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Primavera

Riesumato dal sonno invernale
dalla lunga e lontana attesa,
ti sento nella pioggia scroscio
ti colgo nel raggio solare esalto.

Primigenio l’animo mi libera
l’effluvio di gleba che vapora.
Nella tua materia smarrisco,
deriso dalla bocca di rosa.

Soavemente dai pori esali
stordente l’essenza fragranza,
di nettare e polline ambrosia
del frutto rubino nel bianco.

Flautato il richiamo ascolto
una ninfa leggiadra m’insegue,
vento del tempo che ondeggia
di salici piangenti capelli.

Negli occhi azzurre fontane
il mio intimo nudo rimiro
esausto poso la mente confusa
nei colli d’aureole fiorite.

Un boccolo scappato dal gregge
il cuor mi tenta di brio,
velato dai cieli pensieri
l’incanto reflusso attendo.

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Papà

I

Con la mia piccola mano
avvolta nella tua, tratteggiavo
il volto della nostra stagione.
Un’alba, un tramonto
dipingo adesso da solo,
laddove leggero rinato
partisti verso il silenzio,
in quei graffiti naïf,
cedesti a me il disegno.

II

Seguendo il ciclo dei viceversa
rievocando in ritornello quella partenza,
vengo ogni tanto a trovarti.
In quella stazione di memorie in pietra
dove di sicuro so che non esisti.
Fumo frustrato come allora
una sigaretta e, aspetto di capire,
per poi ripartire in un viavai,
moto umbratile dell’animo mio.

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Un nuovo giorno

I sublimi cipressi
attorno al prato,
fissarono il cielo.

Le loro ombra sciorinate,
si ornarono di mille gocciole
di rugiada luccicante.

Il nero celeste
si dipinse
di fasci luminosi.

Il canto fermo
di un cantaiolo del verde,
inanimò la quiete.

Le foglie mormorarono
scrollate dalla brezza,
un motivo di sottofondo.

Un gatto si arrampicò
su una ringhiera pentagramma,
com’una chiave di sol.

Un abbaio grandioso
diede inizio, alla sinfonia
di un nuovo giorno.

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