La rivincita dell'Islam e la deriva dell'Occidente

di

Francesco Tataranno


Francesco Tataranno - La rivincita dell'Islam e la deriva dell'Occidente
Collana "Koiné" - I libri di Religione, Filosofia, Sociologia, Psicologia, Esoterismo
14x20,5 - pp. 80 - Euro 7,00
ISBN 978-88-6037-440-0

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In copertina progetto grafico di Andrea Luigi Ardissone Coop. Soc. Les Jeunes Relieurs – Aosta


Prefazione

Con “La rivincita dell’Islam e la deriva dell’Occidente”, Francesco Tataranno ripropone una delle questioni più problematiche che hanno tenuto banco nella discussione, a vari livelli, sull’odierna situazione di frattura tra il “mondo occidentale” e il “mondo islamico”: una forte radicalizzazione delle concezioni religiose, l’integralismo e il terrorismo, il difficile dialogo tra religioni, la posizione dello stato ebraico, la possibile perdita d’identità e di valori cristiani del mondo occidentale e, infine, una prevedibile deriva che può condurre a prospettive negative per il futuro.
Francesco Tataranno, attraverso una complessa analisi che è, prima di tutto, storica e poi religiosa e politica, tende a fissare la matrice religiosa islamica, anche facendo riferimento ad alcuni passaggi del Corano, a numerose considerazioni e analisi di studiosi, storici, intellettuali, personalità religiose e politiche che hanno portato a profonde riflessioni sullo stato di fatto, sulla realtà che, a volte, è difficile da comprendere appunto per le contraddizioni, le svianti indicazioni, gli insanabili conflitti politico religiosi che hanno dominato la scena mondiale.
La personale analisi di Francesco Tataranno è una sorta di lectio brevis che ha come colonna portante la questione dei valori non negoziabili da parte dell’Occidente nei confronti d’un mondo islamico che, a suo modo di vedere, rigetta una possibile integrazione essendo propugnatore d’un integralismo, d’una radicalizzazione, d’una volontà di scontro che nasce da un “disegno di islamizzare il mondo occidentale” che è reputato corrotto, e quindi, “combattendo gli infedeli”.
Da questo presupposto nasce l’accertamento d’una frattura tra le due religioni che, sovente, pare insanabile: da qui scaturisce il rifiuto, il fondamentalismo, l’odio, la difficoltà di intraprendere un percorso comune basato sulla libertà di professare la propria fede religiosa, di partecipare ad una comunità internazionale che abbatta la prevaricazione e sia invece portatrice di una concezione di uguaglianza tra gli esseri umani, a partire dalle libertà individuali e dalla condizione e dal rapporto uomo-donna.
La forte contrapposizione invece conduce al conflitto, alla non modificabilità di precetti, alla rigida applicazione di dogmi religiosi e Francesco Tataranno evidenzia, con una energica impostazione e riflessioni che non danno adito a fraintendimenti, la perdita dei valori fondamentali da parte del mondo cristiano e il temporaneo smarrimento dell’identità occidentale che fatica a “confrontarsi con l’intransigente concezione del movimento islamico”.
La visione d’una società occidentale destinata al declino, fermamente scandagliata da Francesco Tataranno, offre comunque, proprio nelle sue parole che chiudono la trattazione, una possibilità di “rinascita”, pur valida, solo se vi sarà la volontà di ri-vivificare la propria identità religiosa e culturale perchè “alle radici dello smarrimento della speranza sta il tentativo di far prevalere un’antropologia senza Dio e senza Cristo… che ha portato ad abbandonare l’Uomo”.

Massimiliano Del Duca


Premessa

L’elaborato prende l’avvio dalla nascita di Maometto e ne sviluppa il percorso politico – religioso tracciando, in sintesi, le tappe delle conquiste islamiche a partire da La Mecca, Medina per poi passare al dominio sull’impero persiano, sulla Siria, l’Egitto, la Palestina e il Nord Africa, fino alla Spagna, il Portogallo e l’Italia meridionale. Alla base di questo progetto di espansione, si pone il grande disegno di islamizzare il mondo, secondo le indicazioni coraniche e seguendo gli indirizzi dati dallo stesso Maometto che ha predicato di far ricorso alla Jihad, per combattere soprattutto gli apostati e gli infedeli, in particolare ebrei e cristiani.
Con la caduta dell’Impero Ottomano e il predominio delle grandi potenze europee, si verifica il ribaltamento dell’egemonia territoriale e non solo, a danno dell’Islam.
La frattura tra i due mondi, il musulmano e l’occidentale, diviene insanabile.
L’Islam arroccato su posizioni religiose intransigenti, rifiuta il mondo occidentale perché corrotto, decadente ed infedele, veicola così la vergogna e la delusione delle sconfitte subite da parte dei miscredenti, su un piano di odio e revanscismo contro Israele e l’Occidente. Per poi giungere al XX secolo con Khomein, Bin Laden e Ahmadinejad che hanno radicalizzato in forme estremistiche questi sentimenti contro l’Occidente.Viene quindi evidenziata la grande capacità di penetrazione in Europa dell’Islam che appare vincente nei confronti di un mondo occidentale scristianizzato e senescente e perciò sicuramente perdente. La invocata integrazione, tenuto conto delle peculiarità del mondo islamico,
per moltissimi aspetti inconciliabili con la società occidentale, si dimostra pertanto, utopica.

