I manoscritti del potere

di

Giovanna Gatti Colangelo


Giovanna Gatti Colangelo - I manoscritti del potere
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
15x21 - pp. 180 - Euro 12,00
ISBN 978-88-6037-4943

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In copertina elaborazione di “Copyright Lancio s.r.l.


Prefazione

L’affascinante romanzo di Giovanna Gatti Colangelo è giocato su due piani tra la realtà del presente con quattro ragazzi che partecipano ad una regata di catamarani presso il lago di Bracciano e un lontano passato che riporta all’epoca della civiltà villanoviana del VIII secolo a.C. sempre presso l’antico lacus Sabatinus.
Tutto ha inizio quando Giulia e Livia con Fabio e Lucio partecipano appunto ad una regata sul lago di Bracciano e, ad un certo punto, misteriosamente, Giulia sembra cadere in uno stato di ipnosi che la fa regredire nel tempo riportandola con la mente in un insediamento villanoviano per farle rivivere la vita di Hjula, una sua lontana antenata.
Giulia cade in un sonno profondo e ripercorre la vita di Hjula nel piccolo villaggio in riva al lago, incontra la figura della vecchia sacerdotessa Elan, rivive il periodo del Sacro Rito che implica la scelta del compagno e la decisione di Hjula di seguire, al contrario, la missione della sacerdotessa guaritrice sotto la guida spirituale di Elan per prenderne il posto quando sarà il “giusto” momento. La vecchia sacerdotessa lascerà segreti, conoscenze e un antico manoscritto. Hjula, l’Eletta, diventa così la figura simbolica di una giovane sacerdotessa, fedele custode di un segreto che forse mai sarà svelato.
Dopo il sonno ipnotico di Giulia che l’ha trasportata in un altro tempo, i quattro giovani sono inseguiti da misteriosi individui di una congrega capeggiata da Volunna che è alla rierca di un astuccio d’oro al cui interno è conservato un plico sul quale si trovano trascritte formule di antica sapienza che possono far conquistare il “potere assoluto”. Per poter aprire gli astucci è però necessaria una chiave in filigrana d’oro in possesso di Giulia che è quindi la Predestinata.
In un susseguirsi di misteri intriganti e antiche conoscenze da svelare, numerosi indizi che conducono tra le tombe di sacerdoti a Cipro, poi a un monastero e ad un museo di arte sacra e infine alla sede segreta della Scuola di San Marco, si dipana l’avvincente trama ordita da Giovanna Gatti Colangelo, tra passato e presente, tra ossessione per la conquista del potere assoluto grazie ad antiche conoscenze e la malvagità dell’essere umano che fa, paradossalmente, diventare pericoloso il contenuto dei “manoscritti della conoscenza”.
La capacità narrativa di Giovanna Gatti Colangelo è estremamente efficace nel rendere in modo appassionante le vicende che riconducono all’evento iniziale dal quale scaturisce una storia velata da un fascino misterioso che fa da filo conduttore per l’intero romanzo, creando e ricreando situazioni giocate tra arcane atmosfere e la ricerca d’un potere magico e assoluto.
Resterà l’ombra d’una insuperabile ricerca e d’una “illusoria” conquista in un mondo dove svelare il grande potere della conoscenza può essere alquanto controproducente.

