Opere di

Giorgia Calcari


BIANCA, RAREFATTA MATERIA

Bianca
rarefatta materia
sciabordio lontano
di sembianze illusorie.
nello stare amniotico
sospendo,
desiderio d’amore
dello sconfinato tutto.
Molecole e coscienza
s’indistinguono
sotto lacrime di neve.
Anima
d’eterno infinito.



NARCISO

Amabile riflesso
mia illusione
a guardarti mi perdo

Sembianza eterea
con cui rendo grazia
alla materia
t’incontro e mi condanni
alla tremenda ipnosi
del mio aspetto

Mi risveglierò fiore
ma adesso, seduzione
lasciami naufragare addormentato
tra sciabordii e riverberi
d’incanto

All’alba
tra i miei stami
la vita s’aprirà


NORD

Inverno.
Gelo anch’io
come i fiumi del Nord
e rallento.

Più piano
lo spazio tra le molecole
si fa piccino;
tra loro vicine si guardan l’un l’altra
e si ghiaccia alla vista
la spuma l’istante il riflesso.

Osservo, vetrina, l’inarrestabile profondità
e mi spacco, mi scricchiolo e crepo
in battiti azzurri ed echi balene.

A me fiume o lago
a me linfa d’acqua
spettano le sorti di ogni creatura
e con la luna e con i cieli mi oriento
e con la terra m’abbraccio
e in questo modo fluisco
ogni tanto m’arresto
ma solo di sopra
che dentro son sciame di vita.

Mi chiede l’inverno
mi copre di bianco e di sotto
come in un lenzuolo
confesso i miei intimi sogni
regalo tutti i miei timori

Mi chiede l’inverno
una foto
di come un semesorgente
diventi cascate, rii, rapide e spruzzi
mi chiede ogni bolla di sbuffi
ogni punto di bianco
e l’iride cobalto
mi chiede attenzione
e memoria
per quando sarà il divenire veloce
e sembrerà sfuggire.
C’è solo il fluire.


TOCCO

È anche questo sfiorarti
il mio esser qui.
Ti trovo a sbarrar gli occhi
ascolto ciò che dici
La nostra bocca è una
e parlo io.

Son io che certe volte
di linfa ti trafiggo
ti lascio luminosa e spettinata
con tutte le conchiglie fuori posto.

Lo sconvolgerti serve
goccia mia
è l’anima che
se messa alle strette si fa spazio.
Così torni a fluire
e torno io
così ti metto forme
dentro agli occhi
musica in bocca
e formule tra i versi
perché per me vince l’inverno il seme
con me il vuoto
si schianta di splendore.


GRIDO

Mi metto da parte per ripararmi,
perché le deviazioni d’anime mi trafiggono
e straziano la mia.

In ginocchio, certe notti
Non so contri chi scagliarle le preghiere.
M’asfissia la violenza dei moti interiori
E la guerra contro mani nemiche.

Ma
Ora provate a non sentirlo il mio grido,
con le unghie in certezze di carta.

M’è venuta sete del vostro sangue ipocrita.

Ve la strappo dai fianchi
la voce di fuoco,
mentre scaravento la mia
contro le stelle,
che mi devono dire.

Vi appicco la vita con tutti i suoi morsi
E grido
Sì, grido
Sbranata da una rabbia che non trattengo più.
Al varco,
è lì che v’aspetto.


DOPPI CORPI

Ti fai largo serpente
D’amore sulla mia
Schiena.

Mi vesti
E sono alata
Creatura doppia
Dal ventre aperto
E le braccia d’uomo.
e le braccia d’uomo.

La voce premuta fuori
La bocca smisurata.

M’attraversi
Musicista della terra
Da pentagrammi di corpi
Liberi un canto di driadi.



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