Francesco Tataranno


...il sogno musulmano di insediarsi nel cuore dell’Europa ed egemonizzarla, non è poi tanto più un sogno, quanto piuttosto un realistico evento storico il cui possibile sviluppo può, nel medio termine, approdare alla fase della piena realizzazione.


La rivincita dell'Islam e la deriva dell'Occidente

Introduzione

Prima di occuparci dello sviluppo dell’opera intesa come approfondimento delle cause che hanno portato all’abbandono del concetto di identità ed all’attuazione della strategia di islamizzare l’Occidente, è necessario fare un dovuto riferimento ai fatti storici che le hanno precedute. Non possono apparire comprensibili gli avvenimenti che ci interessano, se non ci riportiamo, sia pure per sommi capi, al percorso che l’Islam ha compiuto nei secoli, dalla nascita del profeta Maometto fino al sistematico insediamento nel mondo occidentale di intere colonie di musulmani.

La immigrazione degli extracomunitari di fede islamica in Europa sta assumendo le vaste proporzioni di un flusso ininterrotto il cui scenario futuro, appare preoccupante soprattutto per la paralisi delle politiche che dovrebbero gestirlo.

Ora, è evidente, che le democrazie occidentali, in quanto portatrici di sistemi istituzionali laici e liberali, aperti quindi alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, nonché sostenitrici dell’ormai consolidato concetto di uguaglianza tra uomo e donna di fronte alla legge, sono fortemente in contrasto con quanto disciplinato dagli usi, dai costumi, dalle consuetudini e dalla religione coranica di Paesi certamente non democratici e illiberali.

II rigoroso monoteismo del Corano e la rigida applicazione dei suoi precetti, vincola il mondo musulmano a un modello di vita insostituibile, che non può subire modifiche, ma rimane fermamente legato alla concezione originaria della nascita dell’Islam.

“Dobbiamo mettere tutte le nostre attività sul banco di prova e pensare a cosa possiamo fare contro la fondamentale miseria dell’oblio di Dio”

Cardinale Karl Lehmann


Cap. I

GLI ALBORI DELL’ISLAM
FINO AI NOSTRI GIORNI

Islam significa sottomissione e la religione che vi si identifica, fu fondata da Maometto all’inizio del VII secolo dopo Cristo. Il Corano, come fonte rivelata, rappresenta la Bibbia degli islamici ed è ritenuta increata ed eterna; si prefigge di perfezionare ma anche di sostituire le rivelazioni dei profeti Mosé e Gesù che lo hanno preceduto.
La Mecca è la città natale di Maometto, dove nacque nel 570 dopo Cristo; ivi iniziò la sua predicazione ma dovette emigrare a Medina (egira) con i suoi seguaci, perché entrato in contrasto con la comunità della città.

Nella città di Medina consolidò il movimento islamico, fortemente contrassegnato dal carattere politico-religioso, che si oppose fermamente al cristianesimo ed all’ebraismo, tracciando, nel contempo, le linee di espansione che si prefiggevano dopo aver conquistato La Mecca, di estendere il potere musulmano a tutta l’Arabia e poi, sotto i suoi successori, i Califfi, al resto del mondo.

Questa strategia del condottiero-profeta, trovò terreno fertile nella diffusione della parola di Allah, ma anche nella costituzione di una forza combattente di conquistatori musulmani che traevano la spinta dal Profeta ispirato da Dio.
Nei primi secoli dell’era islamica, i risultati dell’espansione furono brillantemente raggiunti con la conquista dell’intero impero persiano, il dominio di tutti i suoi territori e la prospettiva realistica di invadere l’India e quindi tutta l’Asia centrale; la Siria, l’Egitto, la Palestina il Nord Africa che erano province cristiane, furono conquistate e islamizzate.

Nel progetto di espansione, questi territori divennero poi le basi di raccolta degli eserciti islamici che, a ondate successive, si proiettarono in Europa, invadendo la Spagna e il Portogallo ma anche una buona parte dell’Italia meridionale. Le conquiste conseguenti all’invasione musulmana, erano in sintonia con le linee guida date dal Profeta, che ha trasmesso al suo popolo il compito di intraprendere la Jihad, la lotta armata contro gli infedeli, gli apostati, i ribelli e i banditi.

