pastore d’attualità, di maldicenze
e filistee pruderie non mi curo
e per mano m’accompagno a cocottes
e ballerine, a modiste e cantanti,
a fantini e flaneur, in spregio a giudizi
e pregiudizi. Modernité, mon Amour!


MUNCH (Edvard)

Con i morti quotidianamente
vivi, prònuba ape, e la vita,
benché agra, pervicacemente
suggi. Latrocinio di passo,
la morte; enigmatica coreografia
di solitudini, la vita. Improvviso
e deflagrante all’imbrunire, nell’infocata
baia, la sanguigna quiete lacera il tuo urlo
e crani senza sguardo, allucinate e spettrali
maschere di dolore, come apocalittici
cavalieri, tra tenebrose incomunicabilità
si muovono. Acquiluni aspri e inaffettivi
la tua mano perciò dipinge e di sempre
nuovi convitati il museo d’ombre arricchisce.
Desueta danza di nuvole l’infelicità, la tua,
la nostra, di uomini vulnerabili.


[continua]


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