Opere di

Gino Zanette


IL TUO PRIMO VIAGGIO

La sera ricamava sul cortile
La lusinga di una luce
Nell’orto fresco risentivo
Sulle guance passare
Il vapore caldo delle vie
Di un’estate che si spegneva
Sull’arco della mia solitudine.

Dopo le attese deluse – E mai ho potuto capire
Che tu abitavi in un momento
Lontano in praterie di stelle – Non vi ho letto mai un abbandono
Neppure un’amarezza
O un tuo disagio, niente
Mi spingeva via dalla strada
D’indicibile gioia in arrivo;
Era in frantumi talvolta
L’eternità breve dell’attimo
Che accende la speranza
Del pronosticato evento;
Sapevo che tu eri remota e viva,
Fioca cometa del mio sangue
Che sarebbe ritornato a me
Dalla gemma del mio ramo più alto
Nel cielo di questo luglio piovoso.

È stato il tuo primo viaggio
Che colma le ore inquiete
Della mia caparbia vita
Che al confine ancora non si arrende;
Sei linfa e in me ti fai sorgiva,
Per te con le parole
Ho fatto sandali di nuvole
Perché di fate ed elfi
Si calzino i tuoi piedi;

Ti affiderò la mia isola
Scossa dagli ultimi venti,
Approdo di ogni miraggio
E il canto di un flauto segreto.

(1° Premio “Invito alla Poesia” VII edizione, Trieste 2014)

(3° Premio “Olympia- Città di Montegrotto terme, 2014)


IO TORNERÒ

Io tornerò un giorno
a coprire il mio spazio di terra
dove fioriva il ciliegio,
che ora muore, a gonfiare
i miei polmoni d’aria
a bere l’acqua alla sponda del ruscello
che bagnava le barchette di carta
e le portava coi miei pensieri al mare;
tornerò non so come,
se non avrò ruote piedi ali o vele,
non so quando, se il tempo non sarà più
un tempo di giorni ore minuti o secondi,
ma un coagulo di molecole pazze
di secoli in cerca d’una nuova baia
e noi saremo pulviscoli inerti
assiepati ai confini del nulla
e la sveglia più non suonerà all’alba
perché il sole e la luna e le stelle
dormiranno per sempre
in un letto desolato di sterpi;
ma io troverò
il calesse dei sogni incompiuti
la frusta schioccante nel vento
e mi poserò sull’ultima rosa
che fioriva nell’orto per donarla a te
prima che si frantumi con la nuova neve
nel ghiaccio delle stagioni eterne;
tornerò per finalmente donarti
l’anello d’oro di casta vestale
d’incorporeo amore e poi scomparire
sulle tremule onde tra i giunchi
guardando la libellula dalle ali blu
ignara nel suo silenzioso canto
vestita di seta e smeraldo
che vola sul noce e la vigna

(1° Premio al Concorso Il Club degli Autori “Trofeo U. Montefameglio” 2012)


È CADUTO IL GLICINE NEL MIO GIARDINO

Era la sentinella vigile della mia casa.

È caduto nella notte d’agosto
Come tanti
È caduto per un colpo di vento
Come tanti
È caduto perché si è spezzato
Come pochi
Aveva le radici antiche
E caparbie di mio padre

Spero che se c‘è una giustizia
si ritrovino fra poco
polveri evanescenti nel cosmo
dove nessuno sarà più solo.

(15 agosto 2015)


NON HO ALI PER VOLARE

Lo so, non ho più ali per volare
ma spalle che s’incurvano al vento
e la fatica m’argina entro fiumi
di piogge antiche e di tempeste
e scoscese strade e lampade morenti
per un lassù ormai non raggiungibile.
Quante risorse m’ha sperperato
l’ansia bugiarda dell’ultimo bastione
per naufragar in braccio alle meduse.
 
Eppure se faccio intorno a me silenzio
e muovo le stagioni in altalena
come fa quando si diverte
a nostre spese il bene e il male
scopro d’amare ugualmente il cielo
e nel pensiero costeggio i suoi sentieri
per un viaggio che ritrova spiagge
e ascolta il suono degli antichi spazi
dove si fletteva la luce d’altre stelle
e altre nuvole stendevano cuscini
dove in disparte riposano quegli angeli
che un giorno a Dio resero le ali.
 