Tuttavia la Jihad, viene rigorosamente applicata solo agli infedeli ed agli apostati, essendo determinante per l’Islam il concetto che la si deve mettere in atto, finché tutta l’umanità non sia sottomessa all’ordinamento musulmano e quindi non abbia accolto come fede legittima, solo e unicamente quella islamica. Per diversi secoli i musulmani conseguirono una serie ininterrotta di successi, consolidando il loro potere, come abbiamo dianzi riferito, in Europa (Spagna, Portogallo e Italia meridionale), non senza aver tentato in Oriente, ma senza riuscirci, di occupare la città cristiana di Costantinopoli, dove furono respinti dall’esercito bizantino.
Iniziò infatti dall’Oriente, la fase di declino degli eserciti arabi, che poi in Occidente, si tramutò in espulsione dalle vaste aree della Penisola Iberica (la fase della Reconquista), nonché dai territori occupati nell’Italia meridionale.
Tuttavia, dopo aver invaso la cristiana Anatolia, nel 1453 cadde anche Costantinopoli e gli eserciti musulmani, turchi e tatari, tentarono rispettivamente dai Balcani e dalla Russia, di convergere in Europa.
L’Europa cristiana respinse gli invasori, giungendo a sua volta nel cuore dei territori islamici.
Come si può notare, per secoli: Islam e Cristianesimo si sono combattuti, con fasi alterne.

La Reconquista dei Paesi iberici, sostenuta inizialmente dai Sovrani cristiani di Spagna e Portogallo, fu poi appoggiata da tutto l’Occidente europeo e abbracciò un periodo che va dal X fino al XV secolo. Il periodo intermedio che va dal1’XI al XIII secolo, fu invece caratterizzato dalle Crociate, che avevano come fine e non solo, quello di strappare la Terrasanta al dominio musulmano.

Le Crociate, come sappiamo, ebbero esito fallimentare, ma coinvolsero tutta l’Europa cristiana. Fu allora ribadito il concetto di guerra giusta o di guerrasanta, cosa a dire il vero molto discutibile, dal momento che tutti gli eventi bellici, a qualsiasi causa dovuti, hanno sempre funestato l’umanità di lutti e sofferenze.

Tuttavia, mentre per i cristiani si è trattato di eventi circoscritti nella loro storia millenaria, per i musulmani invece, la lotta armata contro gli infedeli, la Jihad, in un certo senso speculare alle crociate cristiane, si fonda sul nascere della storia coranica e rimane insita per tutti i quattordici secolo dell’Islam fino ai nostri giorni, caratterizzandosi, nella maggior parte dei casi, in forme di radicale violenza.
Il cristianesimo ha voluto emendarsi, facendo una revisione critica sulle zone d’ombra attraversate nella sua lunga storia. Il 12 marzo 2000, papa Giovanni Paolo II, tenne un Giorno del Perdono presso la Basilica di San Pietro: durante la messa solenne, l’allora cardinale Joseph Ratzinger chiese perdono a Dio per le epoche in cui i cristiani “usarono metodi non in accordo col Vangelo nel dovere solenne di difendere la verità”.
L’Islamismo ha ritenuto e ritiene tuttora un dovere esercitare la Jihad che non cesserà, finché tutto il mondo non abbia abbracciato la fede musulmana.
Viene infatti ribadito il concetto coranico che, quelli che combattono nella Jihad, acquistano il diritto alla ricompensa: Al bottino in questo mondo e al Paradiso nell’altro.

Il mondo islamico si avviò al declino davanti a Vienna, dopo un primo tentativo di assedio fallito nel 1529. Successivamente, con la battaglia di Lepanto (1571), le sorti volsero definitivamente a favore dell’Occidente cristiano, anche se l’espansionismo turco nel Mediterraneo, non fu del tutto arrestato.

II grande impero Ottomano entrò quindi in crisi, lentamente, dal XVI secolo, in coincidenza col predominio da parte delle nazioni occidentali dei traffici marittimi e la creazione delle grandi compagnie commerciali europee.
II XIX e il XX secolo, segnarono in maniera irreversibile la frattura tra il mondo musulmano e quello occidentale, anche se i prodromi, come abbiamo accennato, cominciarono a manifestarsi molto tempo prima.
Per secoli l’Islam aveva dominato vastissimi territori del mondo, aveva egemonizzato intere popolazioni convertendole al proprio credo, mentre ora prendeva coscienza di un’Europa prepotentemente alla ribalta, con un potente apparato militare ed una innegabile supremazia politico-culturale che si avvaleva di una forte struttura organizzativa ed economica.
Per i musulmani che si rifanno ad un rigoroso monoteismo, che non separano la politica dalla religione per cui Dio è a capo dello Stato, l’esercito è l’esercito di Dio, il tesoro pubblico è “tesoro di Dio”, è difficile accettare l’idea che l’Occidente, patria degli infedeli, possa sopravanzarli sul piano militare e politico.
Per loro non è possibile, malgrado l’evidente superiorità tecnologica dell’Occidente, accettare la sconfitta in campo militare, proprio perché Dio che conduce il loro esercito, non può soccombere di fronte all’esercito dei miscredenti.