Massimiliano Del Duca


I manoscritti del potere


LAGO DI BRACCIANO MARZO 2006

Giulia posteggiò la macchina nel giardino della casa di proprietà della sua famiglia situata sul lago di Bracciano.
Era in compagnia di Livia, l’amica del cuore, entrambe avevano preceduto Fabio e Lucio che sarebbero giunti più tardi.
I due giovani avevano deciso di prendere parte alla regata organizzata dal circolo situato sulle rive del lago, proprio sotto la casa di Giulia.
La giornata di ottobre era splendida, il sole ormai alto nel cielo inondava con i suoi raggi il giardino ancora pieno di rose.
Le ragazze entrarono a casa, bisognava aprire le tende e le finestre, inoltre era necessario preparare un piccolo spuntino per i due amici, per fortuna le loro fatiche culinarie sarebbero consistite nel preparare due panini al prosciutto.
Prima di una gara non bisogna mai avere lo stomaco pieno, è necessario essere in forma perfetta sia fisica che mentale.
Durante la competizione si deve agire con lucidità e rapidità. Spesso le decisioni da prendere arrivano improvvise e se si vuole raggiungere la meta prefissa, in questo caso la vittoria, non bisogna perdere tempo.
Era passata poco più di un’ora dal loro arrivo che un colpo di clacson prepotente e allegro si fece sentire.
Fabio e Lucio erano arrivati.
Livia azionò la cellula fotoelettrica e il cancello si aprì scivolando dolcemente.
«Ragazze abbiamo fretta.» Esordì Fabio appena sceso dalla macchina «Avete preparato i panini?»
«Bel modo di salutare.» Ribadì sorridendo Giulia «I panini sono pronti, ho pure preparato delle piccole bottiglie d’acqua che sicuramente vi serviranno durante la competizione.»
«Sei perfetta.» Così dicendo Fabio la cinse alla vita abbracciandola affettuosamente.
I due si erano conosciuti all’Università.
Il primo incontro era stato burrascoso, infatti più che un incontro era stato uno scontro.
Mentre Fabio correva nel viale principale dell’Università per raggiungere l’amico Lucio che lo attendeva impaziente all’uscita, andò letteralmente a sbattere contro Giulia che procedeva frettolosamente in senso inverso.
L’inevitabile scontro fece cadere per terra la borsa piena di libri che la ragazza portava stretti sotto il braccio. I libri si sparpagliarono al suolo.
«Accidenti!» Esclamò seccata e stava per aggiungere altre parole non propriamente gentili, quando il suo sguardo incontrò quello dell’investitore.
Fu un solo attimo tra i due scoccò la fatidica scintilla, i visi corrucciati si distesero in un sorriso allegro, insieme raccolsero i libri e insieme si diressero al bar per prendere un aperitivo.
Veramente Giulia aveva appuntamento con Livia ma lo dimenticò subito e la stessa cosa capitò a Fabio con Lucio.
Mentre chiacchieravano animatamente furono interrotti da un infuriato «Finalmente ti ho trovato!»
Lucio stanco di aspettare aveva cercato in lungo e in largo l’amico, non avendolo trovato nei luoghi da lui abitualmente frequentati, era entrato nel bar dell’Università per bere un caffè dove era riuscito a rintracciarlo.
Nello stesso istante Livia, entrata nel bar, aveva scorto l’amica immersa in lieti conversari, seccata per averla inutilmente attesa si avvicinò al terzetto.
Giulia la scorse di lontano e le fece segno, con un allegro cenno della mano, di avvicinarsi.
Affettando indifferenza mista a curiosità Livia si avvicinò. Quando vide Lucio si animò colpita da improvvisa attrazione ricambiata immediatamente dall’interessato. Da quel momento si animò un quartetto decisamente molto affiatato.
Le due ragazze frequentavano il secondo anno della facoltà di Scienze umanistiche ed erano molto interessate alla Etruscologia e alla Archeologia italica, i due giovani erano ormai laureati in Fisica e fanatici dello sport velico.
«Forse è meglio non mangiare.» Disse Lucio dopo aver addentato con avidità il panino.
«Hai ragione.» Replicò Fabio e appoggiando a malincuore il panino sul tavolo proseguì «Sono le undici e mezza. La partenza è alle tredici. Dobbiamo scendere, la barca deve essere armata e il tempo a disposizione non è molto.» Così dicendo infilò il cancello della villa avviandosi verso l’ingresso del circolo subito seguito dagli altri.
In riva al lago ferveva una grande attività. I partecipanti erano tutti occupati a armare la propria barca, l’aria era piena di richiami rabbiosi ma anche di risate.
La barca della giuria stava prendendo il largo per andare a disporsi sul luogo della partenza.
