Atelinas e il Libro Sacro

di

Giovanna Gatti Colangelo


Giovanna Gatti Colangelo - Atelinas e il Libro Sacro
Collana "I Salici" - I libri di Narrativa
15x21 - pp. 172 - Euro 12,00
ISBN 88-6037-014-0

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Un reperto etrusco e, come a giocar con il destino, la tesi con argomento “Gli Etruschi e il mondo latino” che Flavia deve sostenere. Un vecchio libraio di Roma le affida un libro da leggere per venire a capo di un’iscrizione sul fatidico reperto. Attraverso una serie continua di colpi di scena ed inaspettati eventi che creano una proverbiale suspense, si snoda la misteriosa storia sempre giocata sul filo d’una accattivante scrittura e tutto pare esaltare la sua mano fervida, la capacità di affascinare disvelando poco a poco, e intrigando e coinvolgendo il lettore che si fa anch’egli indagatore, scrutatore, avventuriero: fino a che…

Massimiliano Del Duca


Atelinas e il Libro Sacro


Capitolo 1

Lars giunse trafelato all’appuntamento con Flavia, parcheggiò la potente moto sulle rive lussureggianti del lago e scese verso la riva.
Flavia non era arrivata. Allora si distese sull’erba, un poco umida ma ancora calda.
Era una sera di ottobre soffusa di pace. Il sole illuminava, con gli ultimi obliqui raggi, il lago azzurro solcato da qualche vela e animato, lungo la riva, da anatre festose e da cigni maestosi.
Di fronte, imponente e severo si stagliava il castello degli Orsini.
«Ciao, sono qui.»
Squillò una voce decisa ma carezzevole. Flavia era arrivata.
«Scusa il ritardo ma il motorino non voleva saperne di partire.»
«Non importa ora sei qui e sono felice.»
Rispose, di rimando, Lars con la sua voce calda e profonda.
Flavia gli scivolò vicino e mise la sua mano su quella di lui che era aperta in attesa. Rimasero silenziosi godendo la magica atmosfera che emanava dal lago tranquillo.
«Stasera devo tornare presto a casa, i nonni devono tornare a Roma e il nonno non vuole guidare con il buio.»
Il nonno di Flavia, noto medico chirurgo romano e amante dei laghi, aveva acquistato sul lago di Bracciano una comoda villa ove passare in tutta tranquillità il fine settimana.
La casa era stata comperata, con la segreta speranza che il figlio, appassionato della vela, venisse con la famiglia a passare qualche week end sul lago. Speranza completamente vanificata dal fatto che il cabinato a vela del figlio è ancorato nel porto di Terracina.
«Anche io non posso fare tardi. I miei genitori arrivano a Roma in serata e devo cenare con loro.»
Lars vive a Roma con i genitori.
Il padre, che si occupa delle sue proprietà situate tra Tarquinia e Tuscania, passa lunghi periodi nella casa che la famiglia possiede da generazioni tra quelle due località.
«Ci possiamo vedere domani mattina?»
«Io devo recarmi all’Università per chiedere la tesi.»
«Bene, io invece devo andare alla Sanità, potremmo vederci prima.»
Flavia alzandosi scivolò. Riuscì a non cadere perché Lars prontamente l’afferrò per la vita.
Indispettita, volse lo sguardo verso terra per rendersi conto cosa avesse causato la sua caduta.
Vide occhieggiare tra l’erba, semisepolto dalla terra un qualcosa di colore rossastro.
Guardando attentamente si accorse che non era un sasso, come dapprima aveva pensato.
Incuriosita, prima con il piede, poi aiutata da Lars, disseppellì con le mani un pezzo piuttosto grande di terracotta sul quale, tra il bruno della terra che ancora lo ricopriva, scorse delle incisioni. Dopo averle attentamente osservate, si accorse che erano delle lettere che formavano alcune parole in una lingua sconosciuta.
«A…th …marum cepem…Celi …sucri thezeri» compitò Lars.
«Cosa vorrà significare?»
«Non è latino arcaico e nemmeno greco, almeno così mi sembra.» Poi Flavia continuò esitante
«Potrebbe essere etrusco, in definitiva questa zona nel passato faceva parte dell’Etruria.»
«Tu e i tuoi etruschi. Questa iscrizione sarà certamente uno scherzo.»
«Non credo. Domani vado all’Università dal professore di letteratura antica a chiedere lumi, tanto devo farmi assegnare la tesi.»
«Vengo con te, sono stato convocato dal mio capo, certamente vorrà sapere a che punto sono con le mie ricerche.»
Lars, laureato in biologia, lavora all’Istituto Superiore della Sanità.
