Opere di

Giuliana Bondielli


Con questo racconto è risultata 7^ classificata – Sezione narrativa nella VIII Edizione del Premio di Scrittura Creativa Lella Razza «Frammenti di memoria: una donna straordinaria»


Com’è difficile smettere di sperare!

10 Giugno

Finisco tardi l’ambulatorio, per molta parte di mondo è ora di pranzo, ma io devo ancora vedere tre malati, e poi voglio andare a correre, sono cinque giorni che fremo perché gli impegni incalzanti me lo impediscono…quello è il momento più bello della mia giornata, prendo spazio per me, mi ascolto respirare, faccio entrare a pieni polmoni i profumi della vita, del fiume lungo gli argini del quale corro, (sempre diversi a seconda delle stagioni), le sagome delle mie Alpi dentro gli occhi, maestose, stagliate contro il cielo, di una realtà ed immortalità inconfutabili.
Per prima vado da Carmen, una coetanea, donna del popolo dolcissima e forte con il mondo, ma debole e vulnerabile in amore. Carmen muore di cancro intestinale. La chemioterapia le è stata sospesa, ora solo cure palliative. Nessuno le ha spiegato che non c’è più niente da fare, i figli non hanno il coraggio, e lei resiste a prendere coscienza, ma ne siamo ad un passo. Mi guarda con dolcezza e disperazione, mi chiede di aiutarla a soffrire meno, ma non sa rinunciare al futuro:
– Ti piacciono i pizzi che ho fatto nella mia vetrinetta? – mi dice. – Ne faccio anche per te, va bene? Mi porti la misura dei tuoi ripiani…..– Lo so che cerca d’inventarsi la quotidianità per non pensare a cosa sta succedendo, così mi accompagna, tutta storta per i crampi all’addome, a conoscere l’ultimo dei nipotini – E’ bello vero, a chi assomiglia secondo te? –
La sua casa è piena di ricami, tende elaborate, particolari riccioluti e soffici, casa di bambole.
Poi si sdraia sul lettino nel corridoio: –…vorrei vedere i miei nipotini crescere,…non voglio soffrire, ho visto Mario stare così male, alla fine…! Ho pagato tutti i debiti,ed ora che non ho più preoccupazioni….! –
Le sorrido – Questa è una cosa positiva, non ti pare? Almeno a quelli non devi pensare. –
Guarda altrove, come a cercare altri pensieri per difendersi dalla realtà.
Ieri ha vomitato tante volte, gli effetti collaterali degli oppiacei si fanno sentire, ho parlato con l’amico palliativista, dobbiamo rivedere la terapia.
Mario era suo marito, è morto giovane anche lui di questa malattia, era sempre ubriaco, la picchiava e lei non si è mai difesa, – …per i due figli… – diceva.
Semplicemente scappava di casa e veniva a cercarmi nell’ambulatorio che ho in paese, per farsi consolare e medicare. Non ha mai accettato il consiglio di parlare con l’assistente sociale,o con i carabinieri, sono sicura che pensasse che i ragazzi dovevano crescere uguali a tutti gli altri, il mondo non doveva sapere, era lei il loro scudo; e poi Mario sarebbe certamente cambiato, se lei avesse resistito. Ogni volta, allo svanire della sbronza, lui piangeva e tentava di scusarsi… lo scusava, sperava, sperava, sperava e credeva che sarebbe cambiato.
Poi, ormai vedova, si era innamorata perdutamente del proprietario del negozio dove lavorava, un balordo pieno di donne, che l’ha imbrogliata ininterrottamente, e lei sempre pronta a riaccoglierlo fra le sue braccia, a consolarlo, e di nuovo a soffrire dopo ogni abbandono.
Alla fine il cancro, questo tenace compagno di vita, subdolo, misconosciuto fino all’occlusione intestinale. Prima l’intervento, poi la tregua di un anno, durante il quale era ripreso il grande amore con l’ex padrone, l’ennesimo tradimento e abbandono, e poco dopo, il ritorno dell’ultimo amante possessivo e inesorabile, il carcinoma.
Ha voluto tornare a casa sua in questi giorni, abitava nel paese vicino con la figlia e tre nipotini, ma non ce la faceva più ad aiutarla, stava diventando un peso.
– Mi metti la pompa con la medicina? E fino a quando? –
– Finché ce n’è bisogno, stai tranquilla, te la cambiano le infermiere. –
– Ma se mi sento male tu vieni? Lo vedi come sono cambiata? Ho la pelle brutta, grigia, non mi riconosco più, allo specchio –, mi dice con quei suoi occhi scuri spaventati, i pochi capelli ricresciuti dopo la chemio dritti e ribelli sulla testa, cercando nel mio sguardo una verità di cui ha paura.
– Certo che vengo, ti ho dato il numero del cellulare,no? Lo sai che la chemioterapia uccide le cellule cattive ma anche quelle buone e ci vuole un po’ perché ritornino le normali funzioni –, e mi sforzo di non tradire le apparenze, di non farle capire che ha un aspetto spaventoso.
– Io… vorrei vedere i mie nipotini crescere, mi piacerebbe…– Ripete.
– E’ un po’ un modo per dire “non voglio morire”, non ti pare? Piacerebbe a tutti, non morire, e mai adesso…– le rispondo, e ridiamo.
Mi stringe la mano, – Ho paura – dice, e mi bacia mentre esco di casa sua.
– Ci sono, stai tranquilla, chiamami se vuoi. – le rispondo avviandomi per le scale., ma penso che è sola, in realtà, più sola di sempre, perché lei voleva un uomo accanto, un amore, e la vita avara glielo ha negato, solo amanti crudeli, solo storie finite male.