Mentre i due velisti si stavano preparando, Giulia si mise a chiacchierare con un gentile signore dai capelli bianchi, che in gioventù era stato un campione in questo sport.
La gara era per gli Hobie Cat 16.
«Cosa sono gli Hobie Cat 16?» Chiese curiosa.
Sorridendo il cortese interlocutore spiegò «In gergo normale sono conosciuti come catamarani…»
«Come devono posizionarsi le barche?» Domandò Livia
Sorpreso, ma paziente, l’esperto di gare veliche continuò la sua spiegazione
«Le barche devono scendere in acqua in tempo utile per raggiungere il campo di regata così da disporsi sulla linea di partenza, delimitata tra la barca della giuria e una boa. Se guardate la barca della Giuria potete osservare che vi è issata una bandiera a righe verticali rosse e bianche, è l’Intelligenza. Questo segnale vuol dire che fino a che è issata le procedure di partenza non avranno inizio. All’ora stabilita la Giuria ammaina l’Intelligenza, dopo un minuto viene inalberata una bandiera blu con al centro un quadrato bianco e la lettera P. Dopo un minuto viene issata un’altra bandiera di colore giallo con al centro un cerchio nero e la lettera I. Allo scadere di cinque minuti da quando è stata issata la prima bandiera e di quattro per la seconda, entrambe le bandiere vengono ammainate accompagnate da un fischio di sirena. Da questo istante la regata ha inizio. Queste elaborate manovre sono necessarie per permettere a tutti partecipanti di partire all’ora zero. I più bravi riescono sempre a tagliare la linea di partenza a tempo zero. Ciò è di vitale importanza per bordeggiare di bolina liberi al vento.»
Intanto tutti i catamarani erano stati armati e pronti per la partenza.
Per fortuna una brezza spirava leggera, era quello che ci voleva per una buona regata, più tardi il vento si sarebbe rinforzato permettendo ai partecipanti di gestire al meglio la competizione.
Improvvisa la sirena della partenza interruppe il silenzio che era calato nervoso sui partecipanti.
Lo spettacolo delle vele bianche gonfiate dal vento era superbo. Il lago sembrava solcato da uno stormo di uccelli snelli e veloci. Il cielo pulito di un nitido azzurro contrastava piacevolmente con il verde degli alberi sui quali dolcemente s’infrangeva la spuma bianca delle piccole onde che lambivano la riva.
Dopo aver dato le esaurienti spiegazioni alle due ragazze l’amabile signore le invitò a recarsi sulla battigia per meglio osservare l’andamento della regata. Questa era già occupata dagli amici dei concorrenti e da esperti velisti. Rapide volavano le discussioni, le approvazioni e i biasimi sull’operato dei timonieri.
Le due amiche benché poco esperte di segreti velici pure erano interessate di come sarebbe terminata la gara.
Con Fabio e Lucio vincitori la serata sarebbe stata euforica e piacevole, altrimenti le deplorazioni e le accuse avrebbero regnato sovrane.
Dopo aver effettuato, sia di bolina che di poppa, i giri di boa necessari per completare il percorso, Fabio e Lucio erano secondi, per fortuna un provvidenziale salto di vento e un errore degli antagonisti permise loro di tagliare vittoriosi il traguardo.
Felici Giulia e Livia si abbracciarono. La serata si prospettava alla grande.
In attesa del ritorno dei vincitori si sdraiarono su due invitanti lettini per crogiolarsi agli ultimi raggi di sole.
Sarebbe passato molto tempo prima del ritorno a casa.
Le barche dovevano essere tirate a secco e, una volta tolte, le vele andavano ripiegate accuratamente, operazioni queste che necessitavano di parecchio tempo. Inoltre la cerimonia della premiazione richiedeva la presenza, non solo dei regatanti ma pure del pubblico che aveva assistito alle fasi emozionanti della gara.
Giulia vagava con lo sguardo verso la riva opposta dove si trovavano arroccate le case di Anguillara.
La sua mente andava al ritrovamento, in fondo il lago, di un villaggio di palafitte. Una barca di quella epoca era stata tratta a riva in ottime condizioni. Doveva ricordarsi di andare sul posto del ritrovamento quando sarebbero riprese le ricerche, certamente gli eventuali reperti potevano apportare nuove conoscenze ai suoi studi.
Mentre i suoi pensieri volavano liberi riandando ai quei tempi lontani quando il lago era il lacus Sabatinus numerose domande intrigavano il suo cervello. Lentamente uno strano torpore permeò il suo essere così che le sembrò di librarsi nell’aria.
Improvviso la colpì un sonno profondo.