Intanto il sole era tramontato. Flavia, come risvegliata da un sogno esclamò: «Accidenti si è fatto tardi, chi lo sente mio nonno. A domani Lars, un bacio.» Così dicendo, inforcato il motorino, sfrecciò via.
A Lars non rimase che salire sulla moto e tornare a Roma.
I due giovani si erano conosciuti a casa di Claudia, un’amica comune.
Per la verità il primo approccio era stato piuttosto vivace. per colpa del giuoco del Rugby praticato da Lars.
Senza peli sulla lingua Flavia aveva fatto subito sapere che trovava questo sport violento e poco elegante. Infatti lo aveva così apostrofato: «Vuoi mettere con il Polo, dove cavaliere e cavallo sono un unico corpo di eccezionale armonia?»
La discussione si protrasse per un poco, alla fine i due con salomonica decisione, si misero d’accordo per recarsi insieme a vedere una partita di Polo ed una di Rugby.
Non arrivarono mai a una soluzione del problema, ma diventarono amici e non ci misero molto tempo per scoprire che tra loro era nato un nuovo sentimento, chiamato amore.
Il giorno dopo, come d’accordo, andarono insieme dal professore di Letteratura antica.
Per fortuna il professore era libero e li ricevette subito.
Flavia gli mostrò il “reperto”, ormai così lo chiamava.
Dopo attenta disamina, il professore, poco interessato, disse:
«Senza dubbio l’iscrizione è etrusca, A…th è un nome. Marum cepem è una carica sacerdotale, Celi è il mese di settembre. Sucri thezeri significa qualche cosa che deve essere compiuto, perciò suppongo che la persona a cui ci si riferisce sia un aruspice. Non saprei dirvi altro, comunque, anche se di poca importanza, il pezzo è sicuramente etrusco.»
Così dicendo li congedò.
Entusiasta Flavia, rivolgendosi al compagno, esclamò: «Allora è ciò che rimane di uno scritto aruspicino.»
Curioso Lars le chiese «Cosa sono gli scritti aruspicini?»
Flavia, con accento dottorale, iniziò a spiegare:
«La religione etrusca dà molta importanza ad un complesso di discipline che hanno come punto di partenza la ricerca della volontà degli Dei. Un mezzo tradizionale consiste nella lettura delle viscere degli animali, specialmente del fegato. Forse questo A… th era veramente un sacerdote aruspice.»
Superficialmente interessato Lars, guardando l’orologio replicò: «Devo andare sono in ritardo, ciao Flavia a più tardi.»
Flavia rimasta sola, si recò in biblioteca per consultare qualche libro sulla storia etrusca.
Trovò molte notizie, ma di poca soddisfazione. In realtà nemmeno lei sapeva cosa cercare,
Delusa e insoddisfatta decise di andare in centro per vedere le vetrine. L’autunno era iniziato, doveva pensare al guardaroba invernale quindi inforcato il motorino si immerse nel traffico.
Giunta a Largo Argentina, dopo aver parcheggiato, s’inoltrò svogliatamente per i dedali romani. Quasi senza saperlo, si trovò in una stradina dietro il Pantheon ove adocchiò una vetrina colma di libri alcuni vecchi e alcuni antichi. Titubante decise di entrare.
«Cosa posso fare per lei gentile signorina?» L’apostrofò un garbato vecchio signore.
«Per la verità non saprei. Sto cercando delle notizie sul popolo Etrusco. Nella biblioteca dell’Università non ho trovato nulla di…»
Il libraio la scrutò attentamente e continuò «Stimolante?»
«Proprio così è tutto così scientifico, così normale, così conforme alla consuetudine.»
«Forse ho quello che lei desidera.»
Il libraio si alzò dallo strano scranno su cui sedeva e sparì nel retrobottega. Quando tornò aveva in mano un piccolo libro assai vecchio e piuttosto consunto.
«Penso che il contenuto di questo libro potrà soddisfare la sua curiosità.»
«La ringrazio, ma non ho soldi, tornerò domani per comperarlo.»
«Cara signorina, questo libro non è in vendita, però a lei posso prestarlo, lo porti pure a casa. Me lo renderà quando avrà terminato di leggerlo.»
«Lei è molto cortese, ma non posso accettare, se lo permette, potrei fermarmi e cominciare a leggerlo qui. Per non darle troppo fastidio, andrei nel retrobottega.»
«Perfetto» rispose compiacente il libraio e la guidò nella stanzetta che si trovava dietro il negozio.
Flavia si sedette su una confortevole poltrona.