Questa stagnazione dell’atteggiamento e del pensiero islamico, cementata attorno all’idea dell’intangibilità della loro fede e della immutabilità della loro condotta di vita, ebbe una scossa nel secolo passato, a seguito di frequenti contatti con l’Europa.
L’Egitto e la Siria fecero i primi tentativi di adeguamento che di fatto però, si rivelarono di facciata. Questi Stati islamici assecondarono le tendenze verso il mondo occidentale, senza modificare sostanzialmente nulla della loro struttura politico-religiosa, il fatto è che la cultura europea poteva snaturare la loro fede e quindi le innovazioni erano percepite con diffidenza e sospetto.
Permane infatti nei musulmani la visione del mondo per cui tutto ciò che non è islamico è corruzione, arretratezza e decadenza. Poiché lo stato e la nazione sono concetti occidentali, il musulmano non li riconosce.

Il 10 dicembre 1948, fu approvata la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo da parte delle Nazioni Unite; all’art. 3 è detto:
“La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo: tale volontà, dev’essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni effettuate a suffragio universale ed uguale a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione”.
Ora qui, emerge il primo grave contrasto: L’Islam, infatti, fa discendere l’autorità del governo direttamente dalla sovranità divina, non riconoscendo all’uomo, questa capacità.
All’art. 4 è detto:
“Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma”.
Nell’Islam invece, la schiavitù prevista dalla sari^ah può essere abolita in pratica ma rimane una categoria legale.
All’art. 5 è detto:
“Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumani o degradanti”, come appare nei rapporti dell’ONU , delle due Camere degli USA e di AMNESTY INTERNATIONAL.
Il Corano invece, ammette le amputazioni, le frustate e la lapidazione.
E ancora, all’art. 10 è detto:
“Ogni individuo ha diritto in posizione di piena uguaglianza a un’equa e pubblica udienza, davanti a un tribunale indipendente e imparziale al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta”.
La legge islamica, tuttavia, ammette differenze di status tra musulmani e non musulmani.
Esempio: la pena comminata a un musulmano che uccide un altro musulmano, è diversa rispetto a quella inflitta ad un musulmano che uccide un non musulmano.

All’art. 16 si recita:
“Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcun limite di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno uguali diritti riguardo il matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento”.

Ma l’Islam, com‘è noto, vieta il matrimonio tra una donna musulmana e un non musulmano e il divieto viene imposto col massimo rigore. L’uguaglianza dei diritti viene del tutto negata e, come si sa, l’uomo ha altresì la possibilità di ripudiare la moglie, cosa non permessa alla donna.
Appare ancora più stridente la distonia col mondo musulmano, laddove all’art. 18 si legge:
“Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, tale diritto include la libertà di cambiare la religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo all’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.
È noto, purtroppo, che l’Islam non solo vieta ma punisce l’apostasia. Abbandonare la religione di Maometto, per abbracciarne un’altra, è perseguito duramente dall’Islam: chi lascia la fede islamica per un’altra, viene condannato a morte e chi si è macchiato di apostasia, può subire la condanna anche all’estero.

Senza limitazioni sono le conseguenze dei rapporti giuridici con la perdita dei diritti acquisiti durante il matrimonio, sui figli e sulla proprietà.
La Dichiarazione così prosegue: art. 21:
Ogni individuo ha il diritto di partecipare al Governo del proprio Paese sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti e, ogni individuo, ha il diritto di accedere in condizioni di uguaglianza ai pubblici impieghi del proprio Paese.
Nel 1983 in Bangladesh, nella capitale Dacca, fu indetta la XVI Conferenza Islamica, dove, tra l’altro, fu enunciato quanto segue: “Gli Stati membri credono che i diritti fondamentali e la libertà coerenti con l’Islam, sono parte integrante della fede islamica e nessuno (né le Nazioni Unite né altri) ha il diritto di abolirli perché si tratta di comandamenti divini contenuti in libri rivelati, che furono trasmessi per mano dell’ultimo dei suoi Profeti.
La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo quindi sancita ed approvata dalle Nazioni Unite nel 1948, non ha e non può avere rilevanza per l’Islam che, pedissequamente osservante dei principi coranici, scava e consolida un fossato che lo divide sempre di più dall’Occidente.

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