Opere di

Giuseppe D'Uva Cifelli


LA LIBERTÀ

Sin dagli albori dell’umanità,
della natura fosti un dono, o libertà,
qualcosa, che l’essere vivente,
fin dal suo apparire in terra,
non ebbe in concessione
da principi o sovrani
né conquistò con guerre,
ma trovò a disposizione,
così come l’aria per la respirazione.
Ma, poi, che fame e sete di potenza
spinsero gli uomini a lottare,
taluni per la sopravvivenza
ed altri per arroganza e prepotenza,
tu, amata libertà,
primordiale retaggio dell’umanità,
usata senza scrupoli e misura,
spogliata fosti della tua natura
e dei più forti diventasti ostaggio..
Secoli ci son voluti,
scontri cruenti, sacrifici e lutti
per convincere i potenti
e le classi più evolute
che tu, preziosa libertà,
sol se appartieni a tutti
sei sintomo di civiltà.
Perciò non basta la devoluzione,
se non c’è, poi, la convinzione
che libertà non v’è,
o tristemente langue,
laddove manchino pace,
giustizia ed uguaglianza,
perché la libertà è fittizia,
quando coabita con l’ingiustizia,
è vana speranza,
se tra gli uomini non c’è fratellanza,
è conquista fallace,
se ottenuta a danno della pace
ed è deprecabile arbitrio,
se soggetta a pregiudizio.
Sarebbe, però, uno spento vessillo,
un simbolo di mera ipocrisia,
se la libertà tua, amico mio caro,
dovesse sovrastare quella mia.


D’ESTATE

Col caldo afoso, umido e opprimente,
quando d’alzare un dito non hai voglia
ed un gran vuoto avverti nella mente,
non disperare se inaridita e spoglia
la vena ti ritrovi ispiratrice,
ma rilassati nel dolce far nulla
e sogna di sorridere, felice,
stringendo tra le braccia una fanciulla.
Goditi la campagna, il mare o i monti,
innalza una tenda presso un ruscello,
taglia con la città legami e ponti
e lasciati destare dal fringuello.
Guardati intorno e fai parlare il cuore,
gusta della natura l’emozione
e, dopo l’afa, l’umido e il calore,
di nuovo troverai l’ispirazione
per decantare, alla stregua d’un vate,
l’incanto e la bellezza dell’estate.


QUELLA TEMUTA ETÀ



Quanta tristezza, oggi, il cor mi stringe,

se a pensare indugio ai tempi andati,

quando, ilare, indolente e spensierato,

guardavo il mondo e fantasticavo,

quando un po’ folle e l’animo estasiato,

partivo alla ricerca di emozioni

e quando, pur deluso e squattrinato,

a colorarmi il mondo c’eri tu,

che vita breve avesti, gioventù.

Da quella stagione, presto sfumata, 

ahimè, quante cose sono mutate,

quante esperienze, liete e a volte amare,

lungo il cammino, alle spalle ho lasciato.

Mi son più volte allo specchio guardato

e, spesso, il tuo avvento ho paventato,

fin quando, implacabile e senza pietà,

indifeso, m’hai colto, beffarda età!

Or, che il tuo alito corto mi pesa,

a te, nemica del viril vigore

nonché, della vita, illusorio canto,

non chiedo avventure o calde emozioni,

ma a Chi, dei mortali, in Cielo dispone

queste tre cose, oggi, chiedo soltanto:

che tenga desta in me la fantasia,

che liberarmi voglia dai rimpianti,

che non mi privi della donna mia.


ALLA RICERCA DI DIO

Con la mente Ti penso;
con i sensi ti cerco;
dove sei mi domando;
con il cuore Ti prego;
con Te, di sovente, mi sfogo;
nel dolore Ti invoco; 
in Te confido e spero,
ma, nonostante la fede,
annaspo nel mistero.



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