Prima di cominciare a leggere volse intorno la sguardo, notò una scrivania colma di libri e di carte perfettamente in ordine. Accanto un lume spandeva una luce calda e riposante. Flavia si sentiva a suo agio come se si trovasse a casa sua.
Completamente rilassata cominciò a sfogliare il libro, si accorse che era scritto in tre lingue greco, latino e italiano arcaico. Ovviamente scelse di leggere la parte scritta in italiano. Anche se arcaico era meno ostico del latino, senza poi parlare del greco con il quale non aveva avuto mai dimestichezza.
Il libro così iniziava: “Io Atelinas, figlio di Tina e assistente del sommo sacerdote, scrivo queste righe perché rimanga memoria di quanto accaduto nel tempo odierno. Tale memoria non deve essere travisata da nessuno, chiunque egli sia.
Due giorni fa Larth, il lucumone di Tarquinia, preceduto dai dodici littori, rappresentanti le dodici città dell’Etruria, si è recato al tempio dove lo attendeva l’aruspice Arnth.
L’aruspice, coperto dall’ampio mantello di pelle dipinto a vivaci colori e con in mano il lituo, era pronto ad officiare il rito.
Sull’ara era già preparato l’animale da sacrificare: una pecora.
«Che Tinia sia con te.»
«Che l’ispirazione degli Dei ti sia di chiara interpretazione.» Così rispose il lucumone al saluto dell’aruspice.
Arnth si avvicinò all’ara e con mossa rapida e decisa sacrificò l’animale, quindi estrasse il fegato ancora palpitante.
Dapprima l’orientò in direzione dello spazio sacro che definiva la volta celeste suddivisa in sedici parti, rappresentanti le abitazioni delle divinità. Dopo averlo attentamente osservato così parlò:
«Da un volo di avvoltoi la Chimera sarà ingoiata.» Dopo una breve pausa, necessaria per meglio chiarire le sue parole, così continuò. «Interpretare questa divinazione non è cosa semplice, posso però dire che è un avvertimento e una minaccia.»
In seguito a questo verdetto il Lucumone decise di indire una riunione dei capi delle dodici città per renderli partecipi della interpretazione dell’aruspice.
In realtà l’aruspice aveva lanciato l’invito a controllare l’espansione etrusca nei territori latini posti al di là del Tevere, allo scopo di evitare inutili risentimenti in quelle popolazioni.
Gli Etruschi popolo di commercianti, agricoltori e navigatori, avevano bisogno di mercati nuovi per esportare i loro prodotti. Il territorio latino era l’ideale per questo intendimento.
I Latini, popolo di pastori, non gradivano troppo le novità da qualsiasi orizzonte provenissero.
Gli Etruschi erano riusciti, senza attacchi frontali, a inserirsi nel loro contesto attraverso il commercio, stabilendo uno status quo pacifico, che andava bene ai governanti di entrambi i popoli.
Come sempre in politica, tra i Latini vi erano due partiti. Uno favorevole agli apporti innovativi degli Etruschi, un secondo preferiva rimanere popolo pastore.
I pastori, proprietari di terre, durante l’inverno le affittavano a un altro popolo pastore, gli Equi che portavano a svernare le loro pecore nel Lazio.
Queste problematiche erano ben conosciute da tutti i lucumoni, ma Arnth sapeva quello che gli altri lucumoni ignoravano.
Diciotto anni prima il re di Alba, favorevole agli insediamenti etruschi e in rapporto amichevole con il sacerdote aruspice, lo aveva informato, per avere il suo consiglio, che la figlia, non sposata, aveva partorito due gemelli.
L’avvenimento non solo era poco gradito ma creava problemi dinastici.
In definitiva i neonati erano nipoti del re, quindi potevano aspirare ad una eventuale successione, se ciò fosse stato possibile, quale dei due sarebbe stato l’eletto?
Arnth risolse il problema, divinando che il fuoco sacro dei latini si era materializzato nel Dio Marte, il quale invaghitosi della fanciulla l’aveva posseduta.
Rimaneva però una incognita, essendo i neonati gemelli bisognava sapere quale fosse veramente il figlio del Dio.
In quei tempi si riteneva che i gemelli potessero essere figli di padri differenti.
L’aruspice, nuovamente parlò: «Esponete i bambini sulle rive del Tevere, se le fiere li risparmieranno saranno entrambi figli del Dio, se solo uno si salverà quello sarà il figlio del Dio.»
Con questo consiglio, il sacerdote pensava che i bambini, senza alcun dubbio, sarebbero stati uccisi dai lupi che famelici si aggiravano sulle rive del fiume in cerca di agnelli.
