Opere di

Giampaolo Selis

Passeggiando per le vie


alluvione a novembre

svanito in questo tempo uggioso
il pigolio del nido
ed il lungo silenzio non ripara dall’acqua
anzi annega nel grigio del cielo
che piange tanto sulle case
sembranti barche alla deriva
tra strade d’acqua con foglie morte
spazzate via senza pietà dal vento

foglie novembrine galleggiano
in fiumana
come affranti pensieri della gente
affogati nel fiume gonfio
che tra macerie si fa strada
portando via con se sogni profondi
di chi ha perso tutto

perduto in questo clima disperato
il riso del bimbo si fa vento
come le grida della gente dalle finestre
che sembrano occhi spaventati tra le rapide

intanto la capacità umana
è incapace di chiedere scusa al mondo
in cui sprofonda

tutto in un attimo il sole
sembra arrendersi alla disperazione
e si fa spazio tra le nuvole
assieme alle speranze di chi ha resistito
come un canto
che illumina il fango fra le mani

tutto in un attimo
l’umanità ringrazia il mondo in cui vive
che con compassione ancora
permette risalita nel giardino di sogni
rinati come in primavera fiori


In questo breve periodo del tempo cosmologico (comovente dal big bang), componimento ispirato dall’orrore di tutte le guerre: dagli anni 1940 con Cagliari rasa al suolo nel suo golfo (G. degli Angeli con al centro il promontorio a guisa di sella (Sella del Diavolo) al M. Nero 2022; dagli autocarri pesanti 3Ro Lancia 102 (1938-1949) ai missili intelligenti e droni. Poi bimbi, bimbi e sempre bimbi…

Bimbi tra due secoli

nel golfo degli angeli riflusso dopo flusso
settembrino amoreggiare ameno
tra sabbia ed onda affascinante carezza
attenuano con argentino bacio il proprio mormorio
risacche concludendo ogni riflesso marino

il promontorio nel mezzo col termine a sella
due ali sabbiose distende abbracciando il golfo sereno
attorno al pomolo colombi dal nido in grotta
volano da ogni dove come i venti di rosa

da posatoi di olivastri e ginepri sulla sella al sole
garriti di gabbiani per ronzii dappresso convulsi voli
non più colombi ma bombardieri in rombo
intridono l’aria cittadina con grappoli di morte

fragori di bombe su fragori in incursione il rimbombo
in tre ore di istanti cumuli e fumate di eventi
polvere recata dal maestrale a spegnersi nel golfo
disperazione struggente che il mare non assorbe

fuori dai rifuggi e verso treni a vapore
lunghe file di bimbi e donne e anziani e deboli
giacciono confusamente coprendo binari di salvezza
falciati da crudeli sventagliate di spietate mitraglie

nell’assurdo silenzio di promiscuo momento
il sollevare un braccio e lasciarlo con spregio cadere
senza estremo segno vitale è decesso
con capi riversi ed arti penzolanti a catasta
su autocarri 3ro verso fosse comuni di sangue

schegge segnano a sfregio il non distrutto restante
disseminando angosce su mestizia e fame su fame
ma non l’amore di chi ama in nome della vita

nell’annegare gli occhi nelle lacrime di madre sfollata
mia vita nasce in sussulto dal grembo scarno per fame
tra le sue magre mani tremule flebili vagiti
manifestano a singulti estremi fili di vita

impietoso sogghigno di umana guerra
esige riconoscenza in quanto tale
saziando suo infimo tormento orrido
e nutrire gratitudine per perverso talento

ti ringrazio guerra
per il gusto d’annacquato latte placebo nel suggere
sapore di fame nell’interrotto pianto
fame e fame impressa nel primo cielo conosciuto
fatto di canne sorretto da mattoni di fango e paglia

grazie guerra umana
per genitoriali abbracci scomparsi in sanatorio
disperato senso d’abbandono di una mia parte svanita
che scioglie in niente l’aria di tutto il mondo attorno