7 Luglio

Sono passati molti giorni, durante i quali la vita ha continuato a scorrere, ed oggi mi ha consegnato il pizzo per la vetrinetta, un capolavoro! E’ contenta per questo, ma un po’ stordita dai sedativi. Ha un aspetto lievemente migliorato, ma quegli occhi verdi in quel volto pallido, con la pupilla impercettibile a causa degli antidolorifici, sono spaventosi, confesso che ci sono stati momenti in cui ho fortemente temuto di tradire il mio disagio a guardarla. Vado a trovarla una volta a settimana.

11 agosto

Per quanto tempo durerà questa cura?–
– Almeno un mese, Carmen. –
– Un mese, ma io sono stanca di farmaci, così tanto! –
– Scusa , vuoi aiutarti o no? Sei tu che dici che non riesci a mangiare come prima, che non bevi abbastanza, con questo caldo! –
– Sa dottoressa che alla sera nasconde le medicine sotto i cuscini del divano, invece di prenderle? – mi dice la giovane nuora che vive con lei. Allora la guardo in modo interrogativo, e lei fa una faccina birichina… – Perché non prendi l’antidolorifico?– incalzo io.
– Perché sono stufa di medicine, mi sembra di prenderne troppe. Purtroppo so che dopo mi viene il dolore forte, e che devo fare la puntura per farlo passare, ma lì per lì è più forte di me. –
Mi guarda negli occhi.
– Ho paura di morire, verso sera mi prende un terrore che non riesco a controllare, sudo, mi sembra che sia tutto finito, sento l’angoscia di quelli che mi vivono intorno. Allora sto ferma ferma, aspetto un poco, al buio. Non so come succede, ad un certo punto mi passa un po’, riesco ad allontanare un po’ il terrore.
Forse non prendere i farmaci farà finire tutto più velocemente. –
Nel lungo silenzio che segue osserva le mie reazioni. Sto zitta e la guardo con affetto, accenno un sorriso, e lei cambia discorso:
– Ti faccio le presine per la cucina, ma mi devi dire di che colore sono le tende della tua cucina, così si intonano. –
– Verdi e bianche , Carmen,verdi e bianche. Sei davvero gentile! –