Sicuramente le fiere non avrebbero fatto distinzione tra neonati ed agnelli, in tal modo si sarebbero evitate lotte dinastiche alla morte del re.
Ma il fato aveva deciso altrimenti.
I gemelli furono raccolti ed allevati dalla famiglia di un pastore.
Il nome imposto al più robusto fu Romo, il più delicato venne chiamato Romo il piccolo, con il tempo il nome venne contratto in Romolo.
I due bambini crebbero ignari della propria origine fino a diciotto anni, quando i genitori adottivi rivelarono loro dove erano stati trovati.
Il re di Alba che ormai pensava i nipoti divorati dai lupi, quando seppe la storia, capì che la decisione presa in passato era stata inutile.
Ebbe allora un incontro con Arnth per chiedere aiuto.
La soluzione del problema non era facile.”
Flavia era talmente interessata al racconto che non si era accorta delle ore che passavano, ma venne interrotta dalla voce del libraio.
«Signorina purtroppo è ora di chiudere, porti il libro a casa per leggerlo più comodamente.»
«Grazie, non voglio abusare della sua gentilezza, tornerò giovedì, è possibile?»
«Certamente, sarà la benvenuta.»
«Allora… arrivederci a giovedì.» Così dicendo Flavia uscì dal negozio e lentamente si avviò verso il vicolo dove aveva posteggiato il motorino.
Ormai era buio, le strade erano silenziose e semideserte.
Era quasi arrivata, quando ebbe l’impressione di non essere sola nel vicolo, si voltò indietro ma non vide nessuno, scrollò le spalle dandosi mentalmente della sciocca, salì sul motorino e a tutto gas si avviò verso casa.
Prima di entrare nel garage, si fermò all’edicola dei giornali per comperare la solita rivista di enigmistica. Mentre chiacchierava con la giornalaia le sembrò di sentire arrivare una motocicletta che rallentò in vicinanza dell’edicola, per poi ripartire velocemente.
Per la verità non ci fece molto caso anche perché immediatamente dopo l’edicola c‘è un bivio con obbligo di stop, che non viene mai osservato con conseguenti incidenti.
Mentre stava aprendo la porta di casa, improvviso squillò il telefono.
Trafelata Flavia corse a rispondere.
Una nota voce le chiese se aveva voglia di andare in pizzeria con Margot e Pierre, due amici francesi di Lars.
«Ti vengo a prendere alle nove. Ciao.» Lars aveva conosciuto Margot a Parigi. Si erano incontrati casualmente all’Università.
Margot era ricercatrice biologa e lavorava nell’Istituto dove era andato Lars per contattare il professore amico del suo capo.
Mentre aspettava di essere ricevuto, Margot, anche lei in attesa, gli chiese se poteva entrare prima di lui.
«Ho una ricerca in atto e, se non chiedo subito delucidazioni al professore, ho paura di essere obbligata a ricominciare tutto l’esperimento.»
«Sarà un piacere accontentarla. Non ho fretta.»
Per ingannare il tempo si misero a chiacchierare amichevolmente come solo i giovani sanno fare.
Prima di essere ricevuta, l’estroversa Margot impulsivamente invitò Lars ad uscire la sera con lei e il suo ragazzo Pierre.
Sorpreso ma divertito, Lars accettò.
«Allora stasera alle sette davanti il bistrot “La Tartine” rue de Rivoli 46.» Lanciò Margot mentre stava entrando in Direzione.
Quella sera fu la prima di tante altre.
Pierre e Lars simpatizzarono immediatamente.
Pierre, giornalista lavorava come free lance per differenti testate. Dotato di grande comunicativa la trasmetteva a tutti coloro che gli erano vicini.
L’insaziabile curiosità che lo divorava lo aveva portato, nonostante la giovane età, a ricercare sempre la verità anche se questa si presentava pericolosa.
I quattro, mentre aspettavano l’arrivo delle pizze, si misero a chiacchierare piacevolmente del più e del meno.
Poi Flavia raccontò del suo incontro con il libraio.
Mentre Lars sorrideva scettico, Pierre interessato chiese a Flavia alcune delucidazioni sul popolo etrusco.
Il discorso scivolò su di un azzardato paragone tra i druidi e i sacerdoti aruspici.
«Siamo in pizzeria e non in biblioteca, abbiamo voglia di ridere e scherzare abbasso la cultura.» Esclamò Margot, una gran risata accolse queste parole.
La serata terminò così allegramente.

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