buio immenso di solitudine mi rincorre e scivola
in ignoti atti molesti mascherati d’affetto materno
leggero elettroshock mimetizza pozzi di tempo in anni
da cui il pubere cervello attraversato fugge

tu astante mare degli angeli che vai e con onda torni
ama tu che sai
ama i giochi tra case diroccate dette vecchie
con frugoli dallo scuro incarnato paterno sconosciuto
figli di fame per un tozzo di galletta militare
ama amichette con dita mozzate da esplosive penne
trovate per trastullo nel rovistare fra macerie
ed oggetti d’affetto frantumato
ed armi

ama capi rasati unti di petrolio per pidocchi
e per infestanti loro uova pettini stretti
ama cicatrici di coltello per vaccino antivaiolo
all’interno coscia sotto smisurate mutande luride
mal cucite con ruvida tela militare di lenzuola
ama bimbi con famiglie e sorci in grotte assieme
in promiscuità e fame separati solo da se stessi
ama i fanciulli iniziati al fumo attorno a marinai
chiedendo smoking-smoking e smoking sia ed è
ama creature figlie di vedove coi sessi aperti al sole
fra cui gruppi strusciano pietanza a fette per ingozzo
per piccini distorta lezione d’amore fra fiordoro
rubata in misera attesa di alleato cibo e cioccolato

con assuefate visioni di storpi trascinati a zeppe
il vivere cencioso assetato d’acqua ed affetto
in degrado si ferma sui bimbi

rinascita di città a fatica attorno al bastione remy
dove l’adulto mio sguardo fanciullo riflette il golfo
immobile

al pomolo della sella giungono venti da ogni dove
echi di malefico umano fluido vestito di bestialità
occulta ragnatela tessuta per il mondo da tradire
con casus belli e logorii di culle

l’attempato fanciullo che vive in me
stringe il ginepro al plesso sul colle della sella
con lo stesso accorato sguardo di sempre
splendido tramonto nel golfo degli angeli
bordo di monti fiorito d’oro nell’aranciato cielo
il mare calmo dello stesso colore a riflessi
col maestralotto leggero indica bonaccia
profumo di timo sale alla prima venere stella

improvviso frinire di feruleo rosone
indica montare di vento al pomolo
un vetusto impeto di ossessivo moto
tinteggia il flusso di mestizia grecale

vento di guerra sbatte marosi sul dimentico scoglio
sferzandolo con lacrime a sprazzi
raffica animalesca d’umano gesto ricompare

oltre l’irragiungibile orizzonte l’andato è presente
e scivolando sul sottile sogno di teneri riflussi
con nonsense umilia pavoneggiando guerre
la miserabile condizione propria striscia stolta
perde sensibilità per la vita custodita in bimbi
e non essendo ancora pronta a coltivarla
tramuta in orrido l’universale dell’animo dimora

puri piccini avvertono follie dell’inetta bestia umana
che torce il periodo che il tempo comovente le concede
bracca se stessa la belva e non vede il globale orizzonte
dove animi sorridono di bimbi vecchi ed anziani bimbi
con sguardo cosparso degli stessi colori di chi li ama

il famelico gorgo che mi ha inghiottito l’infanzia
irrispettoso insegue il sangue che al mar nero s’invola
evocando nell’infranto l’affanno di paurosa angoscia

negli sguardi smarriti nell’incerto dei piccoli c’è il mio
nelle bambole e bambolotti ai petti stretti senza sogni
c’è l’abbraccio con l’annoso ginepro contorto dai venti

con solidale sospiro d’affetto il mio incubo prende vita
si confonde la vaga guerra di fallaci missili intelligenti
con vitale arma mite di una pacifica razza a parte

per singolari onde l’innocenza saggiamente veleggia
con poliglottico lume sereno di delicatezza screziato
innanzi al planetario orizzonte oltre il golfo degli angeli

sull’ampia sella non cavalcherà solitario il ginepro
attorno al pomolo non più vorticoso conflitto di venti
ma placida armonia che speciale progenie serena agogna