Questo è l’ultimo tempo, ora, di volare
per brevi lune oltre la terra muta
che m’aspetta in fondo al viale di cipressi
dove l’opale a tutti si fa nero
e tacerà per sempre il vento.

(1° premio al XXV Concorso “Cinque Terre-Sirio Guerrieri” 2010)


CALYCANTHUS

Tu vedi come traslocano i mesi
E infoltisce pigramente
Di tristezza il mio giardino
Eppure febbrilmente ti adorni
Come un re che si veste per la festa
Solitario sul dirupo dell’orto
Fiero di mostrarti con i fiori
Che si sfioccano sulle perdute foglie
E i tuoi profumi che stordiscono
Nell’attesa dei silenzi della neve.
 
E incredulo io riverso la mia vita
Nella tua vita: anch’io sento
Il respiro frettoloso degli anni
Che traslocano su ignote sponde;
Incede inesorabile il passo
Stanco, a ridosso di tremule
Speranze, che sfioro come dita
Sui grani d’un rosario all’epicedio.
È passata quella corsa febbrile
Che gemmava questi ultimi fiori:
La condensavo in notturni silenzi
O nell’incandescenza dei giorni
Veleggianti su incerte onde
D’una giovinezza che pareva
Sostare per sempre.
Adesso che sono solo, mi vesto
Nei corridoi spogli della memoria
E rovisto barattoli vuoti
Desueti come le ingombranti foglie
In questa stagione ultima.

Ma sfiocco lieto i miei petali
Come ultime gocce di sangue
E come te aspetto la neve
Che venga in falde leggere
E mi sveli, amico mio,
Un senso a questo mese d’inverno.

(1^ classificata al Concorso “Marco Tanzi” (FI) 2010 e 1^ alla XIV Edizione “Premio Arcobaleno” 2009 (TV)


DOVE ANCHE LA LEPRE

Là dove anche la lepre
Non ha più paura
E spavaldeggia impettita
Ai bordi dell’orto
E nidifica fra le siepi
A covate il merlo
Tessendo d’albe il canto;
E pascola illeso il riccio
Al lumeggiar della luna
E sui prati s’agghiaccia
A sera la galaverna;
Là dove ai davanzali
Sverna il pettirosso
E s’infrasca tremulo
Fra la magnolia e il pruno
E si distrae la gatta
Sotto le felci e il lauro
E s’edifica al sottotetto
Un balaustrato nido
La rondine e il fringuello
Canta a primavera
Là è la mia casa.
 
Là, dove il corbezzolo
Lussureggia di rosso
Fino alla neve e il melograno
Si stinge a poco a poco
Per non ingelosirlo
E gli prorompe a fianco
Fra l’erbe profumate
D’inverno il calycanthus
A gareggiar di giallo
Ed il ciliegio nella sua maestà
Con le ingombranti foglie
Si protende sul mesto pero
E sul roseto che s’arrampica
Al melograno
Là è la mia casa.
 
Là, dove tu distratto passi
Al pino che saluta al crocevia
E la casa ti pare un’antica torre
Di trentanove inutili balconi
Che invece sono bocche
Che avvolgeranno, chi  sa, di riti
E girotondi di memorie;
Ore d’amore, ora flebile e discorde,
Appena pronunciato o taciuto
Ora impetuoso che si fiondava
Nei venti di primavera;
Ore di lavoro,
Di sacrifici inutili talvolta
Che abbiamo speso insieme
E stanchi, nell’attesa
Dell’odore delle sere al desco
Dove anche il silenzio
Ci separava a volte per sognare
Là è la mia casa.

(1^ classificata Premio Invito alla Poesia “Città di Trieste” 2010)


I MESI BREVI DI LUNA

Restano solo fughe di stoppie
del verde fulgore di biade
laggiù fin dove sfuma il confine
e s’affatica a svelarsi un timido sole
l’oroscopo dei nostri giorni
è una zangola di spettinate illusioni
ruotate sui mesi brevi di luna;

non si cancella mai la speranza
finché sei al di qua del tramonto
e ti godi il ricordo dei lunghi filari
di viti pampinee a primavera.

Fra giorni saranno sfogliati sarmenti
che non sapranno nulla di prima
e come le stoppie subito arate
per diventare spighe di grano
la prossima estate, saranno bruciati.

(1^ classificata al XVII Rassegna di Poesia “Tra Piave e Livenza” 2012



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