LAGO SABATINO VIII sec. a. C.

Il sole con i suoi caldi raggi svegliò Hjula che si era addormentata sulle rive del lago, la ragazza aprì gli occhi, poi, infastidita dalla luce, li chiuse nuovamente per continuare il suo sonno.
Aveva scelto, per dormire indisturbata, un angolo tappezzato con calde felci e protetto dai verdi rami di una antica quercia.
Dopo aver litigato con Salir non voleva parlare e vedere nessuno.
Dormire sulle rive del lago, senza dubbio, sarebbe stata una panacea per la rabbia che la divorava.
Non la pensava così un piccolo cinghiale che si era avventurato lontano dallo sguardo materno. Nato da poco, era parte di una nidiata di tre fratellini assai più tranquilli, esplorare il mondo che lo circondava faceva parte della sua natura.
Il caso volle che nel suo girovagare incappasse in una strana lunga forma distesa sul terreno, le girò intorno e incuriosito cominciò ad annusarla, dapprima con prudenza poi con molta insistenza.
Seccata Hjula aprì gli occhi che meravigliati scoprirono un musetto indiscreto ma simpatico assai indaffarato a sniffare le sue forme.
Il suo pensiero corse rapido alla madre del piccolo, certamente era arrabbiata e pericolosa, l’unica decisione da prendere era quella di distrarre il cinghialetto con un espediente.
Cosa fare?
In lontananza giunse al suo orecchio il rumore di rami spezzati. La madre aveva avvertito l’odore del figlio e stava arrivando.
Hjula non aveva voglia di affrontare una madre infuriata, con mossa furtiva, per non allarmare il piccolo, afferrò un ramo e lo lanciò il più lontano possibile.
Questa furbizia ebbe immediato successo, un gioco nuovo pensò il cucciolo mentre si avventava spensierato sul ramo. Un fruscio di foglie avvertì che la madre era arrivata.
Dopo aver lanciato uno sguardo corrucciato a Hjula la cinghialessa afferrò la prole disobbediente e sparì rapida nel bosco.
Il sole stava tramontando, i rossi raggi illuminavano le tranquille acque del lago tingendole di un brillante colore dorato.
Un volo di uccelli si alzò dalle acque riempiendo l’aria di acuto stridore.
Sospirando la giovane donna si avviò verso il villaggio.
Il villaggio sorgeva in riva al lago, una piccola porzione di alberi era stata tagliata per fare posto ai molti animali che in allegro disordine spaziavano intorno.
Alle spalle fitto e misterioso si stendeva, lussureggiante, il bosco di querce che da sempre copriva le colline circostanti.
Numerosi bambini si rincorrevano allegri mentre alcune donne si affaccendavano intorno un focolare sul quale dei pesci, avvolti in grandi foglie, si stavano arrostendo.
Il lago pescoso offriva un numero enorme di pesci di differente varietà; i componenti del clan che abitava il villaggio lo sapevano e ne approfittavano largamente.
Incaricati della pesca erano gli adolescenti capitanati da un uomo anziano non più adatto alla caccia, alla quale si dedicavano gli uomini nel pieno dell’età.
La caccia necessitava di forza e coraggio, i cinghiali che popolavano il bosco erano grossi e feroci, inoltre per colpire gli uccelli con le frecce e le fionde bisognava agire con astuzia e velocità.
A Hjula non piacevano i lavori delle donne, amava andare per il bosco a raccogliere erbe che poi dissecava al sole. Con Elan, la vecchia sacerdotessa, preparava decotti ed impiastri che portavano sollievo alle ferite dei cacciatori e ai malesseri dei bambini.
Era giunta per lei l’età dell’accoppiamento, ma non lo desiderava anche se avvertiva nel suo corpo stimoli che non comprendeva. Gli ormoni agivano indisturbati e lei era pronta fisicamente per il Rito Sacro, ma la sua mente lo rifiutava.
Non sapeva nemmeno lei cosa desiderare ma certamente non voleva, durante il Rito Sacro dell’accoppiamento, concedere il suo corpo mentre la sua mente vagava lontano. Voleva accoppiarsi non solo con il corpo ma pure con la mente, entrambi dovevano fondersi con quelli di un compagno che avesse i suoi stessi sentimenti.
Per questa ragione aveva litigato con Salir, erano amici da sempre, insieme avevano giocato e corso per i boschi. Da adolescenti erano andati alla ricerca di pesci sulle rive del lago e si erano azzuffati in acqua ridendo gioiosi per i numerosi scherzi che si facevano l’un l’altro. Per lei era semplice amicizia, lui ora ne desiderava il corpo e la voleva compagna nel Rito Sacro che si sarebbe svolto tra qualche giorno.
Giunta al villaggio, senza ascoltare la voce delle amiche che eccitate pensavano a ciò che le attendeva nei prossimi giorni, si rifugiò nella capanna di Elan la vecchia guaritrice e guida autorevole in campo spirituale.
Elan era intenta a dividere le numerose erbe riordinandole secondo lo scopo cui sarebbero servite.
La capanna era ampia e, al contrario delle rotonde che costituivano l’intero villaggio, di forma quadrata come quelle ove avvenivano le riunioni dedicate alla preghiera e alle decisioni che avrebbero coinvolto l’intera comunità.