brevi note rapite

innocenti gemiti puri
su righi senza il senso di esistere
se non per neri spazi colorati da bimbi
con chiave di mute note
lasciate piangere in sinfonie richieste
dall’orchestra irreale della vita

piccole piume leggere di neve
cadono a fiocchi cercando respiri
nel timore e nel rubato silenzio
cantando con il loro pianto
la loro voce ed il loro colore
che sono gli unici da poter dare

indifferente mondo li circonda
non li ascolta e non vede
e respingendoli col suo rumore
li costringe a restare nella rete
prigione senza amore

pentagrammi di tremule righe
dove si spengono vacillando
teneri lumi mai espansi
soffocati in tragico buio che inghiotte

anche il ricordo è privo di luce
e si affievolisce perdendosi
nel pietoso pianto di nessuno

il sonoro dramma d’esili gemme
si dissolve nell’umano vento
che orridi dalla storia cancella

solo sospesa nell’aria rimane eterna una nota
grido di bianco addio all’immatura vita offesa
che petalo di guerra il sangue non consola


chiaro d’alba

lambisce il tuo viso l’alba
quando col suo chiaro
prende forma degli alberi e dei colli

non riesce nel suo aprirsi
a darsi l’aspetto del tuo fascino
e s’innamora di te e della tua grazia
promettendoti i colori e la luce suoi

io contemplo il tuo riflesso
e lo sfioro con semplici carezze
che mi ha lasciato il vento di te
volando leggero sul mio animo

ammiriamo assieme l’alba
che si è innamorata di noi
e del nostro palpito
che ci ha schiuso al sole


Da amnio terrestre scaturire di vita

tra usitati scogli e sogni dormienti di sabbia
che respingono l’acqua
d’argento si tinge l’onda
cambiando trasparente il suo color di cielo
dolce è la visione nell’assorbire grazia

canora risacca
il torpore accarezza col ruzzolio del vezzeggio
a cui il pensare si fonde
e piace

compare dall’imponente grembo l’emerso
che in te si discioglie lento con sabbie
sospiri e mestizie graffiati dal vento

al richiamo strano di pacata insofferenza
con rispetto d’amante
torno lieve agli spruzzi diffusori di gioie
a cui mi avvinco

nell’estensione invasa dal salino profumo
umide labbra
lunghe
infinite
circondano il sentire rendendolo immanente

come posso non amare quel flutto
che parla all’abbandono
oscillando il fruscio nel rinnovato seno
là sulla sabbia incantata
attendo che mi giunga
per sentirlo e toccarlo
e lasciarmi toccare
assoluto

vibra il cuore col battere dell’onda
il mio spirito
tremulo in corpo
all’oscillare d’acqua s’avvicina

io culmo
sottile ramoscello spoglio
io giunco
fuscello leggero
portato dal moto fra l’oscillar di creste

io stelo di petalo sbiadito
invisibile nella vasta essenza mi perdo
e in quell’ abbraccio
mi dipingo non cosciente di vissuto sogno
che ritorna

tra profili d’onde scivola un raggio
serbato per te dal sole

voluttuosa la coscienza
si distende innamorata nel seguirlo
e scivolo
scivolo
scivolo anch’io

le mani
i capelli
la pelle e gli occhi
gli occhi miei
colmi di luce splendida
s’immergono nel trasparente sussulto
che ricambia il vagheggio
penetrando gentile in animo
con divina estasi serena

limpido fluido sconfina in intelletto
cingente la vita dal primario momento
in cui l’affascinante dimensione albeggia


edera

con radici forti edera del mio giardino
arrampicata al muro della mia vita
con flessibili rami m’abbraccia l’animo
come dal prato note di sole a nuvole

cinge la mente e sale con appigli
su per fioriferi versanti del pensiero
verso valli profumate di mistero
vestite di sparsi colori ignoti
delle mie mani caparbio rampicante

