Pianeta Venere

di

Gianluca Farina


Gianluca Farina - Pianeta Venere
Collana "I Gigli" - I libri di Poesia
14x20,5 - pp. 52 - Euro 6,50
ISBN 978-88-6587-0198

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In copertina: «Rebecca» – olio su tela – cm 25×40 – di Marco Ferlicca

All’interno disegni dell’autore


Questa prima raccolta di poesie di Gianluca Farina vuol essere un omaggio alla poetessa milanese Alda Merini recentemente scomparsa.



Pianeta Venere


Ad Alda



VENERE # 1

Sono schiavo della tua accrezione
ed infinitamente incline al martirio.


Ora il tuo alveo è colmo di fecondità
e gli argini sono divelti dal tempo
pronti ad accogliere le correnti impetuose
che la giovinezza conserva in un fremito
o nel fascino assolato di una nuova scoperta.
Stamane avevi il solito cerchietto rosa
ma lo sguardo cercava il dardo
che potesse renderti un bersaglio.


Se avessi un istante del passato
oggi ti regalerei un sogno.
Torneresti bambina
con il vestito corto e i riccioli neri
come quando
inconsapevole del tuo destino
correvi felice fra le braccia di tua madre.


Sperpero le mie notti
versando ceste di sbadigli
saturo di fumo e caffeina
per scongiurare sonni tranquilli.
Tengo un occhio chiuso
e l’altro sempre aperto
per osservare da vicino le tue forme
sperando di trovarti ancora
nuda sopra di me
con l’espressione pallida e sorpresa
riflessa sulla lente
del mio punto di osservazione.


Affondavo lo sguardo
pudicamente
nell’austera curvatura delle calze
sfiorando l’ardente impulso
di varcare i cancelli dell’innocenza.
E mentre brandivi il gesso sull’ardesia
il tuo accento ne svelava le radici
con gli occhi sorpresi dall’espiazione
che ammonivano le mie rosse gote
bruciate dalla vergogna.


Un’amara incertezza
sboccia dallo stelo di una rosa
prima di poterla cogliere
impreparata
talvolta pungente
recisa da un taglio netto
per poterla annusare
e spogliare
così
petalo dopo petalo
dell’ingombrante dubbio
che le circonda la vita.


Perdona il mio canto stonato
e le pagine vuote di un libro
che rileggo ogni sera
nella pigra e devota orazione
spezzata da un breve sbadiglio
e persa nelle fauci silenti
affamate della mia sonnolenza.
Oltrepasso le profonde oscurità
persuaso che al risveglio
potrò vedere ancora
la tua luce accanto a me.



VENERE # 2

Infliggimi ferite d’amore
e cospargimi il corpo di sale
affinché io possa urlare di dolore
straziato dal tuo abbandono.


Sfioravi le parole crudeli
le accarezzavi
per renderle docili
al cospetto del mio spettro di ghiaccio
zittito e perduto
dentro un caldo giaciglio
consumato da illusorie effusioni.
La parola abbandono
nasconde sovente il futuro
sotto la gelida coperta del tempo
che lascia aperte le ferite del passato.


Nell’attimo sofferto del rifiuto
di un tuo tenero sorriso
ho trovato il disarmante epilogo
del mio palpitante enigma.

Le parole restano sospese
i momenti intensi un ricordo.

Cerco di sedare la mia rabbia
ostento e temporeggio
ma è solo un timido approccio
un insaziabile bisogno di certezze
che vanifica le mie illusioni
in un lento e inesorabile declino
saturo di niente
ebbro di dolore.


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