Hjula era entrata con impeto rabbioso portando con se una ventata di aria umida e fresca, senza voltarsi la guaritrice interrogò con voce sommessa
«Cosa sta succedendo?»
La giovane rispose con voce tremante
«Non voglio partecipare al Rito.»
A queste parole seguì un pesante silenzio.
«Non sarà facile. Potrebbe essere una offesa per l’intera comunità.»
«Sono pronta a scappare.»
«Non sarà necessario. Racconterò che ho bisogno, non solo di aiuto, ma anche di una persona da addestrare per occupare il mio posto quando io non ci sarò più.»
Hjula felice si accoccolò davanti a Elan per stringere commossa le sue ginocchia.
Gentilmente la maga la fece rialzare, la invitò a sedersi quindi proseguì nel suo dire.
«Prima di accettare la mia proposta voglio che tu sappia a ciò che andrai incontro scegliendo il mio genere di vita. Solo dopo una notte di riflessione mi darai la risposta. Ascolta bene ciò che ora sto per dirti. Dal momento che acconsentirai a intraprendere l’addestramento necessario per seguire le mie orme, dovrai prima seguire una dura iniziazione. Per tre volte il tramonto del sole vivrai sola in mezzo i boschi senza cibo né armi. Se riuscirai a sopravvivere, davanti gli abitanti del villaggio farai rinuncia alla vita della comunità. Per vita della comunità intendo niente accoppiamento, niente figli, niente feste. Il compito di una sacerdotessa guaritrice consiste nel curare gli ammalati, preparare le medicine, assistere alle nascite, officiare i riti e pregare la divinità. Ricordati che dovrai rinunciare alla tua vita per dedicarla agli altri, avrai molto potere ma nessuna gioia terrena. Rammenta! La conoscenza porta al potere ma si paga con molte rinunce personali, sarai felice solo se saprai trovare la gioia nel tuo operato. Ora raggiungi le tue amiche, domani mi darai la risposta.»
Pensierosa Hjula raggiunse il gruppo festoso delle giovani che cicalavano tra loro e, tra risatine sommesse ma maliziose, lanciavano i nomi dei giovani con i quali avrebbero celebrato il rito dell’accoppiamento.
Quando videro Hjula le sue amiche cominciarono a cantilenare un nome “Salir”.
Il viso corrucciato della ragazza bloccò il canto gioioso. Ania l’amica più cara la affrontò
«Hjula cosa ti succede? Perché sei così assorta?»
«Non ho nulla. Ho solo litigato con Salir.»
Un silenzio pesante scese dopo queste parole.
Non vi era bisogno di parlare, tutte senza eccezione pensarono che se Hjula aveva litigato con Salir non avrebbe celebrato il Rito con lui, come loro si attendevano.
In realtà la cosa non dispiaceva, Salir, bello e robusto, piaceva molto e l’accaduto scatenava i desideri delle giovani.
Subito dopo un altro pensiero turbinò nella mente di ognuna delle presenti, con chi si sarebbe accoppiata Hjula?
Preoccupate e curiose le giovani appuntarono gli occhi indagatori su di essa. Annoiata la ragazza non rispose alla muta richiesta e con un silenzio decisamente ostile, borbottando un saluto sommesso scappò via.
Era veramente frastornata, non era facile prendere una decisione così importante. Quei pochi istanti che aveva passato con le coetanee le erano sembrati colmi di noia e privi d’interesse, certo rinunciare alle gioie che offriva una unione e ai figli non era semplice. Però non era nemmeno divertente passare le giornate tra chiacchere insulse e strilli di bambini.
Lei voleva qualcosa di più dalla vita, voleva conoscere e meditare sui perché degli avvenimenti che si succedevano nella vita e nella natura.
Si rendeva conto che non era una scelta facile, afflitta da pensieri contrastanti senza accorgersi si trovò in riva al lago.
Il sole aveva lasciato il posto a un cielo azzurro pieno di stelle, il lago era un ampio spazio scuro circondato da alberi neri e misteriosi.
A un tratto un chiarore diffuso si riflesse sul lago che assunse un magico colore argenteo, la vita che sembrava addormentata si animò per la luce che dal cielo si diffondeva sulla terra.
La luna maestosa e misteriosa si era nuovamente impossessata della notte.
Il silenzio notturno era interrotto da ronzii, stridori e fruscii che rendevano l’atmosfera al tempo stesso magica e misteriosa, a tratti, su tutto, dominava il gracidare delle rane.
Hjula si sedette sulla riva, una piccola onda le lambì dolcemente il piede nudo, l’acqua ancora tiepida per i raggi del sole le infuse un tremito dolce che la pervase in tutto il suo essere. I pensieri che l’arrovellavano confusi, ad un tratto, si dispersero nella tranquillità della notte.
Una sola idea spaziava chiara nella sua mente e riguardava la sua scelta di vita futura, avrebbe seguito la strada più difficile ma, senza alcun dubbio, la più stimolante.
Elan sarebbe stata la sua guida spirituale.

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