dal muro di pietra del mio giardino
edera si aggrappa al vento della vita
con me spartendo cibo mischiato in terra
e stende lisce liane in bocca al tempo
sul tronco d’alberi arrampica al mio cielo

edera tra foglie di cuore reca parole
nate tra fiamme e pietre del mio camino
che porta a mescolare il fumo in aria
raggiungendo quasi uccelli in volo
che si fermano brevi alle parole di nido
e quasi a spargere le nuvole in brezza
dove giungo solo con l’esile pensiero

tra l’azzurro d’etere ed il suo verde
forma ponti tra terra e cielo di sogno
e verso l’infinito si distende fedele
avvicinandosi a ciò che più desidero
oltre il finito che ammiro

dalle forti radici aurore di vita
sorgerà dolce crepuscolo nei miei occhi
e quando andranno nel tempo i miei rami
voleranno nel vento fulgenti le chiome
quando splenderanno i fiori nel giorno
matureranno della vita i miei semi
e lungo lisce liane flessibili d’edera
giungerò all’inseminata lente della morte
che mi mostrerà il grazioso mistero di vita
coi suoi rami ricchi di foglie e fiori e frutti


il mio tempo d’amore

sentimenti in animo invisibili
come emozionanti ricami di sogno
legati al placido andare del mistero
gettano alla vita come al vento spore
e mi commuovo

e mi commuovi tu
nel creare il mio tempo d’amore
nel pianto di vita intenerito dal tuo riso
a cui non sfuggo

in te vive il mio tempo
d’amore
con la tua grazia di luci di sole
infiorando garbata l’animo
concepisci il mio tempo d’amare

smarrito mi ritrovo in un labirinto di baci
seguendo le delizie dei tuoi passi
e mi riscopro in silenziose sinfonie
che in tutto t’assomigliano
ché sei l’enigma del fascino in me

nel volgere del tuo tempo e del mio
profumato di bellezza che resta
mi riperdo confuso e speciale
e nessuno penserà al mio tempo
e nessuno capirà il segreto che ho in me
ah l’amore


Il punto

della solitudine cerco il punto
che di lei riveli in me
il chiaro senso d’essere solo
e mi colgo colmo di passione

immenso è l’abbraccio col punto
e indugio nell’idea
col segno d’amore per me
nell’accorato chiedere

in possente cristallo a specchio
l’eco del mio invocare s’inabissa
e sfuggente si riflette in animo
incolore e sola
come il singolare punto d’ognuno


la ricerca del senso e della bellezza

ha solcato il cielo percorrendo il silenzio
il mio inviolato pensiero
nel suo impreciso viso

il mio sguardo incrocia il fragore di vita
esplosa nel suo sconosciuto volto
fatto di segreti e misteri d’esistenza

nel labirinto della mente cerco il senso
dove la verità si nasconde e bellezza si rivela

dove è tenuto il segreto del dolore
e fiori di luce le stelle

mi guardo e non ho paura
neppure la sera prima dei sogni
che verranno su di me

nel ciglio del sonno una danza
alberi senza foglie sono mari di pianti
i miei respiri
fiori di speranza gli astri
i miei desideri

e non ho timore neppure all’alba dopo i sogni
nella luce che mi sveglia si svela la bellezza
e trovo senso nella semplicità
dove il dolore è tenuto segreto nel pianto
e il sorriso è tenuto vivo nell’animo

quei mari piatti ed alberi senza foglie da rinverdire
saranno i miei compagni che mi ameranno
quelle stelle luminose da raggiungere
saranno i miei sogni
i miei obiettivi che mi motiveranno

nello sfiorare il mare disteso
ed immerso nel mio profondo abisso
ho trovato il senso di me stesso
anche se come fiori senza profumo
sono cieli di stelle
i miei sospiri


