Opere di

Giovanni Teresi


L’aurora

Dopo che la bianca gondola
trasporta i sospiri della notte
sul leggero carro di stelle
e ancor la brezza
ne racchiude gli umori,
d’incanto,
lo spazio profondo
porta gli accenni
tepori del sole
sull’umida terra.
Voli d’aironi
prendono dall’aurora
la delicata rosea essenza;
sulle piume gli effluvi del mare,
il bianco riflesso del sale
in fragili tocchi…
Allora nugoli all’orizzonte
dipartono sulla rosea via
ad annunciar il giorno.


La trama del tempo

Tessevano eleganti fili d’oro,
cucivano pagliuzze e perle
su tagli di seta…
le sottili dita suonavano anche
note eleganti di vita
su tasti d’avorio…
Allegra melodia più volte sentita,
appena accennata
negl’intervalli di tempo.
Le giovani dita ornate d’anelli,
disegnavano gentil grazia,
parlavano al suono della voce.
I fili di seta tessuti nel tempo,
le perle e pagliuzze seminate
negli anni…
hanno consumato le dita,
anche la voce è tremula,
indecisa alle note del piano
che suona la stessa canzone.


La nascita di Afrodite

Era un’alba radiosa di primavera,
la terra sorrideva e tra le fronde
lo zèfiro spirava leggero a sera.
Il mare con lento moto dell’onde
carezzava le coste di Citèra.
Si cullava in una conchiglia
baciata dal sole, in cocchio regale,
una dea di Zeus figlia.
“Afrodìte! sull’azzurro mare sale
con i tritoni e delfini!” disse Zeus

/accostandosi a riva.

Così Afrodìte, con moto del capo vezzoso,
scrollò l’acqua dai capelli, balzò come diva.
Al suo passo si placò il mare focoso.
Erbe e rose spuntaron al suo passo graziato.
Felice fece tutto l’Olimpo in quel dì radioso,
germogliarono le zolle al suo delicato fiato.


Serena

Ti specchi al caldo vento
nelle trasparenti acque
della laguna,
bella e sola
ai mutevoli accesi tramonti,
sogni serena il tuo passato.
Mothia!
Coronata d’abeti,
porgi le aculei agavi,
i salubri odori,
i saporiti frutti,
i cocci del passato
d’ammaliante ninfa.
Serena, apri le tue porte
ai vorticosi voli,
ai passanti,
alle vele,
ai sospiri…
Nel cothon serbi le memorie,
vestita d’alabastro
ti bagni nel salmastro mare
ove irruenti battaglie
ruppero le tue mura.
Le placide onde accarezzano
le tue rive, le tue vie
e serena guardi la libertà
in libere ali bianche;
tra le nuvole
assapori gli sguardi
e i baci dorati nel profumo
di macchia e sale.


Pioggia

Un iniziale debole ticchettio
sottile, penetrante
d’affrettate note
accompagna l’effluvio
di luminosi raggi.
Si sveglia fischiando
il conturbante Eolo.
Entra freddo vestito
di gocce negli anfratti,
sposta i rami e
aggomitola gli sterpi.
Si tinge d’argento
il cielo carico di rabbia
ed esplode incontinente.
Piangono le grondaie,
girano in celeri vortici
gli arrugginiti mulini…
Gli uccelli volano dai tetti,
avvertono l’ira
tra le nuvole.
Così, tra elettrizzanti luci
e cupi suoni,
si spegne l’arsa sterpaglia.
Poi un fumo si leva leggero,
odoroso e tremulo
sulla bagnata via.


I voli migratori

Porteranno i voli migratori
i semi della mia terra?
Il pensiero costante
logora la mia mente…
Guardo tra le soffici nuvole
le bianche ali,
frammenti di pensieri
segnano l’attesa…
Porteranno dei messaggi
dai nevati monti?
Chiusi in ricci di castagne
sono i sapori,
chiusi in duri gusci
sono i ricordi.
Porteranno le ali bianche
i teneri virgulti?
Faranno in altra terra
le solide radici?...
Fioriranno le stesse gemme
a primavera?
Guardo tra le nuvole…
scrutando le rondini plananti
ai soliti nidi familiari
dalle salde fondamenta.
Di là dall’orizzonte
il sole bacia il mio Paese
nell’ora tarda
tra il volo dei gabbiani.


Sotto il lampione

Una cascata di lumi sottili
segnano lo spazio breve
sull’asfalto…
attorno il buio della notte.
Solitudine racchiusa
in intimo involucro
trasparente di voli,
di sogni, di attese…
Il fumo della cicca,
dell’alito, si confonde
con la brezza e su…
le luci del paese
con i bagliori
delle stelle.


Bagliori

Dietro isole montuose
e lontane si nascondono
i raggi del sole…
Un alone si dipinge dorato
tra cielo e mare
sin al tramonto.
Si cullano lunghe e lente
le onde nell’ampio orizzonte…
Altri bagliori di stelle,
fisse nell’azzurro più profondo,
si posano copiosi,
e tra le soffici nuvole
corre leggera
un’esile gondola.
Così una danza armoniosa
diparte dal volo di stormi
nella culla di accesi colori
e nell’orme lasciate
da solitari velieri.


Portavo il berretto d’alpino,

un mantello di lana turchino,
una tracolla con borraccia di vino,
un anello al mignolo di puro rubino.
Ero fiero, salutavo con un inchino
tutte le donne del mio paesino.
Cantavo al coro suonando il violino
un stornello che fischiavo anche al mattino.
Portavo nel cuore l’amore giulivo
per la fanciulla più bella di tutto il Corvino.
Il monte innevato era lì vicino,
le case di legno come pure il ponticino.
Tra gli abeti cresceva il fungo porcino
e le renne affamate facevan un sonnellino.
Un arco d’iridi colori si dipinse al mattino,
su d’un barile dell’acqua bevve un uccellino.
Uno schioppo s’udì; era un tiro mancino!
L’eco s’espanse per tutta la valle e sul paesino.
La nonna ricamava col suo uncino
i sogni della fanciullezza sul lenzuolo di lino.
Il gelo condensava il respiro persino
quando ero seduto accanto il camino.
La mia Patria, le mamme difendevo col loro piccino,
il calore del Santo Natale ch’era lì vicino.
Il cuore mi batteva d’emozione come un bambino
baciando l’amata nel giardino
innevato col tenero biancospino.
Portavo il berretto d’alpino,
due verdi penne sul berrettino,
portavo i sogni della speranza sul ponticino,
combattere in guerra era il mio destino.
Piansi a dirotto quando intrapresi il cammino
lontano, lontano dal mio caro paesino.
Mi chiedevo se fossi tornato nell’angolino
caldo della mia casa, nel mio giardino.
Un vento gelido scrollò i rami, le cime del Corvino…
i fuochi di guerra si dipinsero sul cielo e lungo il confino.
Ma all’alba la libertà infuocò come un accendino
i cuori e tra i rami il sole fece capolino.


Nei minuti che scorrono…

Nei minuti che passano
nelle ore che vanno via
vorrei guardare innanzi
e non perdere un istante,
rivivere con nostalgia gli attimi passati,
assaporare l’humus della terra,
il cielo colle sue nuvole,
segnare “Amore eterno!”
nel corruttibile tempo,
essere innocente,
scrivere una frase sola
sulla corteccia dell’albero della vita
“Dio sei grande!”



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