8 ottobre

Mi sembra che cominci una discesa più rapida, Carmen lamenta dolori incontrollabili. La morfina, gli altri oppiacei (la rivisitazione della terapia continua assieme al collega palliativista) non riescono ad arginare tutto quel dolore. E’ sabato, ma mi ha chiesto di andare da lei comunque. Non so rispondere di no, sono tutti preoccupati, quei ragazzi che la attorniano.
– Non ne posso più di tutto questo dolore…non passa mai.., –
– Forse è meglio mettere di nuovo la pompa ad infusione continua, dovresti deciderti e riprovare. –
– E poi non me la levo più? Non mi piace avere quella cosa attaccata al braccio! Ma non passeranno mai questi dolori? – e mi guarda negli occhi.
– Si, passeranno .–
E’ come se ci credesse, all’improvviso sembra chetarsi, come se le avessi detto una cosa che si aspettava. Stiamo parlando con gli occhi, al di là delle parole.
Ha capito, adesso sa che la morte è vicina.

11 ottobre

Si è fatta mettere la pompa , ma da due giorni non vuole essere lasciata da sola, neppure un attimo. Si lamenta di continuo, nonostante la gran quantità di antidolorifico, sembra disperata. Aggiungo sedativi alla terapia. Non lascerebbe andare via neppure me, quando vado a visitarla.
– Un po’ di compagnia – mi dice – sono più tranquilla se sei qui con me! –.
Ed io resto, le siedo accanto,non posso fare altro.

12 ottobre

Ha la febbre a 38 e 8 °C. I figli mi raccontano che ieri la casa era piena di visitatori, almeno quindici persone. Carmen è pallida, le sono comparse enormi borse sotto agli occhi, non ha altri sintomi, tantomeno respiratori. Penso che forse qualcuno di coloro che ieri erano in visita da lei le ha contagiato un virus, oppure è il tumore? Se fossi un medico ligio alle prescrizioni dovrei proibire comunque tanto affollamento in venti metri quadrati di casa!

14 ottobre

Non si dispera più. Mi ha accolto con il sorriso oggi, sta meglio. Fa dosi ancora più alte di morfina, sedativi, ansiolitici, ho incrementato tutto; da due giorni mangia di nuovo con appetito. Facciamo un gioco, dopo che l’ho salutata e visitata: “dove andiamo stasera?”.
E’ cominciato perché non sapevo più come trasformare la sua disperazione, ed ho immaginato di portarla con me a correre nella notte, per le strade deserte, avvolte nelle luci giallo arancio e dalle fronde degli alberi, solo il rumore del respiro nel silenzio totale. Ci raccontiamo le sensazioni, la pace, l’emozione di entrare nei coni di luce e poi svanire nelle zone buie per qualche attimo.
Oggi abbiamo deciso di andare a ballare, finito il lavoro. Lei ride quando arrivo, mi aspetta in gloria, ricorda le sue serate instancabili sulle piste delle danze latino–americane, e sembra un’altra donna.

24 febbraio dell’anno dopo

E’ arrivato l’ultimo giorno! Sono fuori città per il fine settimana e mi raggiunge la telefonata della nuora. Anche se sono stanca ed è domenica sera tardi, vado a trovarla. Domani compie l’ultimo viaggio.
Davanti a lei per l’ultimo saluto la moltitudine ed il via vai di sempre: amici, figli, parenti… finalmente serena sta nella sua casa di bambola avvolta nel raso bianco, le unghie laccate d’argento ed i lineamenti distesi.
Sono tutti sereni, la nuora sorridente mi viene incontro e racconta della sua nuova gravidanza e di come Carmen l’ha saputo…:
– …E’ stata una fine così lunga! Era impossibile che non ci adattassimo all’idea, e non ci ha fatto paura…anche Lei ora non ha più paura …Grazie per essere stata così “speciale” per Carmen –.
Anch’io sono serena.

Giuliana Bondielli



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