Libera genziana blu

Io garbata genziana blu
tra afgane pietre ed orrore
dell’animo emano
fulgida la pace

io orgogliosa libertà celata
vestita di polvere nell’atroce
che la vita confonde con la morte
i petali destreggio

io essenza del mio genere
senza velo veleggio
tuffandomi nel mondo
come nella notte
un raggio riflesso di luna

una gemma azzurra
col mio aspetto
la tenebra lumeggia


parlami

parlami luna
come col mare che ti risponde
agitandosi sotto il tuo sguardo
parlami
come col sole che mi sfugge
baciandoti al crepuscolo
tra carezze d’oro e d’argento

continui ad incantarmi l’animo
nel sentirti mormorare girando
come me fra le onde della notte

tu sai dei dolori sparsi nei miei campi
delle piaghe guarite e rimaste
dillo che hanno toccato le mie ore
quel vento che mi concertava l’animo
e quel cancello che mi ha coperto la vita

tu sai di quel mare che mi cullava l’animo
di quella terra che mi sfidava il destino
delle lacrime che mi hanno lavato il cuore
di quel dolore che mi mozzava il respiro

parlami di quei momenti
che hanno circondato la mia felicità
di quante volte solo
ho abbracciato la tua solitudine

so che non mi lasci mai
anche quando scrutando nella notte
cerco un orizzonte da seguire
con le parole d’amore
che mi hanno riempito il sorriso
con te

sai che quando non ci sei t’aspetto
so che continui a sognarmi nel giorno
con tutte le verità che tieni nascoste
col desiderio di parlarmi infine
perché è semplicemente la mia vita

quando sfiora la tua solitudine
per vestirla vaporosa il sole
ti fai ammirare e ti ammiro
e con tristezza ti circondo
ma non sarà mai abbastanza la cordialità
nel parlarci quando sei piena di tristezza
con sincera voglia di compagnia

nelle ore che mi toccano la vita
in quel mare che mi culla l’animo
e quando mi rapisce la malinconia
gareggio col comune destino
che in noi ha lasciato i segni

profonda sfida d’amore con coraggio
spezzo il dolore che rechi sul tuo aspetto
che lenisce in me promesse rotte nell’altro viso
che nasconde intensamente mia gioia con sopore
nel dirlo con me meravigliosamente poesia


primavera autunnale

si sveglia come un’aurora la madre dell’estate
socchiudendo tiepide le labbra al cielo
e liberando il volo generoso del pensiero
che teneva accolto fra le braccia

il mio pensiero si fa odonata nella mente
e sorride al mondo aperto alla bellezza
che danza tra i fiori e il sole
e mi dipinge l’animo di vita

nel mio petto un nido foderato di speranza
trova l’ignara rondinella convolando leggera
con vitali ghirigori dall’animo mio attesi
facendomi sognare con lacrime commosse

è sceso nel mio respiro l’atteso volo
di sogni di pace e libertà senza fine
briosi ricami d’etere
nascosti in meraviglia vivace
che primavera mostra con passione
portandomi troppo lontano
verso un altro mondo

ansanti rondini costrette al suolo come foglie
che nessun vento di guerra
potrà mandare ancora in spaventato volo
e il sogno d’odonata in agonia si fa pensiero
che stupito lascia nel riposo sole le foglie

non più fili coperti di rondini tra aste
ma lunghi viottoli scuri che dirigono angosce
dove si perde il sorriso tra le lacrime

nello stringersi dell’animo un sospiro
nel rimpiangere il sogno d’odonata
che mi conduceva dove in questa stagione
con le foglie in gemma i bimbi giocano
sereni senza paura di cadere
dove guardare il cielo con fiducia
e condividere senza rancore questo tempo
dove la primavera è sempre dolce e allegra
dove trovare pace senza guerra
dove la primavera veste di rispetto
perfino questo infinito inverno


viola

lento planare su prati
e verdi ombre
in tramonti magenta e ciano
frutto di passione in cielo

bagliori viranti a lilla
vibranti nel profondo stare

viola sbocciato nel verde
mammola in battito terrestre
di cuore cremisi

dischiuso al cielo reso cupo
viola punteggia
il verde ricordo ansante
come infarciti lividi d’amore



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